Consiglio di Stato, sezione adunanza plenaria, sentenza 17 ottobre 2017, n. 9. Edificazione abusiva illegittimità ab origine ed ingiunzione di demolizione a distanza temporale rispetto al momento di realizzazione dell’abuso

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7.3. E’ stato, ancora, affermato che non occorre motivare in modo particolare un provvedimento con il quale sia ordinata la demolizione di un immobile abusivo neppure quando sia trascorso un notevole lasso di tempo dalla sua realizzazione. Ed infatti l’ordinamento tutela l’affidamento di chi versa in una situazione antigiuridica soltanto laddove esso presenti un carattere incolpevole, mentre la realizzazione di un’opera abusiva si concretizza in una volontaria attività del costruttore realizzata contra legem (in tal senso – ex multis -: Cons. Stato, IV, 28 febbraio 2017, n. 908; id., VI, 13 dicembre 2016, n. 5256).

Si è altresì osservato – e in modo parimenti condivisibile – che l’ordine di demolizione presenta un carattere rigidamente vincolato e non richiede né una specifica motivazione in ordine alla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale alla demolizione, né una comparazione fra l’interesse pubblico e l’interesse privato al mantenimento in loco dell’immobile. Ciò, in quanto non può ammettersi l’esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può in alcun modo legittimare (in tal senso – ex multis -: Cons. Stato, 28 febbraio 2017, n. 908; id., IV, 12 ottobre 2016, n. 4205; id., IV, 31 agosto 2016, n. 3750).

Deve pertanto essere confermato, anche da questi diversi angoli visuali, che, nelle ipotesi che qui rilevano di edificazioni radicalmente abusive e giammai assistite da alcun titolo, il richiamo alla figura, peraltro ambigua e controversa, dell’interesse pubblico in re ipsa, appare improprio.

Ciò perché

– da un lato, come si è detto, il rilevato carattere sanzionatorio e doveroso del provvedimento esclude la pertinenza del richiamo alla motivazione dell’interesse pubblico;

– dall’altro, la selezione e ponderazione dei sottesi interessi risulta compiuta – per così dire – ‘a monté dallo stesso legislatore (il quale ha sancito in via indefettibile l’onere di demolizione al comma 2 dell’articolo 31 del d.P.R. 380 del 2001), in tal modo esentando l’amministrazione dall’onere di svolgere – in modo esplicito o implicito – una siffatta ponderazione di interessi in sede di adozione dei propri provvedimenti.

7.4. L’ordinanza di rimessione si è altresì soffermata sulla possibile sussistenza di un obbligo per l’amministrazione di motivare l’ordine di demolizione in relazione alla concretezza ed attualità dell’interesse pubblico alla demolizione. Le considerazioni sopra esposte – che evidenziano la non riconducibilità della fattispecie all’autotutela decisoria – escludono la rilevanza delle questioni attinenti all’onere motivazionale.

8. L’ordinanza di rimessione si sofferma inoltre sul caso in cui l’attuale proprietario dell’immobile non sia responsabile dell’abuso e non risulti che la cessione sia stata effettuata con intenti elusivi.

8.1. Si osserva in primo luogo al riguardo che il carattere reale della misura ripristinatoria della demolizione e la sua precipua finalizzazione al ripristino di valori di primario rilievo non si pongono in modo peculiare nelle ipotesi in cui il proprietario non sia responsabile dell’abuso.

Non può infatti ritenersi che, ferma restando la doverosità della misura ripristinatoria, la diversità soggettiva fra il responsabile dell’abuso e l’attuale proprietario imponga all’amministrazione un peculiare ed aggiuntivo onere motivazionale.

Ed infatti il carattere reale dell’abuso e la stretta doverosità delle sue conseguenze non consentono di valorizzare ai fini motivazionali la richiamata alterità soggettiva (la quale può – al contrario – rilevare a fini diversi da quelli della misura ripristinatoria, come nelle ipotesi del riparto delle responsabilità fra il responsabile dell’abuso e il suo avente causa).

Del resto, la principale (se non l’unica) ragione che potrebbe indurre a valorizzare la richiamata alterità soggettiva è quella relativa allo stato soggettivo di buona fede e di affidamento che caratterizza la posizione dell’avente causa.

Tuttavia – e per le ragioni dinanzi esposte retro, sub 7.1 e 7.3 – tali stati soggettivi non possono essere in alcun modo valorizzati ai fini motivazionali

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