Corte di Cassazione, sezione sesta (terza) civile, Ordinanza 19 novembre 2019, n. 29950.
La massima estrapolata:
In tema di conclusione del contratto del rappresentante con se stesso, l’art. 1395 cod. civ. contiene una presunzione “iuris tantum” di conflitto di interessi, superabile esclusivamente mediante la dimostrazione, in via alternativa, di una delle due condizioni tassativamente previste, vale a dire l’autorizzazione specifica da parte del rappresentato o la predeterminazione degli elementi negoziali, mentre resta irrilevante il profilo della sussistenza di un concreto rapporto di incompatibilità fra le esigenze del rappresentato e quelle del rappresentante
Ordinanza 19 novembre 2019, n. 29950
Data udienza 20 giugno 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE TERZA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente
Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere
Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 11485-2018 proposto da:
(OMISSIS) SRL, in persona dell’amministratore pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1078/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 19/02/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 20/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. POSITANO GABRIELE.
RILEVATO
Che:
la societa’ (OMISSIS) Srl aveva evocato in giudizio, davanti al Tribunale di Roma, (OMISSIS) esponendo di essere proprietaria di una autorimessa sovrastata dal terrazzo annesso all’appartamento di proprieta’ della convenuta. Aveva dedotto che nell’autorimessa si erano verificate delle infiltrazioni d’acqua per la cui eliminazione lo stesso Tribunale, con precedente ordinanza del 25 novembre 2010, aveva ordinato alla convenuta di eseguire i lavori indicati nella relazione di a.t.p, senza che l’ordine fosse adempiuto;
si era costituita la (OMISSIS) chiedendo il rigetto della domanda e, in via subordinata, la riduzione dei danni, la loro ripartizione sensi dell’articolo 1126 c.c. e spiegando domanda riconvenzionale per la condanna della societa’, ai sensi dell’articolo 844 c.c., ad adottare le misure necessarie ad impedire il protrarsi delle immissioni dal garage di proprieta’ della attrice, oltre al risarcimento dei danni;
il Tribunale, con sentenza del 4 novembre 2014, dichiarava la convenuta responsabile delle infiltrazioni subite dall’autorimessa e poneva a carico della stessa le spese necessarie ai lavori di rifacimento del lastrico solare, rigettando ogni altra domanda, anche spiegata in via riconvenzionale;
con atto di citazione del 18 dicembre 2014 (OMISSIS) proponeva appello chiedendo la riforma della decisione. Si costituiva la societa’ (OMISSIS) S.r.l. chiedendo il rigetto della impugnazione;
la Corte d’Appello di Roma, con sentenza del 19 febbraio 2018, riteneva fondati i motivi di impugnazione, rilevando che, a causa della natura dei luoghi, trovava applicazione il principio secondo cui, nell’ipotesi di uso del lastrico solare non comune a tutti i condomini, la responsabilita’ dei danni ricade, sia sul proprietario del lastrico solare, che sul condominio e cio’ anche nell’ipotesi in cui il lastrico costituisca copertura di un immobile che appartenga in via esclusiva ad un solo soggetto. Il concorso di responsabilita’ avrebbe dovuto essere risolto secondo i criteri previsti dall’articolo 1126 c.c.;
in secondo luogo rilevava che l’immobile era stato costruito dalla stessa societa’ oggi proprietaria dell’autorimessa posta al piano sottostante il lastrico e che gli inconvenienti erano dovuti, sia ad avaria dell’impermeabilizzazione lungo le pareti terminali del lastrico, sia alla imperfetta connessione tra i telai degli infissi e i bordi e cio’ consentiva di individuare una responsabilita’ concorrente anche riguardo all’incidenza causale della situazione delle finestre dell’autorimessa che si aprivano sul lastrico;
la Corte riteneva fondato anche il motivo relativo al rigetto della domanda riconvenzionale poiche’ dalle risultanze processuali era emersa l’esistenza di fumi ed esalazioni che rendevano poco praticabile il lastrico solare. Pur in difetto di un danno biologico, le immissioni avevano prodotto un pregiudizio non patrimoniale quantificato dal giudice di appello;
conseguentemente, in accoglimento dell’impugnazione dichiarava la responsabilita’ concorrente di entrambe le parti e che le spese di impermeabilizzazione avrebbero dovuto essere ripartite ai sensi dell’articolo 1126 c.c.; condannava la (OMISSIS) Srl al pagamento della somma di Euro 10.000 in ragione delle immissioni intollerabili;
avverso tale decisione propone ricorso per cassazione la S.r.l. (OMISSIS) affidandosi a tre motivi. Resiste con controricorso Evelina (OMISSIS) che deposita memoria ai sensi dell’articolo 380-bis c.p.c..
