Consiglio di Stato, sezione III, sentenza 24 maggio 2017, n. 2447

La misura dell’interdittiva antimafia può essere emessa dall’Amministrazione in una logica di anticipazione della soglia di difesa dell’ordine pubblico economico e non postula, come tale, l’accertamento in sede penale di uno o più reati che attestino il collegamento o la contiguità dell’impresa con associazioni di tipo mafioso, potendo basarsi anche sul solo rilievo di elementi sintomatici che dimostrino il concreto pericolo di infiltrazioni della criminalità organizzata

 

Consiglio di Stato

sezione III

sentenza 24 maggio 2017, n. 2447

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Terza

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8872 del 2016, proposto da:

-OMISSIS- di -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Ro. Ie., Fr. Iz., Ma. Id. Le., con domicilio eletto presso lo studio An. Cl. in Roma, via (…);

contro

Ministero dell’Interno, U.T.G. – Prefettura di Vibo Valentia, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Gen. Stato, domiciliata in Roma, via (…);

Regione Calabria, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Fa. Po., con domicilio eletto presso lo studio Gi. Mo. in Roma, via (…);

Arcea Agenzia Regione Calabria Per Le Erogazioni in Agricoltura non costituito in giudizio;

per la riforma della sentenza del T.A.R. CALABRIA – CATANZARO:SEZIONE I n. 01328/2016, resa tra le parti, concernente informativa interdittiva antimafia di cui al decreto -OMISSIS- del Prefetto di Vibo Valentia e conseguente revoca del contributo comunitario, di cui al decreto Dipartimento Agricoltura della Regione Calabria, n. 7717/2013, – risarcimento danni

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell’Interno e di U.T.G. – Prefettura di Vibo Valentia e di Regione Calabria;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 27 aprile 2017 il Cons. Sergio Fina e uditi per le parti gli avvocati Fr. Iz., Ma. Id. Le., Am. L’A. su delega di Fa. Po. e l’avvocato dello Stato At. Ba.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

E’ impugnata la sentenza del Tar del Calabria-Catanzaro – n. 1328/2016 con la quale è stato rigettato il ricorso avverso provvedimento d’interdittiva antimafia ex art. 10 DPR n. 252/1998, emessa dalla Prefettura di Reggio Calabria.

Con l’appello in esame, si lamenta l’erroneità della sentenza e l’illegittimità degli atti impugnati per i seguenti motivi:

– violazione dell’art. 3 della l. n. 241/1990; carenza e/o illogicità della motivazione; Eccesso di potere per illogicità e irragionevolezza, carenza d’istruttoria, ingiustizia grave e manifesta; violazione di precedente giudicato (sent. Tar Calabria n. 975/2012).

La sentenza non avrebbe considerato che gli atti indicati nella informativa impugnata, contengono una mera sommatoria di elementi eterogenei non unitariamente considerati, carenti di pregnante contenuto e privi di effettivo valore indiziario (meri dati di fatto, sempre identici) e in sostanza essa, secondo l’appellante, si risolverebbe in un’elencazione di elementi e di risultanze procedimentali, senza alcuna rielaborazione concettuale.

Aggiunge l’appellante che il Tar con sentenza n. 975/2012, pronunciandosi su una precedente, ma identica interdittiva, aveva ritenuto non sufficiente, sotto l’aspetto della motivazione, il mero rapporto di parentela e/o di coniugio di amministratori o soci di un’impresa con soggetti malavitosi. Con la nuova informativa prefettizia, la Prefettura si è limitata a trascrivere parte delle informazioni trasmesse dai Carabinieri nel dicembre 2012, elementi di contenuto identico a quelle rese nella precedente informativa annullata dalla pronuncia suindicata.

Resiste in giudizio l’Amministrazione intimata, anzitutto eccependo l’inammissibilità dell’appello per omessa impugnazione della sentenza non definitiva n. 1978/2014 ed inoltre, contestando tutte le argomentazioni avversarie e concludendo per il rigetto dell’impugnazione.

