Consiglio di Stato
sezione IV
sentenza 18 novembre 2014, n. 5667
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL CONSIGLIO DI STATO
IN SEDE GIURISDIZIONALE SEZIONE QUARTA
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3804 del 2011, proposto da:
LU. SPA, Ci. Spa, rappresentati e difesi dall’avv. Gi.Ro., con domicilio eletto presso Ma.Ma. in (…);
contro
COMUNE DI VERCURAGO, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Gi.Fe., con domicilio eletto presso Gi.Fe. in (…); Co.Pe., Sa.So. Srl;
Sa. Srl, Bi. Srl, rappresentati e difesi dall’avv. An.Fe., con domicilio eletto presso Gi.Co. in (…);
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA – MILANO: SEZIONE II n. 07672/2010, resa tra le parti, concernente approvazione definitiva variante P.R.G.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Vercurago e di Sa. Srl e di Bi. Srl;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 maggio 2014 il Cons. Nicola Russo e uditi per le parti gli avvocati Ro., Fe. e Fe.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso di primo grado, la soc. Lu. S.p.a. e la Ci. S.r.l., adivano il TAR per la Lombardia al fine di ottenere l’annullamento dei provvedimenti preordinati all’approvazione di un programma integrato di intervento che prevedeva una vasta ristrutturazione urbanistica dell’area industriale ove la stessa possedeva un opificio, comportando la realizzazione di residenze, uffici, negozi, alberghi ed altro per un totale di 100.000 mc.
La società ricorrente Lu. S.p.a., leader nel settore dei lubrificanti speciali per la trafilatura dei metalli ed operante da decenni in locazione dalla Ci. S.r.l., e quest’ultima società, proprietaria dell’immobile oggetto della variante impugnata in ambito classificato dal PTC “a prevalente destinazione industriale”, avverso i provvedimenti impugnati deducevano, con il ricorso principale, quattro articolati motivi.
In particolare, le società ricorrenti lamentavano:
1) la violazione dell’art.25, comma terzo, L.R. n.12/2006, in base al quale le varianti dovevano essere approvate dalla giunta regionale e non dall’amministrazione provinciale;
2) la violazione dell’art. 25.6 delle NTA del Piano Territoriale di Coordinamento del Parco nei confronti del parere favorevole alla realizzazione dello stesso;
3) la violazione dei principi di coerenza amministrativa e di normale sequenza procedimentale;
4) la violazione dell’art. 88, comma 2, della L.R. n. 12/2006, il quale richiede che i programmi integrati perseguano “obiettivi di riqualificazione urbana ed ambientale, con particolare riferimento ai centri storici, alle aree periferiche, nonché alle attività produttive obsolete dismesse”.
Venivano inoltre proposti motivi aggiunti, depositati in data 12 ottobre 2006 ed in data 2 aprile 2008.
Si costitutiva in giudizio il Comune di Vercurago, contodeducendo a tutti gli argomenti delle società ricorrenti e sollevando altresì varie eccezioni di inammissibilità.
Si costituivano in giudizio anche le società Sa. e Bi. S.r.l., chiedendo la reiezione del ricorso e dei motivi aggiunti.
Il TAR Lombardia, con la sentenza n. 7672 del 22 dicembre 2010, oggetto dell’odierno gravame, dichiarava inammissibili sia il ricorso principale che i ricorsi per motivi aggiunti, rilevando “l’assenza di un interesse concreto ed attuale ai ricorsi… per l’assoluta mancanza di una lesione concreta ed immediata dei loro interessi a seguito dei provvedimenti impugnati”.
In questa sede, le appellanti impugnano la prefata sentenza, deducendone l’erroneità e l’ingiustizia e chiedendone l’integrale riforma.
Il Comune e le società controinteressate, Bi. e Sa. si sono costituiti in giudizio, chiedono il rigetto dell’appello e la conferma della gravata sentenza.
Le parti hanno depositato memorie e repliche e alla pubblica udienza del 6 maggio 2014 la causa è stata chiamata ed assunta in decisione.
DIRITTO
L’appello deve essere respinto in quanto infondato.
E, infatti, il giudice di prime cure ha correttamente dichiarato il ricorso inammissibile per carenza di interesse ai sensi dell’art. 100 c.p.c., dal momento che le società ricorrenti non risultano titolari di alcun interesse concreto ed attuale tale da legittimarle all’impugnazione della variante all’allora vigente P.R.G.
Invero, l’immobile di cui sono, rispettivamente, conduttrice e proprietaria, non solo non è coinvolto dalla variante (i cui interventi sono già in gran parte realizzati), ma è situato addirittura al di fuori del perimetro di essa (e neppure confinante con lo stesso), sì da determinare carenza di legittimazione ad agire.
Né tantomeno, le appellanti hanno dimostrato alcuna incidenza della nuova destinazione urbanistica dell’area Sa. sul godimento o sul valore di mercato del proprio comparto o, comunque, su interessi propri, tale da determinare una lesione effettiva e specifica della propria sfera giuridica (cfr. Cons. St., Sez. IV, 15.11.2011, n. 6016; id., 30.11.2010, n. 8365; id., 24.12.2007, n. 6619; id., 15.02.2013, n. 917).
E anzi, come anche conferma la memoria comunale del 3 aprile 2014, nessuna lesione è occorsa, tanto è che l’attività produttiva di Lu. è proseguita dopo la notifica del ricorso e tuttora continua stabilmente.
Del resto, a riprova dell’assenza di qualsivoglia pregiudizio in relazione all’area delle odierne appellanti, v’è la conferma della relativa destinazione urbanistica e la piena possibilità di utilizzo in conformità agli usi produttivi in atto, dal momento che la variante al P.RG. dell’area “ex Sa.” non coinvolge in alcun modo il comparto ove è sito l’immobile delle ricorrenti.
La statuizione di inammissibilità per difetto di interesse contenuta nella sentenza impugnata appare, pertanto, corretta e meritevole di conferma.
Quanto al vizio di omessa pronunzia, esso – sebbene specificato per la prima volta in sede di memoria del 18.3.2014, laddove con l’appello le società hanno dedotto un unico articolato motivo, relativo al difetto di interesse, limitandosi a riproporre i motivi assorbiti dalla declaratoria di inammissibilità – appare, tuttavia, insussistente, in quanto, come fondatamente eccepito dalle controparti, trattasi dell’effetto tecnico della declaratoria di carenza di interesse.
Invero, secondo l’art. 35, co. 1, lett. b), c.p.a., il giudice dichiara il ricorso “inammissibile quando è carente l’interesse o sussistono altre ragioni ostative ad una pronuncia sul merito”; e, dunque, il giudice si astiene dal prendere in esame il merito del ricorso perché vi osta una ragione di ordine propriamente processuale relativa ai presupposti processuali o alle condizioni dell’azione, sicché il ricorso viene definitivamente a concludersi per effetto della risoluzione di un profilo processuale assolutamente assorbente.
Le spese seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come da dispositivo a favore del Comune, mentre vengono compensate integralmente nei confronti delle società controinteressate, sussistendone giustificate ragioni.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna le appellanti al pagamento delle spese, competenze ed onorari di causa, liquidati complessivamente in 4.000,00 euro a favore del Comune di Vercurago e compensate nei confronti delle società controinteressate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 maggio 2014 con l’intervento dei magistrati:
Goffredo Zaccardi – Presidente
Marzio Branca – Consigliere
Nicola Russo – Consigliere, Estensore
Michele Corradino – Consigliere
Fabio Taormina – Consigliere
Depositata in Segreteria il 18 novembre 2014.
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