Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza 3 luglio 2017, n. 3236

E’ pacifica e non contestata la giurisprudenza sul valore fidefaciente, sino a querela di falso, del verbale della C.M.O., sull’unicità dell’accertamento sanitario svolto secondo le prescritte disposizioni con irrilevanza degli accertamenti di altra fonte, sulla discrezionalità insindacabile delle valutazioni medico-legali militari (salvo la palese abnormità o la violazione delle disposizioni procedurali), sulla presunzione assoluta di inidoneità per le patologie indicate nelle direttive tecniche.

Consiglio di Stato

sezione IV

sentenza 3 luglio 2017, n. 3236

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Quarta

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1924 del 2014, proposto da-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato Ma. Di., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);

contro

Ministero della difesa – Comando Logistico dell’Esercito – Dipartimento di Sanità, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliato in Roma, via (…);

per la riforma

della sentenza resa in forma semplificata dal T.a.r. per il Lazio – Sede di Roma – Sez. I- bis n. 760 del 21 gennaio 2014, concernente giudizio di inidoneità permanente al servizio militare incondizionato.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della difesa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 25 maggio 2017 il Cons. Luca Lamberti e uditi per le parti gli avvocati Pe. per Di. e l’avvocato dello Stato Gr.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Il ricorrente, caporale dell’Esercito Italiano in ferma prefissata quadriennale, ha impugnato avanti il T.a.r. Lazio, Sede di Roma, con ricorso allibrato al n. r.g. 2013/8359, il provvedimento prot. n. 1764820119 del Dipartimento Militare di Medicina Legale in data 29 maggio 2013 con cui è stato riformato in quanto giudicato permanentemente non idoneo al servizio militare in base all’art. 2, comma c) ed all’art. 7, comma a), del decreto del Direttore generale della sanità militare 5 dicembre 2005 (recante le “direttive tecniche per l’applicazione dell’elenco delle imperfezioni che sono causa di non idoneità al servizio militare”), pure impugnati, “per quanto occorrer possa”, “nell’interpretazione che ne è stata data da parte dell’Amministrazione”.

2. Con successivo ricorso allibrato al n. r.g. 2013/8870 il ricorrente ha poi impugnato il provvedimento del Comando Logistico dell’Esercito – Dipartimento di Sanità prot. n. 744 del 2 agosto 2013, che ha confermato il giudizio di permanente non idoneità al servizio militare incondizionato per perdita permanente dei requisiti previsti all’atto del reclutamento, ai sensi dell’art. 582, lett. b), n. 3 e lett. g), del d.p.r. 90/2010 e dell’art. 2, comma c), del d.d. 5 dicembre 2005, contestualmente impugnati “per quanto occorrer possa”.

3. I provvedimenti de quibus si fondano sugli esiti della pregressa asportazione chirurgica della tiroide per carcinoma papillare subita dal ricorrente in data 8 ottobre 2012: l’Amministrazione, considerata la natura di tumore maligno della patologia in questione, come tale sussumibile nel disposto dell’art. 582, lett. g) del d.p.r. 90/2010, ha ritenuto che – in disparte la circostanza che “la neoplasia è tuttora in follow-up con necessità di controlli periodici e, quindi, non può ritenersi guarita a distanza di meno di un anno” – sia “in atto una endocrinopatia cronica per asportazione della ghiandola che comporta una somministrazione permanente di ormone sintetico”, rientrante fra le cause di non idoneità al servizio militare normativamente previste.

4. Il ricorrente ha contestato le conclusioni cui è pervenuta l’Amministrazione, in tesi smentite da certificato medico del 9 novembre 2012 che lo dichiara “chirurgicamente guarito” e “perfettamente idoneo a compiere in maniera completa tutti gli atti della vita quotidiana”: infatti, sostiene il ricorrente, grazie all’assunzione di apposito farmaco (denominato “Eu.”), i suoi valori ormonali, nonostante l’integrale asportazione della ghiandola, risulterebbero pienamente compensati.

Oltretutto, ha proseguito il ricorrente, in un caso in tesi del tutto analogo concernente altro militare il Tribunale avrebbe annullato il provvedimento statuente la non idoneità al servizio.

5. Costituitasi l’Amministrazione, acquisiti nel giudizio n. r.g. 2013/8359 documentati chiarimenti e disposta nel giudizio n. r.g. 2013/8870 verificazione, il Tribunale, in esito alla camera di consiglio dell’11 dicembre 2013 ha, previa riunione, rigettato i due ricorsi con sentenza in forma semplificata.

Il Tribunale, in particolare, ha, sulla scorta degli esiti della verificazione, sostenuto che “non vi è possibilità alcuna di escludere, per l’intervento di rimozione del tumore, l’aspetto recidivante” e che “il ricorrente presenta una condizione di ipotiroidismo iatrogeno in trattamento ormonale sostitutivo” rientrante nel disposto dell’art. 2, comma c), del d.d. 5 dicembre 2005.

6. Il ricorrente ha interposto appello, riproponendo criticamente le censure articolate in prime cure.

7. Costituitasi l’Amministrazione, l’istanza cautelare è stata rigettata con ordinanza n. 1405 del 2 aprile 2014, posto che, “ad un primo sommario esame, in relazione della natura e dell’entità dell’infermità non si ravvisano i profili per un probabile favorevole esito dell’appello”.

