Palazzo-Spada

Consiglio di Stato

sezione III

sentenza 2 ottobre 2015, n. 4613

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL CONSIGLIO DI STATO

IN SEDE GIURISDIZIONALE

SEZIONE TERZA

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2597 del 2010, proposto da Co.Lo., rappresentato e difeso dall’avv. Lu.Ia., con domicilio eletto presso lo stesso in Roma, Via (…);

contro

– Comune di Caserta, non costituitosi in giudizio;

– Azienda Sanitaria Locale Caserta, n. 1, rappresentata e difesa dall’avv. In.Mi., con domicilio eletto presso In.Mi. in Roma, Via (…);

nei confronti di

Clinica S. Lu. Srl; Cl.Lu.; Associazione gli Am.; Cittadinanza Attiva – Tribunale per i diritti del malato, non costituitisi in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI: SEZIONE I n. 04445/2009, resa tra le parti, concernente interruzione attività casa di cura clinica Sa. di Caserta (risarcimento danni)

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’ Azienda Sanitaria Locale Caserta, n. 1;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 2 luglio 2015 il consigliere Bruno Rosario Polito e uditi per le parti gli avvocati Ia. ed altri;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso proposto avanti al T.A.R. per la Campania il prof. Co.Lo., nella qualità di medico in rapporto convenzionale con la Clinica Sa. s.r.l., operante in Caserta, nonché socio e presidente del Consiglio di amministrazione della compagine sociale, impugnava, per dedotti motivi di violazione di legge ed eccesso di potere in diversi profili l’ ordinanza del Sindaco de Comune di Caserta prot. 111201 del 20 novembre 07, con la quale era disposta l’interruzione dell’attività di cura e di assistenza della clinica predetta per perdita dei requisiti prescritti con l’autorizzazione all’apertura, unitamente ad atti preordinati, tra i quali i verbali e le note redatti a cura dell’apposita Commissione dell’A.S.L. CE 1, nonché ogni altro atto connesso e consequenziale.

Con sentenza n. 4445 del 2009 il T.A.R. adito riteneva, in via preliminare, ammissibile l’intervento ad opponendum del sig. Lu. Cl. e delle associazioni gli Am. – Tribunale per i diritti del malato e, nel merito, respingeva il ricorso.

Appella il dott. Lo. che ha, in rito, eccepito l’inammissibilità dell’intervento ad opponendum spiegato in prime cure dalle parti anzidette e, nel merito, ha contrastato le conclusioni del T.A.R. ed insistito nei motivi di legittimità articolati in prime cure e nella domanda risarcitoria.

Resiste la A.S.L. Caserta, già A.S.L. Caserta 1, che ha eccepito l’inammissibilità dell’appello per difetto di interesse del prof. Lo., nonché la sopravvenuta improcedibilità del mezzo di gravame per la definitiva interruzione dell’attività della Clinica Sa. e per la cessazione del rapporto di provvisorio accreditamento. Nel merito ha contraddetto i motivi di impugnativa e chiesto al conferma della sentenza impugnata.

Con memoria depositata il 10 giugno 2015 il prof. Lo. ha replicato alle deduzioni della A.S.L. Caserta.

All’udienza del 2 luglio 2015 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

2. L’infondatezza nel merito dell’appello esime il collegio dall’esame delle eccezioni di inammissibilità e improcedibilità dell’impugnativa formulate dalla resistente A.S.L. Caserta, mentre l’intervento ad opponendum spiegato in prime cure dal sig. Cl.Lu. e dalle associazioni indicate in epigrafe – diversamente da quanto eccepito dall’appellante – va riconosciuto ammissibile, in presenza di un interesse di fatto dipendente da quello azionato in via principale e ad esso accessorio, che si identifica nel mantenimento del provvedimento impugnato finalizzato a garantire la corretta erogazione delle prestazioni sanitarie da parte di una struttura privata a ciò abilitata da cui può trarre vantaggio ogni potenziale utente del servizio (cfr. ex multis Cons. St., sez. IV, n. 3162 del 23 giugno 2015; sez. V, n. 1669 dell’ 8 aprile 2014).