Ritiene al riguardo il Collegio, di dover, anzitutto, respingere l’eccezione d’inammissibilità suindicata, atteso che detta pronuncia non definitiva, si è limitata a rigettare- in sede di esecuzione del giudicato – la domanda di nullità della nuova informativa per violazione del precedente giudicato, trattandosi di provvedimento non confermativo, ma sorretto da una nuova valutazione – (ved. sent. n. 975/2012) -e a disporre, per la parete residua, la conversione, in rito, del ricorso di ottemperanza in azione impugnatoria, ai sensi dell’art. 32 c.p.a..

Venendo al merito delle questioni poste occorre, in primo luogo, richiamare l’indirizzo più volte affermato anche da questa Sezione, secondo il quale la misura dell’interdittiva antimafia può essere emessa dall’Amministrazione in una logica di anticipazione della soglia di difesa dell’ordine pubblico economico e non postula, come tale, l’accertamento in sede penale di uno o più reati che attestino il collegamento o la contiguità dell’impresa con associazioni di tipo mafioso, potendo basarsi anche sul solo rilievo di elementi sintomatici che dimostrino il concreto pericolo di infiltrazioni della criminalità organizzata (CdS sez III n. 4441/2014).

Ciò posto, rileva il Collegio, che il contestato provvedimento d’interdittiva, appare emanato in conformità ai parametri valutativi sopra indicati.

Infatti è necessario, anzitutto, sottolineare che la precedente interditiva, annullata in sede giurisdizionale, era datata 4.01.2011 e dunque non poteva contenere gli elementi informativi aggiornati, i quali hanno condotto ad una nuova valutazione e all’emissione dell’informativa prefettizia – -OMISSIS- – di cui all’odierna controversia..

Nella nuova determinazione, l’Amministrazione, oltre a riportare i dati in precedenza già emersi e cioè:

– il legame familiare con una delle articolazioni del “clan mafioso dei -OMISSIS-” di -OMISSIS-, di cui erano capostipiti -OMISSIS-e -OMISSIS-, genitori della -OMISSIS-;

– la circostanza che presso -OMISSIS-” aveva prestato servizio il sig. -OMISSIS-, gravato da pregiudizi penali e che inoltre -OMISSIS-era gestita dalla -OMISSIS-, unitamente al marito -OMISSIS-, soggetto sul conto del quale figuravano numerosi precedenti di polizia;

– l’indagine, nei confronti della -OMISSIS-, avviata dalla Procura della Repubblica nel 1996 presso il Tribunale di Catanzaro per associazione di tipo mafioso, poi archiviata dal GIP;

– le risultanze della Banca Dati Interforze, da cui emergeva il deferimento della -OMISSIS- all’Autorità Giudiziaria per i reati di “abusivismo edilizio e falsità ideologica in atto pubblico”;

erano,poi, venuti in rilievo ulteriori dati significativi riguardanti la comproprietà di beni immobili con vari soggetti, quali -OMISSIS-(nato a -OMISSIS- il -OMISSIS-, sul cui conto (Banca Dati Interforze) figurano precedenti di polizia per associazione semplice ed usura e -OMISSIS-, sul cui conto (BDI) figuravano vicende di polizia per associazione di tipo mafioso, associazione semplice e truffa.

Nella fattispecie “il rapporto di parentela tra la -OMISSIS- ed i soggetti sopra indicati, assume valenza affatto marginale, atteso che l’interdittiva risulta fondata sull’evidente ed incontroversa comunanza di interessi che intercorreva fra tutti i componenti della famiglia, nei territori di -OMISSIS-e -OMISSIS-, ove la cosca” -OMISSIS-” era egemone.

In definitiva il quadro indiziario valutato dall’Autorità prefettizia al momento dell’adozione dell’interdittiva di che trattasi si rivela, per l’effetto, sufficientemente analitico e puntuale.

Ne deriva che i motivi d’impugnazione devono ritenersi tutti infondati e che pertanto l’appello deve essere respinto.

Le spese, tenuto conto dello sviluppo complessivo della vicenda, possono interamente compensarsi tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge

Spese compensate

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 aprile 2017 con l’intervento dei magistrati:

Lanfranco Balucani – Presidente

Raffaele Greco – Consigliere

Massimiliano Noccelli – Consigliere

Pierfrancesco Ungari – Consigliere

Sergio Fina – Consigliere, Estensore

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *