Il punto di equilibrio tra esigenze di riservatezza e trasparenza nell’ambito delle procedure di evidenza pubblica finalizzata alla stipula di contratti di appalto si rinviene nella disciplina di settore dettata dal dlgs 50/2016 (art. 53), la quale fa prevalere le esigenze di riservatezza degli offerenti durante la competizione, prevedendo un vero e proprio divieto di divulgazione, salvo ripristinare la fisiologica dinamica dell’accesso a procedura conclusa, con espressa eccezione per “le informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali”. Il riferimento al “segreto” commerciale, più rigoroso e stringente dell’art. 24 della l. n. 241/1990, che invece parla di “riservatezza” commerciale, si spiega in relazione allo specifico contesto dell’evidenza pubblica nell’ambito del quale si svolge una vera e proprio competizione governata dal principio di concorrenza e da quello di pari trattamento che ne costituisce il corollario endoconcorsuale. Essendo la gara basata sulla convenienza dell’offerta economica è chiaro che le condizioni alle quali essa è aggiudicata, ed il relativo contratto è stipulato, costituiscono la prova ed il riscontro della corretta conduzione delle competizione fra gli offerenti, ragion per cui nessuna esigenza di riservatezza potrà essere tale da sottrarre all’accesso i dati economici che non siano così inestricabilmente avvinti a quelli tecnici da costituire parte di un segreto industriale. Al di fuori dunque della procedura di evidenza pubblica o di procedura analoga (tale da consentire il ricorso alla analogia legis), si può concludere per l’applicabilità del generale disposto di cui all’art. 24 comma 6 lett.d) che fornisce tutela alla “riservatezza” commerciale, senza ulteriori specificazioni. In altri termini non v’è una norma che direttamente o indirettamente vieti, chiaramente e nettamente, la stipula di accordi di riservatezza in relazione agli interessi commerciali di un’impresa
Consiglio di Stato
sezione III
sentenza 17 marzo 2017, n. 1213
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10086 del 2016, proposto da:
Agenzia Italiana del Farmaco – AIFA, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
Ab. Srl a Socio Unico, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati An. Li.(C.F. (omissis)), Ci. Gu. (C.F. (omissis)), con domicilio eletto presso & Pa. Gi. ed altri, in Roma, via (…);
nei confronti di
Gi. Sc. Srl, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Di. Va.(C.F. (omissis)), Cr. Os. (C.F. (omissis)), con domicilio eletto presso Di. Va. in Roma, (…);
sul ricorso numero di registro generale 9961 del 2016, proposto da:
Ab. Srl a Socio Unico, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati An. Li.(C.F. (omissis)), Ci. Gu.(C.F. (omissis)), con domicilio eletto presso & Pa. Gi. ed altri, in Roma, via (…);
contro
Agenzia del Farmaco, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Ministero della Salute, non costituito in giudizio;
nei confronti di
Gi. Sc. Srl, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Cr. Os. (C.F. (omissis)), Di. Va.(C.F. (omissis)), con domicilio eletto presso Di. Va. in Roma, (…);
sul ricorso numero di registro generale 9921 del 2016, proposto da:
Gi. Sc. Srl, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Di. Va.C.F. (omissis), Cr. Os. C.F. (omissis), con domicilio eletto presso Di. Va. in Roma, (…);
contro
Ab. Srl, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati An. Li. C.F. (omissis), Ci. Gu. C.F. (omissis), con domicilio eletto presso Gr.&Pa.Studio Legale Gi., Or., in Roma, via (…);
nei confronti di
Aifa-Agenzia Italiana del Farmaco, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Ministero della Salute non costituito in giudizio;
per la riforma
quanto a tutti e tre i ricorsi:
della sentenza breve del T.a.r. Lazio – Roma – Sezione III Quater, n. 11819/2016, resa tra le parti, concernente accesso agli atti relativi alla stipula dell’accordo prezzo volume relativo a farmaci So. e Ha. autorizzati per il per il trattamento dell’epatite C.
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ab. Srl a Socio Unico, di Gi. Sc. Srl e dell’Agenzia Italiana del Farmaco;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 23 febbraio 2017 il Cons. Giulio Veltri e uditi per le parti gli avvocati An. Li., Di. Va., Cr. Os. e l’avvocato dello Stato Ma. Ru.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
L’Agenzia Italiano del Farmaco -AIFA – e la Gi. Sc. S.p.A. hanno proposto appello per la riforma della sentenza depositata dal TAR Lazio, sez. III quater, in data 25 novembre 2016, n. 11819, con la quale è stato accolto in parte un ricorso proposto dalla Ab. S.r.l. avverso il diniego opposto dall’AIFA sull’istanza di accesso da essa presentata con riferimento agli atti inerenti al procedimento che ha condotto alla stipula tra l’AIFA e la Gi. Sc., in data 29 gennaio 2015, dell’accordo sulla rimborsabilità e il prezzo relativo ai farmaci So. e Ha..
