Palazzo-Spada

Consiglio di Stato

sezione IV

sentenza 22 settembre 2014, n. 4733

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL CONSIGLIO DI STATO

IN SEDE GIURISDIZIONALE

SEZIONE QUARTA

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5727 del 2012, proposto da:

An. Spa, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura gen. dello Stato, domiciliata in Roma, via (…);

contro

Ati – C. Srl in proprio ed in qualità di Capogruppo Mandataria Ati, rappresentato e difeso dagli avv. Fr.Pa., Ma.Sp., con domicilio eletto presso Fr.Pa. in Roma, viale (…); Ati – Va. Srl, Ati – Ru. Srl;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. BASILICATA – POTENZA: SEZIONE I n. 00270/2012, resa tra le parti, concernente provvedimento di revoca aggiudicazione definitiva appalto lavori di manutenzione straordinaria per il ripristino strutturale degli impalcati dei viadotti “marmo”,”torre 1″ e “torre 2” raccordo autostradale “Sicignano-Potenza”

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di C. Srl in proprio ed in Qualità di Capogruppo Mandataria Ati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 17 giugno 2014 il Cons. Oberdan Forlenza e uditi per le parti gli avvocati Fe. (avv. St) e Avv. Pa.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con l’appello in esame, ANAS spa impugna la sentenza 11 giugno 2012 n. 270, con la quale il TAR per la Basilicata, sez. I, in accoglimento del ricorso proposto dalla Ati C. srl, ha annullato, “nei limiti dell’interesse della ricorrente”, il provvedimento di revoca dell’aggiudicazione definitiva dei lavori di manutenzione straordinaria per il ripristino strutturale degli impalcati dei (…), in carreggiata nord e sud per il raccordo autostradale n. 5 Sicignano – Potenza”, e precisamente nella parte in cui con tale atto è stato disposto l’incameramento della cauzione provvisoria dell’importo complessivo di Euro 87.125,00, prestata dalla società Sacebit Credit e Surrey s.p.a..

La sentenza in esame precisa, innanzi tutto, che “la ricorrente agisce in giudizio nei limiti dell’interesse all’annullamento dell’incameramento della cauzione provvisoria disposta dall’amministrazione in uno alla revoca dell’aggiudicazione adottata a seguito della sua esclusione dalla gara per omessa presentazione della dichiarazione ex art. 38 lett. b), c) ed m-ter) relativa alla procuratrice generale della mandante Va. s.r.l.”.

Tanto precisato, si ricorda che “il disciplinare di gara, contenente le norme integrative del bando relative, fra l’altro, ai documenti da presentare a corredo dell’offerta, disponeva a pagina 6 che nella busta “A”, dovesse essere inserita a pena d’esclusione, fra l’altro, una dichiarazione unica, redatta secondo lo schema riportato all’allegato “A” del bando, sottoscritta dal concorrente, nella quale indicare specificamente di non trovarsi nelle condizioni previste dall’art. 38 del codice dei contratti. Veniva pure chiarito che l’utilizzo dello schema in parola non era obbligatorio a pena d’esclusione dalla gara, a condizione però che venissero ugualmente trasmesse tutte le dichiarazioni in esso richieste. A sua volta lo schema di domanda di ammissione e dichiarazione da allegare all’offerta (allegato A), dopo la firma di chiusura, in una apposita postilla, chiariva che le dichiarazioni di cui all’articolo 38 comma 1 del D.Lgs. 163/06, limitatamente alle lettere b) e c) e m) ter “devono essere rese anche dai soggetti previsti dall’articolo 38, comma 1 lettere b) e c) del codice dei contratti e da procuratori speciali, institori e comunque da tutti i soggetti aventi poteri di rappresentanza”.

La sentenza, quindi, posto che “come ora chiarito dall’art. 38, comma 1, lett. c), D. Lg.vo n. 163/2006, con riferimento alle società di capitali soltanto gli amministratori, muniti di potere di rappresentanza, ed i Direttori Tecnici (ma non anche tutti i procuratori della società) hanno l’obbligo di rendere la dichiarazione sostitutiva ex artt. 46 e 47 DPR n. 445/2000, attestante l’assenza di misure di prevenzione e di condanne penali, incidenti sulla moralità professionale”, ha rilevato che il disciplinare (adottato in data 31 maggio 2011, cioè quando la nuova norma era già vigente) “ha ampliato la portata della inequivoca disposizione di legge (che fa riferimento ai soli amministratori muniti di poteri di rappresentanza) estendendola anche ai procuratori della società”, con ciò determinando l’illegittima esclusione dalla gara della società e del conseguente incameramento della cauzione.

