Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza 29 luglio 2016, n. 3440

Stante la ben nota autonomia del procedimento di occupazione rispetto al procedimento di esproprio l’illegittimità del primo non produce alcuna influenza sul secondo, né la sentenza di questa Sezione n. 2096 del 2011 contraddice tale assunto, avendo affrontato la questione qui all’esame nell’ambito di un obiter dictum e comunque escludendo anzi l’ipotizzata automatica ricaduta in termini d’illegittimità degli atti espropriativi a causa dell’inefficacia del decreto d’occupazione d’urgenza

Consiglio di Stato

sezione IV

sentenza 29 luglio 2016, n. 3440

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Quarta

ha pronunciato la presente

SENTENZA NON DEFINITIVA

sul ricorso numero di registro generale 5945 del 2015, proposto da Bi. Ma. Si. e altri, rappresentati e difesi dall’avv. An. Ba., con domicilio eletto presso Fr. Di Gi. in Roma, Via (…);

contro

Au. Me. s.p.a. in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dagli avv. Or. Ab., Lu. Ma. D’A., con domicilio eletto presso Ab. Studio Ti.- in Roma, Via (…);

Anas s.p.a. in persona del legale rappresentanti in carica, rappresentato e difeso dalla Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla Via (…), è domiciliato per legge;

Prefetto della Provincia di Napoli in persona del legale rappresentanti in carica, rappresentato e difeso dalla Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla Via (…), è domiciliato per legge;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per la CAMPANIA -Sede di NAPOLI- SEZIONE V n. 01547/2015, resa tra le parti, concernente espropriazione immobile per pubblica utilità.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Au. Me. Spa e di Ente Nazionale Strade-Anas e di U.T.G. – Prefettura di Napoli;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 giugno 2016 il Consigliere Fabio Taormina e uditi per le parti gli avvocati Ch. Ro. (per delega di Ab.) e l’avvocato dello Stato Fe.;

Visto l’art. 36, comma 2, cod. proc. amm.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1.Con la sentenza in epigrafe impugnata n. 1547/2015 il Tribunale amministrativo regionale della Campania – Sede di Napoli – ha respinto il ricorso (r.g. n. 3615/2014) proposto dalla odierna parte appellante Bi. Ma. Si. e altri, volto ad ottenere l’annullamento del decreto di esproprio del Prefetto della Provincia di Napoli prot. 0017845 emesso a Napoli il 16.3.2011, registrato all’Agenzia Entrate di Napoli l’1.4.2011, avente ad oggetto l’espropriazione dell’immobile di cui essi erano comproprietari ubicato in (omissis) alla via (omissis), (Fg. (omissis) mapp. (omissis) mq. 171 titolo svincolo autostradale), nonché degli atti presupposti e connessi.

2. Le amministrazioni intimate si erano costituite chiedendo la reiezione del ricorso in quanto infondato.

3. Il T.a.r. ha respinto il ricorso, affermando che il decreto era stato emesso nei termini di legge.

In particolare, la sentenza gravata:

a) ha ricostruito il titolo legittimante la pretesa della parte odierna appellante;

b) ha ricostruito la scansione attraverso la quale si era dipanato il contestato procedimento espropriativo, facendo presente che:

I) con decreto prot. nr. 41756/I Sett B. del 3.6.2003 il Prefetto della Provincia di Napoli, su istanza della società Au. Me. s.p.a. (concessionaria per la costruzione ed esercizio dell’Autostrada Napoli – Pompei – Salerno e per il suo ampliamento) aveva autorizzato la medesima ad occupare in nome e per conto dell’ANAS, immediatamente e temporaneamente, per anni due a partire dalla data di immissione in possesso parte delle aree di pertinenza dell’odierna parte appellante e precisamente la particella (omissis) del fl. (omissis) mapp. (omissis);

II) con decreto dell’Ente Nazionale Stradale – Anas – nr. 5968 del 19.3.03 le eseguende opere di ampliamento della detta arteria autostradale erano state dichiarate di pubblica utilità nonché urgenti ed indifferibili ai sensi e per gli effetti della legge 5.6.1865 n. 2359 e del d.lgs. del 26.2.94 n. 143 art. 2;

III) ex art. 13 della legge 25.6.1865 n. 2359 i termini per l’inizio dei lavori e delle relative procedure espropriative venivano fissati in giorni 240 decorrenti dalla data del provvedimento, mentre i termini per il loro compimento erano fissati in giorni 1100 dalla data di consegna e in giorni 1825 dalla data del provvedimento;