8. Il ricorso, quindi, è stato discusso alla pubblica udienza del 25 maggio 2017, in vista della quale l’Amministrazione ha operato produzioni documentali, mentre il ricorrente ha versato in atti memoria scritta.

9. Il ricorso non merita accoglimento.

10. Preliminarmente il Collegio:

a) rileva la tardività, ex art. 73, c.p.a., del deposito documentale effettuato dall’appellante in data 24 aprile 2017;

b) considera del tutto inammissibile per violazione del divieto dei nova la difesa svolta dal ricorrente nella memoria da ultimo presentata, secondo cui nelle more del giudizio egli sarebbe completamente guarito, atteso che il provvedimento amministrativo impugnato deve essere valutato avuto riguardo alle circostanze di fatto e diritto sussistenti al momento della sua emanazione; tale evenienza, per altro, è ab ovo irrilevante, alla stregua di quanto si dirà in prosieguo;

c) osserva in diritto che “è pacifica e non contestata la giurisprudenza sul valore fidefaciente, sino a querela di falso, del verbale della C.M.O., sull’unicità dell’accertamento sanitario svolto secondo le prescritte disposizioni con irrilevanza degli accertamenti di altra fonte, sulla discrezionalità insindacabile delle valutazioni medico-legali militari (salvo la palese abnormità o la violazione delle disposizioni procedurali), sulla presunzione assoluta di inidoneità per le patologie indicate nelle direttive tecniche (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 10 maggio 2011, n. 260; sez. IV, 17 ottobre 2012, n. 5308; sez. IV, 8 luglio 2013, n. 3601; sez. IV, 29 aprile 2016, n. 1640)” (così Cons. Stato, Sez. IV, 16 giugno 2016, n. 2678; in termini v. anche Sez. IV, 30 settembre 2016, n. 4039).

11. Nella specie, come oltretutto acclarato dalla verificazione disposta in prime cure, non emergono profili di abnormità o irragionevolezza manifesta nei provvedimenti impugnati.

L’asportazione della tiroide, infatti, non solo espone il paziente alla possibile insorgenza di recidive, anche extraregionali, pure a distanza di diversi anni dall’intervento, ma, comunque, impone vita natural durante la compensazione ormonale mediante l’assunzione di farmaci: l’organismo del soggetto che ha subito la tiroidectomia totale, in altre parole, non è strutturalmente in equilibrio ormonale, il cui mantenimento, di contro, dipende da un continuo, costante ed irrinunciabile apporto farmacologico sostitutivo esterno.

Vi è, dunque, una palese (e radicale) endocrinopatia, considerata causa di non idoneità dall’art. 582, comma 1, lett. b), n. 3, del d.p.r. 15 marzo 2010, n. 90 e dall’art. 2, lett. c), del d.d. 5 dicembre 2005.

Il ricorrente, inoltre, è stato interessato da un tumore maligno che non può ritenersi, per la possibile recidiva, in toto e ab imis guarito, come tale anch’esso causa di non idoneità ai sensi dell’art. 582, comma 1, lett. g), n. 1, del d.p.r. 15 marzo 2010, n. 90 e dall’art. 7, lett. a), del d.d. 5 dicembre 2005.

Non vi sono, di converso, profili di illegittimità delle richiamate “direttive tecniche”, che si limitano ad esplicitare, con maggior grado di dettaglio, le generali previsioni regolamentari recate dal d.p.r. 15 marzo 2010, n. 90, in questa sede, invero, non gravate.

Peraltro, la disciplina regolamentare (e le conseguenti disposizioni attuative) in punto di requisiti di salute del personale militare è ispirata al principio della individuazione, come fattori di non idoneità, di condizioni fisiche (lato sensu intese) strutturalmente deficitarie, quale certo è la situazione del soggetto che ha subito l’exeresi totale della tiroide a seguito di tumore maligno oltretutto potenzialmente recidivante e che, quindi, necessita di un continuo apporto farmacologico per mantenere (recte, recuperare) un equilibrio ormonale altrimenti naturaliter inattingibile dall’organismo.

Né, infine, ha pregio la censura di disparità di trattamento, giacché, nel caso citato dal ricorrente, l’Amministrazione aveva a quanto consta ravvisato come elemento di non idoneità al servizio militare esclusivamente il carattere asseritamente deturpante, ai sensi dell’art. 7, lett. b), del d.d. 5 dicembre 2005, della cicatrice risultante da intervento chirurgico di asportazione di un tumore: il Tribunale, conseguentemente, aveva fondato la pronuncia di accoglimento solo sull’impatto visivo e sulla valenza antiestetica della cicatrice, giudicata, contrariamente agli assunti dell’Amministrazione, “non evidente” (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I bis, 5 novembre 2012, n. 9019).

12. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna il ricorrente-OMISSIS- alla refusione in favore del Ministero della difesa delle spese di lite, liquidate in complessivi € 3.000,00 (euro tremila/00), oltre accessori di legge ove dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 22, comma 8, d.lgs. 196/2003, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 maggio 2017 con l’intervento dei magistrati:

Vito Poli – Presidente

Oberdan Forlenza – Consigliere

Leonardo Spagnoletti – Consigliere

Luca Lamberti – Consigliere, Estensore

Giuseppa Carluccio – Consigliere

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