Analogo appello è stato proposto dalla Ab. S.r.l. al fine di ottenere un accesso integrale e non solo parziale agli atti.
Questi i fatti:
La Gi. Sc. s.r.l. produce il farmaco So., a base del principio attivo sofosbuvir che è attualmente l’unico prodotto rimborsato in Italia ad essere indicato nel trattamento di tutti i genotipi (da 1 a 6) dell’epatite C cronica; produce altresì il farmaco Ha., che aggiunge al principio attivo Sofosbuvir anche il Ledipasvir, e che risulta anch’esso indicato nel trattamento dell’epatite C cronica, per i genotipi di tipo 1, 3 e 4.
Si tratta di medicinali innovativi in grado di eradicare completamente il virus che genera la grave malattia in questione, precedentemente considerata cronica.
Per la cessione dei suddetti farmaci al SSN, la Gi. ha svolto contrattazione con l’AIFA – Agenzia Italiana del Farmaco, ai sensi di quanto previsto dall’art. 48, comma 33, del d.l. n. 269/2003, conv. in legge 326/2003, il quale stabilisce che “i prezzi dei prodotti rimborsati dal SSN sono determinati mediante contrattazione tra Agenzia e Produttori secondo le modalità e i criteri indicati nella Delibera CIPE r febbraio 2001, n. 3, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 73 del 28 marzo 2001”, deliberazione quest’ultima, che a sua volta disciplina dettagliatamente i “criteri per la contrattazione del prezzo dei farmaci”, prevedendo espressamente che, tra le condizioni negoziali di cessione del farmaco alle strutture del SSN, si possa fare riferimento ai “volumi di vendita”, si possano pattuire “sconti per le forniture agli ospedali e alle strutture sanitarie pubbliche” e si possa fare riferimento ai “volumi e i prezzi di altri medicinali della stessa impresa”.
Pertanto l’AIFA e la Gi. hanno concluso in data 29 gennaio 2015 un accordo negoziale per la cessione al SSN dei farmaci So. e Ha. nel quale hanno inserito – come del resto sovente accade negli accordi sottoscritti tra AIFA e le aziende farmaceutiche ex art. 48, comma 33, di. cit. – un meccanismo di sconto denominato prezzo/volume, in applicazione del quale, in buona sostanza, il prezzo di rimborso dei suddetti medicinali è stato assoggettato a percentuali di sconto sempre crescenti quanti più pazienti vengono trattati. L’accordo per la rimborsabilità dei suddetti farmaci, scaduto in data 18 giugno 2016, continua allo stato a rimanere operativo nelle more della stipula di un nuovo accordo tra l’AIFA e la Gi., per il quale è tuttora in corso una formale rinegoziazione, ai sensi di quanto previsto dal punto 7 della citata delibera CIPE n. 3/2001.
In data 10 giugno 2016, nel corso dunque della citata rinegoziazione, la ricorrente Ab. S.r.l. ha presentato all’AIFA un’istanza di accesso “agli atti negoziali che hanno portato alla stipula del suddetto accordo di rimborsabilità a carico del SSN delle specialità medicinali So. e Ha.” motivandola sulla base di un pretesa legittimazione discendente dall’essere essa un’azienda farmaceutica che commercializza in Italia una terapia per il trattamento dell’epatite C “concorrente di Ha.”, nonché adducendo presunte criticità di natura concorrenziale riscontrabili nell’accordo di rimborsabilità concluso tra l’AIFA e la Gi..