IV) il decreto del Prefetto di occupazione di urgenza ai sensi dell’art. 20 legge 22.10.61 n. 865 era eseguito da Au. Me. il 21.7.2003, con l’apprensione di parte del giardino del parco per mq. 330, e redazione dello stato di consistenza, previa regolare notifica;

V) il Prefetto di Napoli con provvedimento in data 1.6.2005 prot. nr. 42269/Servizi Amministrazione – II Sez. aveva prorogato la validità dell’originario decreto di altri anni due e, poi, con ulteriore decreto prot. n. 19349 del 28.5.2007 fino al 19.3.2008 (data di scadenza del termine quinquennale previsto e prescritto per legge);

3.1. La sentenza impugnata ha respinto la domanda rilevando che:

a) la fattispecie avente ad oggetto la dichiarazione di pubblica utilità datata 19.3.2003, era disciplinata non dal T.U. in materia di espropriazione per pubblica utilità, D.P.R. 8 giugno 2001 n. 327 (entrato in vigore soltanto il 30 giugno 2003, a seguito di successivi differimenti disposti ex lege) bensì dalla previgente disciplina, (legge n. 2359 del 1865);

b) la presunta violazione dell’art. 14 legge n. 2359/65 non era fondata in quanto tale disposizione aveva natura speciale afferente ad un contesto differente da quello di cui all’art. 13 della medesima legge: il limite ivi indicato non poteva essere riferito alla proroga prevista dall’art. 13 comma 2;

b1) l’art. 13 della legge n. 2359/65 richiedeva soltanto che la proroga fosse disposta, con provvedimento motivato, prima dello scadere del termine originale e fosse ascrivibile a causa di forza maggiore o eccezionale: essa non prevedeva un limite massimo relativo alla proroga;

c) nel caso di specie le condizioni scolpite nella detta disposizione erano state rispettate, in quanto:

I) con provvedimenti sufficientemente motivati recanti nn. Prot. 35364 del 07.03.2008 e 37446 del 12.03.2010, l’Anas s.p.a. aveva disposto legittimamente la proroga dei termini di compimento delle procedure espropriative e dei lavori al 18.03.2011;

II) ne conseguiva la legittimità del decreto prefettizio di espropriazione datato 16 marzo 2011;

III) quanto alla asserita illegittimità dell’operato prefettizio a cagione della mancata emissione del decreto di esproprio nei confronti della Sig.ra Si. Bi. Ma., altra comproprietaria del bene, essa era dovuta all’assenza del nominativo nell’elenco definitivo delle ditte da espropriare posseduto dalla Prefettura, ma comunque il decreto fava riferimento al bene individuato, posseduto in comproprietà, per cui la censura era inaccoglibile.

4. La originaria parte ricorrente rimasta soccombente, ha impugnato la detta decisione, e dopo avere sinteticamente ripercorso il pregresso contenzioso ha dedotto che:

a) l’area occupata era pari a mq 330, mentre il decreto riguardava una minore porzione del fondo di pertinenza degli odierni appellanti, e pari a mq 190;

a1) il Tar aveva errato nel non riconoscere che il decreto di esproprio ex art. 13 della legge n. 2359/65 doveva correlarsi al rispetto dei termini (non solo relativi alla dichiarazione di pubblica utilità ma anche) della occupazione provvisoria;

b) alla data della prima proroga disposta dall’Anas (7.3.2008) i lavori non erano ancora terminati e, quindi, essi erano stati portati a compimento nel periodo compreso tra detta prima proroga (7.3.2008) e la seconda proroga (12.03.2010): ma a detta data era scaduto il termine per l’occupazione legittima del compendio immobiliare (18.3.2008);

c) le proroghe erano quindi intervenute a “sanare” una situazione illegittima: la trasformazione del bene quanto era scaduto il termine di occupazione;

d) in ogni caso ex art. 13 della legge n. 2359/65 poteva essere emessa una sola proroga, e non due come nel caso di specie;

e) la procedura de qua era regolata ex lege 24.7.1961 n. 729 art. 11, per cui doveva trovare applicazione l’art. 14 della legge n. 2359/65 (circostanza, questa, invece negata dal Tar);

f) il decreto di espropriazione non contemplava Si. Bi. Ma.: trattandosi di bene in comunione pro-indiviso esso doveva essere dichiarato integralmente illegittimo, anche con riferimento agli altri comproprietari.

5. In data 29.7.2015 la società Anas s.p.a. si è costituita depositando atto di stile

6. In data 26 settembre 2015 la società Au. Me. s.p.a. si è costituita depositando atto di stile

7. In data 7.11.2015 la società Au. Me. s.p.a. si è costituita depositando una memoria nell’ambito della quale ha dedotto che:

a) costituiva giudicato l’affermazione del Tar per cui la procedura espropriativa era regolata dalla legge n. 2359/65;

b) le proroghe erano validamente intervenute prima della scadenza dei termini della dichiarazione di pubblica utilità;

c) la mancata notifica del decreto di esproprio ad un proprietario non invalidava il decreto ma comportava unicamente la non decorrenza del termine per proporre opposizione alla stima.

8. Con memoria depositata il 18.5.2016 l’appellante ha ribadito e puntualizzato le proprie difese, evidenziando in particolare che l’occupazione del bene, come recita il decreto del Prefetto e come risultava dal verbale di immissione in possesso, aveva riguardato la superficie di mq. 340 mentre l’espropriazione in questione aveva riguardato la minore area di mq. 140 e che pertanto, in ogni caso, la parte pubblica appellata avrebbe dovuto essere condannata alla restituzione dell’area non espropriata, nonché al risarcimento dei danni, essendo pacifico ed incontestato che i termini di legge per la parte de qua erano inutilmente scaduti senza che fosse stata portata a compimento la procedura espropriativa

9. Alla odierna udienza pubblica del 23 giugno 2016 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. L’appello è in parte infondato e va respinto ed in parte la causa non è matura per la definitiva decisione di merito e vanno pertanto disposti incombenti istruttori.

2. Premesso che non è stata impugnata da alcuno (ed integra quindi res iudicata) l’affermazione del Tar secondo cui la procedura espropriativa della cui legittimità si controverte resta regolata dalla legge n. 2359/65, l’argomento critico centrale al quale parte appellante sostanzialmente affida l’accoglimento delle proprie ragioni è il seguente: il decreto di esproprio impugnato sarebbe illegittimo essendo stato adottato nonostante che l’occupazione delle aree e quindi il loro impossessamento da parte delle amministrazioni appellate fossero intervenuti illegittimamente, essendo essi avvenuti oltre il termine trimestrale di efficacia del decreto d’occupazione d’urgenza.

2.1.Tale argomentazione è infondata per più ragioni.

Deve anzitutto al riguardo essere rilevato che stante la ben nota autonomia del procedimento di occupazione rispetto al procedimento di esproprio (si veda Consiglio di Stato, sez. IV, 24/11/2014 n. 5974, ma anche T.A.R. Pescara Sez. Unica – 14 gennaio 1983 n. 16; T.A.R. Latina Sez. Unica 20 gennaio 1983 n. 21; ed arg. ai sensi di Cassazione civile, sez. I, 27/04/2011, n. 9370) l’illegittimità del primo non produce alcuna influenza sul secondo, né la sentenza di questa Sezione n. 2096 del 2011 contraddice tale assunto, avendo affrontato la questione qui all’esame nell’ambito di un obiter dictum e comunque escludendo anzi l’ipotizzata automatica ricaduta in termini d’illegittimità degli atti espropriativi a causa dell’inefficacia del decreto d’occupazione d’urgenza.

Quanto rilevato da parte appellante in ordine al decreto d’occupazione porta a ritenere che questo fosse soltanto divenuto inefficace, e peraltro alcuna contestazione è stata rivolta al decreto autorizzativo dell’occupazione d’urgenza pur avendolo certamente l’appellante certamente conosciuto (come dalla stessa parte appellante ammesso); né risulta dagli atti che parte appellante abbia avanzato riserve sulla sua perdurante efficacia in sede di impossessamento dell’area de qua ad opera delle amministrazioni appellate, consentendone l’esecuzione.

2.2. La tesi secondo cui ai sensi dell’art. 13 della legge n. 2359/65 fosse consentita una ed una sola proroga dei termini della dichiarazione di pubblica utilità, poi, contrasta con le affermazioni di giurisprudenza che si condivide (ex aliis T.A.R. Genova, -Liguria-, sez. I, 17/03/2010, n. 1175), mentre dalla autonomia sistematica tra procedimento espropriativo ed occupazione discende che correttamente il T.a.r. ha affermato la inconducenza del richiamo all’art. 14 della legge n. 2359/65 nella odierna vicenda processuale.