Avverso tale decisione, vengono proposti i seguenti motivi di appello:

a) violazione dell’art. 112 Cpc e del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, poiché “l’accoglimento del ricorso avversario è stato basato sulla pretesa violazione dell’art. 4 d.l. n. 70/2011 e quindi su un motivo che non era stato affatto dedotto dalla ricorrente”;

b) error in iudicando, per “avere ritenuto che la disciplina di carattere generale contenuta nell’art. 4 d.l. n. 70/2011 fosse applicabile nella fattispecie dedotta in giudizio”, mentre “il tema dell’esclusione dalla gara e del conseguente incameramento della cauzione trova infatti compiuta ed esaustiva disciplina nel combinato disposto degli artt. 38 e 75 D.Lgs. n. 163/2006, che quindi costituiscono norme di carattere speciale non derogabili dalla predetta norma sopravvenuta”; per effetto di ciò, è “pacifico che l’incameramento della cauzione provvisoria nei confronti dell’aggiudicatario possa essere disposta nel caso di difetto dei requisiti generali di cui all’art. 38 Codice degli appalti”.

Si è costituita in giudizio la Csa s.r.l., che ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità dell’appello per difetto di interesse, in quanto è medio tempore scaduto il termine di validità della polizza fideiussoria. Ha comunque concluso per il rigetto dell’appello, stante la sua infondatezza.

All’udienza di trattazione, la causa è stata riservata in decisione.

DIRITTO

2. Preliminarmente, il Collegio deve rigettare l’eccezione di inammissibilità dell’appello, per difetto di interesse.

Ed infatti, la circostanza che possa essere scaduto il termine di validità della polizza e, dunque, non sia possibile, tramite l’escussione del fideiussore, l’incameramento della cauzione, non esclude ex se l’interesse alla verifica, innanzi al giudice amministrativo, della legittimità del provvedimento sul quale si fonda il diritto di credito dell’amministrazione alla riscossione di un importo pari a quello della somma da offrire a garanzia in sede di gara e che l’art. 75 D.Lgs. n. 163/2006 consente che venga assicurata (anche) per il tramite di fideiussione bancaria o assicurativa.

Ne consegue che, laddove la sentenza di I grado esclude – sia pure ai limitati e conseguenti fini dell’incameramento della cauzione – la legittimità del provvedimento di revoca dell’aggiudicazione definitiva della gara, sussiste l’interesse all’impugnazione da parte della stazione appaltante, ancorchè la polizza fideiussoria possa essere venuta medio tempore a scadenza.

3. Nel merito, l’appello è fondato e deve essere, pertanto, accolto, con conseguente riforma della sentenza impugnata.

Giova, innanzi tutto, ricordare che, nel quadro delle sanzioni conseguenti all’esclusione, l’istituto della cauzione provvisoria si profila come garanzia del rispetto dell’ampio patto d’integrità cui si vincola chi partecipa a gare pubbliche, ed il suo incameramento, sussistendone i presupposti, risulta coerente con tale finalità, avendo esso la funzione di garantire la serietà e l’affidabilità dell’offerta, sanzionando la violazione dell’obbligo di diligenza gravante sull’offerente, mediante l’anticipata liquidazione dei danni subiti dalla stazione appaltante. E ciò tenuto conto del fatto che, con la domanda di partecipazione alla gara, l’operatore economico sottoscrive e si impegna ad osservare le regole della relativa procedura, delle quali ha, dunque, contezza.

Come ha osservato la Corte Costituzionale (sent. 13 luglio 2011 n.211), l’incameramento della cauzione provvisoria costituisce una scelta del legislatore ordinario, scelta che, considerate la natura e le finalità della detta cauzione, non può essere giudicata frutto di un uso distorto ed arbitrario della discrezionalità allo stesso spettante e contrastante con il canone della ragionevolezza.

Come questo Consiglio di Stato ha già avuto modo di osservare (Cons. Stato, sez. IV, 16 febbraio 2012 n. 810):

“l’esclusione dalla gara costituisce, dunque, il presupposto perché si faccia luogo alle due ipotesi sanzionatorie previste dall’art. 48, comma 1, di modo che, mentre l’impresa ben può dolersi della legittimità dell’esclusione, in relazione alle ragioni che la giustificano, al contrario non costituisce oggetto di sindacato giurisdizionale – sotto il profilo dell’eccesso di potere – la successiva determinazione dell’amministrazione di incameramento della cauzione e di segnalazione all’Autorità garante, posto che esse, come la giurisprudenza ha già avuto modo di affermare (Cons. Stato, sez. V, 1 ottobre 2010 n. 7263), costituiscono conseguenze del tutto automatiche del provvedimento di esclusione, come tali non suscettibili di alcuna valutazione discrezionale da parte dell’amministrazione, con riguardo ai singoli casi concreti e/o alle possibili differenti ragioni poste a giustificazione dell’esclusione medesima.

