Palazzo-Spada

Consiglio di Stato

sezione III

sentenza 14 gennaio 2016, n. 93

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL CONSIGLIO DI STATO

IN SEDE GIURISDIZIONALE

SEZIONE TERZA

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9085 del 2015, proposto da:

Ke. Co.So. On.;

contro

– Co. La. pe. la Sa.;

– Azienda Sanitaria Locale di (omissis);

– Co. Fi., Ic. Co. di Co. So.;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI, SEZIONE V, n. 05021/2015, resa tra le parti, concernente affidamento dei servizi assistenziali, socio-sanitari, alberghieri e manutentivi, nella modalità del global service, presso le S.I.R. della A.S.L. di (omissis) -mcp;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Co. La. pe. la Sa. e di Azienda Sanitaria Locale di (omissis);

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 17 dicembre 2015 il Cons. Pierfrancesco Ungari e uditi per le parti gli avvocati Tozzi, Contieri e D’Ambrosio su delega di Casertano;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Si controverte sull’esito della gara espletata dalla A.S.L. di (omissis) per l’affidamento dei servizi assistenziali, socio-sanitari, alberghieri e manutentivi, con la modalità del global service, ed aggiudicata secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

2. La Co. La. pe. la Sa. (in prosieguo: Co. L/S), esclusa nel corso della seduta della commissione di gara del 7 novembre 2014 (verbale n. 24) – a causa della omessa presentazione, insieme all’offerta economica, della “dichiarazione che detto prezzo è remunerativo…” e delle “giustificazioni di cui all’art. 87, comma 2, del D. Lgs 163/06 relative alle voci di prezzo che concorrono a formare l’importo complessivo del servizio”, richieste dall’art. 11 del disciplinare – ha impugnato la propria esclusione, contestando solo la seconda delle predette carenze/cause di esclusione (omesse giustificazioni).

Una volta ricevuta copia del verbale n. 24, ha impugnato, mediante motivi aggiunti notificati in data 16 gennaio 2015, anche l’altra causa di esclusione (omessa dichiarazione di rimuneratività).

Con ulteriori motivi aggiunti ha esteso l’impugnazione al provvedimento n. 213/2015, con cui è stato definitivamente aggiudicato il lotto n. 2 (servizi per le strutture di (omissis)) alla Ke. So. co. On. (in prosieguo: Ke.), sul quale ha poi dichiarato di concentrare il proprio interesse alla decisione.

3. Ke. ha proposto ricorso incidentale, prospettando l’omessa considerazione di ulteriori cause di esclusione di Co. L/S.

4. Il TAR Campania, con la sentenza appellata (V, n. 5021/2015), ha accolto il ricorso principale ed ha respinto il ricorso incidentale, dichiarando il diritto di Co. L/S – salva la verifica di congruità dell’offerta – al subentro nel contratto.

Tenuto conto che l’esecuzione dell’appalto era iniziata in data 1 settembre 2015, il TAR ha anche condannato la ASL (per l’ipotesi in cui non ritenga di posporre il termine di durata, così da far recuperare alla subentrante il periodo trascorso) al risarcimento del danno derivante dalla riduzione della prestazione, onerandola di formulare una proposta al riguardo, commisurata al 10% del valore dell’appalto, ai sensi dell’art. 34, comma 4, cod. proc. amm..

Ciò, in particolare, sulla base delle seguenti considerazioni:

(a) – va disattesa, ai sensi degli artt. 79, comma 5, lettera b), del Codice dei contratti, e 41, comma 2, cod. proc. amm., l’eccezione di inammissibilità del ricorso principale per omessa tempestiva impugnazione di entrambe le cause di esclusione, sollevata in ragione della presenza alla seduta del 7 novembre 2014 di un delegato di Co. L/S;

(b) – va disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso principale per tardività dell’impugnazione dell’art. 11 del disciplinare, nella parte che richiede di corredare l’offerta con i due documenti suddetti, posto che, rispetto alle giustificazioni preventive, si tratta di clausola nulla per violazione del principio di tassatività delle cause di esclusione, ai sensi dell’art. 46, comma 1 bis, del Codice, che può essere rilevata d’ufficio dal giudice ex art. 31, comma 4, cod. proc. amm.; e che, rispetto alla dichiarazione sulla remuneratività, non era comminata l’esclusione, e comunque un simile effetto sarebbe stato precluso dal principio di tassatività delle cause di esclusione sancito dall’art. 46, comma 1-bis, cit.;