3. Con un primo ordine argomentativo l’appellante censura la sentenza impugnata per avere il T.A.R. invertito l’ordine logico delle censure, anteponendo l’esame della regolarità formale dell’atto, in relazione all’ obbligo di comunicazione dell’ avvio del procedimento, rispetto alla qualificazione sostanziale del potere esercitato.

Osserva il collegio che, in assenza di una specifica graduazione o deduzione con vincolo di subordinazione dei motivi da parte del ricorrente, spetta al giudice la determinazione dell’ordine di trattazione, salvi i vizi di incompetenza, o di radicale assenza di un presupposto per l’esercizio del potere amministrativo (mancanza della proposta o di un parere obbligatorio vincolante), che esplicano radicale e assoluto effetto impeditivo dell’adozione del provvedimento (cfr. A.P. n. 15 del 27 aprile 2015).

Nel caso di specie la censura di violazione dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990 è stata dal dott. Lo. sviluppata nell’ambito del primo motivo di impugnativa avanti al T.A.R.

La doglianza è stata respinta con una motivazione che dà rilievo alla conoscenza da parte della Clinica Sa. dell’attività istruttoria svolta dalla A.S.L. in ordine all’idoneità strutturale della stessa, sfociata in un ordine di adeguamento, circostanze riconosciute dal primo giudice come idonee ad escludere la necessità di una formale comunicazione del preavviso di emissione dell’ordine di chiusura.

Si tratta di motivazione che – in quanto riferita alla fase istruttoria del procedimento ed alla partecipazione allo stesso del destinatario del provvedimento finale – non resta condizionata, sul piano logico e diacronico, dalla qualificazione del potere esercitato, sia esso riferibile all’ art. 50 del t.u. n. 267 del 2000, ovvero all’art. 193 del r.d. n. 1265 del 1934.

3.1. Contrariamente a quanto argomentato dall’appellante il T.A.R. non ha identificato la natura del provvedimento impugnato il base ad elementi non riconducibili al contenuto dello stesso.

Il provvedimento del Sindaco di Caserta richiama nella premesse sia l’art. 193 del r.d. n. 1265 del 1934, sia l’art. 50 del t.u. n. 267 del 2000.

E’ noto che l’art. 193 assegna al Sindaco il potere autorizzatorio in ordine all’apertura ed esercizio di ambulatori, case e istituti di cura, gabinetti di analisi ed altre strutture di assistenza e di cura, oltreché di controllo. Indipendentemente da ogni disamina sull’esistenza di un’urgenza qualificata che possa avere dato ingresso all’esercizio del potere di ordinanza previsto dall’art. 50 del t.u. n. 267 del 2000, l’atto impugnato trova in ogni caso sostegno – in presenza di una pluralità di ragioni giustificative – nel generale potere di controllo del Sindaco sulle strutture sanitarie operanti nel territorio e correttamente il primo giudice a dato rilevo a tale ultima condizione anche alla luce del principio di conservazione dei valori giuridici.

3.2. L’appellante rinnova il motivo, non esaminato dal T.A.R., con il quale si lamenta il mancato intervento nel procedimento della Regione.

Osserva il collegio che l’art. 193 del r.d. n. 1265 del 1934 riconduce il via autonoma al Sindaco il controllo sulle condizioni di igienicità e di idoneità strutturale dei presidi sanitari operanti nel territorio comunale che, ove riconosciute carenti, non richiedono ai fini dell’adozione di misure di revoca o di sospensione del titolo autorizzatorio l’intervento in funzione provvedimentale o consultiva della Regione.

In ogni caso l’ Autorità regionale ha partecipato ed interloquito nel procedimento conclusosi con l’atto impugnato a mezzo del Dipartimento di prevenzione Regione Campania dell’ A.S.L. Caserta 1 (che è organo della Regione) rassegnando le conclusioni istruttorie con le quali è dato atto che non risultano completati gli interventi previsti dal programma di adeguamento e pertanto la struttura non risulta allo stato soddisfare i requisiti strutturali previsti dalle D.R.G.C. n. 3958/01 e 7301/O1, pur a termini scaduti.