In sostanza, ai fini dell’applicazione delle sanzioni previste, il presupposto determinante (e dunque assorbente) è rappresentato dall’esclusione. Ciò che è quindi possibile censurare, innanzi al giudice amministrativo, è la legittimità dell’esclusione, non – una volta che questa sia intervenuta (e sia ritenuta legittima) – l’adozione dei conseguenti atti di incameramento della cauzione e di segnalazione, essendo questi conseguenze automatiche, previste ex lege.

Ovviamente, laddove l’esclusione disposta venisse ritenuta illegittima, difetterebbe il presupposto per l’adozione degli atti di incameramento e segnalazione, che risulterebbero illegittimi in via derivata”.

Nel caso di specie, la sentenza impugnata ha accertato che la disciplina di gara prevedeva l’esclusione in caso di dichiarazione incompleta, anche con riferimento alla precisazione in base alla quale le dichiarazioni di cui all’art. 38, co. 1, D.Lgs. n. 163/2006, limitatamente alle lettere b), c) ed m-ter) “devono essere rese anche dai soggetti previsti dall’art. 38, comma 1, lett. b) e c) del codice dei contratti e da procuratori speciali, institori e comunque da tutti i soggetti aventi poteri di rappresentanza” (v. pagg. 8 – 9 sent.).

E proprio per questo tale sentenza ha ritenuto che il bando di gara, in violazione dell’art. 46 D.Lgs. n. 163/2006 (nel suo nuovo testo introdotto dal D.Lgs. n. 70/2011), “ha finito per creare una nuova clausola di esclusione non prevista dalla legge”.

Orbene, alla luce di quanto esposto, il Collegio non deve, dunque, accertare se la disciplina di gara prevedesse (più o meno chiaramente) la sanzione dell’esclusione per documentazione incompleta anche nel caso dei procuratori speciali (come avvenuto in specie), poiché la sentenza di I grado non è stata oggetto di impugnazione per questa parte.

Deve, invece, porsi il diverso problema della ammissibilità della causa di esclusione prevista dalla lex specialis di gara, successiva (sia pure di pochi giorni) all’entrata in vigore del nuovo testo dell’art. 46, co. 1-bis, D.Lgs. n. 163/2006, al fine di verificare se tale causa sia riconducibile alle ipotesi già previste dall’art. 38, ovvero costituisca una previsione ulteriore della amministrazione appaltante, come tale non consentita dall’art. 46 del Codice dei contratti.

4. Sul punto, questa Sezione (sent. 1 aprile 2011 n. 2068) ha già avuto modo di osservare che “come già affermato da Cons. Stato, sez. V, 20 settembre 2005 n. 4856, il criterio interpretativo da seguire (al fine di individuare la persona fisica, rispetto alla quale, nell’ambito del rapporto societario, assume rilievo la causa di esclusione, e, dunque, il soggetto tenuto alla dichiarazione sostitutiva, richiesta, a pena di decadenza, dal bando di gara) consiste nel ricercare, nello statuto della persona giuridica, quali siano i soggetti dotati di poteri di rappresentanza (sul punto, anche sent. 21 dicembre 2012 n. 6664).

In sostanza, la verifica del possesso dei requisiti, ex art. 38 D.Lgs. n. 163/2006, non è solo da riferirsi, formalisticamente, al soggetto che riveste la qualifica di amministratore ed è dotato di poteri di rappresentanza, ma a tutti quei soggetti che, per l’ampiezza dei poteri e la capacità di rappresentare la società nei confronti dei terzi, sono in grado di instaurare per essa rapporti giuridici e per essa assumere obbligazioni.

Tale interpretazione della locuzione “amministratori muniti del potere di rappresentanza”, di cui al citato art. 38, contrariamente a quanto sostenuto dall’appellata (v. pag. 4 memoria del 29 maggio 2014), appare condivisa anche dall’Adunanza Plenaria, la quale, con sentenza 16 ottobre 2013 n. 23, ha affermato:

“Con la locuzione di “amministratori muniti del potere di rappresentanza” l’art. 38 lett. c) ha inteso, quindi, riferirsi ad un’individuata cerchia di persone fisiche che, in base alla disciplina codicistica e dello statuto sociale, sono abilitate ad agire per l’attuazione degli scopi societari e che, proprio in tale veste qualificano in via ordinaria, quanto ai requisiti di moralità e di affidabilità, l’intera compagine sociale.

In diverso modo si atteggia la posizione del procuratore ad negotia.