(c) – sono fondate le censure proposte da Co. L/S avverso entrambe le ragioni ostative alla partecipazione alla gara opposte dalla commissione, in quanto: (c1) – l’originario comma 5 dell’art. 86 del Codice è stato abrogato dall’art. 4-quater, comma 1, lettera b), del d.l. 78/2009, convertito in legge 102/2009, la cui lettera c) ha conseguentemente sostituito il comma 1 dell’art. 87, e modificato il comma 2, di modo che in base alla disciplina vigente le giustificazioni non devono più essere richieste in sede di presentazione delle offerte, ma vengono in rilievo, solo in via eventuale, nella fase successiva di verifica dell’anomalia; (c2) – riguardo alla dichiarazione di remuneratività del prezzo, oltre a non essere richiesta a pena di esclusione, la sua mancanza non può integrare una causa di esclusione ostandovi il principio di tassatività di cui all’art. 46, comma 1-bis, cit., e risultando anzi pletorica e sostanzialmente ininfluente in sede di formulazione dell’offerta (posto che la sostenibilità economica può assumere rilevanza soltanto nell’ambito del procedimento di verifica della congruità); inoltre, le modalità attraverso le quali è stata compilata l’offerta non impedivano alla commissione giudicatrice di considerarla dichiarazione non indispensabile, ex art. 38, comma 2 bis, Cod. ult. cit;

(d) – è invece infondato il ricorso incidentale di Ke., in quanto: (d1) – la lex specialis di gara non prevedeva l’obbligo per le imprese partecipanti di indicare in sede di offerta i c.d. costi “specifici” o “aziendali” e, correlativamente, non comminava alcuna conseguenza escludente per la violazione di tale obbligo; peraltro, una siffatta clausola escludente sarebbe risultata di dubbia validità con riferimento all’art. 46, comma 1-bis, cit.; (d2) – non poteva pretendersi che Co. L/S, nell’indicazione del canone fisso mensile e della quota giornaliera per assistito residente, indicasse altri decimali oltre i primi due, venendo in rilievo per le due voci dell’offerta economica, rispettivamente, un c.d. numero decimale illimitato periodico semplice e un c.d. numero decimale illimitato non periodico.

5. Ke. ha appellato la sentenza, sostenendo che:

(a) – quanto alla eccezione di tardività del ricorso introduttivo, disattesa dal TAR, non è dubbio che il sig. Mo. fosse rappresentante di Co. L/S, in quanto essa stessa lo afferma nelle proprie memorie e nel verbale della seduta si dà conto che il Mo. è presente per essa, e di entrambe le motivazioni dell’esclusione, cosicché doveva ritenersi realizzata la piena conoscenza del provvedimento;

(b) – l’eccezione di acquiescenza per omessa impugnazione dell’art. 11 del disciplinare, altresì disattesa dal TAR, in realtà riguardava solo la omissione della dichiarazione di remuneratività, non le giustificazioni preventive; erroneamente il TAR ha affermato che la dichiarazione non era prevista a pena di esclusione, in quanto l’art. 11, insieme all’art. 17, sanzionavano con l’esclusione l’incompletezza delle offerte, e si tratta di obbligo non surrogabile mediante il soccorso istruttorio;

(c) – sulla infondatezza delle censure concernenti l’esclusione di Co. L/S a causa delle dichiarazioni omesse, erroneamente il TAR ha invocato l’art. 38, comma 2-bis, che è inapplicabile ratione temporis; in ogni caso, la clausola non era nulla ai sensi dell’art. 46, comma 1-bis, in quanto non richiedeva giustificazioni preventive, bensì una specificazione delle voci di prezzo necessaria per poter individuare una potenziale anomalia; d’altra parte, la dichiarazione di remuneratività poteva ben essere richiesta ai sensi dell’art. 106 del d.P.R. 207/2010;

