Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza 28 marzo 2017, n. 1425

L’occupazione di aree al di là dei confini segnati dal decreto di esproprio (c.d. sconfinamento) rappresenta non esercizio di pubblico potere, ma attività di puro fatto (c.d. occupazione usurpativa) posta in essere in carenza assoluta di potere, che integra un illecito comune a carattere permanente, lesivo del diritto soggettivo e non diverso da quello che potrebbe venire commesso da un privato che leda diritti dei terzi, onde l’azione risarcitoria del danno che ne è conseguito rientra nella giurisdizione del giudice ordinario

Consiglio di Stato

sezione IV

sentenza 28 marzo 2017, n. 1425

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Quarta

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3775 del 2016, proposto da Autostrade Me. s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Gi. Ab. ed altri, con domicilio eletto presso lo Studio Ti. in Roma, via (…);

contro

Fi. Am. e Gi. Ma., rappresentati e difesi dall’avvocato Alfredo Ri., con domicilio eletto presso Francesco Giacani in Roma, via Flavio Stilicone, 264;

nei confronti di

An.s.p.a., Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per la Campania, sezione V, 20 febbraio 2016, n. 948, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di An. s.p.a., del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di Fi. Am. e di Gi. Ma.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 marzo 2017 il consigliere Giuseppe Castiglia;

Uditi per le parti l’avvocato A. Ab. su delega dell’avvocato O. Ab., l’avvocato dello Stato B. Fiducia e l’avvocato A. Ri.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. I signori Fi. Am. e Gi. Ma. sono comproprietari di un immobile nel Comune di (omissis), e il solo signor Am. della adiacente area urbana ricadente in fascia di rispetto stradale.

2. Parte dell’area scoperta è stata occupata il 27 agosto 2012, con successiva demolizione di un muro di confine, per la realizzazione di opere edili connesse all’ampliamento dell’autostrada Napoli-Pompei-Salerno.

3. Assumendo l’illegittimità dell’occupazione, che sarebbe avvenuta senza alcun titolo, essi hanno in un primo tempo chiesto al giudice ordinario un accertamento tecnico preventivo ex art. 696 c.p.c.

4. Il Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Portici, ha declinato la propria giurisdizione con ordinanza del 25 febbraio 2013.

5. I ricorrenti hanno quindi adito il giudice amministrativo per chiedere la restituzione dell’area, previa riduzione in pristino, e il risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale.

6. Con sentenza 20 febbraio 2016, n. 948, il T.A.R. per la Campania, sez. V,

a) ha respinto l’eccezione di difetto di giurisdizione formulata dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, da An. s.p.a. e dalla Società Autostrade Me. s.p.a. (d’ora in poi: Sa.), concessionaria dell’opera;

b) ha respinto l’eccezione di difetto di legittimazione passiva del Ministero e di An.;

c) ha respinto, previa c.t.u., la difesa di Autostrade Me., intesa a sostenere di avere già acquistato l’area occupata dai danti causa dei ricorrenti;

d) ha ritenuto sussistere la responsabilità civile del Ministero e delle società intimate;

e) trattandosi di opere ricomprese nell’ambito della c.d. legge obiettivo, ha escluso la possibilità della reintegrazione in forma specifica, con restituzione dell’area occupata e demolizione dell’opera realizzate;

f) ha stabilito l’obbligo per la P.A. o per l’ente preposto di acquisire i fondi con gli strumenti autoritativi (acquisizione coattiva) o con gli ordinari strumenti privatistici;

g) ha accolto la domanda risarcitoria con valutazione equitativa ex artt. 1226 e 2056 c.c., facendo sostanziale riferimento, ma con significative limitazioni, alla quantificazione del danno effettuata nella relazione del c.t.u;

h) ha condannato le parti soccombenti al pagamento delle spese di giudizio e del compenso dovuto al consulente.

7. Sulla base della sentenza i ricorrenti vittoriosi, in data 20 aprile 2016, hanno notificato a Sa. atto di precetto per un importo di euro 122.836,69.

8. Sa. ha interposto appello avverso la sentenza, formulando anche una domanda cautelare accolta dalla Sezione con ordinanza 15 luglio 2016, n. 2823, che ha sospeso l’efficacia esecutiva della decisione impugnata e fissato l’udienza pubblica di discussione.

9. La società appellante deduce:

a) il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, poiché verrebbe in questione non un potere autoritativo, ma un comportamento materiale totalmente scisso dalla procedura espropriativa, conclusasi nel 2004 con la cessione volontaria dell’area e il pagamento dell’indennità in favore degli originari ricorrenti; la precedente declinatoria di giurisdizione del giudice ordinario sarebbe irrilevante perché pronunziata su una domanda differente (accertamento tecnico preventivo);

b) la scorrettezza della procedura seguita dal c.t.u., che avrebbe espresso valutazioni giuridiche fuori luogo, si sarebbe basato solo su dati catastali, non avrebbe effettuato alcuna verifica ulteriore né usato moderni strumenti tecnologici, avrebbe trascurato le specifiche osservazioni del consulente di parte, che vengono puntualmente riproposte; il T.A.R. non si sarebbe pronunciato su una richiesta di chiarimenti.

