Palazzo-Spada

Consiglio di Stato

sezione IV

sentenza 25 maggio 2015, n. 2588

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL CONSIGLIO DI STATO

IN SEDE GIURISDIZIONALE

SEZIONE QUARTA

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex artt. 38 e 60 c.p.a., sul ricorso n. 2175/2015 RG, proposto dal Comune di Felino (PR), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocato Pa.Co. e Ma.Co., con domicilio eletto in Roma, v.le (…),

contro

– il sig. Pi.Vi., rappresentato e difeso dagli avvocati El.Po. e Sa.Ro., con domicilio eletto in Roma, v.le (…) e

– la Provincia di Parma, in persona del Presidente pro tempore, non costituita in giudizio e

nei confronti di

Na. ed altri, controinteressati, non costituiti in giudizio,

per la riforma

della sentenza del TAR Emilia-Romagna – Parma, n. 351/2014, resa tra le parti e concernente l’approvazione della variante del PRG di Felino per cambio di destinazione da zona agricola a zona residenziale (piano particolareggiato d’iniziativa pubblica);

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del solo sig. Pi.Vi.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore alla camera di consiglio del 21 aprile 2015 il Cons. Silvestro Maria Russo e uditi altresì, per le parti gli avvocati Ra. ed altri;

Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 c.p.a.;

Ritenuto in fatto che, con deliberazione n. 24 dell’11 aprile 2005, il Consiglio comunale di Felino (PR) adottò, ai sensi degli artt. 14 e 15, c. 2 della l. reg. Emil. 7 dicembre 1978 n. 47, una variante al proprio PRG ed alle relative NTA, poi approvato dalla Giunta provinciale di Parma in forza della delibera n. 530 del 5 luglio 2007 (in BUR n. 114 del successivo 1° agosto);

Rilevato che detta variante individuò tra l’altro cinque interventi (c.d. “iniziative”) attuabili, in base al nuovo art. 60-bis delle NTA, sì mediante la conclusione di accordi con i privati ai sensi dell’art. 11 della l. 7 agosto 1990 n. 241, ma con la precisazione che il termine per l’accordo fu stabilito per l’Iniziativa 3 “… entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della presente variante (adottata con delibera di c.c. n. 24 del 11.04.2005) …”, decorso inutilmente il quale, in assenza di proroga, si sarebbe applicata la disciplina urbanistica previgente

Rilevato altresì che, con nota prot. n. 10536 del 15 ottobre 2007, il Comune di Felino trasmise alla Provincia di Parma ed alla Regione Emilia Romagna le tavole grafiche del PRG adeguate alla citata variante, nonché il testo coordinato delle NTA;

Rilevato inoltre che una delle iniziative previste da detta variante (la n. 3), recante la modificazione della destinazione dell’area considerata da zona agricola di rispetto dell’abitato a zona residenziale di espansione intensiva, coinvolse l’area interclusa sita nell’ambito PP13 ed ubicata nel capoluogo comunale tra via (…) e via (…), con l’obiettivo d’un riassetto urbano con realizzazione di un intervento residenziale privata (pari a ca. mq 2750 di SUR) e contestuale cessione al Comune di un lotto urbanizzato (pari a ca. mq 650), da destinare ad edilizia residenziale pubblica, con accordo da stipulare entro il predetto termine;

Rilevato pure che, con nota prot. n. 10780 del 17 ottobre 2010, il Comune di Felino comunicò ai sigg. Na. ed altri, proprietari dei terreni interessati dall’Iniziativa 3, il perfezionamento degli atti della variante al PRG ed il dies a quo (15 ottobre 2007) del termine per la sottoscrizione dell’accordo ex art. 60-bis delle NTA;

Rilevato anche che, su iniziativa dei sigg. Pr. e consorti, intervenne la proroga di tal termine a seguito sì della discussione nella Giunta comunale di Felino in data 8 maggio 2008, però disposta dal responsabile del Settore urbanistica con la nota prot. n. 5493 del 12 maggio 2008 (poi ratificata con la delibera giuntale n. 134 del 13 ottobre 2008), onde il termine fu rifissato al successivo 15 luglio;

Rilevato pertanto che, con delibera consiliare n. 64 del 31 luglio 2008, il Comune approvò il testo dell’accordo con i sigg. Pr. e consorti relativamente all’Iniziativa 3, poi stipulato con la scrittura privata autenticata l’8 settembre successivo, donde l’adozione, con delibera giuntale n. 75 del 28 ottobre 2010, del piano particolareggiato d’iniziativa pubblica PP13, approvato poi in via definitiva dalla delibera consiliare n. 93 del 29 dicembre 2011;

Rilevato allora che, contro tutti questi atti, insorse il sig. Pi.Vi. innanzi al TAR Parma, con il ricorso n. 234/2008 RG, articolato in un gravame introduttivo e due atti per motivi aggiunti;

Ritenuto che, con sentenza n. 351 del 18 settembre 2014, l’adito TAR ha: 1) – disatteso l’eccezione di difetto d’interesse, all’uopo applicando il principio di legittimazione della vicinitas; 2) – accolto la censura attorea sull’inutile decorso del termine ex art. 60-bis delle NTA, decorrente dalla pubblicazione in BUR della variante e non dai successivi adempimenti ex art. 15, c. 3 della l.r. 47/1978; 3) – assorbito la doglianza sulla tardività della proroga di detto termine; 4) – dichiarato inammissibili, per loro tardiva impugnazione e per assenza di censure specifiche, le questioni sulla adozione e sull’approvazione della predetta variante;

Rilevato che appella il Comune di Felino, con il ricorso in epigrafe, deducendo in punto di diritto l’erroneità della sentenza per: A) – il mancato accoglimento delle eccezioni di difetto d’interesse e legittimazione in capo al sig. Vi., non essendo coinvolta la di lui proprietà nell’Iniziativa 3 e non essendo all’uopo sufficiente la mera vicinitas, come evincesi da giurisprudenza consolidata e conforme al caso in esame; B) – aver accolto la doglianza sul computo del dies a quo del termine per l’accordo, decorrente non già, come stabilito dal TAR, dall’esecutività della delibera provinciale che approvò l’impugnata variante, bensì dal completamento degli adempimenti ex art. 15, commi 2 e 3 della l.r. 47/1978, senza i quali detta variante, pur se approvata, rimane soggetta alla condizione impeditiva e non può esser attuata; C) – non aver considerato che la locuzione usata dalle NTA “entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore”, ben lungi dall’esser atecnica o imprecisa, invece ben s’attaglia al peculiare sistema di approvazione della variante stabilita dal citato art. 15, esprime bene i concetti di attuabilità e vigenza delle previsioni urbanistiche colà recate e non coincide punto con quello dell’efficacia a seguito della pubblicazione per estratto in BUR;

Rilevato ancora che il sig. Vi., nel costituirsi nel presente giudizio ed oltre a concludere per il rigetto integrale dell’appello, in base all’art. 104 c.p.a. fa riemergere le doglianze assorbite in primo grado, deducendo: I) – a tutto concedere, la tardività della proroga del termine de quo disposta dal Servizio urbanistica del Comune e l’incompetenza di tal ufficio, evidenziata proprio dalla ratifica da parte della Giunta comunale; II) – la tardività, pure rispetto al termine così prorogato, della delibera consiliare d’approvazione dell’accordo tra il Comune ed i sigg. Pr. e consorti, in violazione dello schema procedimentale stabilito dall’art. 60-bis delle NTA con riferimento all’art. 11 della l. 241/1990, donde l’illegittimità derivata della stipulazione dell’accordo stesso tra tali parti; III) – la violazione degli artt. 11 e 13 della l. 241/1990 e degli artt. 18 e 20/22 della l.r. 47/1978 per aver il Comune illegittimamente adoperato lo schema dell’accordo integrativo invece d’un piano attuativo, peraltro rimesso alla redazione ed alla volizione dei privati;

Considerato in diritto che l’appello non può esser condiviso, anzitutto con riguardo alla riproposta eccezione d’inammissibilità del ricorso di primo grado, in quanto, se la mera prossimità non è di per sé un elemento sufficiente a fondare l’interesse a impugnare strumenti urbanistici generali, ma alla vicinitas si deve aggiungere l’elemento ulteriore per cui lo strumento urbanistico deve produrre un peggioramento della situazione patrimoniale o personale del ricorrente (cfr. da ultimo Cons. St., IV, 14 aprile 2015 n. 1890), allora di tal elemento la sentenza dà idonea contezza;

