Nell’ambito del pubblico impiego una normale attività di servizio non può essere considerata concausa dell’insorgere di un’infermità a carico del dipendente, in assenza di comprovate situazioni di particolarità ed eccezionalità, tali da far presumere che, sull’insorgenza o aggravamento dell’infermità, si siano casualmente innestati, individuati, qualificati e rilevanti elementi riconducibili al servizio
Consiglio di Stato
sezione III
sentenza 7 marzo 2017, n. 1076
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4052 del 2010, proposto dal sig. -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Ni. Di Mo. (C.F. (omissis)), An. Le., con domicilio eletto presso An. c/o (…) in Roma, via (…);
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Puglia – Bari – Sezione III n. 03041/2009, resa tra le parti, concernente il mancato riconoscimento infermità da causa di servizio.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 gennaio 2017 il Cons. Giulio Veltri e uditi per le parti gli avvocati Ni. Di Mo. e l’avvocato dello Stato Pa. Sa.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il Sig. -OMISSIS-, ex vigile del fuoco volontario ausiliario, ha chiesto al Tar Puglia l’annullamento del decreto ministeriale n. 280265/E.I., dell’8.11.2006, notificato il 6.12.2006, con il quale il Ministero dell’Interno, Dipartimento dei Vigili del Fuoco del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile, ha respinto la sua domanda di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio e la concessione dell’equo indennizzo per l’infermità “psicosi cronica, in trattamento con neurolettici”, nonché della. delibera prot. 50091/2004 -del 26.6.06, con la quale il Comitato di verifica per le causa di servizio presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha giudicato la predetta infermità non dipendente da causa di servizio.
A supporto del gravame ha esposto, in fatto, di essere stato incorporato, in data 02.05.2000 nel Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco -174° Corso, e successivamente destinato al Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Foggia, dove nel giro di pochi mesi ha sviluppato sentimenti di frustrazione, per i dispetti e le punizioni ingiustificate cui sarebbe stato sottoposto, ai quali seguivano manifestazioni morbose. Le manifestazioni morbose sono poi sfociate in un primo ricovero del 14.10.2000 per “sindrome influenzale con vomito” ed in una successiva visita presso l’ospedale militare “L. Bo.” di Bari con diagnosi di “note disforico-ansiose reattive”, sindrome culminata, in data 11.01.2001, in un episodio di grave messa in pericolo della persona (è stato trovato a cavalcioni sul davanzale di una finestra della caserma) ed in un giudizio di permanente non idoneità al servizio militare per “disturbo psichiatrico, trattamento farmacologico”.
Ha dedotto, in diritto, l’illegittimità dell’impugnato diniego del riconoscimento della causa di servizio in quanto esso si sarebbe immotivatamente ed illogicamente appiattito sul parere negativo del Comitato di verifica per le cause di servizio, non tenendo conto dei fatti documentanti, dettagliatamente e cronologicamente, l’evoluzione della malattia che sarebbe insorta solo dopo l’inizio del servizio di leva, né rilevando la macroscopica illogicità derivante dalla mancata considerazione degli stessi fatti da parte del Comitato; inoltre da recentissimi studi sulla genetica della schizofrenia emergerebbe che il patrimonio genetico ereditario non è sufficiente da solo a scatenare la malattia ma necessita di articolazione con la componente ambientale, rappresentata, nel caso di specie, dal servizio svolto.
Il Tar ha respinto la domanda, affermando, in particolare che: 1. “non sussiste un obbligo dell’amministrazione che ritenga di conformarsi al parere del Comitato – che per la sua struttura e le sue funzioni è competente ad esprimere un parere completo ed esauriente – di chiarire le ragioni per le quali aderisce al parere medesimo”; 2. “non sono sussistenti quegli aspetti di manifesta irrazionalità o illogicità che permetterebbero di giungere, attraverso un sindacato estrinseco, ad un accertamento di illegittimità della determinazione assunta dal Comitato di verifica per le cause di servizio”.
Avverso la sentenza ha proposto appello il sig. -OMISSIS-.
La causa è stata trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 26 gennaio 2017.
DIRITTO
1.Con il primo motivo l’appellante deduce che il decreto impugnato, e la sentenza che ha respinto la relativa domanda di annullamento, avrebbero omesso di considerare che sino al maggio 2000 egli godeva di ottima salute psicofisica, e che solo dopo il trasferimento presso il Comando di Foggia aveva cominciato a dare segni di squilibrio, soprattutto a causa di alcuni episodi di “nonnismo” da parte di un commilitone, tant’è che la patologia psichiatrica diagnosticatagli è stata di natura “reattiva”. Dinanzi a tale situazione, il Tar avrebbe dovuto disporre quantomeno CTU, in guisa da accertare, alla luce del criterio cronologico, l’idoneità dei fatti di servizio a slatentizzare la psicosi.
2. Con il secondo motivo l’appellante insiste sul difetto di istruttoria del provvedimento impugnato, asseritamente appiattitosi sulle conclusioni del Comitato di verifica, a sua volta deficitario rispetto a quanto era già stato accertato dalla CMO dell’ospedale militare.
