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In particolare, il Comune di (omissis) avrebbe omesso di motivare puntualmente in ordine alla reale fattibilità, in termini materiali e giuridici, della disposta demolizione.
In definitiva il primo Giudice avrebbe omesso di considerare che la valutazione tecnica in ordine alla impossibilità di demolire, rimessa all’amministrazione, deve essere effettuata prima dell’adozione dell’ordinanza di demolizione. Opinando in modo diverso, la diffida a demolire rischierebbe di rivelarsi in potenziale contrasto con i principi di efficacia ed efficienza dell’azione amministrativa.
Si è costituito in giudizio il Comune di (omissis) il quale ha concluso nel senso della reiezione dell’appello.
Con ordinanza in data 18 marzo 2015, n. 1201 la Sesta Sezione di questo Consiglio di Stato, “valutata la gravità del danno”, ha accolto l’istanza cautelare di sospensione degli effetti della sentenza in epigrafe proposta in via incidentale dagli appellanti.
Con successiva ordinanza in data 24 marzo 2017, n. 1337 la medesima Sesta Sezione ha dato atto di un contrasto in giurisprudenza in ordine agli oneri motivazionali gravanti sull’amministrazione ai fini dell’adozione di ordinanze di demolizione di manufatti abusivi.
Ha pertanto sospeso il giudizio ai sensi dell’articolo 99 del cod. proc. amm. e ha rimesso a questa Adunanza plenaria la seguente questione: “se l’ordinanza di demolizione di immobile abusivo (nella specie, trasferito mortis causa) debba essere congruamente motivat[a] sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale al ripristino della legalità violata quando il provvedimento sanzionatorio intervenga a una distanza temporale straordinariamente lunga dalla commissione dell’abuso, il titolare attuale non sia responsabile dell’abuso e il trasferimento non denoti intenti elusivi del provvedimento sanzionatorio”.
Alla pubblica udienza del 21 giugno 2017 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Giunge alla decisione di questa Adunanza Plenaria il ricorso in appello proposto dai signori Fi, An. e Fa. Ba. avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio con cui è stato respinto il ricorso da loro proposto avverso l’ordinanza del Sindaco del Comune di (omissis) con la quale è stata loro ingiunta la demolizione di un immobile realizzato sine titulo oltre trent’anni prima dalla loro comune dante causa, la madre Co. Fi..
2. Come si è anticipato in narrativa, viene chiesto a questa Adunanza Plenaria di chiarire la questione dell’onere motivazionale che grava in capo all’amministrazione in sede di adozione di un’ingiunzione di demolizione (nel caso in esame, conseguente alla realizzazione di un immobile in area vincolata nella radicale assenza di un valido titolo edilizio) e se in particolare, decorso un considerevole lasso di tempo dalla realizzazione dell’abuso, gravi in capo all’amministrazione un onere motivazionale aggiuntivo, che non resti limitato al solo richiamo alla normativa urbanistica violata e alla conseguente necessità di ripristinare l’ordine giuridico compromesso.
Viene altresì chiesto di stabilire se uno specifico onere di motivazione in ordine alla sussistenza di un interesse pubblico e concreto alla demolizione sia altresì ravvisabile nell’ipotesi in cui l’attuale proprietario del bene non sia responsabile dell’abuso e il trasferimento del bene non denoti intenti elusivi della normativa in tema di onere di ripristino.
3. L’ordinanza di rimessione ha correttamente – sia pur sinteticamente – richiamato gli argomenti essenziali che sostengono le due principali tesi attualmente in campo.
3.1. In base a un primo orientamento (ad oggi maggioritario) l’ordinanza di demolizione di un manufatto abusivo non richiede una particolare motivazione in ordine alla sussistenza di uno specifico interesse pubblico al ripristino della legittimità violata, e ciò nonostante sia decorso un considerevole lasso di tempo dalla commissione dell’abuso. In base all’orientamento in parola deve infatti escludersi la configurabilità di un legittimo affidamento in capo al responsabile dell’abuso o al suo avente causa nonostante il decorso del tempo dal commesso abuso (in tal senso – ex multis -: Cons. Stato, VI, 10 maggio 2016, n. 1774; id., VI, 23 ottobre 2015, n. 4880; id., VI, 11 dicembre 2013, n. 5943).
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