Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza 5 ottobre 2016, n. 4094

L’art. 11 c. 4 del D.M. 5 settembre 2011 invita l’operatore economico ad intervenire sul ripristino del funzionamento dei sistemi di misurazione della produzione di energia, ma non legittima il GSE a revocare una qualifica (di cogeneratore ad alto rendimento) oramai riconosciuta, per di più con effetto retroattivo, e tanto meno legittima il GSE a revocare le agevolazioni, senza prima avere accertato che l’impianto, al di là dei malfunzionamenti dei misuratori, abbia conseguito o meno gli obiettivi imposti dalla legge. Non si possono invero confondere le ipotesi di cui al 3° comma dell’art. 11 D.M. cit. – che presuppongono l’accertamento della responsabilità del gestore e che attengono a difformità strutturali dell’impianto, volutamente sottaciute – con quelle di cui al 4° comma, vale a dire con le ipotesi di avarie e malfunzionamenti dei misuratori, non prevedibili ed indipendenti dalla volontà del gestore

Consiglio di Stato

sezione IV

sentenza 5 ottobre 2016, n. 4094

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Quarta

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7833 del 2015, proposto da:

Fe. – Qu. Pe. L’Am. S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Gu. Fr. Ro., Ri. Mo., con domicilio eletto presso Gu. Fr. Ro. in Roma, Via (…);

contro

Ge. dei Se. En. – Gs. Spa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Ar. Po., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Via (…);

Ministero dello Sviluppo Economico, in persona del Ministro p.t. e Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA: SEZIONE III TER n. 07589/2015, resa tra le parti, concernente decadenza incentivi economici riconosciuti ai sensi del d.m. del 5 settembre 2011.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ge. dei Se. En. – Gs. Spa e di Ministero dello Sviluppo Economico e di Autorità Per L’Energia Elettrica e il Gas;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 28 gennaio 2016 il Cons. Nicola Russo e uditi per le parti gli avvocati Ro., Po., Fi., per l’Avvocatura Generale dello Stato;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

La Società Fe. Spa, appartiene al gruppo ED. ed è uno dei maggiori operatori italiani nel settore delle attività ambientali e delle energie alternative.

La società gestisce impianti di cogenerazione, in ordine ai quali annualmente richiede il riconoscimento della produzione combinata di energia elettrica e calore come cogenerazione regolamentata dalla Delibera dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas n. 42/02.

Con l’entrata in vigore del D.Lgs. 20/2007, in materia di cogenerazione ad alto rendimento, la società in parola inoltrava al GS. la richiesta per il riconoscimento del funzionamento delle unità denominate IT. BA. SEZ. 1 e IT. BA. SEZ. 2 quali “cogenerative ad alto rendimento” ai sensi del D.Lgs. 20/2007, come integrato dal D.M. 4 agosto 2011, già con riferimento all’anno di produzione 2010.

GS. accoglieva detta richiesta, riconoscendo alle sopracitate unità l’accesso al regime di sostegno previsto dal D.M. 5 settembre 2011 per le produzioni degli anni 2010, 2011 e 2012.

Successivamente, con nota prot. GS./P20130218152 GS. comunicava l’apertura del procedimento di controllo ai sensi dell’art. 11 del D.M. 5 settembre 2011, nell’ambito del quale, in data 20 e 21 novembre 2013 veniva effettuato un sopralluogo presso le unità in oggetto.

Svolte le attività di verifica, con provvedimento prot. n. GS./P20140018750 del 12 febbraio 2014 GS. chiedeva alla Società di fornire osservazioni in merito alla descrizione dei criteri e dei metodi di calcolo adottati per determinare l’energia di alimentazione degli impianti IT. Ba., in occasione di alcuni malfunzionamenti che la strumentazione di misura del volume del gas avrebbe subito.

In data 18 febbraio 2014 la Fe. inviava al GS. i documenti e le integrazioni richieste.

Successivamente, il GS. emanava il provvedimento prot. GS./P20140045774 del 24 aprile 2014, con il quale comunicava a Fe. Spa l’annullamento del riconoscimento dei sopracitati impianti come cogenerativi ad alto rendimento, con conseguente annullamento dei benefici economici riconosciuti ai sensi del D.M. 5 settembre 2011.

In particolare, si contestava a Fe. il metodo di determinazione dei parametri utilizzati per il calcolo dell’energia di alimentazione di ciascuna unità negli anni di produzione 2010, 2011 e 2012 in occasione dei detti malfunzionamenti.

Con tale provvedimento, GS. comunicava l’annullamento del riconoscimento del funzionamento dell’unità CB47 come cogenerativa ad alto rendimento ai sensi del D.Lgs. 20/2007 per le produzioni 2010, 2011 e 2012, conseguentemente alle determinazioni precedenti.

GS. richiedeva, pertanto, alla Società di restituire i certificati bianchi (3.445 titoli) relativi alle suddette annualità e 2.399 ipoteche presenti sul conto di proprietà di Fe. Spa, per un importo totale superiore ad Euro 630.000,00.

La Fe. impugnava avanti al TAR Lazio – Roma, i provvedimenti assunti dal GS. chiedendone l’annullamento, in quanto illegittimi e privi di fondamento.

Il Tar Lazio si pronunciava con sentenza n. 7589 del 2015 respingendo il ricorso proposto con compensazione delle spese processuali.

A fronte di tale decisione considerata gravemente errata oltre che ingiusta, la Fe. propone ricorso in appello, previa istanza cautelare, sulla base di quattro motivi di impugnazione.

Con un primo motivo l’appellante deduce errore e difetto di motivazione della sentenza appellata – Violazione ed erronea applicazione di legge e di norme regolamentari: D.Lgs. 8 febbraio 2007 n. 20 e ss.m.; art. 8, comma 6 e art. 11, comma 3 del D.M. 5 settembre 2011.

Con un secondo motivo l’appellante espone errore e difetto di motivazione della sentenza appellata. Violazione ed erronea applicazione di legge e di norme regolamentari: art. 11 disposizioni sulla legge in generale; D.M. 5 settembre 2011; Linee guida del Ministero dello sviluppo economico per l’applicazione del D.M. 5 settembre 2011.

Con la terza censura l’appellante espone errore e difetto di motivazione della sentenza appellata – violazione ed erronea applicazione di legge e di norme regolamentari: D.Lgs. 8 febbraio 2007 n. 20 e ss. m.; D.M. 5 settembre 2011; Linee Guida del Ministero dello Sviluppo Economico per l’applicazione del D.M. 5 settembre 2011.

Infine, l’appellante deduce errata interpretazione delle norme, oltre all’applicazione retroattiva della normativa di settore, emanata in parte a fine 2011 in parte all’inizio del 2012.

Medio tempore, GS., a seguito di ulteriori verifiche in merito al numero di titoli effettivamente riconosciuti e rilasciati, rettificava il numero dei titoli percepiti e l’importo oggetto di recupero.

Invero, con provvedimento prot. n. GS./P20150075694 del 25 settembre 2015 comunicava a Fe. la rettifica del numero di titoli oggetto di recupero, per un totale di 3.445 Certificati Bianchi, chiedendo il pagamento, entro 15 giorni dalla ricezione, di un importo imponibile pari ad Euro 376.814,10 oltre all’ulteriore importo imponibile pari ad Euro 48.364,68, dovuto per adempiere all’obbligo di annullamento di 602 certificati Verdi 2012 ai sensi del D.Lgs. n. 79/99.

GS. comunicava altresì di aver trattenuto in compensazione, sempre ai sensi del citato D.Lgs. n. 79/99, anche 622 Certificati Verdi 2013 relativi all’obbligo 2012, il cui controvalore è pari ad Euro 55.532,16 valorizzati al relativo prezzo di ritiro pari a Euro 89,28 CV.

Il nuovo provvedimento risultava confermativo del precedente per quanto attiene alla motivazione in fatto ed in diritto, mentre le cifre indicate sostituivano quelle presenti nel precedente provvedimento GS. prot. n. GS./P20140045774, operando una riduzione delle stesse.

Fe. Spa ha impugnato detto provvedimento con ricorso attualmente pendente dinanzi alla sezione Terza – Ter del Tar Lazio con r.g. n. 14337/2015.

Alla camera di consiglio dell’8 ottobre 2015 fissata per la discussione dell’istanza cautelare, Fe. manifestava la disponibilità a prestare idonea fideiussione bancaria in favore del GS. a garanzia del credito da quest’ultimo asseritamente vantato, onde consentire l’immediato rilascio e ripristino dei certificati Verdi trattenuti dal GS. in via cautelativa.

Tale fideiussione veniva sottoscritta in data 26 novembre 2015 con il n. 163372/A.

Il Collegio accoglieva poi l’istanza di abbinamento dei profili cautelari al merito e fissava la pubblica udienza per il giorno 28 gennaio 2016.

In vista di tale data l’Amministrazione dello Sviluppo Economico e l’Autorità Garante per l’energia elettrica ed il gas si costituivano in giudizio a mezzo del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, che depositava costituzione formale.

