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DIRITTO
4. L’Adunanza Plenaria ritiene che la questione ad essa sottoposta trovi soluzione nella definizione in termini di “incapacità” ex lege dell’effetto derivante dalla interdittiva antimafia sulla persona (fisica o giuridica) da essa considerata, di modo che il ricorso per l’ottemperanza è da dichiararsi, conseguentemente, inammissibile.
4.1. Come è noto, la giurisprudenza amministrativa ha già avuto modo di affermare che l’interdittiva antimafia è provvedimento amministrativo al quale deve essere riconosciuta natura cautelare e preventiva, in un’ottica di bilanciamento tra la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica e la libertà di iniziativa economica riconosciuta dall’art. 41 Cost.
Come è stato puntualmente affermato, l’interdittiva antimafia costituisce “una misura volta – ad un tempo – alla salvaguardia dell’ordine pubblico economico, della libera concorrenza tra le imprese e del buon andamento della Pubblica Amministrazione” (Cons. Stato, sez. III, 3 maggio 2016 n. 1743).
Tale provvedimento, infatti, mira a prevenire tentativi di infiltrazione mafiosa nelle imprese, volti a condizionare le scelte e gli indirizzi della Pubblica Amministrazione e si pone in funzione di tutela sia dei principi di legalità, imparzialità e buon andamento, riconosciuti dall’art. 97 Cost., sia dello svolgimento leale e corretto della concorrenza tra le stesse imprese nel mercato, sia, infine, del corretto utilizzo delle risorse pubbliche (Cons. Stato, sez. III, 31 dicembre 2014 n. 6465).
A tali fini, il provvedimento esclude che un imprenditore, persona fisica o giuridica, pur dotato di adeguati mezzi economici e di una altrettanto adeguata organizzazione, meriti la fiducia delle istituzioni (sia cioè da queste da considerarsi come “affidabile”) e possa essere, di conseguenza, titolare di rapporti contrattuali con le predette amministrazioni, ovvero destinatario di titoli abilitativi da queste rilasciati, come individuati dalla legge, ovvero ancora (come ricorre nel caso di specie) essere destinatario di “contributi, finanziamenti o mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate”.
4.2. Orbene, il provvedimento di cd. “interdittiva antimafia” determina una particolare forma di incapacità giuridica, e dunque la insuscettività del soggetto (persona fisica o giuridica) che di esso è destinatario ad essere titolare di quelle situazioni giuridiche soggettive (diritti soggettivi, interessi legittimi) che determinino (sul proprio cd. lato esterno) rapporti giuridici con la Pubblica Amministrazione (Cons. Stato, sez. IV, 20 luglio 2016 n. 3247).
Si tratta di una incapacità giuridica prevista dalla legge a garanzia di valori costituzionalmente garantiti e conseguente all’adozione di un provvedimento adottato all’esito di un procedimento normativamente tipizzato e nei confronti del quale vi è previsione delle indispensabili garanzie di tutela giurisdizionale del soggetto di esso destinatario. Essa è:
– parziale, in quanto limitata ai rapporti giuridici con la Pubblica Amministrazione, ed anche nei confronti di questa limitatamente a quelli di natura contrattuale, ovvero intercorrenti con esercizio di poteri provvedimentali, e comunque ai precisi casi espressamente indicati dalla legge (art. 67 d.lgs. n. 159/2011);
– tendenzialmente temporanea, potendo venire meno per il tramite di un successivo provvedimento dell’autorità amministrativa competente (il Prefetto).
In tali sensi e, in particolare, in relazione al riconosciuto carattere “parziale” dell’incapacità, l’art, 67 d.lgs. n. 159/2011 ne circoscrive il “perimetro”, definendo le tipologie di rapporti giuridici in ordine ai quali il soggetto, colpito della misura, non può acquistare o perde la titolarità di posizioni giuridiche soggettive e, dunque, l’esercizio delle facoltà e dei poteri ad esse connessi.
5. Così ricostruito l’effetto prodotto dall’interdittiva antimafia sul soggetto di essa destinatario (in linea con l’ipotesi interpretativa da ultimo rappresentata dall’ordinanza di rimessione), anche la previsione di cui al comma 1, lettera g), dell’articolo 67 del’Codice delle leggi antimafia, una volta correttamente interpretata, costituisce anch’essa delimitazione dell’ambito della incapacità ex lege – come innanzi definita – nei confronti della Pubblica amministrazione e con riferimento ai rapporti con questa intercorrenti nell’ambito dell’attività imprenditoriale.
5.1. Orbene, questa Adunanza Plenaria ritiene che tale disposizione debba essere intesa nel senso di precludere all’imprenditore (persona fisica o giuridica) la titolarità della posizione soggettiva che lo renderebbe idoneo a ricevere somme dovutegli dalla Pubblica Amministrazione a titolo risarcitorio in relazione (come nel caso di specie) ad una vicenda sorta dall’affidamento (o dal mancato affidamento) di un appalto.
5.1.1. Questa Adunanza Plenaria ritiene – anche sulla scorta della propria precedente decisione n. 9 del 2012 – che l’espressione usata dal legislatore nell’articolo da ultimo citato e concernente il divieto di ottenere (o meglio, l’incapacità a poter ottenere), da parte del soggetto colpito dall’interdittiva antimafia, “contributi, finanziamenti e mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità Europee, per lo svolgimento di attività imprenditoriali”, ricomprenda anche l’impossibilità di percepire somme dovute a titolo di risarcimento del danno patito in connessione all’attività di impresa.
Come già affermato dalla richiamata sentenza n. 9 del 2012, “l’ampia clausola di salvaguardia contenuta nella citata prescrizione è idonea a ricomprendervi quelle… in cui la matrice indennitaria sia più immediatamente percepibile rispetto a quella compensativa sottesa ad ogni altra tipologia di erogazione”. D’altra parte, “non si vede perché nella suddetta ratio dovrebbero rientrare unicamente le erogazioni dirette ad arricchirlo (l’imprenditore colpito da interdittiva) e non anche quelle dirette a parzialmente compensarlo di una perdita subita sussistendo per entrambe il pericolo che l’esborso di matrice pubblicistica giovi ad un’impresa soggetta ad infiltrazioni criminali”.
Se è pur vero – come nota la ricorrente – che la precedente decisione di questa Adunanza Plenaria si riferisce specificamente ad erogazioni di matrice “indennitaria” e non “risarcitoria” (pag. 6 memoria cit.), è altrettanto vero che si è ivi affermato (e si intende ribadire nella presente sede) come la finalità del legislatore è, in generale, quella di evitare ogni “esborso di matrice pubblicistica” in favore di imprese soggette ad infiltrazioni criminali.
In sostanza – ed è questa la ratio della norma – il legislatore intende impedire ogni attribuzione patrimoniale da parte della Pubblica Amministrazione in favore di tali soggetti, di modo che l’art. 67, comma 1, lett. g) del Codice delle leggi antimafia non può che essere interpretato se non nel senso di riferirsi a qualunque tipo di esborso proveniente dalla P.A..
E tale finalità – in linea con quanto innanzi affermato in ordine agli effetti della interdittiva antimafia – è perseguita dal legislatore per il tramite di una tendenzialmente (temporanea) perdita, per l’imprenditore, della possibilità di essere titolare, nei confronti della Pubblica Amministrazione, delle posizioni giuridiche riferite alle ipotesi puntualmente indicate nell’art. 67 cit.
5.1.2. A fronte di quanto esposto, non può assumere rilievo in senso contrario l’argomento che sembrerebbe potersi trarre dalla disposizione citata, laddove, oltre al divieto di disporre “contributi, finanziamenti e mutui agevolati” (casi specificamente indicati), si ricomprendono nel divieto (in senso, per così dire, più “generale”) anche “altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate”.
L’argomento sostenuto dalla ricorrente (v. pagg. 6-7 memoria cit.) – e che fa leva sull’espressione “dello stesso tipo” che indicherebbe una riconducibilità delle erogazioni al genus delle “provvidenze” e quindi escluderebbe le somme da corrispondersi a titolo di risarcimento – appare, come spesso nelle interpretazioni meramente letterali, poco persuasivo, essendo facilmente controvertibile.
Ed infatti, alla ricostruzione interpretativa ora riportata, ben può opporsi che gli istituti espressamente contemplati dal legislatore (contributi, finanziamenti, mutui agevolati) rientrano tutti nella più ampia categoria delle obbligazioni pecuniarie pubbliche, di modo che lo “stesso tipo” entro il quale rientrano le “altre erogazioni” interdette, ben può essere inteso come il genus delle obbligazioni pecuniarie poste a carico della Pubblica Amministrazione, quale che ne sia la fonte e la causa.
5.2. L’avere inquadrato l’effetto prodotto dall’interdittiva antimafia in termini di “incapacità” rende possibile comprendere come non assuma rilievo, nel caso di specie, il problema della “intangibilità del giudicato”.
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