Condominio negli edifici e un’opera modificativa del decoro architettonico

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 16518. 

Condominio negli edifici e un’opera modificativa del decoro architettonico

In materia di condominio negli edifici, nel valutare l’impatto di un’opera modificativa sul decoro architettonico bisogna adottare un criterio di reciproco temperamento tra i rilievi attribuiti all’unitarietà originaria di linee e di stile, alle menomazioni apportate da precedenti modifiche e all’alterazione prodotta dall’opera modificativa sottoposta a giudizio, senza che possa conferirsi rilevanza da sola decisiva, al fine di escludere un’attuale lesione del decoro architettonico, al degrado estetico prodotto da precedenti alterazioni ovvero alla visibilità delle alterazioni.

Ordinanza|| n. 16518. Condominio negli edifici e un’opera modificativa del decoro architettonico

Integrale

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere

Dott. CAPONI Remo – rel. Consigliere

Dott. POLETTI Dianora – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 4171-2018, proposto da:

(OMISSIS), domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avv. (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avv. (OMISSIS);

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza della CORTE DI APPELLO DI NAPOLI n. 627 DEL 2017, depositata il 10/02/2017.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 03/02/2023 dal cons. REMO CAPONI.

FATTI DI CAUSA

Con citazione del 22/05/2004, (OMISSIS) conveniva (OMISSIS) dinanzi al Tribunale di Napoli. Costei premetteva di essere proprietaria di un appartamento con terrazzo, confinante con altro terrazzo separato da un muro di proprieta’ del convenuto. Lamentava che costui, nel corso degli anni: (a) aveva realizzato una serie di opere in violazione delle distanze tra le costruzioni e per le vedute; (b) aveva alterato il decoro architettonico dell’edificio. Su questa base, nella sua qualita’ di proprietaria dell’unita’ immobiliare e di condomina, domandava la condanna alla riduzione in pristino e la condanna generica al risarcimento dei danni. (OMISSIS) contestava la domanda, eccependo sia l’usucapione che la prescrizione dell’azione altrui. Il Tribunale accertava che (OMISSIS) aveva realizzato, in appoggio al muro di confine tra i due terrazzi, un manufatto abitabile composto da piu’ vani, coperto dai seguenti tre solai calpestabili, costituenti lastrici solai, situati a differenti quote: il primo a 2,25 metri dal calpestio, raggiungibile da una scala provvisoria e privo di parapetto; i restanti due rispettivamente a 3,00 e 3,30 metri, accessibili dal primo tramite un gradino di 75 centimetri, muniti di parapetti, posizionati a 1,03 metri dal terrazzo dell’attrice e a 5,90 metri dalla finestra del salone di quest’ultima. Il giudice di primo grado accertava poi che dai due lastrici protetti e’ possibile sporgersi e guardare in tutte le direzioni nel fondo della vicina, applicava l’articolo 905 c.c. (distanza minima di un metro e mezzo per l’apertura di vedute dirette), di conseguenza ordinava l’arretramento dei parapetti, oltre al risarcimento dei danni da liquidarsi in separato giudizio. Escludeva, invece, la violazione dell’articolo 873 c.c., osservando che era osservata la distanza minima dalla costruzione dell’attrice, poiche’ era possibile costruire in aderenza al muro, in applicazione del principio della prevenzione, senza che il regolamento comunale prevedesse qualcosa in contrario. In secondo grado la pronuncia e’ stata confermata, previo rigetto dell’appello principale del convenuto e dell’incidentale dell’attrice.

Ricorre in cassazione l’attrice con due motivi. Resiste il convenuto con controricorso e ricorso incidentale con quattro motivi, illustrati da memoria.

Condominio negli edifici e un’opera modificativa del decoro architettonico

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo del ricorso principale si deduce violazione degli articoli 873 e ss. c.c., 68 e 20 regolamenti edilizi, rispettivamente del 1999 e del 1935, per avere la Corte di Appello rigettato la domanda di condanna all’arretramento delle opere dal muro di confine.

La parte di sentenza censurata afferma che l’arretramento alla distanza regolamentare “potrebbe essere impartito per le sopraeleva-zioni che postulano una volumetria significativa dei piani sottostanti e tale certo non e’ lo sbalzo del solaio, anche considerato il principio per il quale, al fine del computo delle distanze, l’altezza dell’edificio si calcola al colmo piuttosto che alla gronda”.

Il primo motivo e’ fondato. In tema di distanze tra gli edifici, la scelta del preveniente di costruire sul confine e’ definitiva, nel senso che – una volta edificato – nel sopraelevare l’opera, egli deve far combaciare il fronte della sopraelevazione con il fronte della costruzione inferiore, proseguendo in linea retta verticale, oppure deve arretrare il fronte della sopraelevazione fino a distanza dal confine non inferiore a quella legale o fino alla maggiore distanza prevista dai regolamenti locali vigenti al tempo della sopraelevazione (cfr. Cass. 7762/1999, 14077/2003).

Su questa base il primo motivo e’ accolto. Spettera’ al giudice di merito disporre l’applicazione delle distanze previste dal regolamento edilizio vigente al tempo della prima sopraelevazione.

2. – Con il secondo motivo del ricorso principale si deduce violazione e falsa applicazione dell’articolo 1127 c.c., con riferimento alla valutazione delle caratteristiche e dell’aspetto architettonico del fabbricato, per avere la Corte di appello omesso qualsiasi indagine volta ad individuare, in concreto, il preciso stile del fabbricato e dell’opera realizzata, giungendo alla conclusione secondo cui “non e’ apprezzabile l’incompatibilita’ con lo stile architettonico dell’edificio”.

Il motivo e’ fondato. Come si evince dalla sentenza, il c.t.u. ha rilevato che le opere realizzate dal (OMISSIS) “alterano senz’altro lo stato originario di progetto del fabbricato. (…) Tali opere chiaramente osservabili dagli appartamenti circostanti (anche di altri edifici) a quota uguale o maggiore. (…) Le forme realizzate, quali ad esempio archi delle portefinestre, non risultano in sintonia con l’estetica del fabbricato, caratterizzata dalla linea dritta (…). Inoltre, i volumi realizzati introducono elementi di disturbo e confusione (quali ad esempio solai a differenti altezze), compromettendo ulteriormente un giudizio positivo sull’estetica del fabbricato”.

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La Corte ritiene di poter sottovalutare questi elementi, osservando che: “queste alterazioni sono intervenute su un prospetto dell’edificio gia’ gravemente compromesso da plurimi interventi di altri condomini che hanno concorso a disperdere la simmetria, l’estetica e l’aspetto generale del fabbricato, oltre che dal degrado connesso alla vetusta’ della struttura (…) Inoltre, essi non sono visibili dalla strada su cui aggetta il prospetto interessato di talche’ non e’ apprezzabile l’incompatibilita’ con lo stile architettonico dell’edificio, ne’ la disomogeneita’ delle linee e delle strutture se non perdendo di vista l’armonia estetica dell’edificio e orientando lo sguardo da siti privati, con un’attenzione al particolare, piuttosto che all’insieme”.

Tale motivazione urta contro la giurisprudenza di questa Corte gia’ perche’ attribuisce rilevanza alla visibilita’ delle alterazioni. Infatti, per decoro architettonico deve intendersi l’estetica del fabbricato risultante dall’insieme delle linee e delle strutture che lo connotano intrinsecamente, imprimendogli una determinata armonica fisionomia ed una specifica identita’. Pertanto, e’ irrilevante il grado di visibilita’ delle nuove opere sottoposte a giudizio, in relazione ai diversi punti da cui si osserva l’edificio (cfr. Cass. 851/2007).

Inoltre, sottesa all’argomentazione della Corte territoriale e’ l’idea che non possa avere incidenza lesiva del decoro architettonico un’opera modificativa dell’edificio, quando l’originario decoro si sia gia’ degradato in conseguenza di interventi modificativi precedenti di cui non sia stato preteso il ripristino. Tale idea, se puo’ vantare qualche appiglio nella giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. 4679/2009), e’ da coordinare con una considerazione sistemica che, nel valutare l’impatto sul decoro architettonico di un’opera modificativa, adotta un criterio flessibile, di maggiore o minore rigore, in vista delle caratteristiche dell’edificio di volta in volta sottoposto a giudizio, ove devono essere reciprocamente temperati i rilievi attribuiti all’unitarieta’ di linee e di stile originaria, alle menomazioni apportate da precedenti modifiche altrui e all’alterazione prodotta dall’attuale opera modificativa (cfr. Cass. 5417/2002).

A tutto cio’ si aggiunge che nel caso di specie l’allegata lesione del decoro architettonico si congiunge ad un’altra violazione accertata (in materia di distanze) che impone comunque una revisione della nuova opera. In tale contesto, far pesare in modo decisivo gli effetti delle plurime alterazioni precedenti per negare l’incidenza lesiva del decoro architettonico dell’opera modificativa sottoposta a giudizio priverebbe tale parametro estetico di qualsiasi forza normativa per il futuro, proprio nel momento in cui s’impone per altre ragioni una revisione della nuova opera. Su questa linea, cfr. gia’ Cass. 851/2007 cit., che nega rilevanza a pregresse modifiche non autorizzate.

