Corte di Cassazione, sezione prima penale, Sentenza 24 maggio 2019, n. 23120.
La massima estrapolata:
La concessione della misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale per scopi terapeutici non è compatibile con l’accertata pericolosità sociale del richiedente. Nel caso in esame il giudizio negativo di inidoneità della misura richiesta si è fondato sull’accertamento di una radicata dedizione al crimine del soggetto condannato, aggravata dallo stato di tossicodipendenza, dall’insuccesso delle misure alternative cui aveva avuto accesso in precedenza e dalla natura delle frequentazioni personali.
Sentenza 24 maggio 2019, n. 23120
Data udienza 29 aprile 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI TOMASSI Mariastefania – Presidente
Dott. SIANI Vincenzo – Consigliere
Dott. BONI Monica – rel. Consigliere
Dott. ALIFFI Francesco – Consigliere
Dott. CAPPUCCIO Daniele – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 25/10/2018 del TRIB. SORVEGLIANZA di BARI;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa BONI MONICA;
lette le conclusioni del P.G. Dott. SECCIA Domenico, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza emessa il 25 ottobre 2018 il Tribunale di sorveglianza di Bari rigettava l’istanza, avanzata dal condannato (OMISSIS), volta ad ottenere l’ammissione all’affidamento terapeutico ai servizi sociali, ritenendo la misura inadeguata a contenere la pericolosita’ del condannato anche per le insufficienti prescrizioni contenitive, inerenti al programma riabilitativo di tipo semiresidenziale.
2. Avverso l’indicato provvedimento, ha proposto ricorso per cassazione l’interessato a mezzo del difensore, chiedendone l’annullamento per violazione di legge in relazione al disposto del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 94 e per vizio di motivazione. Secondo la difesa, e’ errata e frutto di travisamento la considerazione del programma terapeutico, che non e’ semiresidenziale, ma ambulatoriale e non e’ stato adeguatamente analizzato nei suoi contenuti; il Tribunale di sorveglianza non ha valutato le condizioni di legge che avrebbero consentito l’ammissione al beneficio ed ignorato che questo avrebbe consentito al recupero del condannato secondo le finalita’ che la legge assegna all’istituto. I riferimenti tratti dalla relazione di sintesi dell’istituto penitenziario del 22 ottobre 2018 sono stati letti in base alla relazione precedente del 30 novembre 2016, laddove si era segnalata come idonea misura quale l’affidamento in una comunita’ residenziale e distante dai luoghi ove si erano sviluppate le frequentazioni dell’ (OMISSIS) e dalla sua citta’ d’origine; tale condizione era assolta dalla Comunita’ terapeutica di (OMISSIS), distante oltre cento chilometri da (OMISSIS) e da (OMISSIS), nonche’ dai luoghi di commissione delle condotte criminose, sicche’ la stessa offriva tutte le garanzie di un efficace percorso riabilitativo. E’ contraddittoria ed illogica la motivazione anche laddove esamina le relazioni acquisite ma senza considerare il comportamento positivo e rispettoso, tenuto dal ricorrente in ambito carcerario, l’attivita’ lavorativa svolta ed il processo di revisione critica in atto per assegnare prevalente rilevanza ai precedenti penali ed ai carichi pendenti, compreso quello per partecipazione ad associazione a delinquere per commettere furti, per il quale l’ordinanza applicativa della custodia in carcere, notificatagli nel 2018, e’ frutto della frammentazione in piu’ procedimenti dei medesimi fatti, avvinti da continuazione.
3. Con requisitoria scritta il Procuratore Generale presso la Corte di cassazione, Dott. Seccia Domenico, ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
L’impugnazione e’ inammissibile.
1. Il Tribunale di sorveglianza ha giustificato in modo congruo e logico la decisione assunta sulla scorta di una pluralita’ di argomenti, diffusamente illustrati.
1.1 Dopo avere passato in rassegna i precedenti penali e giudiziari del ricorrente, per i quali egli sta espiando pena cumulata di anni nove, mesi sei e giorni ventisette di reclusione con fine pena al 21 marzo 2024, riguardanti reati molteplici e gravi contro il patrimonio, la persona e in materia di armi, ha apprezzato negativamente la possibilita’ di accordare l’affidamento terapeutico da svolgere presso una comunita’ semiresidenziale di (OMISSIS).