10. I signori Am. e Maddaloni si sono costituiti in giudizio per resistere all’appello, depositando memoria difensiva e appello incidentale.

11. Gli appellati:

a) contrastano l’eccezione di difetto di giurisdizione del g.a., perché le opere eseguite sull’area occupata illegittimamente sarebbero esattamente quelle previste nel progetto di ampliamento; sarebbe perciò evidente il collegamento con il potere ablatorio esercitato da Sa. e irrilevante la data di chiusura della procedura ablativa, come irrilevante sarebbe la declinatoria di giurisdizione pronunciata a suo tempo dal g.o., in coerenza peraltro con un’eccezione proposta dalla stessa Sa., che con il primo motivo dell’odierno appello si porrebbe in contrasto con il divieto di venire contra factum proprium;

b) considerano destituiti di fondamento i rilievi opposti all’operato del c.t.u., che avrebbe risposto in modo esauriente e pertinente ai quesiti posti dal giudice;

c) con l’appello incidentale, chiedono il riconoscimento di un risarcimento di importo maggiore per il deprezzamento complessivo subito dall’immobile di proprietà (per il quale il T.A.R. ha abbattuto del 60% la stima fatta dal c.t.u.), censurano l’esiguità delle spese processuali riconosciute dal primo giudice e il mancato riconoscimento delle spese della consulenza tecnica di parte.

12. L’An. e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti si sono costituiti in giudizio.

13. Con note di udienza depositata il 7 luglio 2016, Sa. ha rinnovato le proprie argomentazioni, ventilato un possibile difetto di legittimazione attiva degli originari ricorrenti (che avrebbero acquistato l’area con un atto viziato da nullità, in quanto riferito anche a immobili abusivi e non sanabili perché edificati in terreni gravati da vincolo di inedificabilità assoluta), depositato una nuova consulenza tecnica di parte e copia di un esposto indirizzato alle autorità preposte riguardo agli abusi insistenti sull’area in contestazione.

14. Con memoria depositata il 14 dicembre 2016, An.ha affermato il proprio difetto di legittimazione passiva, posto che gli atti della procedura espropriativa sarebbero stati emanati dalla concessionaria e, all’epoca dei fatti, il ruolo di ente concedente sarebbe stato svolto dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

15. All’udienza pubblica del 9 marzo 207, l’appello è stato chiamato e trattenuto in decisione.

16. In via preliminare, il Collegio osserva che la ricostruzione in fatto, sopra riportata e ripetitiva di quella operata dal giudice di prime cure, non è stata contestata dalle parti costituite ed è comunque acclarata dalla documentazione versata in atti. Di conseguenza, vigendo la preclusione posta dall’art. 64, comma 2, c.p.a., devono darsi per assodati i fatti oggetto di giudizio.

17. L’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo è fondata.

17.1. Nel trattarne, il T.A.R. di Napoli ha ritenuto che l’occupazione dell’area senza titolo non costituirebbe un comportamento puramente materiale della P.A., in quanto andrebbe valutato pur sempre in funzione dei precedenti decreti di esproprio, cosicché la controversia apparterrebbe al giudice amministrativo.

17.2. Il Collegio dà per conosciuta la giurisprudenza della Corte costituzionale in tema di espropriazione (sentenze n. 204 del 2004 e n. 196 del 2006) che, distinguendo fra contegni anche mediatamente riconducibili a un pubblico potere e condotte materiali, ha poi trovato approdo normativo nell’art. 133, comma 1, lett. g), c.p.a.

17.3. Vero è che, in concreto, la distinzione fra l’una e l’altra fattispecie può essere di non agevole individuazione, come dimostrano i diversi orientamenti assunti dalla Corte di cassazione e dal Consiglio di Stato su specifici profili della complessa questione, specie a proposito dell’esproprio in carenza di una previa dichiarazione di pubblica utilità (si veda da ultimo, nel senso della giurisdizione dall’a.g.o., Cass. civ., ss. uu., 18 novembre 2016, n. 23462).

17.4. Su un punto, tuttavia, le due Corti concordano senza tentennamenti: e cioè che l’occupazione di aree al di là dei confini segnati dal decreto di esproprio (c.d. sconfinamento) rappresenta non esercizio di pubblico potere, ma attività di puro fatto (c.d. occupazione usurpativa) posta in essere in carenza assoluta di potere, che integra un illecito comune a carattere permanente, lesivo del diritto soggettivo e non diverso da quello che potrebbe venire commesso da un privato che leda diritti dei terzi, onde l’azione risarcitoria del danno che ne è conseguito rientra nella giurisdizione del giudice ordinario (cfr. per la Corte di Cassazione: sez. I, 13 gennaio 2010, n. 397; ss. uu. 16 dicembre 2013, n. 27994; sez. I, 9 giugno 2014, n. 12941; ss. uu., 7 dicembre 2016, n. 25044; per il Consiglio di Stato: sez. IV, 16 gennaio 2006, n. 102; sez. IV, 17 maggio 2012, n. 2842).

