Palazzo-Spada

Consiglio di Stato

sezione III

sentenza 31 dicembre 2014, n. 6469

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL CONSIGLIO DI STATO

IN SEDE GIURISDIZIONALE

SEZIONE TERZA

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5941 del 2009, proposto da:

Ministero dell’Interno, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via (…);

contro

Gi.Fr., rappresentato e difeso dagli avv. Ma.Zo. e An.Ca., con domicilio eletto presso il primo in Roma, Via (…);

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA – MILANO – SEZIONE III n. 03260/2009, resa tra le parti, concernente rigetto istanza rinnovo licenza porto di fucile

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del signor Giuseppe Frustaci;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 17 dicembre 2014 il Cons. Vittorio Stelo e uditi per le parti l’avvocato Di. su delega dell’avvocato Zo. e l’avvocato dello Stato Va.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia – Milano – Sezione III, con sentenza n. 3260 del 25 marzo 2009 depositata il 10 aprile 2009, ha accolto, con condanna dell’Amministrazione alle spese, il ricorso proposto dal signor Gi.Fr. avverso il decreto n. 11400 del 10 maggio 2005 con cui il Questore di Milano ha respinto l’istanza per il rinnovo della licenza del porto di fucile per uso caccia a causa di più denunce e a procedimento penale per vari reati, in effetti a sua conoscenza, denotandosi l’interessato come soggetto incline alla violenza e inaffidabile circa l’uso dell’arma e non rilevando il possesso del porto di pistola per difesa personale e del decreto di guardia volontaria ittico venatoria.

Il giudice di prime cure ha rilevato il mancato oggettivo accertamento dei fatti posti a base del provvedimento impugnato, posto che gli stessi o non erano attinenti all’uso delle armi, o non avevano dato luogo ad azione penale o erano stati archiviati per prescrizione dei reati, e che la Prefettura di Lodi aveva riconosciuto la piena affidabilità dell’interessato con il rilascio per l’appunto del porto d’armi per difesa personale e il decreto di nomina a guardia giurata.

2. Il Ministero dell’Interno, con atto dell’Avvocatura Generale dello Stato notificato il 22 giugno 2009 e depositato il 10 luglio 2009, ha interposto appello sostenendo che i fatti indicati nel provvedimento, oggettivi e sintomatici della personalità dell’interessato, giustificavano di per sé il rigetto dell’istanza a prescindere dai loro esiti o da remissione di querela, in considerazione del carattere preventivo del provvedimento e della discrezionalità del provvedimento.

Il ricorrente per di più, in sede di autodichiarazione, ha reso dichiarazione falsa per aver omesso di essere sottoposto a procedimento per minacce, inducendo a specifico deferimento alla Procura della Repubblica di Milano, può comunque continuare a svolgere l’attività di guardia volontaria venatoria ed è stata avviata la revoca del porto d’armi per difesa personale.

3. Il signor Frustaci si è costituito con atto depositato il 16 ottobre 2009 e con memoria depositata il 14 novembre 2014, ha sostenuto la legittimità della sentenza appellata e della sua motivazione, soffermandosi sulle circostanze e sui contenuti dei fatti oggetto della valutazione negativa della Questura, o risalenti o non connessi all’uso delle armi o archiviati o non indicati nei certificati del Casellario e dei carichi pendenti, tanto da giustificare la sua buona fede nel rilascio della autodichiarazione negativa.

Riferisce, non contraddetto, che l’Amministrazione, in esito ad ordinanza istruttoria dello stesso T.A.R. n.1676/2005, aveva prodotto una documentazione parziale ed incompleta con riguardo ad alcune denunce.

4. La causa, all’udienza pubblica del 17 dicembre 2014, è stata trattenuta per la decisione.

5. L’appello è infondato e la sentenza impugnata merita conferma.

6. Sul piano generale è assodato che il rilascio e il rinnovo di licenza di p.s. è disciplinato da norme particolarmente rigorose sul piano oggettivo e soggettivo, e ciò vale anche per quella in questione connessa proprio all’uso delle armi e quindi al possesso di requisiti soggettivi di specifica affidabilità.

Di conseguenza viene altresì riconosciuta la più ampia discrezionalità dell’Amministrazione nella valutazione in ordine al possesso di quei requisiti sulla base degli elementi e delle risultanze in atto sussistenti e che si deve esplicitare in un complessivo giudizio e in una motivazione, sia pure sintetica, di carattere concreto e non astratto.

Nella fattispecie la Sezione condivide le argomentazioni già svolte in sintesi ma specifiche dal T.A.R., che, dopo aver richiamato il contesto normativo, ha sottoposto a sindacato i singoli fatti posti a base del provvedimento impugnato con considerazioni a favore dell’accoglimento del ricorso dell’interessato, come detto perché “non esisteva alcun accertamento oggettivo dei fatti” che giustificasse il giudizio negativo di “sopravvenuta inaffidabilità”.

Il decreto della Questura di Milano invero contiene una puntuale elencazione dei fatti (denunce e procedimenti penali) ed anche una valutazione negativa sul piano della pericolosità e dell’affidabilità dell’interessato, che risulta in concreto frutto di vaglio generale ed indistinto di quei fatti, che avrebbe invece richiesto, come sottolineato dal giudice di prime cure, l’aggiornamento degli stessi, per di più anche risalenti, completo con gli esiti di certo già noti o comunque agevolmente acquisibili, e quindi procedere ad un’aggiornata oggettiva motivazione che tenesse conto anche del possesso già del titolo in corso di rinnovo.

L’avvio della revoca del porto d’arma per difesa personale non rileva al momento perché successivo al provvedimento impugnato e in atto senza alcun esito, e in ogni caso il possesso di quella licenza e il decreto di guardia giurata, ambedue di competenza prefettizia, non potevano tautologicamente essere definiti irrilevanti dalla Questura perché frutto di considerazione in contraddizione, non motivata, con le valutazioni della Prefettura su titoli particolarmente qualificati sul piano dell’ordine e della sicurezza pubblica.

Si soggiunge che il Ministero ha tenuto nell’occasione un atteggiamento sostanzialmente dilatorio, inspiegabile, posto che non ha ritenuto di coltivare il contenzioso, promosso nel 2009 senza proporre domanda di sospensiva e sollecitato solo nel 2014, né ha inteso riadottare altro provvedimento in sintonia con il dictum del giudice di prime cure, così consentendo all’interessato di continuare di fatto nell’utilizzo del fucile ad uso caccia.

7. L’appello va quindi respinto e la sentenza impugnata va confermata, salvi gli eventuali ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione alla luce della presente pronuncia.

Condanna parte appellante al pagamento delle spese di giudizio come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Terza –

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.

Condanna parte appellante al pagamento delle spese del giudizio da liquidarsi in Euro 1000,00 (mille), oltre agli accessori dovuti per legge, a favore della controparte costituita.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 dicembre 2014 con l’intervento dei magistrati:

Pier Giorgio Lignani – Presidente

Carlo Deodato – Consigliere

Salvatore Cacace – Consigliere

Bruno Rosario Politi – Consigliere

Vittorio Stelo – Consigliere, Estensore

Depositata in Segreteria il 31 dicembre 2014.

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