Si costituiva altresì depositando memorie difensive e di replica anche il Ge. dei Se. En. chiedendo che fosse respinto il ricorso in appello avversario in quanto inammissibile, improcedibile e comunque infondato.

Chiamata all’udienza pubblica del 28 gennaio 2016, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

La vicenda oggetto di gravame verte sulla decadenza degli incentivi economici riconosciuti ai sensi del DM del 5 settembre 2011.

Con un primo motivo l’appellante deduce errore e difetto di motivazione della sentenza appellata – Violazione ed erronea applicazione di legge e di norme regolamentari: D.Lgs. 8 febbraio 2007 n. 20 e ss.m.; art. 8, comma 6 e art. 11, comma 3 del D.M. 5 settembre 2011.

Al riguardo evidenzia la non corretta interpretazione, da parte del giudice di prime cure, circa le norme espresse dal D.M. 5 settembre 2011 in tema di difformità tra quanto dichiarato dal produttore e la situazione reale dell’impianto, a causa di alcuni malfunzionamenti subiti dai misuratori volumetrici di gas.

Dal primo provvedimento adottato da GS. non emergerebbe da alcuna parte una possibile posizione dello stesso volta ad escludere l’utilizzabilità di dati ricostruiti per periodi specifici; anzi il contesto ed il tenore del provvedimento erano in senso diametralmente opposto e positivo.

Sostanzialmente, con il provvedimento oggetto di impugnativa in primo grado, a detta dell’appellante, è stato punito il semplice malfunzionamento dei misuratori volumetrici di gas, e ciò, tra l’altro, in aperta contraddizione con l’atto con cui era stato aperto il relativo procedimento.

GS. ritiene, invece, di aver agito in maniera conforme al disposto normativo.

L’annullamento del beneficio non sarebbe disceso dall’accertamento dell’entità del malfunzionamento dei sistemi di misurazione della produzione di energia, ma sarebbe originato dall’acclarata difformità della situazione rappresentata dalla Fe. rispetto a quanto appurato in sede di verifica, di talchè la natura e la rilevanza del malfunzionamento non inciderebbero affatto, giacchè la problematica ha influito sulla impossibilità di ottenere una misurazione effettiva della produzione.

Il motivo è fondato ed assorbente.

La fattispecie, contrariamente a quanto sostenuto dal giudice di prime cure, rientra nell’ambito di applicazione del 4° comma del richiamato art. 11, il quale non consente al GS. di annullare il riconoscimento come unità cogenerative ad alto rendimento, né di revocare tout court i benefici.

L’art. 11 c. 4 del D.M. 5 settembre 2011, infatti, invita l’operatore economico ad intervenire sul ripristino del funzionamento dei sistemi di misurazione, ma non legittima il GS. a revocare una qualifica oramai riconosciuta, per di più con effetto retroattivo e tanto meno legittima il GS. a revocare le agevolazioni, senza prima avere accertato che l’impianto, al di là dei malfunzionamenti dei misuratori, abbia conseguito o meno gli obiettivi imposti dalla legge.

Donde il difetto di istruttoria lamentato dall’appellante.

Del resto lo stesso GS. aveva aperto il procedimento in tale direzione, salvo poi immotivatamente discostarsene, pervenendo ad altre conclusioni.

Come fondatamente dedotto dall’appellante, invero, non si possono confondere le ipotesi di cui al 3° comma dell’art. 11 D.M. cit. – che presuppongono l’accertamento della responsabilità del gestore e che attengono a difformità strutturali dell’impianto, volutamente sottaciute – con quelle di cui al 4° comma, vale a dire con le ipotesi di avarie e malfunzionamenti dei misuratori, non prevedibili ed indipendenti dalla volontà del gestore.

Tale motivo in quanto fondato ed avente carattere assorbente comporta di per sé solo l’accoglimento del gravame e, per l’effetto, in riforma dell’appellata sentenza, l’annullamento del provvedimento impugnato in prime cure.

Stante la particolarità della vicenda e la complessità delle questioni interpretative si reputa giusto disporre l’integrale compensazione fra le parti delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata annulla il provvedimento di decadenza originariamente gravato.

Spese doppio grado compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 gennaio 2016 con l’intervento dei magistrati:

Antonino Anastasi – Presidente

Nicola Russo – Consigliere, Estensore

Sandro Aureli – Consigliere

Andrea Migliozzi – Consigliere

Silvestro Maria Russo – Consigliere

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