Considerato infatti che il TAR ha svolto la medesima premessa or ora accennata, individuando la vicenda del peggioramento patrimoniale e personale del sig. Vi. nella di lui residenza in via (…) n. 4, in un sito che costeggia l’intera area dell’intervento urbanistico ed è collocato quasi di fronte alla strada che, in base al progetto, collegherà i realizzandi edifici alla viabilità pubblica, con ciò subendo un’evidente diminuzione della qualità della vita e della salubrità ambientale (per l’eliminazione della retrostante area verde, posta a ridosso dei fabbricati delle vie (…) e Corridoni e delle altre strade della viabilità pubblica che la delimitano) e per l’aumento del traffico veicolare che graverà su quest’ultima) e, dunque, dello stesso valore del fabbricato attoreo (a causa del deteriore contesto urbano e per l’incremento dell’offerta abitativa in esito all’intervento de quo);

Considerato quindi che tali dati, così come apprezzarti dal TAR, costituiscono quel pregiudizio specifico e attuale —riveniente all’immobile dell’appellato per effetto dell’accordo ex art. 11 della l. 241/1990, integrativo ed attuativo della scelta pianificatoria di cui si predica l’illegittimità—, che la Sezione ha più volte affermato (cfr., per tutti, Cons. St., IV, 9 novembre 2010 n. 8364; id., 17 settembre 2012 n. 4924; id., 13 novembre 2012 n. 5715; id., 18 dicembre 2013 n. 6082) quale titolo di legittimazione al ricorso in capo ai proprietari di aree vicine o confinanti con quelle alle quali si riferiscono la scelta di piano e la relativa attuazione;

Considerato inoltre che tal immobile, appunto perché collocato sulla via (…) —cioè su uno dei lati di una zona di forma trapezoidale ove i fabbricati si dispongono sulle quattro strade e chiudono l’area d’intervento di forma irregolare (vagamente ottagonale) un tempo in zona agricola, ora edificabile—, certo non sconta quelle perplessità poste dalla Sezione (cfr. Cons. St., IV, 28 maggio 2012 n. 3137) sulla vicinitas e sulle quali l’appellante argomenta il suo primo mezzo di gravame;

Considerato invero che, se si tien conto del più rilevante dictum della Sezione (l’insufficienza dei dati di peggioramento ambientale e del carico urbanistico a qualificare e differenziare la posizione del vicino, anche in ragione della difficoltà di fissare il limite della prossimità), nel caso in esame non tutta Felino, ma quei soli abitanti che vivono sui lati della zona testé individuata, come il sig. Vi., subiscono in modo diretto ed immediato i nocivi effetti di traboccamento che un notevole intervento edilizio residenziale provoca in sé in un’area tuttora a verde agricolo, sì interclusa ma ictu oculi con una superficie libera assai maggiore di quella oggidì coperta da edifici;

Considerato che neppure può esser accolta la doglianza del Comune circa l’interpretazione dell’art. 60-bis delle NTA, in base al quale si calcola il dies a quo del termine entro cui attuare l’Iniziativa 3 con l’apposito accordo integrativo ex art. 11 della l. 241/1990, se si tien conto che la predetta norma aveva previsto che quest’ultimo dovesse intervenire “… entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della presente variante (adottata con delibera di c.c. n. 24 del 11.04.2005) …”, data, questa, che non può che coincidere con quella di pubblicazione della variante nel BUR (1° agosto 2007), vale a dire dall’esecutività della delibera provinciale che approvò quest’ultima, come d’altronde ben si può evincere dall’art. 14, c. 8 della l.r. 47/1978, cui rinvia il successivo art. 15, c. 2 per le varianti al PRG;

Considerato sul punto che il perfezionamento dell’efficacia di tal variante secondo il procedimento suo proprio, come d’altronde di ogni provvedimento amministrativo ed ai sensi dell’art. 21-bis, II per. della l. 241/1990, ne determina l’entrata in vigore, al di là dell’eventuale esecutività differita di essa, come si può evincere dal combinato disposto del successivo art. 21-quater, c. 1 e dell’art. 15, c. 3, II per. della l.r. 47/1978;

Considerato inoltre che l’espressione “entrata in vigore” non è utilizzata dall’ormai abolito art. 14 della l.r. 41/1978, ma, ben lungi dall’esser atecnica o generica (al più potendosi dire: usata in modo superficiale dal Comune), è stata introdotta tal quale dall’art. 32, c. 13 della l.r. 24 marzo 2000 n. 20 —e, si badi, con riguardo alla pubblicazione in BUR dell’avviso di approvazione—, ossia da quello stesso atto-fonte il quale, al successivo art. 41, c. 4, I per. e con norma transitoria, ha legittimato il Comune appellante all’adozione della variante de qua in base alla legislazione previgente;