1.2 Al riguardo, oltre a ritenere prematura la concessione della misura rispetto all’ancora lunga pena da espiare, ha riscontrato l’inidoneita’ del programma terapeutico per le modalita’ esecutive, contemplanti il rientro del sottoposto al domicilio e una liberta’ di movimento sul territorio, stimata incompatibile con le esigenze di contenimento delle sue spinte a delinquere, desunte dalla commissione di una serie impressionante di rapine perpetrate al fine di procurarsi i mezzi per l’acquisto di stupefacenti in (OMISSIS) in danno di esercizi di tabaccheria, mediante l’uso di armi da fuoco e della forza, con le quali aveva posto le vittime in condizioni di incapacita’ di reagire. Ha poi ricostruito anche le pregresse esperienze esecutive del condannato, rimarcando che lo stesso nel 2007 e poi nel 2011 aveva gia’ fruito di misure alternative con esito all’apparenza favorevole, ma in realta’ prive di efficacia rieducativa, tanto che l’ (OMISSIS) era stato condannato in via definitiva per ulteriori reati commessi successivamente: invasione di edifici e deturpamento di beni pubblici nel 2013 e partecipazione ad associazione a delinquere finalizzata alla commissione di furti aggravati tra il 2013 ed il 2015, cui era seguita l’emissione nel 2018 di ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere per ulteriore condotta di partecipazione ad analoga associazione a delinquere, che aveva annoverato tra i suoi affiliati anche pregiudicati di (OMISSIS) e di (OMISSIS).
1.3 Ha quindi esaminato anche il contenuto della relazione elaborata dagli operatori penitenziari, espressisi in termini negativi nel 2016 quanto al suo inserimento in strutture riabilitative insistenti nel territorio di provenienza, nel quale egli aveva intrattenuto relazioni personali con soggetti vicini e persino col figlio del principale esponente della criminalita’ organizzata foggiana, misura che potrebbe consentirgli di riprendere le medesime frequentazioni e complicita’, conclusioni non smentite dal successivo elaborato del 22 ottobre 2018, nel quale, nonostante l’impegno dimostrato dal condannato, non era stato proposto nessun trattamento diverso da quello inframurario. Ha ritenuto che la relazione socio-familiare, elaborata dall’U.e.p.e. nel 2018, – piu’ possibilista quanto alla praticabilita’ della misura dell’affidamento terapeutico, pur avendo evidenziato che soltanto il carcere riesce ad allontanare l’ (OMISSIS) dalle sostanze da cui e’ dipendente -, non fosse in grado di smentire l’elaborato di sintesi, redatto dal personale carcerario, frutto dell’osservazione diretta della sua personalita’ in contesto restrittivo.
1.4 Da tali premesse e dal fallimento delle pregresse esperienze in regime alternativo il Tribunale di sorveglianza ha tratto il giudizio negativo di inidoneita’ della misura richiesta, anche se di carattere comunitario residenziale, a contenere l’elevata pericolosita’ sociale dell’ (OMISSIS).
2. L’articolata struttura del percorso motivazionale dimostra la correttezza del procedimento inferenziale, congruamente giustificato, che dalla radicata dedizione al crimine da parte del ricorrente, dallo stato di tossicodipendenza, dall’insuccesso delle misure alternative cui aveva avuto accesso e dalla natura delle sue frequentazioni personali, ha tratto elementi rivelatori di allarmante devianza e di elevata pericolosita’ sociale, stimati incompatibili con la sottoposizione all’esperimento.