3. Con il terzo motivo l’appellante contesta, sotto il profilo tecnico scientifico, le conclusioni cui è giunto il Comitato di verifica in ordine alla indipendenza della psicosi endogena rispetto ai fattori esterni. Al contrario – sostiene l’appellante, in ciò supportato dalla consulenza medico legale di parte- perché la malattia si manifesti, la predisposizione metabolica deve sempre articolarsi con la componente ambientale. E’ quanto sarebbe del resto avvenuto nel caso di specie, in cui lo stress e le pressioni del servizio di leva avrebbero condotto ad un intenso disagio emotivo, con angoscia, ipocondria e comportamento allucinatorio.
4. Ritiene il Collegio che l’appello non sia fondato.
4.1. I motivi possono essere esaminati congiuntamente poiché essi costituiscono lo sviluppo, in chiave censoria, di un unico tema: quello del ruolo slatentizzante della psicosi, svolto dal servizio di leva, asseritamente sussumibile, sul versante del nesso eziologico, nel concetto di concausa rilevante.
4.2. Il thema decidendum rende inutile l’acquisizione di una consulenza tecnica, pur invocata dall’appellante, poiché il parere del Comitato di verifica, recepito dal Ministero a mezzo del decreto impugnato, non nega affatto che la psicosi endogena possa essere interferita da fattori slatentizzanti, ma aggiunge prudentemente che deve essere “dimostrato oltre ad un rapporto modale, qualitativo e quantitativo, una stretta ed immediata connessione cronologica, assolutamente mancante nel caso in questione….”
4.3. L’appellante si aggancia, invero, a tale ultimo passaggio argomentativo per sostenere che, nel caso di specie, proprio la connessione cronologica degli eventi dimostrerebbe l’efficacia concasuale del servizio di leva.
4.4. La tesi però isola uno degli elementi rilevanti assegnandogli un ruolo tale, per il quale, nei casi di insorgenza della psicosi dopo l’assunzione del servizio militare, quest’ultimo dovrebbe essere, sempre e comunque, considerato concausa della patologia.
5. In tali termini la tesi è inaccettabile.
5.1. La giurisprudenza del Consiglio di Stato ha chiarito che nell’ambito del pubblico impiego una normale attività di servizio non può essere considerata concausa dell’insorgere di un’infermità a carico del dipendente, in assenza di comprovate situazioni di particolarità ed eccezionalità, tali da far presumere che, sull’insorgenza o aggravamento dell’infermità, si siano casualmente innestati, individuati, qualificati e rilevanti elementi riconducibili al servizio (Sez. IV, Sentenza n. 618 del 27/01/2011)
5.2. Piuttosto assumono importanza e concomitante rilevanza gli altri elementi, che nel caso di specie sono stati pure indicati dal Comitato di verifica, ossia i profili modali qualitativi e quantitativi del rapporto lavorativo. Occorre cioè dimostrare che la “slatentizzazione” è frutto non già e non solo del mero svolgimento del servizio militare – che potrebbe aver semplicemente costituito l’occasione – ma anche che lo svolgimento del servizio militare è stato contraddistinto da specifici eventi particolarmente stressanti (mansioni rischiose, punizioni ingiuste, condizioni di lavoro disagiate, mobbing, etc.) i quali, seppur non sufficienti a generare psicosi in soggetti sani, sono comunque tali da fungere da fattore scatenante in soggetti predisposti.
Prova che invece è mancata, essendosi il ricorrente limitato ad addurre non meglio precisati e documentati episodi di “nonnismo”, non significativi in mancanza di specificazione e descrizione di fatti, tempi, modalità.
5.3.In proposito giova ricordare che la giurisprudenza che si è occupata del nesso di causalità nelle cause di servizio ha chiarito che seppur non possa pretendersi la certezza del nesso di causalità tra prestazione di servizio ed infermità, è comunque necessario che tale nesso sia desumibile con elevato grado di probabilità (cfr. Cons. Stato Sez. IV Sent., 19-05-2008, n. 2324), precisando che il principio della “causalità adeguata”, riversato nel settore medico legale delle patologie contratte in servizio, e allo stesso riconducibili sotto il profilo causativo o concausale, richiede sempre la riconoscibilità dell’esistenza di fattori riconducibili al servizio che rivestano un ruolo di adeguata efficiente incidenza nell’insorgenza e nello sviluppo del processo morboso, mentre devono ritenersi totalmente escluse tutte le altre condizioni che un tale grado di concausale ingerenza non presentino, le quali – benché parimenti verificatesi in servizio- restano tuttavia riguardabili unicamente quali mere occasioni rivelatrici di una infermità non avente alcun nesso di causalità o concausalità con le condizioni di servizio (Cons. Stato Sez. IV, 16-03-2012, n. 1510)
6. L’appello è pertanto respinto.
7. Avuto riguardo alla peculiarità in fatto ed in diritto della questione trattata, appare equo compensare le spese di questo giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Terza) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese del grado d’appello compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il ricorrente.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 gennaio 2017 con l’intervento dei magistrati:
Franco Frattini – Presidente
Francesco Bellomo – Consigliere
Manfredo Atzeni – Consigliere
Giulio Veltri – Consigliere, Estensore
Massimiliano Noccelli –
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