(d) – quanto al rigetto del proprio ricorso incidentale: (d1) – la censura disattesa non concerneva gli oneri di sicurezza interni o aziendali, bensì quelli esterni non soggetti a ribasso, e quindi era inapplicabile l’orientamento giurisprudenziale richiamato dal TAR; la mancata indicazione impediva di valutare la serietà dell’offerta economica, ovvero la volontà di vincolarsi al rispetto delle norme a tutela della sicurezza dei lavoratori; non è neanche vero che non vi fosse una previsione al riguardo, posto che l’art. 11 precisava che “i prezzi si intendono comprensivi di ogni onere, ad eccezione dell’IVA che sarà a carico della ASL e degli oneri per la sicurezza da interferenza”; in ogni caso, Ke. ha impugnato anche il disciplinare nella parte in cui fosse interpretabile nel senso di non ritenere necessaria la specifica indicazione; (d2) – riguardo all’indeterminatezza dell’offerta di Co. L/S, il TAR ha travisato la censura, posto che con essa non si contestavano i fattori dell’obbligazione matematica (ovvero l’obbligo di indicare ulteriori decimali), ma il risultato stesso dell’operazione, dato che i fattori determinavano un risultato discordante rispetto al prezzo indicato nell’offerta; infatti: 9,01 x 20 = 180,2 e 180,2 x 1095 = 197.319,00 (e non 197.500,00 come indicato nell’offerta dell’appellata); e 21.944,44 x 36 = 789.999,84 (e non 790.000,00 come erroneamente indicato…); (d3) – inoltre, il TAR non si è pronunciato sulla censura concernente lo scostamento del costo giornaliero a persona (9,01) alla luce di quello medio orario dell’operatore socio sanitario previsto dal CCNL (16,00), cui vanno aggiunti gli oneri che comporta l’assistenza ad ogni paziente (oneri di trasporto, pasti, biancheria, etc.); si tratta di un altro profilo di indeterminatezza su cui il TAR ha omesso ogni valutazione.

6. Co. L/S si è costituita in appello ed ha controdedotto puntualmente.

7. Anche la ASL si è costituita in appello ed ha controdedotto, nel senso dell’accoglimento dell’appello principale.

8. Il Collegio osserva anzitutto che la posizione della ASL risulta pienamente aderente a quella dell’appellante. Pertanto, ritiene di potersi esimere dal valutare se, come afferma un orientamento, anche di questa Sezione, la costituzione in giudizio della ASL, con memoria non notificata, debba ritenersi inammissibile – in quanto avente l’onere di proporre appello e non legittimata ad assumere nel giudizio di impugnazione una posizione adesiva di mero interveniente al fine di rimuovere una soccombenza “principale” sancita dalla decisione di primo grado.

9. Passando ad esaminare l’appello principale, correttamente il TAR ha disatteso l’eccezione di inammissibilità del ricorso introduttivo, sollevata in ragione della tardività dell’impugnazione (completa).

La giurisprudenza di questo Consiglio è consolidata nel senso che la piena conoscenza delle motivazioni dell’atto di esclusione implica la decorrenza del termine decadenziale a prescindere dall’invio di una formale comunicazione ex art. 79, comma 5, del Codice dei contratti pubblici, posto che l’art. 120 comma 5, cod. proc. amm., non prevedendo forme di comunicazione “esclusive” e “tassative”, non incide sulle regole processuali generali del processo amministrativo.

Tuttavia, nel caso in esame, non vi è certezza della piena conoscenza del contenuto del provvedimento da parte del soggetto che era presente (a quanto sembra, come delegato dell’appellante – non essendone stata disconosciuta, a prescindere dall’esistenza di un mandato o di poteri rappresentativi, tale posizione) alla seduta del 7 novembre 2014, in cui è stata disposta l’esclusione dell’appellante.

Infatti, il verbale non risulta sottoscritto dal “delegato”, né risulta che glie ne sia stata consegnata copia; nemmeno consta espressamente dal verbale che sia stata oralmente comunicata ad alta voce la duplice motivazione dell’esclusione, in modo da farla comprendere ai presenti. Se si considera anche il comportamento di Co. L/S, – la quale ha impugnato tempestivamente riguardo ad una delle due cause di esclusione, e poi ha proposto motivi aggiunti non appena ricevuto lo stralcio del verbale in allegato alla nota prot. 5810/PROV del 18 dicembre 2014 – appare plausibile che la piena conoscenza della duplice motivazione dell’esclusione si sia verificata, ai sensi degli artt. 79 cod. contratti e 41, comma 2, cod. proc. amm., solo a seguito di detta ultima comunicazione.

10. Altresì corretto è l’aver disatteso l’eccezione di inammissibilità per tardiva impugnazione dell’art. 11 del disciplinare.

Infatti, se anche l’art. 17 prevedeva l’esclusione per ogni ipotesi di incompletezza dell’offerta, e quindi anche con riferimento alla dichiarazione di remuneratività prevista dall’art. 11, a detta disposizione non può che attribuirsi valenza di clausola di stile.