Con nota prot. n. AL/68272.P del 30 giugno 2016, tuttavia, l’AIFA ha opposto diniego all’istanza presentata dalla ricorrente, rilevando, in sintesi:
1. Il carattere strettamente riservato dell’accordo, in ragione dell’impegno contrattuale assunto dalle parti a non diffonderne i termini dell’accordo in questione (esattamente come avvenuto in occasione della sottoscrizione dell’accordo negoziale dei farmaci Vi. ed Ex. di cui è titolare dell’A.I.C. proprio la società Ab.);
2. la ricorrenza della condizione ostativa all’accesso di cui all’art. 24, comma 6, della legge n. 241/1990, stante il carattere riservato della documentazione richiesta;
3. il carattere bilaterale e strettamente riservato dell’accordo, implicante di per sé l’esclusione di terzi estranei dalla partecipazione;
4. la considerazione del fatto che il medicinale So. è attualmente l’unico farmaco autorizzato per il trattamento senza interferone di tutti i genotipi di epatite C cronica, ragion per cui la Gi. Sc. s.r.l., avendo sviluppato per prima tale medicinale, è stata anche la prima (ed attualmente l’unica) ad “entrare” nel relativo mercato rilevante.
Il TAR ha accolto in parte il ricorso ed ha riconosciuto alla Ab. S.r.l. il diritto ad ottenere solo un parziale accesso agli atti da essa richiesti, così delimitandolo:
1.dovrà essere dato accesso solo agli atti relativi al procedimento riguardante l’Ha. e non anche quelli inerenti al So., in quanto solo il primo e non anche il secondo è stato riconosciuto essere in concorrenza con i prodotti Vi. ed Ex. di cui la richiedente è titolare dell’AIC;
2.non dovrà essere dato accesso, in ogni caso, neppure per Ha. a quelle parti dei documenti richiesti nelle quali vi siano riferimenti ai “dati di cui all’art. 6 della delibera CIPE che intervengono nel procedimento di determinazione del prezzo”, che sarebbero – si trae sempre dalla sentenza impugnata – tra gli altri, quelli contenuti nelle proposte di prezzo corredate “con adeguate valutazioni economiche del prodotto e del contesto industriale (con riferimento agli investimenti in produzione, ricerca e sviluppo e alle esportazioni) di mercato e di concorrenza nel quale il medesimo prodotto si colloca”, poiché questi, “siccome si riferiscono alla posizione sul mercato della Gi. e fanno riferimento a strategie di produzione o a know how particolari”, ad avviso del TAR “possono rientrare nei casi di esclusione di cui al Regolamento AIFA sull’accesso”.
Avverso la sentenza, come accennato in premessa, hanno proposto appello tutti i protagonisti della vicenda.
Tutte le cause sono state trattenute in decisione all’udienza camerali del 23 febbraio 2017. Per le cause chiamate per la delibazione della domanda cautelare, il Collegio ha dato avviso della possibile decisione nel merito, in forma semplificata.
DIRITTO
1.Per gli appellanti, AIFA e Gi., la sentenza sarebbe erronea innanzitutto nella parte in cui è concesso “l’accesso alla documentazione relativa al farmaco Ha. prodotto da Gi…. mentre non potrà concederlo in relazione al farmaco So. frutto di un brevetto di cui la stessa è titolare”, atteso che: a) l’esistenza di una protezione brevettuale non sarebbe rilevante ai fini dell’accesso ad atti che nulla avrebbero a che vedere con la negoziazione sul prezzo; b) in ogni caso la Gi. è titolare di brevetto anche con riferimento ad Ha., sicché – se questa è la ragione giustificatrice dell’esclusione dal diritto di accesso – non sarebbe dato comprendere le ragione del discrimen fra i due farmaci ai fini dell’accesso.
1.1.Il giudice di prime cure avrebbe altresì omesso di valutare il tema della riservatezza del documento del quale Ab. intende ottenere l’esibizione, e di tutti quelli che l’hanno preceduto ai fini della sua formazione. Esigenza di riservatezza che, infatti, AIFA aveva posto a base del diniego opposto alla richiesta di accesso, in quanto protetto da apposito clausola dell’accordo stipulato all’esito della negoziazione. Del resto, secondo gli appellanti, la riservatezza commerciale costituisce legittima causa di esclusione dell’accesso ai sensi dell’art. 24, comma 6 della 1. n. 241/1990, ed anche del regolamento AIFA, e la clausola di riservatezza sarebbe proprio lo strumento concordemente utilizzato dalle parti per evidenziare la natura sensibile del documento a tali fini.
1.2.L’esigenza di riservatezza sarebbe vieppiù rinforzata, nel caso di specie, anche dal concomitante interesse pubblico ad ottenere un prezzo più basso ed a limitare il fenomeno delle esportazioni parallele, che verrebbero certamente favorite dalla conoscenza del prezzo finale di cessione: il farmaco verrebbe infatti acquistato per essere rivenduto all’estero ad un prezzo maggiore, così consentendo all’esportatore di lucrare sulla differenza, con l’ulteriore rischio – già concretizzatosi in passato – di determinare indisponibilità del farmaco in Italia, a tutto discapito dei pazienti.