CONSIDERATO
Che:
con il primo motivo si deduce la violazione degli articoli 1123, 1125 e 1126 c.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3 La Corte d’Appello avrebbe dovuto applicare analogicamente l’articolo 1125 c.c. che accolla per intero le spese relative alla manutenzione del pavimento del piano superiore a chi, a causa dell’uso esclusivo dello stesso, abbia determinato la necessita’ di quella manutenzione;
il primo motivo e’ inammissibile perche’ nuovo e perche’ dedotto in violazione dell’articolo 366 c.p.c., n. 6, non avendo la ricorrente allegato di avere sottoposto al giudice di merito la questione relativa ai presupposti dell’articolo 1125 c.p.c. che richiede un’indagine in fatto su elementi diversi rispetto a quelli esaminati dalla Corte (configurabilita’ del manufatto come contrariamente a quanto dedotto in memoria, non puo’ essere integrato successivamente;
inoltre, la fattispecie in esame non e’ riferibile al caso della terrazza a livello, ricorrente nel caso di specie, perche’ la stessa non ha sola funzione di copertura, con conseguente applicazione dell’articolo 1126 c.p.c. (Cass. 9 agosto 2017 n. 19779 e Cass. SU 10 maggio 2016 n. 9449);
con il secondo motivo si lamenta l’insufficienza e la contraddittorieta’ della motivazione circa un fatto controverso ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5. Secondo la ricorrente l’impermeabilizzazione risalirebbe all’epoca della costruzione (1957), mentre gli interventi di manutenzione non sarebbero stati realizzati da oltre 10 anni. Pertanto la Corte territoriale avrebbe dovuto applicare l’articolo 1125 c.c. e le spese avrebbero dovuto, al piu’, essere divise al 50%;
non ricorre l’omesso esame di un fatto storico oggetto del secondo motivo perche’ la Corte d’Appello si e’ soffermata sul punto, motivando sulla sussistenza di reciproche omissioni. Per il resto la censura e’ strutturata sulla falsariga del precedente testo dell’articolo 360 c.p.c., n. 5;
con il terzo motivo si deduce la violazione dell’articolo 116 c.p.c. e degli articoli 2043, 844 e 2697 c.c., con riferimento all’articolo 360 c.p.c., n. 3, con riferimento alla domanda riconvenzionale. La nocivita’ delle immissioni di fumo non avrebbe trovato alcun riscontro oggettivo riguardo al profilo dell’intollerabilita’ e la relazione della Asl si limitava a evidenziare la possibilita’ di semplici inconvenienti igienico-sanitari causati dall’autorimessa. Inoltre, non vi sarebbe la prova di successivi provvedimenti sanzionatori da parte della azienda sanitaria. Infine, le dichiarazioni rese dal teste (OMISSIS) evidenziavano l’assenza di nesso causale tra i presunti danni e le immissioni. Pertanto, secondo la ricostruzione della ricorrente, la Corte d’Appello non disponeva di elementi sufficienti per ritenere provato il danno non patrimoniale;
il terzo motivo tende ad una valutazione nel merito del materiale probatorio ed e’ carente ex articolo 366 c.p.c., n. 6 riguardo alla documentazione indicata (sono insufficienti i passaggi della relazione della Asl e della prova testimoniale);
in particolare, la richiesta di valutazione del materiale probatorio al fine di accertare l’esistenza o meno del requisito della intollerabilita’ costituisce una tipica indagine di fatto non demandabile alla Corte di legittimita’. Anche il riferimento alla “possibilita’ d’inconvenienti igienico sanitari causati dall’autorimessa” riguarda un passaggio diverso della relazione, rispetto a quello citato dalla Corte territoriale. La prospettazione di una ricostruzione differente dei fatti, con insufficienza degli elementi probatori, costituisce una censura che esula, sia dal citato vizio ex articolo 360 c.p.c., n. 3, che dall’ipotesi prevista dal n. 5 della stessa norma;
infine, la violazione degli articoli 116 e 2697 c.c. non e’ dedotta secondo quanto indicato in motivazione da Cass. n. 11892 del 2016 per la prima norma e per entrambe da Cass., Sez. Un., n. 16598 del 2016;
ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza. Infine, va dato atto – mancando ogni discrezionalita’ al riguardo (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra molte altre: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in Euro 8.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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