2.3. In ultimo a nulla rileva l’invocato art. 11 della legge speciale 24.7.1961 n. 729.

Il richiamo ivi contenuto all’articolo 73 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, ai fini della proroga, rende palese la riferibilità della disposizione all’occupazione temporanea e d’urgenza e non anche ai termini della dichiarazione di pubblica utilità.

3. Quanto al secondo -ed ultimo – profilo critico esso si fonda sulla condivisibile affermazione giurisprudenziale (tra le tante, T.A.R. Firenze, -Toscana-, sez. I, 23/10/2012, n. 1707) secondo cui “il decreto di esproprio avente ad oggetto beni in comunione pro indiviso è un atto inscindibile, che costituisce espressione di una volontà unica della p.a. di provvedere unitariamente nei confronti di una pluralità di destinatari individuati non “uti singuli”, ma come componenti di un gruppo unitario ed indivisibile; ne consegue che l’annullamento del provvedimento in questione produce effetti nei confronti di tutti i comproprietari anche di quelli non ricorrenti-“.

3.1. Senonché tale principio non giova all’appellante in quanto – a monte- il decreto di esproprio non è affetto da alcun vizio di invalidità:

a) la procedura si svolse nei confronti di tutti i comproprietari ed in relazione ad un area esattamente determinata ed individuata;

b) l’omessa menzione di una di essi nel decreto conclusivo non integra altro che mera irregolarità, come a più riprese affermato dalla giurisprudenza (ex aliis Consiglio di Stato, sez. IV, 06/03/2015, n. 1139 Consiglio di Stato, sez. IV, 14/02/2012, n. 702) che ha rilevato che “la mancata notifica al proprietario del decreto di esproprio non costituisce motivo di carenza del potere espropriativo che legittimi il proprietario stesso ad invocare l’illiceità dell’occupazione del fondo, ma comporta soltanto che quest’ultimo non sia soggetto al termine di decadenza per l’opposizione alla stima; impedendone il decorso; infatti, l’effetto traslativo della proprietà alla mano pubblica si verifica alla data della pronuncia del decreto anzidetto, indipendentemente dalla sua successiva notificazione; inoltre detto decreto ha natura di atto non recettizio, per cui la sua comunicazione non è né elemento integrativo, né requisito di validità, né condizione di efficacia, avendo solo la funzione di far appunto decorrere il termine di opposizione alla stima”.

4. Conclusivamente, l’appello è in parte qua infondato e va respinto.

5. Vanno invece disposti incombenti istruttori in relazione alla affermazione dell’appellante secondo cui vi sarebbe stata una occupazione di una porzione di fondo, non seguita da decreto di esproprio, ed ancora perdurante, ed in relazione alla quale l’appellante medesimo ha proposto domanda restitutoria e risarcitoria.

5.1 Invero l’Amministrazione non ha controdedotto sul punto, la “doglianza” era stata inserita in un motivo a contenuto parzialmente diverso (per cui non è possibile trarre argomenti sfavorevoli per l’Amministrazione, ex art. 64 comma 2 cpa) e pertanto appare indispensabile che le Amministrazioni appellate depositino una relazione (eventualmente corredata dagli indispensabili documenti) nell’ambito della quale si dia atto e si chiarisca:

a) quanti mq dell’area di pertinenza dell’appellante furono occupati;

b) quanti mq furono oggetto del decreto di esproprio;

c) se la porzione eventualmente occupata e non espropriata venne restituita all’appellante ed in che data;

d) ogni ulteriore elemento utile a chiarire i fatti di causa.

5.2. La predetta relazione sarà depositata nel termine di giorni 90 dalla pubblicazione o notificazione, se anteriore, della presente statuizione non definitiva; la fissazione della udienza pubblica di definitiva decisione della causa sarà fissata con separato decreto nel secondo trimestre del 2017.

6. Ogni ulteriore decisione in rito, sul merito, e sulle spese è riservata al definitivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe respinge tutte le censure in ordine alla illegittimità della procedura espropriativa nei sensi di cui alla motivazione che precede.

Non definitivamente pronunciando sulla censura concernente la omessa restituzione di una porzione di area occupata e non espropriata, dispone gli incombenti istruttori di cui alla motivazione della presente decisione.

Spese al definitivo.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 giugno 2016 con l’intervento dei magistrati:

Filippo Patroni Griffi – Presidente

Nicola Russo – Consigliere

Raffaele Greco – Consigliere

Fabio Taormina – Consigliere, Estensore

Silvestro Maria Russo – Consigliere

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