1.3.La sentenza sarebbe, ad ogni modo, erronea anche nella parte in cui ha ritenuto sussistente la situazione legittimante l’esercizio del diritto di accesso agli atti del procedimento di contrattazione del prezzo e delle altre condizioni di rimborso di specialità medicinali commercializzate da altra azienda farmaceutica operante sul mercato italiano, atteso che dall’accordo non sarebbe derivato né potrebbe derivare uno svantaggio concorrenziale per Ab. rispetto alla Gi..
2. Per Ab. S.r.l., per converso, la sentenza sarebbe erronea innanzitutto nella parte in cui ha escluso l’ostensibilità della documentazione relativa al farmaco So.. Il TAR – nell’esegesi che della pronuncia ne dà l’appellante- ha inteso fondare l’esclusione dell’accesso sul fatto che, essendo il So. l’unico farmaco pan-genotipico disponibile sul mercato, e quindi il solo deputato al trattamento di quattro dei sei diversi genotipi di epatite C cronica (segnatamente, i genotipi 2, 3, 5 e 6), non è rinvenibile una situazione di concorrenza diretta con la terapia commercializzata da Ab. (e indicata per il trattamento dei genotipi 1 e 4).
Le conclusioni cui giunge il TAR sarebbero tuttavia errate, posto che per effetto del meccanismo di sconti previsto nell’Accordo Gi. – che consente di cumulare le vendite di entrambi i farmaci ai fini del raggiungimento dei successivi scaglioni di pazienti trattati e quindi dell’applicazione dei crescenti livelli di sconto ad essi collegati – Ab., pur avendo anch’essa stipulato con AIFA un accordo prezzo-volume relativo alla propria terapia anti-epatite C, si troverebbe in una situazione di strutturale e insuperabile svantaggio concorrenziale. Ciò perché, ai fini del raggiungimento dei propri scaglioni di pazienti e quindi dell’incentivo all’acquisto del proprio farmaco da parte delle strutture ospedaliere pubbliche, Gi. potrebbe contare su un effetto di fidelizzazione scaturente dall’infungibilità del So. (unico farmaco attualmente autorizzato e rimborsato per il trattamento dei genotipi 2, 3, 5 e 6), che, gioco forza, trainerebbe anche il secondo farmaco Ha., con conseguente abuso di posizione dominante.
Ne deriverebbe che la struttura dell’Accordo Gi. (applicato attualmente in regime di proroga), sarebbe tale da pregiudicare la posizione sul mercato di Ab. ledendo la legittima aspirazione della stessa a concorrere in situazioni di parità ed imparzialità. In questo contesto, la circostanza che il trattamento di Ab. non sia direttamente concorrente di So. (ma solo di Ha.) sarebbe del tutto indifferente ai fini che interessano, in quanto la legittimazione e l’interesse di Ab. trarrebbero origine proprio dal fatto che l’AIFA ha incluso all’interno dello stesso meccanismo prezzo-volume due farmaci che invece andavano tenuti nettamente distinti sia perché rivolti a mercati differenti, sia perché l’uno è commercializzato in regime di monopolio e l’altro no.
2.1.La sentenza sarebbe altresì erronea sia nella parte in cui, pur accordando l’accesso alla documentazione di Ha., ha rimesso all’AIFA di valutare la sussistenza di eventuali limitazioni “in relazione alla specifica causa di esclusione indicata dall’art. 18, comma 2 del Regolamento sull’accesso”, sia nella parte in cui ha ricondotto a tale causa di esclusione “i dati di cui all’art. 6 della delibera CIPE e che intervengono nel procedimento di determinazione del prezzo, siccome riferiti alla posizione sul mercato della Gi. e facenti riferimento a strategie di produzione o a know how particolari”.
Nel caso di specie, secondo l’appellante non vi sarebbe alcuna esigenza di riservatezza legata alla produzione ed al know how atteso che il procedimento di negoziazione disciplinato dalla deliberazione CIPE n. 3 del 1° febbraio 2001 ha riferimento alle sole valutazioni economiche del prodotto e del contesto industriale di mercato e di concorrenza nel quale il medesimo prodotto si colloca.
3. LE VALUTAZIONI DEL COLLEGIO
3.1. Ovviamente i ricorsi devono essere riuniti vertendo sulla medesima sentenza.
3.2.Gli appelli di AIFA e di Gi. sono fondati.
