Consiglio di Stato, sezione III, sentenza 25 ottobre 2016, n. 4463

È illegittimo il diniego del Ministero della Salute all’importazione dall’India di grado duro “di alta qualità”, che conteneva una quantità di piombo superiore a quella consentita. La sentenza ha precisato che l’illegittimità derivava dal fatto che l’Amministrazione aveva utilizzato un metodo di campionamento e di analisi diverso da quello previsto nella normativa europea

Consiglio di Stato

sezione III

sentenza 25 ottobre 2016, n. 4463

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Terza

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 856 del 2016, proposto da:

Br. s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Ma. Mu. C.F. (omissis), con domicilio eletto presso Gi. Co. in Roma, via (…);

contro

Ministero della Salute, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sardegna “G. Pe.”, Agenzia delle Dogane non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. SARDEGNA – CAGLIARI: SEZIONE I n. 00918/2015, resa tra le parti, concernente mancata ammissione all’importazione di grano duro di alta qualità.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Salute;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 settembre 2016 il Cons. Carlo Deodato e uditi per le parti gli avvocati Pi. Sa. Pu. su delega di Ma. Mu. e l’avvocato dello Stato Wa. Fe.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con la sentenza appellata il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna respingeva il ricorso promosso dalla Br. s.r.l avverso il provvedimento in data 2 marzo 2015 con cui il Ministero della Salute – USMAF di Cagliari aveva disposto la non ammissione all’importazione dall’India di 467.820 kg di grano duro di alta qualità, a seguito della riscontrata presenza, nel grano, di una quantità di piombo superiore a quella consentita dalle norme vigenti.

Avverso la predetta decisione proponeva appello la Br., contestando la correttezza della statuizione reiettiva gravata e domandandone la riforma, con il conseguente annullamento del provvedimento impugnato in primo grado.

Resisteva il Ministero della Salute, eccependo l’inammissibilità dell’appello, per il dedotto difetto della formulazione di specifiche censure contro la sentenza impugnata, rilevandone, comunque, l’infondatezza nel merito e domandandone la reiezione.

Il ricorso veniva trattenuto in decisione all’udienza pubblica del 22 settembre 2016.

1.- Dev’essere pregiudizialmente esaminata l’eccezione, formulata dal Ministero, di inammissibilità dell’appello per l’asserita genericità dei motivi addotti a sostegno dell’appello.

La questione è infondata e va disattesa.

Se è vero, infatti, che nel giudizio d’appello (non essendo un iudicium novum) è inammissibile, per violazione del dovere di specificità delle censure sancito dall’art. 101, comma 1, c.p.a., la mera riproposizione dei motivi dedotti a sostegno del ricorso di primo grado, senza che sia sviluppata, mediante l’articolazione di puntali argomenti critici, alcuna confutazione della statuizione del primo giudice (cfr., da ultimo, Cons. Stato, Sez. VI, 31 agosto 2016, n. 3767; Cons. Stato, Sez. III, 16 giugno 2016, n. 2682; Cons. Stato Sez. V, 31 marzo 2016, n. 1268; Cons. Stato Sez. VI, 19 gennaio 2016, n. 158; Cons. Giust. Amm. Sic., 25 settembre 2015, n. 615), è anche vero che, nel caso di specie, l’appellante, come si ricava dalla semplice lettura dell’atto d’impugnazione, ha indicato chiaramente le parti della sentenza di primo grado che ha inteso contestare con l’appello, allegando adeguate e specifiche argomentazioni censorie che, seppur, a tratti, fisiologicamente coincidenti con i motivi dedotti a sostegno del ricorso in primo grado, risultano puntualmente preordinate a censurare la correttezza dell’iter logico-giuridico assunto a sostegno della decisione impugnata.

2.- Né vale, ancora, eccepire l’inammissibilità dell’appello sotto l’ulteriore profilo del carattere “di merito” dei motivi di appello, atteso che la società appellante, lungi dal censurare i contenuti e i risultati delle analisi, ne ha (validamente) dedotto la illegittimità per l’asserita violazione delle regole europee stabilite a presidio della correttezza delle operazioni di campionamento della merce analizzata.

Mentre, infatti, il T.A.R., richiamando il (condiviso) principio di separazione tra funzione amministrativa e funzione giurisdizionale, ha ritenuto che qualsivoglia valutazione delle operazioni tecniche effettuate dall’Amministrazione sarebbe sottratta al sindacato di legittimità, perché integrerebbe gli estremi di un controllo di “tipo forte”, da intendersi precluso al giudice amministrativo, nel caso di specie, nondimeno, il controllo giurisdizionale di legittimità non è diretto a contestare le valutazioni tecniche a cui è pervenuta l’Amministrazione nello svolgimento delle operazioni di controllo, bensì afferisce al metodo con cui le operazioni di campionamento e analisi sono state effettuate.

A ben vedere, infatti, come già rilevato supra, la società appellante non contesta la correttezza tecnica delle operazioni di analisi, ma il rispetto delle regole prescritte per la loro valida esecuzione, denunciando, quindi, l’inosservanza di un canone di condotta stabilito da nome di diritto (e non da precetti tecnici).