3.3. In contrario alle conclusioni del primo giudice l’appellante sostiene che il provvedimento di inibitoria dell’esercizio della casa di cura non poteva essere adottato alla data del 12 novembre 2007, essendo ancora pendente il termine per la presentazione della domanda di accreditamento, in scadenza al 1° marzo 2008, secondo quanto previsto dal regolamento regionale approvato il 31 maggio 2007, con riflesso quindi anche sul possesso dei requisiti minimi per conseguire l’autorizzazione sanitaria.

Il primo giudice ha al riguardo correttamente posto in rilievo la diversità fra il procedimento di accreditamento (volto ad includere in virtù di atto concessorio e in base alla valutazione del fabbisogno del servizio sanitario regionale la struttura privata fra i soggetti abilitati a rendere prestazioni di assistenza e cura nei limiti di un prefigurati budget di spesa) rispetto al procedimento autorizzatorio all’apertura di case di cura, ambulatori ed altro, chiamati ad operare in un ambito privatistico, che assume a riferimento sul piano oggettivo le caratteristiche strutturali e tecniche del presidio sanitario. Segue che non possono trovare applicazione in via analogico/estensiva a tale ultima procedura disposizioni che, con carattere di specialità e con più stringente disciplina, stabiliscono i requisiti per lo svolgimento dell’attività sanitaria in un ambito pubblicistico e con onere di spesa a carico del servizio sanitario regionale.

3.4. Il motivo con il quale si assume che – in linea con quanto praticato dal altre amministrazioni sanitarie e quindi in parità di trattamento – non sarebbe stata concessa una proroga di 180 giorni del termine ultimo del 30 aprile 2007 per l’adeguamento ai requisiti minimi della strutture sanitarie e/o socio sanitarie quale previsto dalla D.G.R.C. n. 1465 del 2006, va disatteso, perché formulato in via generica senza indicare i soggetti beneficiari dello slittamento del termine e senza introdurre quantomeno da un principio di prova sulle autorità che avrebbero provveduto nei sensi anzidetti.

3.5. Quanto all’ affermata insussistenza delle condizioni per l’adozione della misura impeditiva dell’esercizio della casa di cura, va osservato che la carenza di requisiti minimi per l’esercizio dell’attività autorizzata, accertata in sede istruttoria, investe plurimi aspetti dell’assetto strutturale delle casa di cura, che si riflettono sulle condizioni di adeguatezza e di igienicità delle prestazioni. La valutazione di merito tecnico che ha mosso all’ordine di chiusura non si configura, quindi, priva dei presupposti giustificativi, a fronte del puntuale e stringente quadro regolamentare sulle condizioni strutturali da cui devono essere assistiti i presidi sanitari contemplati dall’art. 193 del r.d. n. 1265 del 1934.

3.6. Circa la regolarità formale del procedimento conclusosi con il provvedimento impugnato al precedente punto 2.1 della motivazione si è già accennato al coinvolgimento della Clinica S. nell’attività istruttoria posta in essere dalla A.S.L. in applicazione delle D.G.R.C. n. 3958/01 e n. 7301/01, con piena cognizione in fatto di ogni possibile esito delle verifiche poste in essere. Inoltre, poiché alla stregua delle deduzioni del ricorrente e degli elementi forniti dall’ Amministrazione, il procedimento stesso non avrebbe avuto esito diverso, l’omesso avviso previsto dall’art. 7 della legge n. 241 del 1990 assume rilievo solo formale e, in base al principio di cui all’art. 21 octies della legge medesima, quale introdotto dall’art. 14 della legge n. 15/2005, non esplica effetti vizianti del provvedimento gravato che possano risolversi nel suo annullamento.

4. La riconosciuta legittimità dell’atto impugnato esclude ogni ipotizzato danno iniura datum e rende inammissibile la domanda risarcitoria formula dal ricorrente.

Per le considerazioni che precedono il ricorso va respinto.

Il relazione ai profili della controversia e trattandosi di contenzioso risalente nel tempo spese e onorari del giudizio possono essere compensati fra le parti.

 

P.Q.M.

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 luglio 2015 con l’intervento dei magistrati:

Pier Giorgio Lignani – Presidente

Bruno Rosario Polito – Consigliere, Estensore

Dante D’Alessio – Consigliere

Massimiliano Noccelli – Consigliere

Alessandro Palanza – Consigliere

Depositata in Segreteria il 2 ottobre 2015.

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