Considerato appunto che il riferimento delle nuove NTA all’”entrata in vigore” di tale variante è mutuato dall’art. 32 della l.r. 20/2000, consente la conoscenza legale di essa erga omnes e nulla ha che vedere con i successivi adempimenti di cui all’art. 15, c. 3 della l. 41/1978 (adeguamento delle tavole del PRG alla variante approvata; elaborazione del testo coordinato delle NTA; trasmissione di detti elaborati alla Provincia ed alla Regione), i quali costituiscono un obbligo del Comune, connesso all’approvazione e non per forza successivo all’“entrata in vigore”, affinché la Regione sia messa in grado di esercitare le proprie funzioni di vigilanza e controllo sulle varianti de quibus o, meglio e finché non compiuti, una condizione impeditiva (di natura sospensiva) all’attuazione (cioè all’esecuzione) delle previsioni in esse contenute;

Considerato invero che la soggezione a tal condicio juris non è certo una novità o una peculiarità del caso in esame, in quanto, ancor prima della novella del 2005 alla l. 241/1990, è ben nota la differenza tra “vigenza” di un provvedimento (ne dà atto la nota comunale n. 5493 del 12 maggio 2008, con riferimento alla pubblicazione nel BUR) e la sua “esecutività”, indicando l’un vocabolo la dimensione di giuridica esistenza di un provvedimento e l’idoneità di esso, non necessariamente attuale, a produrre effetti fin quando non venga rimosso e individuando il secondo la qualità dell’atto di produrre in concreto tali suoi effetti giuridici (arg. ex Cons. St., VI, 16 ottobre 2002 n. 5623; id., V, 7 gennaio 2009 n. 12);

Considerato che, quantunque urti al principio d’esecutorietà della citata variante non tanto l’insieme degli adempimenti di cui al ripetuto art. 15, c. 3, quanto l’assenza d’un termine certus quando per l’acquisto della definitiva esecutorietà di essa, nondimeno detta condicio determina, nei rapporti tra il Comune ed i soggetti attuatori di tali previsioni, soltanto l’inopponibilità di queste ultime ai terzi durante la sua pendenza e secondo lo schema sancito dall’art. 21-quater, c. 1 della l. 241/1990 (“I provvedimenti amministrativi efficaci sono eseguiti immediatamente, salvo che sia diversamente stabilito dalla legge o dal provvedimento medesimo”), ma certo non l’impossibilità d’esercitare tra loro i diritti e gli obblighi relativi a tal attuazione;

Considerato, infatti, che in pendenza di tal condicio il Comune ed i soggetti attuatori si sarebbero dovuti comportare secondo buona fede per conservare integre le rispettive ragioni, soprattutto a fronte d’un termine di decadenza qual è quello ex art. 60-bis delle NTA, il quale decorreva in modo inequivocabile dall’entrata in vigore e NON dalla esecutività della variante ed il cui inutile decorso fu sanzionato in sé con il ripristino della normativa urbanistica precedente —indipendentemente, quindi, dalle vicende di cui al ripetuto art. 15, c. 3—, comunque l’avveramento di tal condicio juris avrebbe comportato non già l’entrata in vigore, ma al più la definitiva esecutività ex tunc della variante stessa;

Considerata di conseguenza l’erroneità, anche semantica (ché si vuol applicare a norme sostanziali il lessico ed i concetti del diritto processuale), dell’assunto del Comune nell’asserire “ordinatorio” (per non dire: tamquam non esset) il termine de quo, il cui mancato rispetto fa rivivere in modo del tutto automatico una regola urbanistica incompatibile con la variante al PRG;

Considerato dunque che era obbligo del Comune e dei soggetti attuatori di procedere con la dovuta tempestività, sottesa al rispetto del termine stesso per la relativa attuazione, stante l’immediatezza e l’inderogabilità di siffatta statuizione delle nuove NTA, cogente tra loro e certo non disapplicabile, neppure dal Comune appellante;