3.- Così accertata l’ammissibilità dell’appello, se ne deve riconoscere la fondatezza nel merito, alla stregua delle considerazioni che seguono.

L’Amministrazione della salute, infatti, contravvenendo alle disposizioni contenute nel Regolamento CE n. 836/2011 (recante modifiche al Regolamento CE n. 333/2007), ha utilizzato un metodo di campionamento e di analisi palesemente (e incontestatamente) difforme dalla la normativa europea, pacificamente applicabile alla fattispecie, relativa al controllo ufficiale dei tenori di piombo, cadmio, mercurio, stagno inorganico, 3-MCPD e idrocarburi policiclici aromatici nei prodotti alimentari.

Le metodiche di campionamento e di analisi applicate dall’Amministrazione sono state, infatti, eseguite a norma del Regolamento CE n. 401/2006, che, tuttavia, si applica ai diversi controlli relativi ai tenori di micotossine nei prodotti alimentari e, rispetto al cui ambito di operatività, quelli in questione (finalizzati a rilevare la presenza negli alimenti di metalli pesanti) si rivelano estranei.

Come emerge, infatti, dalla lettura piana delle suindicate norme europee, le procedure di campionamento e di analisi per il controllo delle micotossine e dei metalli pesanti risultano nettamente distinte, quanto al perimetro applicativo, del tutto autonome, non sovrapponibili e intese a tutelare interessi pubblici chiaramente eterogenei tra di loro.

Appare, dunque, evidente come la scelta del metodo di campionamento e analisi da seguire esulava dalla sfera di discrezionalità dell’Amministrazione, siccome vincolata delle citate fonti normative europee.

Quando, invero, le procedure di controllo e analisi in cui, come nel caso di cui si discorre, è dettagliatamente prescritto il modus procedendi dell’azione amministrativa, questa deve obbligatoriamente svilupparsi all’interno del relativo e rigido contesto normativo che, garantendo all’Amministrazione uno spazio (incomprimibile) di discrezionalità meramente tecnica, ne disciplina, tuttavia, puntualmente le modalità di esercizio.

Ne discende che l’Amministrazione ha omesso di osservare le prescrizioni vincolanti puntualmente dettate dal Reg. CE n. 836/2011, applicabile alla tipologia di controllo controversa, e che, quindi, il provvedimento di non ammissione all’importazione dev’essere giudicato illegittimo e annullato, siccome adottato in violazione delle predette regole di condotta.

Né vale, di contro, sostenere che lo stesso Regolamento consentiva l’utilizzo di diverse modalità di campionamento e di analisi.

Se è vero, infatti, come sostiene il Ministero appellato, che il citato Reg. CE n. 836/2011 consente il ricorso a metodi alternativi di prelievo, è anche vero che tale deroga risulta testualmente ammessa (si veda l’Allegato) solamente nei casi in cui le modalità di prelievo prescritte siano impraticabili, o comportino (significativi) danni economici alla partita sottoposta a campionamento, oppure, nella fase di distribuzione al dettaglio, qualora i metodi previsti dal Regolamento possano causare effetti commerciali inaccettabili (ad esempio, per motivi di forma d’imballaggio o danneggiamenti alla partita, etc.) o sia praticamente impossibile procedere nelle modalità indicate dal Regolamento medesimo.

La mancata allegazione, da parte dello stesso Ministero, della ricorrenza degli estremi delle sopraindicate e tassative ipotesi derogatorie impedisce di ravvisare la correttezza dell’utilizzo di modalità diverse da quelle prescritte e impone di confermare il giudizio di illegittimità delle analisi svolte e del conseguente provvedimento di diniego di ammissione all’importazione.

4.- Occorre, peraltro, precisare che il giudizio di illegittimità del provvedimento impugnato in primo grado, nel quale resta assorbito il secondo motivo di appello, produce l’effetto conformativo della rinnovazione del campionamento e dell’analisi della merce, in applicazione delle metodologie prescritte con il Reg. CE n. 836/2011 e per mezzo delle strutture competenti ed accreditate all’esecuzione dei controlli.

5.- Alle considerazioni che precedono conseguono, in definitiva, l’accoglimento dell’appello e, in riforma della sentenza gravata, l’annullamento del provvedimento impugnato in primo grado, con salvezza degli ulteriori provvedimenti.

L’accertata illegittimità, poi, non incide sulla efficacia delle misure cautelari adottate dall’amministrazione, dirette a sospendere la messa in commercio dei prodotti, sino al completamento delle necessarie verifiche sanitarie.

6.- In ragione della peculiarità della controversia, le spese di entrambi i gradi del giudizio possono essere integralmente compensate fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della decisione appellata, annulla il provvedimento impugnato in primo grado e compensa le spese di entrambi i gradi di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 settembre 2016 con l’intervento dei magistrati:

Marco Lipari – Presidente

Carlo Deodato – Consigliere, Estensore

Manfredo Atzeni – Consigliere

Pierfrancesco Ungari – Consigliere

Stefania Santoleri – Consigliere

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