17.5. Questo orientamento è del tutto pertinente alla vicenda di specie, nella quale, peraltro, la stessa parte privata non ha ricollegato neppure mediatamente il danno di cui chiede il risarcimento ad atti amministrativi, e in particolar modo al procedimento ablativo utilizzato per la costruzione dell’opera viaria e concluso con l’accordo di cessione volontaria dei suoli da espropriare, e ha anzi affermato che l’occupazione dell’area è avvenuta “in assenza di qualsivoglia atto espropriativo o comunque inteso a legittimare l’occupazione provvisoria” (pagg. 4 – 5 della memoria difensiva).

17.6. A fronte delle considerazioni che precedono, è irrilevante il precedente diniego di giurisdizione da parte del Tribunale di Napoli (che peraltro definisce anche la domanda “in verità non del tutto perspicua e tale da porsi al limite della nullità”) e l’eccezione in favore dell’a.g.a. sollevata in quella sede da Sa., essendo incontestabilmente diversa la pretesa allora azionata per trattarsi di un accertamento tecnico preventivo e non di una domanda restitutoria/risarcitoria.

17.7. Inoltre, secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione, costante e condivisibile, “per potersi ravvisare un conflitto negativo denunciabile ai sensi dell’art. 362 c.p.c., comma 2, n. 1), occorre che vi sia una doppia declinatoria di giurisdizione, l’una del giudice ordinario e l’altra del giudice amministrativo, emessa con decisioni di piena cognizione; ne consegue che il conflitto è inammissibile quando anche una sola delle due pronunce abbia avuto luogo in sede cautelare, come nel caso in esame” (da ultimo Sezioni unite, 15 novembre 2016, n. 23224, che si riporta alle precedenti decisioni delle stesse Sezioni unite 7 marzo 2011, n. 5356; 8 marzo 2006, n. 4914; 8 agosto 1991, n. 8638).

17.8. Le date delle sentenze richiamate al § 17.4 smentiscono anche in punto di fatto la tesi sostenuta dal difensore degli appellati in udienza (tesi peraltro ampiamente opinabile pure in punto di diritto) secondo cui, a norma dell’art. 5 c.p.c. e sulla base dell’asserito diritto vivente in vigore all’atto della proposizione del ricorso al g.o. (che avrebbe ritenuto la giurisdizione del g.a. in casi del genere), tale giurisdizione dovrebbe tenersi per ferma in applicazione, appunto, del principio della perpetuatio iurisdictionis.

17.9. Infine, a differenti domande possono legittimamente corrispondere strategie processuali non omogenee. Il divieto di venire contra factum proprium e il tema dell’abuso del processo non sono invocati a proposito con riguardo alla precedente eccezione di difetto di giurisdizione sollevata da Sa. di fronte al g.o., perché l’eccezione inversa proposta dalla medesima parte innanzi al g.a. (nell’esercizio di una facoltà peraltro simmetrica a un analogo potere officioso di quel giudice ex art. 9, primo periodo, c.p.a.) rappresenta una situazione evidentemente ben diversa e non comparabile a quella tipica, ben nota e ampiamente analizzata, del soggetto che, soccombente in primo grado, contesti con il gravame la giurisdizione del giudice da lui stesso scelto (sul che si veda da ultimo Cass. civ., ss. uu., 20 ottobre 2016, n. 21260, nel senso della non deducibilità in appello del difetto di giurisdizione del g.a. in precedenza adito).

18. Il primo motivo dell’appello principale è perciò fondato e deve essere accolto, cosicché, in riforma della sentenza impugnata, va dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario e la sentenza stessa annullata senza rinvio.

19. L’appello incidentale è improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

20. La questione appena vagliata esaurisce la vicenda sottoposta alla Sezione; restano assorbiti il secondo motivo dell’appello principale e l’eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata da An..

21. La complessità della controversia giustifica la compensazione fra i contendenti delle spese del doppio grado di giudizio. Resta a carico dei privati appellati il compenso dovuto al c.t.u. di primo grado.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

Sezione Quarta,

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, dichiara la giurisdizione del giudice ordinario e, per l’effetto, annulla senza rinvio la sentenza impugnata.

Dichiara improcedibile l’appello incidentale.

Compensa fra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Pone ai carico dei privati appellati il compenso dovuto al consulente tecnico d’ufficio nominato in primo grado.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 marzo 2017 con l’intervento dei magistrati:

Filippo Patroni Griffi – Presidente

Fabio Taormina – Consigliere

Luigi Massimiliano Tarantino – Consigliere

Carlo Schilardi – Consigliere

Giuseppe Castiglia – Consigliere, Estensore

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