Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenza 13 dicembre 2017, n. 5885. La legittimita’ del provvedimento adottato al termine di un procedimento avviato a istanza di parte deve essere valutata con riferimento alla disciplina vigente al tempo dell’adozione del provvedimento finale

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15. Premesso che in udienza pubblica la difesa regionale ha insistito per una pronunzia del merito e anche in disparte l’interesse che l’ente può comunque avere a una decisione che dichiari infondata la lettura data dal T.A.R alla normativa di riferimento, è in atti la nuova proposta progettuale presentata dalla cooperativa in data 13 marzo 2017, nella quale si precisa che “la presente richiesta non costituisce acquiescenza rispetto alle determinazioni sino ad ora intervenute né rispetto ai contenziosi pendenti o esperibili”. Da ciò, dunque, il permanere di un interesse della Regione a una definizione del giudizio nel merito.
16. Il Collegio non ritiene di dover valutare l’eccezione di inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, formulata dalla Regione appellante, in quanto l’appello è fondato nel merito.
17. Quando è entrato in vigore il comma 153 bis dell’art. 1 della legge regionale n. 5/2013, l’originario procedimento si era concluso con un provvedimento che, pur autoqualificandosi come “archiviazione”, aveva evidente carattere definito e non interlocutorio. Non vi era dunque alcun procedimento pendente cui potesse applicarsi la nuova disposizione, tanto è vero che il T.A.R., per giungere a una conclusione non condivisibile, ha dovuto evocare l’esercizio di una autotutela d’ufficio e doverosa, da parte dell’Amministrazione procedente, che appare difficilmente ipotizzabile, e costruire un termine per la sottoscrizione della convenzione fra la Regione e il soggetto attuatore che non trova riscontro nel comma 153 bis. Proprio l’impossibilità di far valere il termine di legge dimostra, semmai, la non applicabilità della disposizione sopravvenuta al procedimento in questione, che resta governato dal principio tempus regit actum anche in considerazione del carattere incontestabilmente innovativo e non interpretativo (dunque non retroattivo) della disposizione stessa. Vale allora la regola che la legittimità del provvedimento adottato al termine di un procedimento avviato a istanza di parte deve essere valutata con riferimento alla disciplina vigente al tempo dell’adozione del provvedimento finale, dovendo ogni atto del procedimento amministrativo essere disciplinato dalla legge del tempo in cui è emanato in dipendenza della circostanza che lo jus superveniens reca sempre una diversa valutazione degli interessi pubblici (cfr. per tutti, da ultimo e per riferimenti ulteriori, Cons. Stato, sez. V, 23 ottobre 2014, n. 5249; sez. IV, 13 aprile 2016, n. 1450; sez. IV, 2 novembre 2017, n. 5048).
18. In quanto la cooperativa appellata non ha riproposto i motivi respinti o non esaminati dal Tribunale territoriale, le considerazioni che precedono sono sufficienti per concludere che l’appello è fondato e va pertanto accolto, con riforma della sentenza impugnata e reiezione del ricorso di primo grado.
19. Considerata la novità della controversia, le spese del doppio grado di giudizio possono essere compensate far le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado.
Compensa fra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 dicembre 2017 con l’intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi – Presidente
Fabio Taormina – Consigliere
Carlo Schilardi – Consigliere
Giuseppe Castiglia – Consigliere, Estensore
Luca Lamberti – Consigliere

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