Palazzo-Spada

Consiglio di Stato

sezione III

sentenza 21 aprile 2015, n. 2023

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL CONSIGLIO DI STATO

IN SEDE GIURISDIZIONALE

SEZIONE TERZA

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10493 del 2014, proposto da:

Gi.Vi., rappresentato e difeso dall’avv. Fr.Ve., con domicilio eletto presso Si.Bo. in Roma, viale (…);

contro

Regione Basilicata, rappresentato e difeso dall’avv. Faustina Demuro, con domicilio eletto presso . Ufficio Regione Basilicata in Roma, Via (…);

Agea-Agenzia Per Le Erogazioni in Agricoltura, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via (…);

Agenzia della Regione Basilicata Per Le Erogazioni in Agricoltura (Arbea);

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. BASILICATA – POTENZA: SEZIONE I n. 00527/2014, resa tra le parti, che ha dichiarato il difetto di giurisdizione – revoca contributi agricoli e recupero somme

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Basilicata e di Agea-Agenzia Per Le Erogazioni in Agricoltura;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 26 marzo 2015 il Pres. Pier Giorgio Lignani e uditi per le parti gli avvocati Ad. ed altri;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Il presente contenzioso concerne un provvedimento della Regione Basilicata, Dipartimento Agricoltura, del 21 novembre 2013, con il quale l’attuale appellante è stato dichiarato decaduto dai benefici concessigli in applicazione del Regolamento CE 1698/2005, Misura F, “ritiro ventennale dei seminativi dalla produzione”. Contestualmente è stato disposto il recupero, a carico dell’interessato, delle somme indebitamente percepite per le annualità dal 1994 al 2010.

L’interessato ha impugnato il provvedimento davanti al T.A.R. Basilicata (R.G. 297/2014). Si sono costituite la Regione Basilicata, l’ARBEA (Agenzia della Regione Basilicata per le erogazioni in agricoltura) e l’AGEA (Agenzia statale per le erogazioni in agricoltura) eccependo, fra l’altro. il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.

2. Con sentenza n. 527/2014, il T.A.R. ha accolto l’eccezione di difetto di giurisdizione, richiamando la giurisprudenza consolidata in materia, con particolare riferimento alla decisione n. 6/2014 dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato.

3. Il soggetto già ricorrente in primo grado propone appello contro la sentenza, sostenendo che la controversia rientra, invece, nella giurisdizione del giudice amministrativo.

Si è costituita l’amministrazione statale A.G.E.A., opponendosi all’appello.

4. Questo Collegio ritiene che la sentenza debba essere confermata.

4.1. In linea di principio, è noto l’orientamento consolidato della Corte di Cassazione (recepito anche dal Consiglio di Stato, da ultimo con la decisione n. 6/2014 dell’Adunanza Plenaria) secondo il quale in materia di aiuti comunitari all’agricoltura e benefici analoghi e con riferimento al problema della giurisdizione si deve distinguere tra la fase amministrativa della concessione del contributo e la fase successiva durante la quale le due parti debbono adempiere i rispettivi obblighi: la pubblica amministrazione l’obbligo di erogare il contributo stabilito, il beneficiario l’obbligo di eseguire integralmente gli impegni assunti a pena di decadenza dal beneficio e di restituzione di tutto quanto già percepito.

Nella prima fase, la posizione giuridica dell’agricoltore è di interesse legittimo; nella seconda di diritto soggettivo. Ne consegue che quando l’amministrazione contesta all’interessato l’inadempimento degli obblighi, e di conseguenza lo dichiara decaduto dal beneficio con obbligo di restituzione, il rimedio a disposizione dell’interessato è un’azione davanti al giudice ordinario, non l’impugnazione davanti al giudice amministrativo.

4.2. Nel caso in esame, il provvedimento impugnato è motivato con la considerazione che in sede di verifica è stato accertato che la superficie effettivamente ritirata dalla coltivazione era notevolmente inferiore a quella dichiarata ed alla quale era stato commisurato il premio.

Si tratta dunque – secondo la tesi dell’autorità competente – di una inadempienza rispetto all’impegno assunto dal coltivatore.

Non per questo la tutela giuridica del coltivatore è sminuita; ma il giudice appropriato della controversia è quello ordinario, davanti al quale il giudizio dovrà essere riassunto.

5. In conclusione, l’appello deve essere respinto. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) rigetta l’appello. Condanna l’appellante al pagamento delle spese legali in favore delle due controparti costituite, liquidandole nella misura di euro 800 per ciascuna, oltre agli accessori dovuti per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 marzo 2015 con l’intervento dei magistrati:

Pier Giorgio Lignani – Presidente, Estensore

Bruno Rosario Polito – Consigliere

Vittorio Stelo – Consigliere

Angelica Dell’Utri – Consigliere

Roberto Capuzzi – Consigliere

Depositata in Segreteria il 21 aprile 2015.

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