Considerato che, poi e per quanto attiene al secondo motivo del ricorso di primo grado —fatto qui riemergere dall’appellato ed assorbito dal TAR, quantunque ne avesse affermato, ma non motivato, la fondatezza—, esso è per vero condivisibile, in quanto, a tutto concedere e al di là dell’intervenuta decadenza del Comune e dei controinteressati per l’inutile decorso del termine ex art. 60-bis di dette NTA (cfr. commi 2 e 4, I per.; regole specifiche Iniziativa 3), la proroga di quest’ultimo, in sé ammissibile e prevista dalla norma citata, fu adottata dal r.u. del Settore urbanistica con la nota del 12 maggio 2008), ossia da un organo incompetente, tant’è che la Giunta comunale di Felino la dovette ratificare dopo e solo con la delibera giuntale n. 134 del 13 ottobre 2008;

Considerato al riguardo che non rileva ai fini del corretto impedimento di tale decadenza né la discussione sul punto avvenuta in Giunta l’8 maggio 2008, né tampoco la possibilità astratta d’usare lo strumento della convalida (che comprende anche la ratifica) del provvedimento annullabile, ai sensi dell’art. 21-nonies, c. 2, della l. 241/1990 (e dell’art. 6 della l. 18 marzo 1968 n. 249, vigente tuttora e compatibile con l’altra norma), ove ne sussistano e siano esplicitate le ragioni d’interesse pubblico ed entro un termine ragionevole;

Considerato per vero che la prima vicenda non sfociò già in quel momento nella ratifica perfetta ed efficace, la seconda intervenne DOPO la consumazione del citato termine di decadenza pur quando calcolato secondo la tesi dell’appellante —decorso il quale appunto s’era istantaneamente prodotta la reviviscenza della disciplina urbanistica previgente alla variante non tempestivamente attuata—, avendo il Comune tenuto conto solo della facoltà di proroga e non anche dell’onere connesso e sancito dal medesimo art. 60-bis, c. 4, II per., per cui esso avrebbe potuto esercitare tal facoltà PRIMA della scadenza del termine stesso (come, d’altra parte, la ratifica), in disparte la necessità comunque d’una motivazione espressa e persuasiva nel merito della ratifica poiché non è sufficiente la mera e formale appropriazione, da parte dell’organo competente, della potestà illegittimamente esercitata (arg. ex Cons. St., V, 27 marzo 2013 n. 1775);

Considerato che parimenti tardiva fu la stipulazione dell’accordo integrativo, in attuazione della variante de qua, in quanto, anche ad ammettere legittima la proroga del relativo termine fino al 15 luglio 2008, la deliberazione a contrarre e l’accordo intervennero solo il 31 luglio e rispettivamente l’8 settembre 2008, mentre, in base all’art. 60-bis, c. 1 e Iniziativa 3, la relativa conclusione sarebbe dovuta intervenire entro il nuovo termine stabilito e non DOPO, poiché in forza dell’art. 11, c. 2, I per. della l. 241/1990, la forma scritta è richiesta ad substantiam ed è coessenziale alla validità ed alla perfezione del negozio integrativo di diritto pubblico, donde l’impossibilità di dar rilevanza a vicende o a forme di conclusione di esso diverse dalla stipulazione scritta;

Considerato invece che, in disparte ogni questione sulla sussistenza dell’interesse azionato da parte del sig. Vi. sul punto —laddove egli asserisce che l’oggetto del contendere è la violazione del ripetuto art. 60-bis e non la variante in sé—, è irricevibile la di lui doglianza circa la violazione degli artt. 11 e 13 della l. 241/1990, nonché della l.r. 47/1978, per aver il Comune adoperato il modulo dell’accordo integrativo quando questo è escluso per l’attività pianificatoria, stante l’effetto immediatamente lesivo di tal scelta del Comune fin dall’ entrata in vigore di essa (1° agosto 2007);

Considerato, infine e quanto alle spese del presente giudizio, che queste seguono, come di regola, la soccombenza e sono liquidate in dispositivo;

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sez. IV), definitivamente pronunciando sull’appello (ricorso n. 2175/2015 RG in epigrafe), lo respinge.

Condanna il Comune appellante al pagamento, a favore del resistente e costituito sig. Vi., delle spese del presente giudizio, che sono nel complesso liquidate in Euro 3.000,00 (Euro tremila/00), oltre IVA, CPA ed accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 21 aprile 2015, con l’intervento dei sigg. Magistrati:

Paolo Numerico – Presidente

Nicola Russo – Consigliere

Sandro Aureli – Consigliere

Raffaele Greco – Consigliere

Silvestro Maria Russo – Consigliere, Estensore

Depositata in Segreteria il 25 maggio 2015.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *