Consiglio di Stato, sezione III, sentenza 17 marzo 2017, n. 1209

Il provvedimento di sospensione ex art. 33, comma 1, D.Lgs. 228/2001, avendo carattere cautelare, non necessita della previa comunicazione di avvio del procedimento

Consiglio di Stato

sezione III

sentenza 17 marzo 2017, n. 1209

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Terza

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2701 del 2010, proposto da:

Be. D’A., rappresentato e difeso dall’avvocato Vi. Pe., con domicilio eletto presso l’avv. Fe. Ba. – Studio Legale Ve. in Roma, via (…);

contro

AGEA – Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura, Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati in Roma, via (…);

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA, SEZIONE II TER, n. 07295/2009, resa tra le parti, concernente sospensione erogazione aiuti comunitari in agricoltura;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di AGEA – Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura e di Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 gennaio 2017 il Cons. Pierfrancesco Ungari e udita per le Amministrazioni appellate l’avvocato dello Stato Pa. Sa.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. La controversia riguarda il provvedimento dell’AGEA prot. n. 1348 in data 18 maggio 2006, con il quale, nei confronti della odierna appellante, è stata dichiarata, ai sensi dell’art. 33, comma 1, del d.lgs. 228/2001, la sospensione dei procedimenti di erogazione degli aiuti comunitari in agricoltura (fino alla corrispondenza di euro 98.847,54), in ragione dell’indebita percezione di aiuti a valere sulla PAC-Seminativi degli anni 2002/2003/2004 per detto imposto complessivo.

2. La sospensione trae origine dal verbale del Corpo Forestale dello Stato-Comando Stazione di Gravina in Puglia Parco n. 257 in data del 21.4.2006, con cui è stata affermata la mancanza del presupposto degli aiuti, costituito dalla coltivazione del fondo come seminativo alla data del 31 dicembre 1991 (in realtà, i terreni, adibiti a pascolo, sarebbero stati dissodati solo successivamente a tale data).

3. L’odierna appellante ha impugnato la sospensione dinanzi al TAR del Lazio, che, con la sentenza appellata (II-ter, n. 7295/2009) ha respinto il ricorso, affermando, in sintesi: che la omissione di una formale comunicazione di avvio del procedimento non vizia il provvedimento, e comunque la ricorrente era stata messa nelle condizioni di avere conoscenza della instaurazione del procedimento; e che la sospensione è sufficientemente motivata con riferimento al verbale della Guardia di Finanza e non vi è stato travisamento dei fatti ivi indicati.

4. Nell’appello, si prospetta l’erroneità della sentenza, sostanzialmente riproducendo le censure disattese in primo grado.

5. Per AGEA ed il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, si è costituita in giudizio l’Avvocatura Generale dello Stato, chiedendo il rigetto dell’appello.

6. Il Collegio sintetizza e valuta partitamente i motivi di appello nei sottoparagrafi che seguono.

6.1. L’art. 33, comma 1, del d.lgs. 228/2001 dispone la sospensione, in presenza di “notizie circostanziate di indebite percezioni di erogazioni a carico del bilancio comunitario o nazionale, finché i fatti non siano definitivamente accertati”; ma, nel caso in esame, sostiene l’appellante, i fatti contestati dal CFS sono stati accertati dalla sentenza del Tribunale di Bari, Sezione distaccata di Altamura, n. 143/06 in data 13 febbraio 2007, che ha assolto l’appellante per non aver commesso il fatto (per i reati ex artt. 6 e 30 legge 349/1991 e 734 c.p., in relazione al dissodamento dei terreni prodromico alla ipotizzata truffa ai danni della CE), poi passata in giudicato.

Inoltre, non sussiste il presupposto considerato dall’art. 33, posto che le somme erogate all’appellante non possono comunque aver inciso sul bilancio comunitario ovvero nazionale, in quanto – in forza della disciplina vigente del contributo – eventuali somme percepite indebitamente non hanno ripercussioni sugli enti erogatori, bensì sugli altri agricoltori (della stessa regione o meno, a seconda dello splafonamento rispetto alle superfici massime previste) che si vedono ridurre proporzionalmente l’aiuto compensativo al reddito.