Questa figura è eventuale e non necessaria nell’assetto istituzionale delle società di capitali. Elemento differenziale fra gli amministratori ed i procuratori ad negotia è che ai primi è, di norma, affidata l’attività gestoria dell’impresa con potere di rappresentanza generale, mentre i secondi, oltre a derivare il proprio potere dalla volontà (di regola) degli amministratori, operano di massima nell’interesse societario per oggetto limitato e soggiacciono al controllo di chi ha conferito la procura.

Nella modulazione degli assetti societari la prassi mostra tuttavia l’emersione, in talune ipotesi, di figure di procuratori muniti di poteri decisionali di particolare ampiezza e riferiti ad una pluralità di oggetti così che, per sommatoria, possano configurarsi omologhi, se non di spessore superiore, a quelli che lo statuto assegna agli amministratori. Anche in questo caso si pone l’esigenza di evitare, nell’ottica garantista dell’art. 38, comma 1, lett. c), che l’amministrazione contratti con persone giuridiche governate in sostanza, per scelte organizzative interne, da persone fisiche sprovviste dei necessari requisiti di onorabilità ed affidabilità morale e professionale, che si giovino dello schermo di chi per statuto riveste la qualifica formale di amministratore con potere di rappresentanza.

A ben vedere, in altre parole, in tal caso il procuratore speciale finisce col rientrare a pieno titolo nella figura cui si richiama l’art. 38, comma 1, lett. c), del D.Lgs. n. 163 del 2006, poiché da un lato si connota come amministratore di fatto ai sensi dell’art. 2639, comma 1, cod. civ. e, d’altro lato, in forza della procura rilasciatagli, assomma in sé anche il ruolo di rappresentante della società, sia pure eventualmente solo per una serie determinata di atti.

Detta conclusione non è smentita dal menzionato art. 45 della direttiva U.E., il quale anzi, facendo riferimento a “qualsiasi persona” che “eserciti il potere di rappresentanza, di decisione o di controllo” dell’impresa, sembra mirare, conformemente del resto all’orientamento generale del diritto dell’Unione, ad una interpretazione sostanzialista della figura.

Naturalmente, in aderenza a quanto affermato da questa medesima Adunanza plenaria con sentenza n. 10 del 2012 . stante la non univocità della norma circa l’onere dichiarativo dell’impresa nelle ipotesi in esame (cui va aggiunta, per il passato, l’incertezza degli indirizzi giurisprudenziali) deve intendersi che, qualora la lex specialis non contenga al riguardo una specifica comminatoria di esclusione, quest’ultima potrà essere disposta non già per la mera omessa dichiarazione ex art. 38 cit., ma soltanto là dove sia effettivamente riscontrabile l’assenza del requisito in questione.”.

Nel caso di specie, come innanzi riportato, il bando contiene una specifica comminatoria di esclusione per le imprese che non rendano le dichiarazioni ex art. 38, lett. c) D.Lgs. n. 163/2006, anche per i procuratori speciali, con ciò rispondendo – nel quadro di una interpretazione “sostanzialistica” della locuzione “amministratori muniti del potere di rappresentanza” – a quel requisito richiesto dalla surriportata giurisprudenza amministrativa.

In definitiva, come appare evidente, non ricorre alcuna violazione dell’art. 46 D.Lgs. n. 163/2006, poiché non vi è stata – così come invece sostenuto dalla sentenza impugnata – la creazione di una nuova clausola di esclusione, bensì la applicazione di una norma del codice dei contratti, come innanzi interpretata, resa esplicita dall’amministrazione per il tramite della puntuale previsione del bando.

La riconosciuta legittimità del provvedimento di revoca della aggiudicazione definitiva dei lavori, in riforma della sentenza impugnata, comporta la reiezione del ricorso anche nei limiti del richiesto annullamento dell’incameramento della cauzione.

Pertanto, alla luce delle ragioni esposte, l’appello deve essere accolto, in relazione al secondo motivo proposto (sub b) dell’esposizione in fatto), con assorbimento del primo motivo e, in riforma della sentenza impugnata, deve essere rigettato il ricorso instaurativo del giudizio di I grado.

Restano assorbiti tutti gli argomenti di doglianza motivi od eccezioni non espressamente esaminati che il Collegio ha ritenuto non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

Stante la natura delle questioni trattate, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta – definitivamente pronunciando sull’appello proposto da AN. s.p.a. (n. 5727/2012 r.g.), lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, rigetta il ricorso instaurativo del giudizio di I grado.

Compensa tra le parti spese, diritti ed onorari del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 giugno 2014 con l’intervento dei magistrati:

Riccardo Virgilio – Presidente

Fabio Taormina – Consigliere

Raffaele Potenza – Consigliere

Andrea Migliozzi – Consigliere

Oberdan Forlenza – Consigliere, Estensore

Depositata in Segreteria il 22 settembre 2014.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *