Consiglio di Stato, sezione III, sentenza 22 maggio 2017, n. 2370

L’autenticazione non può venire meno alla sua funzione essenziale e precipua, che è quella di essere l’attestazione, da parte di un pubblico ufficiale, che la sottoscrizione è stata apposta in sua presenza, come prevede l’art. 1, comma 1, lett. i), del D.P.R. n. 445 del 2000, che ricalca la definizione dell’art. 2703, comma secondo, c.c.; affinché sia tale e, cioè, consista indubitabilmente nell’attestazione che la sottoscrizione sia stata apposta in presenza del pubblico ufficiale, l’autenticazione deve essere sottoscritta dal pubblico ufficiale stesso, che con la firma, appunto, si assume il compito, e la responsabilità, di attestare erga omnes che la firma è stata in sua presenza apposta, conferendo assoluta certezza alla formalità dell’autenticazione, certificando, sino a querela di falso, che la firma è stata apposta in sua presenza; ove la sottoscrizione del pubblico ufficiale non sia apposta, pertanto, viene a mancare il nucleo essenziale e indefettibile dell’autenticazione e cioè, in primo luogo e soprattutto, l’attestazione di cui si è detto e la sua inoppugnabile riconducibilità al funzionario addetto all’autenticazione

Consiglio di Stato

sezione III

sentenza 22 maggio 2017, n. 2370

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Terza

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3591 del 2017, proposto da An. Ar., rappresentato e difeso dall’Avvocato Al. Gu., dall’Avvocato De. Ve. e dall’Avvocato Fr. Ma., con domicilio eletto presso lo studio dell’Avvocato Gi. Co. (Studio Ni.) in Roma, via (…);

contro

Comune di (omissis), appellato non costituito;

Prefettura di Catanzaro, appellata non costituita;

Prima sottocommissione elettorale circondariale di Catanzaro, appellata non costituita in giudizio;

nei confronti di

Do. Ca. e Te. Al. Ba., appellati non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per la Calabria, sede di Catanzaro, sez. II, n. 788/2017, resa tra le parti, che ha respinto il ricorso proposto in primo grado da An. Ar. per l’annullamento del verbale n. 40 del 13 maggio 2017 della prima sottocommissione elettorale circondariale di Catanzaro.

visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

viste le memorie difensive;

visti tutti gli atti della causa;

relatore nella udienza speciale elettorale del giorno 22 maggio 2017 il Consigliere Massimiliano Noccelli e udito per l’odierno appellante l’Avvocato Fr. Ma.;

ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Il 12 maggio 2017 l’odierno appellante, An. Ar., ha provveduto alla presentazione della lista “Sa.”, di dodici candidati, per il rinnovo del consiglio comunale di (omissis), fissato per l’11 giugno 2017, collegata alla candidatura di Al. Ca. a sindaco.

1.1. Con il verbale n. 40 del 13 maggio 2017 la prima sottocommissione elettorale circondariale di Catanzaro ha escluso tale lista “in quanto è risultato insufficiente il numero di presentatori di lista regolarmente autenticato”.

1.2. Tale esclusione è stata determinata dal fatto che per il modello base di dichiarazione di presentazione del candidato alla carica di sindaco, contenente 36 nominativi, non risulterebbe la firma del funzionario autenticante sicché, depennati i 36 sottoscrittori non autenticati, ne sarebbero rimasti solamente 24 contenuti nel modello integrativo, insufficienti per la presentazione della lista.

1.3. Il segretario comunale di (omissis), infatti, ha autenticato unicamente le firme apposte nel secondo dei due modelli contenenti le sottoscrizioni – c.d. modello integrativo – e ha omesso di farlo con riferimento al primo modello – c.d. modello base – laddove si è limitato ad apporre luogo, data e timbro, senza aggiungere la firma, come egli stesso ha riconosciuto nella dichiarazione “postuma” del 13 maggio 2017, depositata in giudizio.

2. L’odierno appellante ha proposto quindi immediato ricorso avanti al T.A.R. per la Calabria, sede di Catanzaro, avverso tale esclusione e ha dedotto che il pubblico ufficiale, nel sottoscrivere il secondo modello, avesse inteso autenticare tutte le 60 firme complessive e non solo le 24 contenute nel modello integrativo ove, materialmente, era ricaduta l’apposizione della firma.

2.1. Nel primo grado del giudizio si sono costituiti il Ministero dell’Interno, per resistere al ricorso, e i controinteressati, Do. Ca. e Te. Al. Ba., nella rispettiva qualità di presentatore e di candidato a sindaco di altra lista avversaria, che hanno invece chiesto l’accoglimento del ricorso.

2.2. Il T.A.R. per la Calabria, sede di Catanzaro, con la sentenza n. 788 del 17 maggio 2017, ha respinto il ricorso.

2.3. Secondo il primo giudice, infatti, le firme sui modelli di accettazione delle candidature a cariche elettive e di presentazione delle liste devono essere autenticate nel rispetto, a pena di nullità, di tutte le formalità stabilite dall’art. 21, comma 2, del d.P.R. n. 445 del 2000, perché l’autenticazione è un requisito prescritto ad substantiam per garantire la certezza della provenienza della presentazione da parte di chi figura aver sottoscritto la lista, sicché è invalida la sottoscrizione che non sia supportata da una autenticazione completa.

2.4. Nel caso di specie l’insanabile carenza dell’autenticazione, determinata dall’assenza della sottoscrizione nel c.d. modello base, ha legittimamente determinato l’esclusione della lista, in quanto le 36 firme apposte in tale modello non risultavano legittimamente autenticate, con la conseguente ricusazione della lista, da parte della competente commissione elettorale, nel verbale n. 40 del 13 maggio 2017.

3. Avverso tale sentenza ha proposto appello An. Ar. e ne ha chiesto la riforma, con il conseguente annullamento di tale verbale e l’ammissione della lista alla competizione elettorale.

3.1. Non si sono costituiti nel presente grado di giudizio né l’Amministrazione appellata né i controinteressati.

3.2. Nella pubblica udienza del 22 maggio 2017 il Collegio, sentito il difensore dell’appellante, ha trattenuto la causa in decisione.

3.3. L’appello è infondato e deve essere respinto.

4. L’appellante assume che la sentenza impugnata sarebbe erronea in quanto ha ritenuto che il pubblico ufficiale avrebbe autenticato solo le 24 sottoscrizioni apposte nel c.d. modello integrativo e non, invece, quelle apposte nel c.d. modello base sul presupposto che i due modelli non risultano uniti da timbri di congiunzione e che, quindi, non potrebbe sostenersi che l’unica firma apposta alla fine del modello integrativo possa valere anche per il modello base.

4.1. Sostiene An. Ar. che, al contrario, un documento può considerarsi unitario e unico anche a prescindere dai timbri di congiunzione, se ciò emerge dal contenuto, e che nel caso in esame proprio questo è avvenuto, in quanto nel primo modello è stato indicato che la sottoscrizione avrebbe riguardato tutte le 60 firme, nella loro globalità, e cioè sia quelle contenute nel modello base che in quello integrativo.

4.2. Nel primo modello, infatti, subito dopo l’epigrafe è contenuta la seguente indicazione: “i sottoscritti elettori, compresi nelle liste elettorali del Comune di (omissis) nel numero di 60 risultante dalle firme debitamente autenticate contenute in questo foglio ed in numero 1 atti separati”.

4.3. Un contenuto del genere, nel fare riferimento al numero complessivo di sottoscrittori a prescindere dal “modello”, avrebbe indotto il pubblico ufficiale a considerare i due modelli quale documento unico e, conseguentemente, a procedere all’autenticazione apponendo un’unica firma, valevole per entrambi i modelli, alla fine del secondo, considerato come spazio finale del documento unico con le 60 firme.