Le cause di esclusione sono ormai quelle tassativamente consentite dall’art. 46, comma 1-bis, del Codice, tra le quali – come osservato dal TAR – non rientra l’omissione di una dichiarazione come quella in esame.

11. L’appellante non contesta che le giustificazioni preventive debbano ormai riguardare la fase di verifica dell’eventuale anomalia, ma sostiene che la previsione concerneva un diverso adempimento.

Tale prospettazione si scontra tuttavia con la chiara formulazione dell’art. 11 del disciplinare (“giustificazioni di cui all’art. 87, comma 2…”), che, pertanto, correttamente, è stato ritenuta nulla dal TAR.

12. Quanto alla dichiarazione di remuneratività dell’offerta, l’appellante, per giustificarne la riconducibilità ad una previsione normativa, fa leva sull’art. 106 del d.P.R. 207/2010, che, tuttavia, riguarda gli appalti di lavori e non quelli di servizi o forniture, cui è riconducibile la gara in esame.

Appare anche in questo caso corretta l’affermazione del TAR sulla nullità della clausola di esclusione per contrasto con l’art. 46, comma 1-bis, del Codice.

13. Nell’ambito di detta valutazione, il riferimento all’art. 38, comma 2-bis, del Codice – che, come sostiene l’appellante, non si applica ratione temporis – sembra essere una considerazione aggiuntiva, alla stregua di un criterio interpretativo; in ogni caso, non risulta essenziale ai fini della decisione, e non può inficiare la sentenza.

14. Anche i motivi concernenti le censure del ricorso incidentale disattese dal TAR non colgono nel segno.

Effettivamente, la censura incentrata sull’omessa indicazione dei costi della sicurezza è stata travisata dal TAR, in quanto riguardava gli oneri della sicurezza da rischi da interferenza, c.d. esterni (non quelli aziendali, c.d. interni). Tuttavia, Il Collegio ritiene che l’omissione, così qualificata alla luce delle censure dedotte in primo grado, non comporti un vizio dell’offerta di Co. L/S, proprio perché, come sostiene (sebbene ad altri fini) anche l’appellante, quanto affermato dalla giurisprudenza riguardo ai costi c.d. interni non è automaticamente applicabile ai costi c.d. esterni.

Al riguardo, il Collegio osserva che le sentenze della Sezione che affermano la necessità che nelle offerte vengano comunque specificati anche i costi della sicurezza da rischio di interferenza o c.d. esterni (cfr. Cons. Stato, III, n. 348/2014 e n. 5246/2015) risultano emesse riguardo a procedure di gara nelle quali la specifica indicazione dei costi da interferenza/esterni era univocamente richiesta dalla lex specialis, ciò che non si verifica nel caso in esame. Infatti, dalla previsione secondo la quale “i prezzi si intendono comprensivi di ogni onere, ad eccezione dell’IVA che sarà a carico della ASL e degli oneri per la sicurezza da interferenza” non si può trarre detto onere di specifica indicazione, ma semmai un criterio utile a superare eventuali dubbi di indeterminatezza del prezzo offerto.

15. In ogni caso, qualora manchi una simile previsione, il Collegio ritiene che debba essere condiviso un diverso orientamento (cfr., da ultimo, per una puntuale esposizione, Cons. Stato, V, n. 5070/2015), nel senso che:

– la questione della rilevanza dell’indicazione dei costi c.d. esterni non è stata oggetto delle recenti decisioni dell’Adunanza Plenaria (n. 3/2015 e n. 9/2015), che hanno riguardato i costi della sicurezza aziendali/interni;

– non vi è alcuna norma che imponga ai concorrenti, tanto meno a pena di esclusione, di riprodurre nell’offerta la quantificazione dei costi da interferenza già effettuata dalla stazione appaltante;

– una previsione in tal senso non avrebbe utilità, posto che i concorrenti non possono far altro che tenere conto di detta quantificazione all’atto della formulazione dell’offerta;

– le radicali differenze che investono la natura dei costi della sicurezza dell’uno e dell’altro tipo impediscono di estendere la regola della necessaria indicazione dei costi aziendali, anche ai costi da rischi da interferenza; l’art. 86, comma 3-bis, del Codice dei contratti pubblici, dove stabilisce che il “costo relativo alla sicurezza” debba essere “specificamente indicato”, si rivolge, al tempo stesso: per i costi da interferenza/esterni, alla stazione appaltante, chiamata a fornire detta indicazione in occasione della predisposizione della gara d’appalto; per i costi aziendali/interni, ai concorrenti, ai fini della formulazione dell’offerta.