Ha dunque aggiunto che, seppure la misura richiesta potesse essere utile sotto il profilo terapeutico, non sarebbe idonea a contenere le pulsioni delinquenziali e l’elevata pericolosita’ sociale dell’ (OMISSIS), anche perche’ il programma terapeutico elaborato gli lascerebbe ampi spazi di liberta’ e non avrebbe reale efficacia contenitiva, essendo piuttosto necessario protrarre l’osservazione in carcere prima di sperimentare un’esperienza in esternato. In definitiva, il giudizio di inidoneita’ della misura, espresso dal Tribunale di sorveglianza, a prevenire il pericolo di commissione di ulteriori reati, risulta ampiamente giustificato in base agli elementi disponibili e non contraddetto da dati contrari, essendo stati gia’ considerati tutti quelli rappresentati dalla difesa e, poiche’ motivato in assenza di incongruenze o del travisamento dei dati probatori, non e’ suscettibile di censura in sede di legittimita’.
3. In particolare, appare generica la doglianza che lamenta il travisamento del contenuto del programma riabilitativo perche’ di natura “ambulatoriale” e non semiresidenziale, che, se ancor meno limitativo della liberta’ personale, non si vede quali maggiori garanzie del rispetto delle prescrizioni e di astensione da nuovi reati potrebbe offrire. Inoltre, il documento richiamato dalla difesa, consistente nel programma di affidamento residenziale presso la Comunita’ “(OMISSIS)”, sita in (OMISSIS), che si assume non valutato dal Tribunale di sorveglianza, non e’ stato prodotto in allegato al ricorso e non si e’ data prova della sua messa a disposizione per la valutazione da parte del collegio di merito, sicche’ la denuncia di travisamento per omissione del materiale probatorio non e’ stata ritualmente dedotta e dimostrata.
Infine, anche il preteso travisamento delle relazioni degli operatori sociali deve essere escluso: il Tribunale di sorveglianza ha preso doverosamente in esame tutti gli elaboratori e li ha considerati in relazione ai presupposti conoscitivi in base ai quali erano stati redatti, assegnando prevalenza perche’ piu’ persuasivi ed attendibili a quelli predisposti dall’equipe carceraria e fornendo congrua giustificazione del relativo giudizio.
4. L’ordinanza in esame e’, inoltre, conforme ai criteri interpretativi formulati da questa Corte, che ha piu’ volte affermato “L’affidamento in prova per fini terapeutici, dovendo assicurare la prevenzione dei reati, non puo’ essere concesso al condannato tossicodipendente ritenuto attualmente pericoloso, atteso che il programma terapeutico postula la collaborazione del soggetto interessato, negata in radice dalla sua stessa condizione di persona pericolosa” (Cass., sez. 1, n. 48041 del 09/10/2018, Massimino, rv. 274665; sez. 1, n. 46810 del 06/11/2012, Barbagallo, rv. 253855).
Ed anche in merito ai presupposti applicativi dell’istituto, la cui ammissione richiede “una complessa valutazione circa il probabile conseguimento delle finalita’ del programma terapeutico, tenendo conto della pericolosita’ del condannato e dell’attitudine del trattamento a realizzare un suo effettivo reinserimento sociale” (sez. 1, n. 16905 del 20/12/2017, dep. 2018, Frattasio, rv. 273293; vedi altresi’: sez. 1, n. 53761 del 22/09/2014, Palena, rv. 261982; sez. 1, n. 15963 del 21/03/2013, P.G. in proc. Inerte, rv. 255690; sez. 1, n. 9320 del 01/02/2011, Matarrese, rv. 249884; sez. 1, n. 1362 del 18/11/2010, dep. 2011, Liso, rv. 249285), il giudizio espresso dal Tribunale di sorveglianza circa l’inefficacia del programma terapeutico rispetta le linee interpretative elaborate dalla giurisprudenza di legittimita’, per la quale il documento che delinea il percorso riabilitativo non e’ mai vincolante per il giudice, ma oggetto di valutazione discrezionale che prospettivamente deve esprimere una prognosi a realizzare la disintossicazione del soggetto ed il suo effettivo reinserimento nella societa’.
Pertanto, il ricorso, manifestamente infondata in tutte le sue deduzioni, va dichiarato inammissibile con la conseguente condanna del proponente al pagamento delle spese processuali e, in ragione dei profili di colpa insiti nella proposizione di siffatta impugnazione, anche al versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che si reputa equo liquidare in Euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Leave a Reply