4.4. In tale ottica, con riferimento al primo modello contenente le prime 36 firme dei sottoscrittori, il pubblico ufficiale avrebbe vergato di proprio pugno tutti gli elementi formali e descrittivi (anche le proprie generalità “Io sottoscritto Pr. Vi.”, la qualità, il numero di sottoscrittori, la dichiarazione di apposizione in sua presenza, la data, il timbro del Comune di (omissis) e il timbro personale), ma non ha apposto la firma finale, ritenendo di doverlo o di poterlo fare solo alla fine del secondo modello.

4.5. Considerata, infatti, l’unicità del documento, il pubblico ufficiale avrebbe ritenuto superfluo apporre due distinte firme e, invece, avrebbe preferito apporre la propria sottoscrizione solo alla fine del secondo modello, in tal modo volendo racchiudere con l’unica firma un’autenticazione onnicomprensiva per tutti i 60 sottoscrittori.

4.6. In altri termini la sottoscrizione del segretario comunale alla fine del secondo modello, secondo la tesi propugnata dall’appellante, non varrebbe solo per i soli 24 sottoscrittori ivi ricompresi, ma anche per i 36 sottoscrittori racchiusi nel primo modello, per i quali aveva già compilato tutti gli elementi identificativi rinviando la firma alla chiusura del documento.

4.7. La volontà del pubblico ufficiale, intesa ad autenticare tutte le 60 sottoscrizioni, si evincerebbe, del resto, da due fattori:

a) il primo, logico, secondo il quale, se così non fosse stato, non vi sarebbe stato motivo per compilare di proprio pugno tutti gli elementi formali del primo modello, anche con data e timbro del Comune di (omissis) e di quello proprio personale;

b) il secondo, sostanziale e di piena conferma, alla stregua del quale lo stesso segretario comunale, con la dichiarazione rivolta alla prima sottocommissione elettorale e depositata in Prefettura con nota prot. n. 3892 del 15 maggio 2017, ha espressamente riconosciuto di avere voluto autenticare, con le modalità sopra descritte, tutte le 60 firme.

4.8. La sentenza impugnata, deduce l’appellante, sarebbe erronea anche nella parte in cui ha escluso la sanatoria postuma della mancata sottoscrizione, ritenuta formalità essenziale, in quanto nel caso di specie non si sarebbe al cospetto di una dimenticanza o di una lacuna, ma di una modalità di espressione dell’autenticazione “tutt’al più insolita, ma comunque completa e satisfattiva dello scopo” (p. 8 del ricorso).

4.9. In definitiva, nel caso in esame non sarebbe sostenibile che manchi la sottoscrizione e che, pertanto, risulti mancante un elemento essenziale e insostituibile ai fini dell’autenticazione, ma l’apposizione di una sottoscrizione su un documento da considerarsi, per le ragioni tutte esposte dall’appellante e sopra in sintesi ricordate, unitario.

5. L’appello è infondato e deve essere respinto.

6. Occorre anzitutto rammentare, in punto di diritto, la consolidata giurisprudenza di questo Consiglio, anche di recente ribadita (v., ex plurimis, Cons. St., sez. III, 28 maggio 2016, n. 2244), secondo cui l’autenticazione non può venire meno alla sua funzione essenziale e precipua, che è quella, appunto, di essere “l’attestazione, da parte di un pubblico ufficiale, che la sottoscrizione è stata apposta in sua presenza”, come prevede l’art. 1, comma 1, lett. i), del d.P.R. n. 445 del 2000, che ricalca la definizione dell’art. 2703, comma secondo, c.c.

6.1. Affinché sia tale e, cioè, consista indubitabilmente nell’attestazione che la sottoscrizione sia stata apposta in presenza del pubblico ufficiale, l’autenticazione deve essere sottoscritta dal pubblico ufficiale stesso, che con la firma, appunto, si assume il compito, e la responsabilità, di attestare erga omnes che la firma è stata in sua presenza apposta, conferendo assoluta certezza alla formalità dell’autenticazione, certificando, sino a querela di falso, che la firma è stata apposta in sua presenza.

6.2. Ove la sottoscrizione del pubblico ufficiale non sia apposta, pertanto, viene a mancare il nucleo essenziale e indefettibile dell’autenticazione e cioè, in primo luogo e soprattutto, l’attestazione di cui si è detto e la sua inoppugnabile riconducibilità al funzionario addetto all’autenticazione.

6.3. La sottoscrizione del pubblico ufficiale è dunque, come ha ritenuto il primo giudice, una forma sostanziale, indefettibile, insostituibile dell’autenticazione, che non ammette e non può ammettere equipollenti, pena lo snaturamento dell’essenza stessa dell’autenticazione, secondo quanto si è detto, e non è sanabile ex post mediante dichiarazioni postume da parte del pubblico ufficiale, non essendo consentito ricostruire aliunde, mediante elementi esterni e successivi all’atto stesso dell’autenticazione, o comunque integrare la volontà del pubblico ufficiale autenticatore e gli effetti stessi dell’atto carente di elementi essenziali.

6.4. Questo Consiglio di Stato deve ribadire dunque nella presente controversia, anche alla luce dell’indirizzo seguito dalla sua più recente giurisprudenza, i principî anzidetti, nella rinnovata consapevolezza che il minor aggravamento delle forme in questa materia non può attenuare le esigenze di certezza e di fede pubblica, che devono contraddistinguere la competizione elettorale (Cons. St., sez. III, 28 maggio 2016, n. 2244), ma evitare che, in presenza di tutti gli elementi sostanziali, il rispetto delle forme divenga fine a se stesso.

6.5. Orbene la mancanza della sottoscrizione da parte del pubblico ufficiale, per le ragioni anzidette, è forma ad substantiam ed elemento essenziale dell’autenticazione e la sua assenza, qualsiasi ne sia la causa (dimenticanza, erronea valutazione del pubblico ufficiale o altre ipotesi), fa sì che le firme oggetto dell’autenticazione invalida giuridicamente non esistano, tamquam si non essent.

7. Questi principî valgono anche per il caso di specie, pur peculiare, al quale devono inderogabilmente applicarsi.

7.1. Non può essere infatti accolta, in punto di fatto, la tesi dell’appellante secondo la quale i due modelli costituirebbero un documento unitario, e ciò non solo perché sul piano formale, come ha pure correttamente ritenuto il primo giudice, essi non sono uniti da timbro di congiunzione e non vi è dunque alcuna certezza nemmeno estrinseca sulla loro unitarietà documentale, ma perché essi costituiscono sul piano sostanziale due distinti moduli dei quali il secondo – il c.d. modello integrativo – era destinato ad ospitare le firme dei sottoscrittori di lista che, per ragioni di spazio, non potevano essere raccolte e contenute tutte nel primo, il c.d. modello base.

7.2. Al riguardo non va dimenticato che i singoli modelli predisposti per la presentazione delle liste, proprio per le irrinunciabili esigenze di certezza e di fede pubblica sopra ricordate che presiedono al regolare svolgimento delle operazioni elettorali, hanno e devono avere una loro autonomia formale e si contraddistinguono per la loro separatezza documentale che, quando pure destinati a raccogliere le numerose firme dei sottoscrittori di una identica lista, impone, per loro stessa funzione, che le formalità dell’autenticazione siano osservate per ciascuno di essi.

7.3. Orbene da quanto esposto appare evidente che le sottoscrizioni – sia quelle contenute nel c.d. modello base che in quello integrativo – dovevano essere necessariamente autenticate con la sottoscrizione da parte del pubblico ufficiale da apporsi in calce, separatamente, all’uno e all’altro documento, per assicurare la distinta e certa provenienza da parte delle sottoscrizioni contenute nell’uno e nell’altro modello, e la circostanza che il c.d. modello base rechi, in calce, il luogo, la data, il timbro del Comune di (omissis) e quello personale del segretario comunale – senza essere seguiti dalla sua firma – sta a dimostrare, diversamente da quanto assume l’appellante, che la mancata apposizione della sottoscrizione da parte di questi non solo fosse necessaria, ma sia mancata, evidentemente, per una svista o un errore di valutazione che, per quanto non imputabile ai presentatori e ai sottoscrittori della lista, non è tuttavia sanabile, per le ragioni sopra dette, con dichiarazione postuma dello stesso segretario comunale.

7.4. Non ha infatti alcun rilievo, proprio in virtù di quanto sin qui chiarito, il convincimento, espresso dal segretario comunale nella dichiarazione postuma del 13 maggio 2017, di “aver apposto sul primo modello luogo, data e timbro tondo del Comune e lineare del sottoscritto Segretario Generale e di aver apposto la firma (oltre alla indicazione del luogo e dei timbri del Comune e personale) solo sul secondo modello (quello “integrativo”) ritenendo che la sottoscrizione di quest’ultimo andasse a ricomprendere l’autenticazione di tutti i sessanta presentatori, il cui numero complessivo – si ripete – è indicato nella prima pagina del modello “base” “.

7.5. Tale convincimento, oltre che irrilevante per le ragioni sopra dette ai fini della validità dell’autenticazione i cui elementi essenziali non possono essere integrati aliunde, è peraltro erroneo, perché la distinta sottoscrizione dei singoli modelli – quello “base” e quello “aggiuntivo” – è finalizzata a garantire la certezza legale delle firme apposte su ogni singolo modulo che raccoglie le sottoscrizioni, non essendo ammissibile un’unica firma sul secondo modello e valevole anche per il primo.

7.6. Ciò ad evitare, peraltro, l’eventualità che un modello contenente firme non regolarmente sottoscritto dal pubblico ufficiale autenticatore e, dunque, non preceduto dal rigoroso controllo circa la loro genuinità e provenienza sia presentato insieme con altro, invece, regolarmente sottoscritto, e il conseguente rischio che, in questo modo, siano aggirate le formalità intese proprio a garantire certezza e genuinità alla presentazione delle liste, momento centrale nella vita democratica di un ordinamento.

8. Poiché detta sottoscrizione del pubblico ufficiale autenticatore è mancata in calce al c.d. modello base, contenente le 36 firme dei presentatori di lista, con conseguente invalidità di dette sottoscrizioni, legittimamente la prima sottocommissione elettorale circondariale di Catanzaro, con il verbale n. 40 del 13 maggio 2017, ha determinato la ricusazione della lista, essendo insufficiente per la regolare presentazione della lista stessa, rispetto al numero di 30 richiesto per detto Comune, il restante numero di 24 sottoscrittori.

9. In conclusione, per le ragioni esposte, il Collegio ritiene che l’appello di An. Ar. debba essere respinto, con conferma della sentenza qui impugnata.

10. Non vi è luogo a provvedere sulle spese del presente grado di giudizio, non essendosi costituiti né l’Amministrazione appellata né i rappresentati della lista controinteressata.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto da An. Ar., lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata e, con essa, il verbale n. 40 del 13 maggio 2017 della prima sottocommissione elettorale circondariale di Catanzaro, recante l’esclusione della lista “Sa.”.

Nulla sulle spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 22 maggio 2017, con l’intervento dei magistrati:

Marco Lipari – Presidente

Umberto Realfonzo – Consigliere

Lydia Ada Orsola Spiezia – Consigliere

Massimiliano Noccelli – Consigliere, Estensore

Pierfrancesco Ungari – Consigliere

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