In sintesi, questo e’ il principio di diritto che fonda l’accoglimento del secondo motivo: “in materia di condominio negli edifici, nel valutare l’impatto di un’opera modificativa sul decoro architettonico e’ da adottare un criterio di reciproco temperamento tra i rilievi attribuiti all’unitarieta’ di linee e di stile originaria, alle menomazioni apportate da precedenti modifiche e all’alterazione prodotta dall’opera modificativa sottoposta a giudizio, senza che possa conferirsi rilevanza da sola decisiva, al fine di escludere un’attuale lesione del decoro architettonico, al degrado estetico prodotto da precedenti alterazioni.

In conclusione, il secondo motivo del ricorso principale e’ accolto.

3. – Passando all’esame del ricorso incidentale, con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli articoli 112, 115, 116, 345 comma 3 c.p.c., 1117, 1158, 2665, 2697 c.c., nonche’ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti per avere la Corte di appello rigettato l’eccezione di difetto di legittimazione dell’attrice fondata sul fatto che costei non ha dimostrato di essere proprietaria del terrazzo per cui e’ causa.

Condominio negli edifici e un’opera modificativa del decoro architettonico

Il motivo e’ infondato. Con esso il ricorrente incidentale sovrappone il proprio apprezzamento ricostruttivo della situazione di fatto rilevante a quello del giudice di merito, il quale non presta il fianco a censure ammissibili nel giudizio di legittimita’. L’argomentazione complessiva del motivo urta contro il principio secondo il quale il giudice di merito che fondi il proprio apprezzamento su alcune prove piuttosto che su altre non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere esplicitamente ogni singolo elemento probatorio o a confutare ogni singola deduzione che aspiri ad una diversa ricostruzione della situazione di fatto rilevante. In tal modo sono da ritenersi disattesi i rilievi che, sebbene non menzionati, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata. L’apprezzamento del giudice di merito e’ censurabile in sede di legittimita’ solo nel caso in cui la motivazione sia talmente inadeguata da non consentire di ricostruire l’iter logico seguito dal giudice, mentre non vi e’ spazio per una critica ad opera del ricorrente che si sostanzi nella mera contrapposizione di una differente ricostruzione dei fatti.

Nel caso di specie, la Corte di appello di Napoli ha sufficientemente motivato il proprio convincimento che l’attrice sia proprietaria del terrazzo sulla base dell’esame del titolo (la scrittura privata del 19/12/1983) che menziona un terrazzo a livello annesso all’appartamento; le planimetrie presentate dal costruttore per l’accatastamento (17/07/1963); il possesso ultraventennale; la qualita’ accessoria del terrazzo rispetto all’appartamento dell’attrice, dal quale e’ esclusivamente raggiungibile. Tale motivazione non e’ scalfita da alcuna fra le obiezioni mosse del convenuto. In particolare, non lo e’ da quella che fa leva sulla nota di trascrizione, che non costituisce fonte di prova del contenuto del titolo, ma solo uno dei vari elementi sui quali il giudice puo’ fondare il proprio convincimento, anche perche’ la trascrizione ha la funzione di risolvere il diverso problema del conflitto tra piu’ aventi causa dallo stesso autore (cfr. Cass. 20641/2013). Non e’ scalfita dalla censura relativa alla mancata ammissione della documentazione prodotta per la prima volta in appello, che in ogni caso e’ da ravvisare come superflua ex articolo 209 c.p.c. Infine, la ratio che si basa sulla qualita’ di condomina dell’attrice non vale certo a scalzare la sua legittimazione quale proprietaria esclusiva del terrazzo, ma assume carattere palesemente accessorio.

In conclusione, il primo motivo del ricorso incidentale e’ rigettato.

4. – Con il secondo motivo del ricorso incidentale si deduce violazione e falsa applicazione degli articoli 1158, 2934 c.c., l. 47 del 1985, articolo 31, nonche’ omesso esame circa un fatto decisivo, per avere la Corte di appello omesso di dichiarare l’usucapione del diritto di servitu’ a mantenere le opere realizzate a distanza inferiore a quella prevista dalla legge e dai regolamenti edilizi locali

Il motivo non e’ fondato. La sentenza accerta il difetto di prova che le opere effettuate nel 1993 abbiano investito una superficie analoga a quella attualmente occupata e che l’edificazione sulla zona prospiciente il muro di confine sia rimasta immutata nel tempo. Al contrario, la seconda istanza di condono rinviene la propria ragione sufficiente nell’esigenza di sanare l’abbattimento dell’originaria veranda, sostituita da una nuova costruzione in muratura. Da questo e da altri elementi, la Corte territoriale desume che l’inclusione del precedente manufatto in una piu’ vasta struttura impone di qualificare come nuova l’opera e impedisce di far regredire il dies a quo del ventennio utile alla prescrizione (acquisitiva ed estintiva) al completamento della precedente struttura (veranda), totalmente diversa. Tale apprezzamento non esibisce profili censurabili nel giudizio di legittimita’.