3.3. E’ utile ricostruire il quadro normativo del quale si è fatto sintetico cenno in premessa.
L’art. 48, comma 33, del d.l. n. 269/2003, conv. in legge 326/2003, stabilisce che “i prezzi dei prodotti rimborsati dal SSN sono determinati mediante contrattazione tra Agenzia e Produttori secondo le modalità e i criteri indicati nella Delibera CIPE 1 febbraio 2001, n. 3, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 73 del 28 marzo 2001”.
3.4.Tale ultima delibera, a sua volta, detta analitiche disposizioni aventi ad oggetto i medicinali autorizzati all’immissione in commercio secondo le procedure centralizzate e di mutuo riconoscimento, e riguardanti in particolare il procedimento di contrattazione del prezzo di medicinali idonei all’inclusione nella lista dei medicinali rimborsabili dal Servizio sanitario nazionale. Nell’ambito di tale attività negoziata procedimentalizzata, è previsto che l’impresa farmaceutica proponga un prezzo sulla base di un documentato e circostanziato dossier alla luce di un criterio costo/efficacia per i pazienti; che l’amministrazione compia speculari valutazioni, anche attraverso l’ausilio di organi interni specializzati, al fine di una controproposta; che la procedura negoziale si concluda con un accordo tra le parti con la fissazione di un prezzo sulla base dei volumi di vendita, della disponibilità del prodotto per il Servizio sanitario, degli sconti per le forniture agli ospedali e alle strutture sanitarie pubbliche; del volumi e dei prezzi di altri medicinali della stessa impresa. E’ in particolare espressamente previsto che, in sede di definizione contrattuale possa essere definita una relazione funzionale tra prezzo e intervalli di variazione dei volumi di vendita.
3.5. L’accordo è un passaggio obbligatorio ed ineludibile, poiché, in mancanza, il prodotto è classificato nella fascia C di cui al comma 10, dell’art. 8, della legge del 24 dicembre 1993, n. 537.
3.6.Il prezzo contrattato rappresenta per gli ospedali e le ASL il prezzo massimo di cessione al Servizio sanitario nazionale. Su tale prezzo essi devono, in applicazione di proprie procedure, contrattare gli sconti commerciali.
3.7. Relativamente al segmento di mercato che transita attraverso il canale della distribuzione intermedia e finale, al prezzo ex-fabrica contrattato sono aggiunte, per la definizione del prezzo al pubblico, l’IVA e le quote di spettanza per la distribuzione (si vedano in proposito il comma 5 e seguenti dell’art. 1 della deliberazione citata).
4. Ciò chiarito, può da subito sgombrarsi il campo dai dubbi circa l’astratta accessibilità degli atti, in quanto formati nell’ambito di procedimento negoziale e non di un procedimento amministrativo.
4.1. A prescindere dalla sussumibilità dell’accordo nel quadro degli accordi sostitutivi di provvedimento ex art. 11 l. 241/90, o piuttosto in una vera e propria fattispecie contrattuale, la giurisprudenza di questo Consiglio, muovendo dal consolidato approdo secondo il quale la disciplina legale della ostensibilità dei documenti amministrativi pone anzitutto – sul piano oggettivo- un rapporto tra regola deponente per la generale accessibilità, ed eccezioni tassative e non estensibili, è giunta alla conclusione che in base alla disciplina contenuta negli artt. 22 e ss. L. n. 241 del 1990, il diritto di accesso può esercitarsi anche rispetto a documenti di natura privatistica purché concernenti attività di pubblico interesse. E del resto l’attività amministrativa, soggetta all’applicazione dei principi di imparzialità e di buon andamento, è configurabile non solo quando l’Amministrazione esercita pubbliche funzioni e poteri autoritativi, ma anche quando essa persegue le proprie finalità istituzionali e provvede alla cura concreta di pubblici interessi mediante un’attività sottoposta alla disciplina dei rapporti tra privati (ex multis, Cons. Stato Sez. IV, Sent., 28/01/2016, n. 326).
4.2. Sempre in via generale ed astratta, deve ritenersi sufficiente, ai fini dell’accesso, a mente dell’art. 22 della legge generale sul procedimento, “un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso”. Non occorre che sia instaurato, o in via di instaurazione, un giudizio, bastando la dimostrazione del grado di protezione che l’ordinamento accorda alla posizione base, ossia al bene della vita dal quale scaturisce l’interesse ostensivo. In altri termini, la legittimazione all’accesso agli atti della P.A. va riconosciuta a chiunque possa dimostrare che gli atti oggetto dell’accesso abbiano spiegato o siano idonei a spiegare effetti diretti o indiretti nei suoi confronti, indipendentemente dalla lesione di una posizione giuridica, stante l’autonomia del diritto di accesso, inteso come interesse ad un bene della vita distinto rispetto alla situazione legittimante all’impugnativa dell’atto (in tali termini, da ultimo Cons. Stato Sez. IV, 20-10-2016, n. 4372).
5. Applicando queste prime coordinate giurisprudenziali alla fattispecie in esame, non v’è dubbio che:
a) Ab. sia pacificamente legittimata a domandare l’accesso, essendo dimostrato che essa compete nel medesimo mercato di Gi. e risente economicamente dei risultati commerciali raggiungibili da quest’ultima in forza dell’accordo con AIFA ex art. 48, comma 33, del d.l. n. 269/2003. Non occorre indagare sulla possibilità di una effettiva lesione conseguente all’asserito abuso di una posizione dominante acquisita da Gi. a mezzo dell’accordo, poiché questa è questione che compete al giudice naturale della situazione giuridica di base.
b) gli atti del procedimento negoziale siano oggettivamente accessibili in quanto documenti amministrativi ricompresi nell’ambito di applicazione dell’art. 22 della legge generale del procedimento, a ciò non ostando la bilateralità dell’accordo.
5.1.Del resto, l’ordinamento conosce una specifica disciplina dell’accesso per i casi in cui l’attività dell’amministrazione si sostanzi nell’esperimento di una procedura, aperta, ristretta, ma anche negoziata (il superato istituto della “trattativa privata”), caratterizzata da un rigida inaccessibilità in pendenza della procedura, strumentale alla garanzia della leale competizione, e da una tendenziale accessibilità di tutti gli atti della serie negoziale, ad aggiudicazione avvenuta, salvo che in relazione ad alcuni specifici aspetti per i quali vengano in rilievo, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, “segreti tecnici o commerciali” (sul punto si veda l’attuale art 53 del d.lgs. 50/2016, ma già l’art. 13 del d.lgs. 163/2006).
6. Ciò che è peculiare e dirimente nel caso di specie – come condivisibilmente sottolineato da AIFA e da Gi. – è la pattuizione di una clausola di riservatezza.
6.1. Non v’è dubbio che, dal punto di vista giuridico, essa vincoli le parti dell’accordo, sempre che non si ponga in contrasto con norme imperative. E’ su quest’ultimo punto che il Collegio ritiene necessario soffermarsi.
6.2. Le norme “imperative” in tema di accesso qualificato (ossia sorretto da uno specifico interesse) ai documenti amministrativi sono contenute nel capo V della legge generale sul procedimento. La legge, pur chiarendo in via generale che “l’accesso ai documenti amministrativi, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, costituisce principio generale dell’attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l’imparzialità e la trasparenza” (art. 22 comma 2) e disponendo conseguentemente che “tutti i documenti amministrativi sono accessibili…..” ha cura di individuare alcune eccezioni in cui il diritto di accesso è escluso o può essere escluso (art. 22 comma 3 ed art. 24 l. cit.)
6.3. Qui rileva, in particolare, l’art. 24 comma 6 lett. d), a mente del quale, il diritto d’accesso può essere escluso “quando i documenti riguardino la vita privata o la riservatezza di persone fisiche, persone giuridiche, gruppi, imprese e associazioni, con particolare riferimento agli interessi epistolare, sanitario, professionale, finanziario, industriale e commerciale di cui siano in concreto titolari, ancorché i relativi dati siano forniti all’amministrazione dagli stessi soggetti cui si riferiscono”.
6.4. L’esigenza di riservatezza delle imprese in ordine all’interesse commerciale è dunque idoneo, in astratto, a giustificare esclusioni o limitazioni del diritto d’accesso. E’ evidente che deve trattarsi di esigenza oggettivamente apprezzabile, lecita e meritevole di tutela in quanto collegata a potenziali pregiudizi derivanti dalla divulgazione, secondo un nesso di proporzionalità.
7. Un punto di equilibrio tra esigenze di riservatezza e trasparenza nell’ambito delle procedure di evidenza pubblica finalizzata alla stipula di contratti di appalto si rinviene nella disciplina di settore dettata dal dlgs 50/2016, la quale fa prevalere le ovvie esigenze di riservatezza degli offerenti durante la competizione, prevedendo un vero e proprio divieto di divulgazione, salvo ripristinare la fisiologica dinamica dell’accesso a procedura conclusa, con espressa eccezione per “le informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali”.
Il riferimento al “segreto” commerciale, contenuto nell’art. 53, più rigoroso e stringente dell’art. 24 che invece parla di “riservatezza” commerciale, si spiega in relazione allo specifico contesto dell’evidenza pubblica nell’ambito del quale si svolge una vera e proprio competizione governata dal principio di concorrenza e da quello di pari trattamento che ne costituisce il corollario endoconcorsuale. Essendo la gara basata sulla convenienza dell’offerta economica è chiaro che le condizioni alle quali essa è aggiudicata, ed il relativo contratto è stipulato, costituiscono la prova ed il riscontro della corretta conduzione delle competizione fra gli offerenti, ragion per cui nessuna esigenza di riservatezza potrà essere tale da sottrarre all’accesso i dati economici che non siano così inestricabilmente avvinti a quelli tecnici da costituire parte di un segreto industriale.
8. Il contesto in cui si muovono i contendenti nella causa oggetto dell’odierno esame è però radicalmente diverso dal procedimento di evidenza pubblica.
8.1. La pubblica amministrazione, nel procedimento di negoziazione per la fissazione del prezzo dei farmaci coperti da brevetto, punta a perseguire contemporaneamente una pluralità di obiettivi, quali, da un lato, la salute della popolazione, il suo accesso effettivo ai farmaci, il contenimento della spesa farmaceutica, dall’altro il supporto alle aziende che investono in farmaci innovativi.
8.2. Questi obiettivi possono, e devono, invero, essere raggiunti (per gli acquisti da parte di enti del SSN) attraverso la competizione sui prezzi per il tramite di procedure di evidenza pubblica, qualora il segmento di mercato sia quello comprendente le specialità originali contenenti il principio attivo il cui brevetto è scaduto (i cosiddetti prodotti generici branded) e le specialità vendute con il nome del principio attivo (i cosiddetti generici unbranded).
8.3. Le procedure proconcorrenziali per converso non sono applicabili ed utili per il raggiungimento degli obiettivi sopra indicati, quando il segmento di riferimento è quello dei farmaci coperti da brevetto che hanno già ottenuto l’autorizzazione alla immissione in commercio e che richiedono di poter essere prescritti a carico del Servizio Sanitario Nazionale, sulla base di un prezzo di rimborso che tenga anche conto del loro potenziale terapeutico innovativo. In tale segmento non c’è concorrenza fra i produttori perché ci sono situazioni di monopolio, sia pur transitorie, legate alla protezione brevettuale, indi non v’è il presupposto logico per l’applicazione del principio della gara, e non v’è il presupposto economico per giustificarla, id est la tendenziale uguaglianza tra costo marginale e beneficio marginale per l’acquirente.
Infatti, da una lato il monopolista può portare il prezzo al di sopra del livello di equilibrio senza con ciò subire la sanzione da parte del mercato, come avverrebbe in un sistema competitivo, dall’altro il consumatore che ha un problema di salute potenzialmente risolvibile con un farmaco non è interessato a ricercare il punto di ottimo tra benefici e costi, e soprattutto – con specifico riferimento ai farmaci in fascia A rimborsabili -non è indotto a cercare il prodotto che minimizza i costi, poichè l’onere finanziario per l’acquisto è sostenuto dal Sistema sanitario pubblico sulla base di una decisione pubblica di protezione della salute collettiva.
8.2.In tale scenario, la soluzione predisposta da nostro ordinamento, fra le tante opzioni possibili, è stata quella di demandare all’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) – una volta che la Commissione Tecnica e Scientifica (CTS) ha valutato l’efficacia del farmaco – il compito di negoziare con l’azienda produttrice il prezzo finale. Il legislatore ha in proposito indicato, attraverso il rinvio statico alla deliberazione CIPE, i quattro parametri che AIFA deve tenere presente nella negoziazione: (i) i prezzi correnti negli altri Stati membri della UE; (ii) i prezzi dei prodotti simili in Italia; (iii) le previsioni di vendita sul mercato; (iv) il rapporto costo/efficacia.
9. Escluso dunque che, nel caso di specie, si tratti di una procedura di evidenza pubblica o di procedura analoga (tale da consentire il ricorso alla analogia legis), si può concludere per l’applicabilità del generale disposto di cui all’art. 24 comma 6 lett.d) che fornisce tutela alla “riservatezza” commerciale, senza ulteriori specificazioni. In altri termini non v’è una norma che direttamente o indirettamente vieti, chiaramente e nettamente, la stipula di accordi di riservatezza in relazione agli interessi commerciali di un’impresa.
