Palazzo-Spada

Consiglio di Stato

sezione IV

sentenza 7 aprile 2015, n. 1772

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL CONSIGLIO DI STATO

IN SEDE GIURISDIZIONALE

SEZIONE QUARTA

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4389 del 2014, proposto da:

Citta’ di Vico Equense, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Ma.Pa., con domicilio eletto presso Segreteria Sezionale Cds in Roma, (…);

contro

Fr.Sa.La., rappresentato e difeso dagli avv. Al.Ma., Ca.Br., con domicilio eletto presso Studio Grez in Roma, corso (…);

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Campania – Napoli: Sezione IV n. 01812/2014, resa tra le parti, concernente ottemperanza alla sentenza n.774/11 della Corte di Appello di Napoli, passata in giudicato, avente ad oggetto pagamento somme per occupazione appropriativa;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Fr.Sa.La.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 3 febbraio 2015 il Cons. Giulio Veltri e uditi per le parti gli avvocati Vi. ed altri;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

 

Il sig. Fr.Sa.La. era proprietario di suoli siti in località S. Vito del Comune di Vico Equense, riportati al catasto al folio Xxx, p.lle xxx, sottoposti a procedimento espropriativo per la realizzazione di alloggi per l’edilizia residenziale.

A seguito di annullamento del piano di zona e dei successivi atti del procedimento espropriativo, il Giudice ordinario condannava il Comune al risarcimento dei danni da cd occupazione usurpativa. La decisione della Corte di appello passava in giudicato il 9 ottobre 2013, data in cui la Corte di Cassazione depositava la sentenza di conferma della decisione di secondo grado.

Il sig. La. agiva per l’ottemperanza dinanzi al TAR Campania.

Dinanzi al TAR Campania emergeva tuttavia che, nelle more della definizione del giudizio civile, il Comune di Vico Equense, con delibera di Giunta comunale n. 134 dell’11 ottobre 2011, aveva avviato il procedimento per l’acquisizione sanante, ai sensi dell’articolo 42 bis del d.P.R. n. 327 del 2001, procedimento conclusosi il 6 novembre 2013 con delibera consiliare n. 40.

Secondo l’amministrazione, costituitasi nel giudizio d’ottemperanza in primo grado, il provvedimento adottato avrebbe dovuto determinare l’inammissibilità o il rigetto del ricorso per ottemperanza.

Il TAR, nel respingere il ricorso per mancanza di una condizione dell’azione esecutiva – ovverosia il decorso del termine dilatorio di 120 gg. prescritto dall’art. 14 del D.L. 31 dicembre 1996 n. 669 come conv. in l. 28 febbraio 1997 – approfondiva comunque la quaestio iuris relativa ai rapporti tra la condanna ottemperanda ed il successivo provvedimento di acquisizione sanante, nella specie affermando che ove si forma tra le parti un giudicato che comporti la restituzione del bene ovvero il risarcimento integrale per effetto dell’ “occupazione acquisitiva”, il vincolo del giudicato è in grado di elidere in radice il potere sanante dell’amministrazione medesima, salva ovviamente l’autonoma volontà transattiva delle parti.

Propone ora appello il Comune di Vico Equense. La sentenza, nonostante il tenore formalmente reiettivo, avrebbe determinato una sostanziale soccombenza dell’Ente. E la soccombenza sarebbe ingiusta, in quanto il giudice di prime cure: a) avrebbe esaminato una questione non dedotta dal ricorrente; b) affermato la vincolatività del giudicato, in contrasto con il principio che fa salvo il potere amministrativo quando esso coinvolga situazioni nuove e non contemplate in precedenza.

Il sig. La., costituitosi in giudizio, a sua volta replica: il gravame sarebbe inammissibile per carenza di interesse ad agire (difetterebbe, in particolare, la soccombenza). La sopravvenienza del provvedimento di acquisizione sanante sarebbe stata eccepita dallo stesso Comune, ed in ogni caso, l’atto era già stato impugnato nella sede di cognizione; le statuizioni in punto di vincolatività del giudicato sarebbero conformi a principi generali. Il medesimo propone altresì appello incidentale in relazione al rilevato mancato rispetto del termine dilatorio per la proposizione dell’azione esecutiva: in particolare, il giudice di prime cure non si sarebbe accorto dell’avvenuta notifica, già nel 2011, della sentenza della Corte di appello in forma esecutiva.

La causa è stata trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 3 febbraio 2015.

Esigenze di logica giuridica impongono il previo esame dell’appello incidentale. Esso è infondato. Il titolo per l’azione d’ottemperanza dinanzi al giudice amministrativo è costituito dal giudicato e non dalla sentenza di condanna provvisoriamente esecutiva. E’ il giudicato che deve essere notificato nel rispetto del termine dilatorio (sulla necessità di rispetto di tale termine cfr., di recente, Consiglio di Stato, Sez IV, 22 maggio 2014, n. 2654).

L’azione d’ottemperanza era dunque inammissibile. Il Giudice di prime cure, avendolo correttamente rilevato, non si sarebbe dovuto perciò spingere sino ad analizzare il fondamento dell’azione giudiziaria in rapporto alle sopravvenienze amministrative.

Una volta fattolo, l’analisi non può tuttavia essere considerata tanquam non esset. Essa ha un contenuto d’accertamento che pone il Comune in una sostanziale posizione di soccombenza, legittimandolo ad interporre a gravame.

Tale gravame è comunque infondato.

Il TAR ha profuso ampio sforzo motivazionale nell’analizzare la possibile interferenza dell’acquisizione sanante, rispetto al giudicato di condanna dell’amministrazione formatosi in precedenza, e sulla cui ottemperanza era stato chiamato a decidere. Non è andato ultra petita, poiché la questione della sopravvenienza era stata ritualmente introdotta dall’amministrazione convenuta in giudizio.

Non ha del resto errato nel considerare il giudicato comunque eseguibile o, detto in altri termini, nel considerare il provvedimento di acquisizione sanante non idoneo, astrattamente, ad impedire l’esecuzione forzata, quanto meno sotto il profilo della liquidazione del danno subito dal privato. Il Giudice di prime cure ha nondimeno aggiunto che “l’atto di acquisizione sanante potrebbe al più avere un residuo spazio di operatività in quanto teso a neutralizzare definitivamente la possibile domanda di restituzione dei beni appresi dall’amministrazione…”.

Trattasi di affermazioni in via di principio condivisibili, che dovranno tuttavia essere calibrate concretamente sul caso di specie, una volta che lo stesso sarà nuovamente e ritualmente portato dinanzi al giudice dell’ottemperanza.

In conclusione, entrambi gli appelli sono respinti.

Avuto riguardo all’esito, le spese del giudizio possono essere compensate.

 

P.Q.M.

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sull’appello principale e su quello incidentale, li respinge entrambi

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 febbraio 2015 con l’intervento dei magistrati:

Riccardo Virgilio – Presidente

Raffaele Potenza – Consigliere

Andrea Migliozzi – Consigliere

Giulio Veltri – Consigliere, Estensore

Paola Alba Aurora Puliatti – Consigliere

Depositata in Segreteria il 7 aprile 2015.

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