In conclusione, il secondo motivo e’ rigettato.

5. – Con il terzo motivo del ricorso incidentale si deduce violazione e falsa applicazione degli articoli 905 e 1102 c.c., nonche’ omesso esame circa un fatto decisivo, per avere la Corte di appello ritenuto che la fattispecie per cui e’ causa debba essere disciplinata dall’articolo 905 c.c., accertandone la violazione e non gia’ dall’articolo 1102 c.c..

Il motivo e’ infondato. In via di principio, la disciplina delle distanze delle costruzioni si osserva anche nei rapporti tra condomini di un edificio purche’ sia compatibile con la disciplina relativa alle cose comuni, che quindi prevale in ipotesi di contrasto, determinando l’inapplicabilita’ delle norme sulle distanze (cfr. Cass. 30528 del 2017). La Corte di appello ha correttamente constatato che nella situazione de qua non sussistesse contrasto tra le due discipline.

In conclusione, il terzo motivo e’ rigettato.

6. – Con il quarto motivo del ricorso incidentale, si deduce violazione degli articoli 905 e 2697 c.c., nonche’ omesso esame circa un fatto decisivo, poiche’ la Corte di appello ha ritenuto sussistente il danno in re ipsa in capo all’attrice.

Il motivo e’ infondato. La Corte di appello ha accolto la domanda di condanna generica, conformandosi alla giurisprudenza di legittimita’ secondo cui l’accertata violazione della disciplina delle distanze reca con se’ di regola un danno da risarcire, salva la possibilita’ dell’autore della violazione di dare la prova di fatti impeditivi del danno, come le peculiarita’ dei luoghi o dei modi della lesione (cfr. Cass. 25082/2020). In questo senso e’ da intendere il concetto di danno in re ipsa, cioe’ come danno che normalmente (secondo il corso ordinario degli eventi) coincide con l’evento della lesione (del contenuto) di certi diritti (come la proprieta’ e gli altri diritti reali) e che si produce come modalita’ della lesione, salva la prova contraria, cioe’ che il danno non si e’ verificato per un andamento delle cose accidentalmente divergente dall’id quod plerumque accidit. Tale e’ l’impostazione recentemente avallata da Cass. SU 33645/2022.

In conclusione, il quarto motivo e’ rigettato.

7. – Con il quinto motivo del ricorso incidentale si deduce violazione e falsa applicazione degli articoli 91 e 92 c.p.c., nonche’ omesso esame circa un fatto decisivo, con riferimento al governo delle spese del giudizio di primo grado, per avere la Corte di appello, da un lato, confermato la decisione di prime cure che applicato il criterio della soccombenza integrale di cui all’articolo 91 c.p.c., dall’altro lato, disposto la compensazione integrale delle spese in secondo grado, in una situazione in cui vi e’ una evidente soccombenza reciproca.

Del quinto motivo e’ da dichiarare l’assorbimento, poiche’ l’accoglimento del ricorso principale e’ accompagnato dal giudizio di rinvio, all’esito del quale il giudice dovra’ procedere ad una ridetermi-nazione delle spese, secondo l’esito finale della lite.

8. – In conclusione, e’ accolto il ricorso principale; sono rigettati i primi quattro motivi del ricorso incidentale; e’ assorbito il quinto motivo del ricorso incidentale; e’ cassata la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti del ricorso principale; e’ rinviata la causa alla Corte di appello di Napoli, che si pronuncera’ anche sulle spese del presente giudizio di legittimita’.

Inoltre, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla l. 228-12, articolo 1, comma 17, si da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ad opera della parte ricorrente incidentale, dell’ulteriore somma pari al contributo unificato per il ricorso a norma dell’articolo 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso principale; rigetta i primi quattro motivi del ricorso incidentale; dichiara assorbito il quinto motivo del ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti del ricorso principale; rinvia la causa alla Corte di appello di Napoli in diversa composizione, che si pronuncera’ anche sulle spese del presente giudizio di legittimita’.

Inoltre, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla l. 228-12, articolo 1, comma 17, si da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ad opera della parte ricorrente incidentale, dell’ulteriore somma pari al contributo unificato per il ricorso a norma dell’articolo 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

 

 

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