Consiglio di Stato, sezione quarta, Sentenza 11 luglio 2018, n. 4229.
La massima estrapolata:
La finalità della disciplina pubblicistica sulle distanze tra le costruzioni è quella di preservare l’ordinato sviluppo dell’attività edilizia, nonché quella di preservare la salute dei cittadini, evitando il prodursi di intercapedini malsane.
Ne consegue che, all’atto del rilascio del permesso di costruire per una nuova costruzione, devono comunque essere rispettate le distanze previste dalle norme applicabili, anche in riferimento ad un fabbricato che risulti abusivo.
Invero, ragionando a contrario, l’accennata finalità della disciplina sulle distanze verrebbe ad essere sostanzialmente vanificata, posto che il mancato rispetto delle distanze da un fabbricato, nonostante il carattere abusivo dello stesso, porta di fatto a quel disordinato svilupparsi dell’attività edilizia ed al formarsi di intercapedini insalubri che l’ordinamento vuole evitare.
Ovviamente, l’Amministrazione comunale deve senza indugio emanare i provvedimenti sanzionatori, volti se del caso alla rimozione delle opere che risultino abusive (anche su sollecitazione proprio del vicino): fin quando però i manufatti abusivi continuino ad esistere, di essi si deve tenere conto in sede di applicazione delle distanze.
Sentenza 11 luglio 2018, n. 4229
Data udienza 26 giugno 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1482 del 2018, proposto dalla signora Ca. Fo., rappresentata e difesa dagli avvocati Lu. Vu. e An. Fo., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Lu. Vu. in Roma, via (…);
contro
il Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Sa. Cr., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Ca. De Vi. in Roma, via (…)
nei confronti
dei signori Ge. Fi. e An. Pina Fi., rappresentati e difesi dall’avvocato Lo. Le., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Gi. Pl. in Roma, via (…);
e della signora An. Lu., non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Sezione staccata di Salerno, n. 1209 del 2017.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di (omissis) e dei signori Ge. Fi. e An. Pi. Fi.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 giugno 2018 il Cons. Giordano Lamberti e uditi per le parti l’avvocato Ed. De Ru., in delega dell’avvocato Lo. Le., l’avvocato Lu. Vu. e l’avvocato Gi. Sa., in delega dell’avvocato Sa. Cr.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1 – L’appellante è proprietaria di un fondo sito nel comune di (omissis), contraddistinto in catasto al foglio (omissis), particella n. (omissis), sul quale, con il permesso di costruire n. 17908 del 16 aprile 2013, è stata assentita la costruzione di un fabbricato.
2 – Con il provvedimento n. 59461 del 26 novembre 2015, il Comune ha annullato il permesso di costruire, per le seguenti ragioni: “dall’accertamento espletato da personale preposto in data 21.092015 è emerso che i grafici allegati al permesso dicostruire 17908/13 non rappresentano l’esatto stato dei luoghi, e precisamente sul lato sud del lotto di terreno interessato dalla edificazione, è riportato “confine libero” e “area libera” mentre di fatto insiste un impianto serricolo. Tale impianto serricolo, posto ad una distanza ravvicinata rispetto all’erigendo fabbricato, risulta rilevante e decisiva ai fini del provvedimento autorizzato.2. Le Leggi Regionali n° 7/94 e 8/95 in materia di regolamentazione e realizzazione di impianti serricoli stabiliscono tra l’altro che la distanza dai confini deve rispettare 3 mt. salvo accordo tra le parti, mentre dai fabbricati per civile abitazione la distanza da osservare è mt. 10. Nella fattispecie l’erigendo fabbricato dall’impianto serricolo è posto ad una distanza minore”.
3 – La signora Ca. Fo. ha impugnato tale provvedimento avanti il T.A.R. per la Campania, Sezione di Salerno.
4 – Nelle more, in data 5 febbraio 2016, il Comune ha emesso l’ordinanza di demolizione e di ripristino dello stato dei luoghi n. 5807 del 2016, avverso cui l’appellante ha notificato in data 16 febbraio 2016 ricorso per motivi aggiunti.
5 – Il T.A.R. adito, con la sentenza n. 1209 del 2017, ha respinto il ricorso.
6 – La questione sottesa ai motivi di appello è se la mancata rappresentazione grafica – nel procedimento di rilascio del permesso di costruire – della serra che insiste sul lotto confinante possa comportare l’annullamento del titolo edilizio rilasciato per la costruzione del fabbricato rurale dell’appellante, in quanto non rispettoso della disciplina sulle distanze.
7 – Contrariamente alla tesi sostenuta nell’atto di appello, deve rilevarsi che, in generale, la finalità della disciplina pubblicistica sulle distanze tra le costruzioni è quella di preservare l’ordinato sviluppo dell’attività edilizia, nonché quella di preservare la salute dei cittadini, evitando il prodursi di intercapedini malsane (cfr. Cons. St., Sez. IV, 29 febbraio 2016, n. 856; Cons. St., Sez. IV, 30 agosto 2016, n. 3510).
Ne consegue che, all’atto del rilascio del permesso di costruire per una nuova costruzione, devono comunque essere rispettate le distanze previste dalle norme applicabili, anche in riferimento ad un fabbricato che risulti abusivo.
Invero, ragionando a contrario, l’accennata finalità della disciplina sulle distanze verrebbe ad essere sostanzialmente vanificata, posto che il mancato rispetto delle distanze da un fabbricato, nonostante il carattere abusivo dello stesso, porta di fatto a quel disordinato svilupparsi dell’attività edilizia ed al formarsi di intercapedini insalubri che l’ordinamento vuole evitare (cfr. Cons. St., Sez. IV, 5 febbraio 2018, n. 702).
Ovviamente, l’Amministrazione comunale deve senza indugio emanare i provvedimenti sanzionatori, volti se del caso alla rimozione delle opere che risultino abusive (anche su sollecitazione proprio del vicino): fin quando però i manufatti abusivi continuino ad esistere, di essi si deve tenere conto in sede di applicazione delle distanze.
8 – L’affermazione di tale principio comporta che il Comune appellato ha legittimamente attribuito rilevanza giuridica alla esistenza di manufatti rispetto ai quali è stato rilasciato il titolo edilizio in favore dell’appellante, in violazione delle regole sulle distanze.
Tuttavia, il provvedimento impugnato in primo grado (emanato in data 26 novembre 2015, con cui è stato annullato il permesso di costruire n. 17908 del 16 aprile 2013) risulta illegittimo, per l’altro profilo dedotto dall’appellante, poiché il Comune non si è attenuto ai principi rilevanti in sede di esercizio del potere di autotutela.
Da un lato, non è condivisibile l’osservazione del T.A.R., secondo la quale la mancata rappresentazione grafica delle serre confinanti – in sede di presentazione del progetto poi assentito col permesso del 16 aprile 2013 – avrebbe un rilievo decisivo per giustificare l’annullamento di tale permesso: in sede amministrativa, a suo tempo sono state prodotte le foto dalle quali risultava anche la preesistenza delle serre adiacenti, sicché già erano stati forniti dalla stessa interessata i relativi elementi per individuarne l’esistenza. L’errata rappresentazione grafica è stata considerata irrilevante anche nel procedimento penale attivato a carico dell’appellante, con il conseguente provvedimento del GIP del Tribunale di (omissis) del 29 settembre 2016 di accoglimento della richiesta di archiviazione, per l’assenza di un intento fraudolento.
Dall’altro, ritiene il Collegio che – quando, come nella specie, è stato rilasciato illegittimamente un permesso di costruire, in violazione delle distanze per la preesistenza di un manufatto abusivo – l’Amministrazione comunale debba con priorità esercitare i propri poteri di rimozione degli abusi riscontrati, risultando ciò una fase ineludibile ove giuridicamente possibile, che deve precedere la valutazione su quale sia l’interesse pubblico che debba prevalere.
Nella specie, in considerazione della segnalata natura abusiva delle serre insistenti sul terreno confinante a quello dell’appellante, il Comune avrebbe dovuto previamente attivare i propri poteri volti alla repressione dei relativi abusi, potendosi determinare per l’annullamento del titolo edilizio rilasciato all’appellante qualora fosse risultato che tali poteri non fossero utilmente esercitabili.
9.1 – A questo riguardo, va precisato – in punto di fatto – che, rispetto alla adiacente serra di cui l’appellante ha prospettato la natura abusiva, il Comune ha emesso le ordinanze di demolizione n. 119 del 2015 e n. 120 del 2015.
I ricorsi avverso tali ordinanze sono stati respinti dal T.A.R. per la Campania, Sede di Salerno, con la sentenza n. 1211 del 2017 e la sentenza n. 1210 del 2017.
Gli appelli proposti nei confronti di tali sentenze (R.G. 1421/2018 e 1430/2018) sono stati dichiarati inammissibili da questo stesso Collegio nella medesima camera di consiglio del 26 giugno 2018, con sentenze pubblicate contestualmente alla pubblicazione della presente sentenza.
Dunque, anche sulla base di una valutazione unitaria della vicenda, risulta che effettivamente è stato attivato il procedimento volto alla rimozione degli abusi commessi, circostanza che attualmente – e anche con riferimento alla data di emanazione dell’atto impugnato in primo grado – rende non conforme all’interesse pubblico l’annullamento del permesso già rilasciato all’appellante.
Del resto, anche le domande di sanatoria delle serre realizzate senza titolo sul fondo sono stata respinte dal Comune.
Ne consegue che, evidentemente, il Comune considera tale struttura abusiva e da rimuovere, sicché di tale circostanza si sarebbe avrebbe dovuto tenere conto nel corso procedimento che ha condotto all’atto impugnato in primo grado.
9.2 – In altre parole, la irrinunciabile valorizzazione dell’interesse pubblico al necessario rispetto delle distanze tra le costruzioni avrebbe dovuto indurre l’Amministrazione a valutare se tale interesse ben poteva essere perseguito attraverso l’accertamento (poi effettuato) della natura abusiva delle serre e con la loro effettiva demolizione: l’effettiva demolizione delle serre abusive comporterebbe comunque il soddisfacimento dell’interesse di rilevanza pubblicistica al quale è finalizzata la disciplina delle distanze, sicché, nella specie, l’annullamento del permesso e la conseguente ordinanza di demolizione dell’opera edificata dall’appellante costituiscono misure sproporzionate rispetto al fine da perseguire, trascurando immotivatamente la posizione dell’appellante che, sulla base del permesso di costruire rilasciato dal Comune, ha proceduto alla realizzazione del proprio progetto edificatorio.
Oltretutto, l’eventualità della natura abusiva delle opere poste sul terreno confinante era chiaramente emersa durante il procedimento che ha portato all’annullamento del permesso a costruire, tanto che si prospettava di sospendere il titolo (non di annullarlo), in attesa della compiuta verifica della legittimità o meno della serra e della sua distanza rispetto al confine con l’appellante.
9.3 – La giurisprudenza più recente (Cons. St., Ad. Plen., 17 ottobre 2017, n. 8), in riferimento all’esercizio del potere di autotutela in materia edilizia, si è espressa nel senso che “non è predicabile un effettivo ed immanente interesse pubblico alla rimozione di un atto… che non si pone in contrasto in termini sostanziali con la pertinente disciplina edilizia e urbanistica (e quindi con il complesso di valori cui tale disciplina presiede).
In altri termini, anche alla luce della giurisprudenza citata, nel caso di specie, tenuto conto dell’esito dei giudizi che hanno interessato i provvedimenti con i quali è stata ordinata la demolizione delle serre, non risulta attualmente sussistente un effettivo interesse ad annullare il titolo, seppur questo sia stato illegittimamente rilasciato.
10 – In definitiva, l’appello deve trovare integrale accoglimento, senza la necessità di esaminare le ulteriori doglianze, che risultano assorbite dalle esposte ragioni sostanziali di accoglimento del ricorso. Pertanto, in riforma della sentenza impugnata, vanno accolti il ricorso di primo grado ed i relativi motivi aggiunti (con i quali è stata impugnata l’ordinanza di demolizione seguita all’annullamento del titolo edilizio), salvi gli ulteriori provvedimenti.
Le spese di lite dei due gradi di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Sesta) accoglie l’appello n. 1482/2018 e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado ed i relativi motivi aggiunti e annulla il provvedimento n. 59461 del 26 novembre 2015 ed il conseguente ordine di demolizione.
Condanna il Comune appellato ed i controinteressati costituiti alla refusione delle spese di lite in favore dell’appellante, che si liquidano in complessivi Euro4.000 (di cui 1.000 euro a carico del Comune, senza vincolo di solidarietà), oltre accessori come per legge, ed oltre al rimborso del contributo unificato versato per entrambi i gradi di giudizio (nella misura di un quarto a carico del Comune e di tre quarti a carico dei signori Ge. Fi. e An. Pi. Fi.).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 26 giugno 2018, con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti – Presidente
Silvestro Maria Russo – Consigliere
Dario Simeoli – Consigliere
Giordano Lamberti – Consigliere, Estensore
Stefano Toschei – Consigliere
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