Palazzo-Spada

Consiglio di Stato,

sezione IV

sentenza 12 marzo 2015, n. 1324

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL CONSIGLIO DI STATO
IN SEDE GIURISDIZIONALE
SEZIONE QUARTA
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello n. 4807 del 2014, proposto da
Za.Mu., rappresentato e difeso dall’avv. Al.Av., ed elettivamente domiciliato presso quest’ultimo in Roma, via (…), come da mandato in calce al ricorso introduttivo;
contro
Ministero della giustizia e Ministero per i beni e le attività culturali, in persona dei rispettivi ministri legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso la stessa domiciliati ex lege in Roma, via (…);
nei confronti di
Gi.Me. e En.Mu., rappresentati e difesi dagli avv.ti Fe.Co. e Fr.Ma., ed elettivamente domiciliati presso la segreteria del Consiglio di Stato, in Roma, (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, sezione prima, n. 1320 del 22 novembre 2013, redatta in forma semplificata, resa tra le parti e concernente la declaratoria di giurisdizione su una ordinanza di vendita senza incanto del complesso agricolo Ca’ Brusa
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della giustizia, del Ministero per i beni e le attività culturali, di Gi.Me. e di En.Mu.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 17 febbraio 2015 il Cons. Diego Sabatino e uditi per le parti gli avvocati Av. e Co.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con ricorso iscritto al n. 4807 del 2014, Za.Mu. propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, sezione prima, n. 1320 del 22 novembre 2013, redatta in forma semplificata, con la quale è stato dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione il ricorso proposto contro il Ministero della giustizia, il Ministero per i beni e le attività culturali e contro Gi.Me. e En.Mu. per l’annullamento del provvedimento conclusivo del procedimento di esecuzione immobiliare iscritto al numero di RG n. 245 del 2011 adottato dal giudice dell’esecuzione immobiliare del Tribunale di Rovigo, nell’ambito del quale, con ordinanza notificata il 9 novembre 2012, veniva, dapprima, confermata la valutazione operata dal consulente tecnico d’ufficio in relazione al complesso agricolo denominato Ca’ Brusa, oggetto di pignoramento, fissandone la vendita per il giorno 8 marzo 2013 e, successivamente, con ordinanza depositata il 19 dicembre 2012, respinta l’opposizione agli atti esecutivi proposta ex art. 617 c.p.c. dal debitore esecutato, qui appellante.
Dinanzi al giudice di prime cure, dopo la costituzione del Ministero della giustizia, del Ministero per i beni e le attività culturali, di Gi.Me. e En.Mu., il ricorso veniva deciso con la sentenza appellata, redatta in forma semplificata. In essa, il T.A.R. riteneva fondate le eccezioni proposte sulla carenza di giurisdizione del giudice amministrativo, trattandosi di atto appartenente alla cognizione del giudice ordinario.
Contestando le statuizioni del primo giudice, la parte appellante evidenzia l’errata ricostruzione in fatto e in diritto operata dal giudice di prime cure, riproponendo come motivi di appello le proprie originarie censure.
Nel giudizio di appello, si sono costituiti l’Avvocatura dello Stato per il Ministero della giustizia e il Ministero per i beni e le attività culturali, nonché Gi.Me., chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.
All’udienza in camera di consiglio del 17 febbraio 2015, il ricorso è stato discusso e assunto in decisione.

DIRITTO

1. – L’appello non è fondato e va respinto per i motivi di seguito precisati.
2. – Occorre rimarcare come il presente appello miri a censurare la legittimità del provvedimento conclusivo del procedimento di esecuzione immobiliare (procedura n. 245 del 2011), adottato dal giudice dell’esecuzione immobiliare del Tribunale di Rovigo, dove, con ordinanza notificata il 9 novembre 2012, veniva, dapprima, confermata la valutazione operata dal consulente tecnico d’ufficio in relazione al complesso agricolo denominato Ca’ Brusa, oggetto di pignoramento, fissandone la vendita per il giorno 8 marzo 2013 e, successivamente, con ordinanza depositata il 19 dicembre 2012, era respinta l’opposizione agli atti esecutivi proposta ex art. 617 c.p.c. dal debitore esecutato, oggi appellante.
La parte appellante, dopo aver sostenuto in prime cure che in tale procedura sarebbe rinvenibile una violazione dei “diritti legittimi” sia “nei riguardi del Ministero per i Beni e le Attività culturali, sia nei riguardi del privato cittadino”, ha qui evidenziato come fosse stata errata la valutazione del consulente d’ufficio di quel giudice, che non aveva considerato la natura di manufatto avente valore artistico del bene esecutato.
Tuttavia, in disparte la correttezza della ricostruzione dogmatica sostenuta, va evidenziato come nel caso in esame sia fondata la valutazione del primo giudice sul difetto di giurisdizione del giudice adito.
Infatti, non è dubitabile che l’atto oggetto di impugnativa ha natura giurisdizionale, trattandosi dell’ordinanza del giudice dell’esecuzione del Tribunale di Rovigo, dove viene disposta la vendita del bene immobile pignorato. Si tratta cioè di un atto processuale, impugnabile esclusivamente con i mezzi (ossia con i rimedi dell’opposizione all’esecuzione ex art. 617 c.p.c.) e nei termini specificamente previsti dall’ordinamento processuale civile.
Per altro verso, gli altri elementi evidenziati, consistenti profili di merito della decisione di un consulente di ufficio di quel giudice, sono parimenti ricompresi nell’ambito valutativo disciplinato dal codice del processo civile.
Deve quindi confermarsi integralmente la sentenza di prime cure, in merito al difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, sussistendo la giurisdizione del giudice ordinario, dinanzi al quale il giudizio potrà essere riassunto nel termine previsto dall’art. 11 del. D.Lgs. n. 104 del 2010.
3. – Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
4. – L’appello va quindi respinto Le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:
1. Respinge l’appello n. 4807 del 2014;
2. Condanna Za.Mu. a rifondere al Ministero della giustizia, al Ministero per i beni e le attività culturali, a Gi.Me. e ad En.Mu. le spese del presente grado di giudizio, che liquida, in favore di ognuna delle parti resistenti e controinteressate costituite, in Euro 2.000,00 (euro duemila) oltre I.V.A., C.N.A.P. e rimborso spese generali, come per legge.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 17 febbraio 2015, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta – con la partecipazione dei signori:
Giorgio Giaccardi – Presidente
Diego Sabatino – Consigliere, Estensore
Raffaele Potenza – Consigliere
Andrea Migliozzi – Consigliere
Oberdan Forlenza – Consigliere
Depositata in Segreteria il 12 marzo 2015

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