Mentre la valutazione della serietà dell’offerta economica, ovvero la volontà di vincolarsi al rispetto delle norme a tutela della sicurezza dei lavoratori – sulla base delle quali l’appellante prospetta la necessità di un’indicazione specifica dei costi della sicurezza esterni – sono demandate alla verifica della congruità, ai sensi degli artt. 86 e 87 del Codice.

16. L’altro motivo del ricorso incidentale disatteso dal TAR concerneva, effettivamente, l’indeterminatezza dell’offerta economica di Co. L/S, in ragione della non coincidenza tra fattori e risultato finale, riguardo alle due voci dell’offerta (canone mensile e quote assistiti).

Il TAR ha sottolineato come non avesse senso esigere che i valori dei fattori di calcolo delle due voci predette, andassero oltre i due decimali indicati (9,01 euro per il costo giornaliero dell’assistito residente, e 21.944,44 euro per il canone mensile del servizio), in quanto si sarebbero ottenuti numeri “illimitati”; in particolare, un c.d. numero decimale illimitato periodico semplice (in cui il 4 si ripete indefinitamente – anche se nella sentenza viene, per errore materiale, indicato 790.000:36 = 21,444444 all’infinito, anziché 21.944,444444 all’infinito), ed un c.d. numero decimale illimitato non periodico (197.500:1095=180,365296804 etc.; 180,365296804:20=9,0182648401 etc.).

Così facendo, a ben vedere, il TAR non ha travisato il senso della censura. Semplicemente, ha dato per presupposto che l’offerta di Co. L/S fosse stata sviluppata partendo dall’importo delle due voci, rispettivamente 197.500 euro e 790.000 euro, e poi fossero stati calcolati a ritroso i fattori, il cui importo a quel punto corrispondeva a dei numeri illimitati, e quindi è stato riportato nell’offerta con approssimazione ai primi due decimali; in tal modo, la moltiplicazione per il numero di mesi/utenti medi/giornate di servizio, riportata nello schema di offerta, ha prodotto il risultato approssimato (rispettivamente, per 181 euro e per 16 centesimi), sul quale l’appellante ha incentrato la propria censura.

Ma l’art. 11 del disciplinare considerava come prezzo l’indicazione del corrispettivo complessivo delle prestazioni appaltate (“L’offerta va formulata come prezzo complessivo triennale per il servizio offerto”) e ad esso si riferivano l’attribuzione dei punteggi e l’impegno assunto dal concorrente.

La specificazione del canone fisso mensile e del costo della retta giornaliera per utente, pure richiesta, serviva ad evidenziare lo sviluppo del calcolo, e non può quindi ritenersi che la non esatta corrispondenza tra fattori e prodotto della moltiplicazione, dovuta alla metodologia di elaborazione dell’offerta, renda indeterminato il prezzo e infici l’offerta.

17. Infine, quanto al motivo di appello incentrato sul preteso scostamento del costo giornaliero per paziente, rispetto ai costo medi del personale e degli oneri connessi al servizio di assistenza, controparte ha eccepito che il costo del personale grava sulla parte fissa mensile.

Tale argomento non ha trovato confutazione, e sembra al Collegio che tolga plausibilità alla censura. Senza contare che, semmai, l’aspetto in esame (prospettato in appello soprattutto come profilo di indeterminatezza dell’offerta, e nel ricorso di primo grado definito anche come genericità, indeterminatezza, insostenibilità) dovrebbe essere valutato in sede di verifica dell’anomalia.

18. Considerata l’infondatezza di tutti i motivi dedotti, l’appello deve essere respinto.

19. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la società appellante e la ASL di Salerno al pagamento in favore della società appellata della somma di euro 2.500,00 (duemilacinquecento/00), ciascuna, oltre agli accessori di legge, per spese del grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 dicembre 2015 con l’intervento dei magistrati:

Pier Giorgio Lignani – Presidente

Salvatore Cacace – Consigliere

Lydia Ada Orsola Spiezia – Consigliere

Paola Alba Aurora Puliatti – Consigliere

Pierfrancesco Ungari – Consigliere, Estensore

Depositata in Segreteria il 14 gennaio 2016.

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