6.2. Il Collegio, di contro, sottolinea che quanto accertato dalla sentenza indicata, peraltro successiva, non mette in discussione che, al momento dell’adozione del provvedimento di sospensione, risultassero acquisite “da parte di organismi di accertamento e di controllo, notizie circostanziate di indebite percezioni di erogazioni a carico del bilancio comunitario o nazionale”.

Infatti, l’appellante è stata assolta, in relazione alle suindicate imputazioni (distruzione o deturpamento di bellezze naturali ed esecuzione di lavori senza autorizzazione in un’area naturale protetta), per non aver commesso il fatto, concludendo il giudice onorario nel senso che, in ragione della “genericità delle deposizioni testimoniali ed… assenza di riproduzioni fotografiche dei luoghi, emerge la incertezza della responsabilità penale degli imputati”; tuttavia, il fatto materiale, consistente nello spietramento e dissodamento del fondo di 131 ha concesso all’appellante dal Comune di (omissis) (oggetto di accertamenti da parte del C.F.S. nel novembre del 2001 e nel novembre del 2002), non viene smentito dalla sentenza, che, anzi, sembra darlo per scontato.

Tale trasformazione da pascolo a seminativo, come appresso precisato, rileva ai fini dell’indebita percezione a prescindere da chi ne sia stato l’autore e dall’epoca in cui sia avvenuta (purché successiva al 31 dicembre 1991), e quindi l’assoluzione dell’appellante non è dirimente per escludere la sussistenza del presupposto.

D’altro canto, l’art. 33, comma 1, cit., collega la sospensione all’indebita percezione, a prescindere dalla incidenza concreta sui dati complessivi del bilancio; in altri termini, la norma è volta ad assicurare il recupero di somme indebitamente erogate e ad evitare che l’indebita erogazione continui, e pertanto l’indebita erogazione (o meglio, ciò che allo stato, in base a notizie circostanziate, si presume tale) rileva anche se è andata a discapito di altri potenziali percettori, e non ne è derivato per la finanza pubblica un maggior esborso rispetto a quello che sarebbe conseguito ad un procedimento di erogazione pienamente legittimo.

6.3. L’appellante lamenta poi il difetto di istruttoria e di motivazione, in quanto AGEA ha basato la sospensione sul verbale del CFS, ma la relativa istruttoria è stata svolta anni prima ed era tutt’altro che circostanziata, essendo stato accertato semplicemente il dissodamento del fondo rustico (l’appellante insiste di essere entrata in possesso del fondo nel 2000, allorché erano già stati eseguiti da altri i lavori di trasformazione contestati).

6.4. Il Collegio osserva che nella sentenza appellata si sottolinea che, dalla lettura del verbale del CFS, emerge come la ricorrente:

– abbia indicato, nell’ambito delle domande di aiuto per gli anni 2002, 2003 e 2004, che i terreni erano destinati a seminativo nel 1991 (tenuto conto del tenore della norma di cui all’art. 9 del regolamento CEE n. 1765/92 del 30.6.1992 del Consiglio e di cui all’art. 7 del regolamento CE n. 1251 del 17.5.1999, secondo cui ” le domande di pagamenti non possono essere presentate per terreni destinati, al 31.12.1991, al pascolo permanente, a colture permanenti o a colture forestali o a usi non agricoli”);

– con la nota in data 3 ottobre 2000, protocollata dal Comune di (omissis) in data 4 ottobre 2000 al n. 28176, abbia richiesto il riconoscimento quale utilizzatrice dei terreni di cui trattasi di “qualità pascolo”, ed il Comune, con deliberazioni di G.M. n. 667/2000 e n. 136/2001, abbia concesso alla ricorrente il richiesto uso con la medesima qualità di pascolo.

Tali circostanze, che non risultano confutate in giudizio, dimostrano la sussistenza del presupposto per la sospensione e, ad un tempo, l’adeguatezza dell’istruttoria e della motivazione del provvedimento impugnato.

6.5. Con distinto motivo di appello, si sostiene che la sospensione è abnorme e sproporzionata, in quanto a fronte della coltivazione l’appellante vanta un diritto all’aiuto compensativo, che ha funzione alimentare del nucleo familiare; è un controsenso che l’appellante sia libera di coltivare e raccogliere i frutti e tuttavia non possa percepire l’aiuto; non si è tenuto conto che il reato ex artt. 6 e 30 della legge 349/1991 (RGNR 450/02 Procura di Bari) è ormai prescritto, riferendosi a fatti del 2001.

6.6. Al riguardo, il Collegio (pur non essendo chiaro quale rapporto vi sia tra il predetto procedimento e quello concluso con la condanna succitata), ribadisce che, ai fini della sussistenza del presupposto della sospensione, non è necessario vi sia un procedimento penale pendente o che possa concretamente condurre ad una condanna dell’indebito percettore, essendo sufficienti (“finché i fatti non siano definitivamente accertati”) anche elementi raccolti in sede di verifiche e controlli amministrativi.

6.7. Infine, l’appellante deduce che vi è stata violazione dell’art. 7 della legge 241/1990, essendo mancata la comunicazione di avvio del procedimento, a seguito della quale l’appellante avrebbe potuto esternare le proprie ragioni e rappresentare che mai in precedenza era stata destinataria di alcun provvedimento inibitorio; inoltre, la notificazione del verbale CFS non conteneva gli elementi richiesti dall’art. 8 della legge 241/1990.

6.8. Il Collegio rileva che la più recente e prevalente giurisprudenza del giudice d’appello afferma che il provvedimento di sospensione ex art. 33, comma 1, cit., avendo carattere cautelare, non necessita della previa comunicazione di avvio del procedimento (cfr. Cons. Stato, V, n. 37/2015 e n. 4593/2014; CGA, n. 74/2012 e n. 60/2012; contra, Cons. Stato, III, n. 3871 e n. 3874/2012).

Da tale prevalente orientamento, il Collegio non ravvisa ragioni per discostarsi, anche considerando che la immediatezza degli effetti giustificata dalle finalità cautelari della sospensione – volta ad evitare erogazioni indebite e a consentire che eventuali obblighi di recupero scaturenti dall’accertamento circa la natura indebita delle sovvenzioni già erogate possano essere assistiti in via utile dalla garanzia di una possibile compensazione con erogazioni ancora in itinere – è, secondo quanto previsto dal comma 2, dell’art. 33, bilanciata dalla possibilità di ottenere che i procedimenti di erogazione sospesi siano “riavviati a seguito di presentazione di idonea garanzia da parte dei benefìciari” (cfr. Cons. Stato, n. 114/2017).

Peraltro, come sottolineato nella sentenza appellata, risulta comprovato che l’appellante abbia ricevuto in data 20 aprile 2006, e pertanto un mese prima della notificazione del provvedimento impugnato, il verbale di contestazione dell’illecito amministrativo, individuato nei termini dell'”indebito conseguimento di contributi comunitari mediante l’esposizione di dati e notizie falsi, in particolare in relazione alla originaria destinazione dei terreni adibiti a pascolo alla data del 31.12.1991″. E che, quindi, sia stata messa nelle condizioni di avere conoscenza della instaurazione del procedimento conclusosi con il provvedimento impugnato.

7. In conclusione, stante l’infondatezza di tutte le censure dedotte, l’appello deve essere respinto.

Le spese del grado di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna l’appellante al pagamento in favore di AGEA della somma di euro 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre agli accessori di legge, per le spese del grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 gennaio 2017 con l’intervento dei magistrati:

Franco Frattini – Presidente

Francesco Bellomo – Consigliere

Manfredo Atzeni – Consigliere

Giulio Veltri – Consigliere

Pierfrancesco Ungari – Consigliere

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