10. La conclusione raggiunta in punto di validità della clausola, non esime tuttavia il collegio da un controllo di meritevolezza della stessa, avuto riguardo all’interesse al buon andamento ed imparzialità dell’amministrazione, parte dell’accordo.
10.1.L’amministrazione, nelle sue difese ha chiarito di aver prestato il consenso alla clausole poiché la riservatezza degli esiti della negoziazione sarebbe utile all’ottenimento di risparmi.
10.2. L’affermazione è sorretta da argomentazioni plausibili e comunque sufficienti a sorreggere un giudizio di meritevolezza della causa.
10.2.1.In effetti nelle situazioni in cui la concorrenza è rarefatta, la conoscenza delle condizioni economiche offerte dal concorrente attuale o potenziale costituisce elemento, utile per il soggetto che vuole entrare nel mercato, ad orientare la propria azione commerciale in modo da essere competitivo, nei soli e ristretti limiti in cui ciò sia utile ad eguagliare o sopravanzare l’avversario, senza troppo sacrificio per i margini di ricavo. L’apposizione della clausola di riservatezza operante nei rapporti tra imprese, consente invece al negoziatore pubblico di tenere celati i risultati economici raggiunti nella negoziazione – che ovviamente rimangono sempre utilizzabili quale parametro interno – e di “spuntare” tutti gli sconti che il produttore sia oggettivamente e soggettivamente in grado di concedere in base ai suoi costi ed alle sue aspettative di profitto. Cioè proprio quegli sconti che il produttore sarebbe restio a concedere se dovesse preparare anche una “difesa” successiva rispetto ad altro produttore che venisse a conoscenza dei proprio criteri per fissare il prezzo.
Ovviamente ciò pone un problema di controllabilità, che tuttavia esula dai limiti della quaestio iuris oggetto di specifico esame. Ciò che conta ai fini del giudizio è che la clausola, oltre che rispondere ad un interesse commerciale privato, persegua anche un concomitante interesse pubblico; e si è visto che tale condizione è sostenuta con plausibile argomentazione, in riferimento all’obiettivo perseguito da AIFA di ottenere prezzi più bassi per farmaci, di regola assai costosi, il cui onore è a carico del S.S.N.
La clausola è dunque da ritenere valida ed efficace.
11. Per quanto, in ragione di quanto sopra detto, la clausola sia valida e risponda ad interessi meritevoli di tutela – è nondimeno opportuno precisare che la stessa dev’essere interpretata ed eseguita in modo da non porsi in contrasto con le previsioni di legge, che antepongono l’esigenza di difesa in giudizio del concorrente, rispetto a quelle di riservatezza del contraente.
11.1.Sul punto è chiarissimo il tenore dell’art. 24 comma 7 della legge generale sul procedimento: “deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici”.
Ne deriva che la ove la conoscenza dei termini dell’accordo sia necessaria per la difesa in giudizio in ordine alla situazione giuridica di base, rispetto alla quale l’accesso è strumentale, la clausola di riservatezza non è mai opponibile.
11.2. Nel caso di specie, non risulta tuttavia, che Ab. abbia instaurato giudizi o procedimenti utili per la difesa della posizione giuridica di base al di là di assai generici richiami “a criticità di natura concorrenziale” formulati ai fini della domanda di accesso.
12. Traendo le conclusioni da tutto quanto argomentato, devono essere accolti gli appelli di AIFA e di Gi. tese a confermare la validità del diniego opposto dall’amministrazione per entrambi i farmaci, in relazione all’accesso ad atti in cui vi sia riferimento diretto o indiretto alle condizioni economiche offerte.
13. Per le medesime ragioni deve invece essere respinto l’appello di Ab. in quanto finalizzato all’ottenimento senza limitazioni dell’accesso alle informazioni economiche per entrambi i farmaci.
14. Avuto riguardo all’esito ed alla complessità e novità delle questioni, le spese del doppio grado di giudizio possono essere compensate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza
definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti e riuniti:
Accoglie gli appelli dell’Agenzia italiana del farmaco, e di Gi. Sc. Srl; respinge l’appello di Ab. Srl. Per l’effetto, respinge il ricorso introduttivo in primo grado.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 febbraio 2017 con l’intervento dei magistrati:
Franco Frattini – Presidente
Francesco Bellomo – Consigliere
Lydia Ada Orsola Spiezia – Consigliere
Giulio Veltri – Consigliere, Estensore
Sergio Fina –
Leave a Reply