Concessione l’erogazione del contributo ed il provvedimento di attribuzione

Consiglio di Stato, Sentenza|9 giugno 2022| n. 4729.

Concessione l’erogazione del contributo ed il provvedimento di attribuzione

L’emissione del provvedimento di attribuzione del beneficio determina l’insorgenza in capo al destinatario di un diritto soggettivo alla concreta erogazione del medesimo, tutelabile avanti al giudice ordinario in caso di relativa mancata concreta attuazione per mero comportamento omissivo del beneficiario o perché l’amministrazione intenda far valere la decadenza dello stesso dal contributo in relazione alla mancata osservanza di obblighi al cui adempimento la legge o il provvedimento condizionano l’erogazione suddetta.

Sentenza|9 giugno 2022| n. 4729. Concessione l’erogazione del contributo ed il provvedimento di attribuzione

Data udienza 27 gennaio 2022

Integrale

Tag- parola chiave Aiuti pubblici – Concessione – Erogazione del contributo – Provvedimento di attribuzione – Effetti – Individuazione

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10095 del 2021, proposto da
So S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Sa. St. Da., Su. Bu., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero delle Infrastrutture e delle Mobilità Sostenibili ed altri ed altri, non costituiti in giudizio;
Ministero delle Infrastrutture e delle Mobilità Sostenibili, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
per l’annullamento
della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione Prima n. 09711/2021, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero delle Infrastrutture e delle Mobilità Sostenibili;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti della causa;
visti gli artt. 105, co. 2 e 87, co. 3, cod. proc. amm.;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 27 gennaio 2022 il Cons. Annamaria Fasano e uditi per le parti gli avvocati come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

Concessione l’erogazione del contributo ed il provvedimento di attribuzione

FATTO e DIRITTO

1. So S.p.a., creditrice chirografaria di As. S.p.a. (assoggettata a procedura concorsuale) nell’ambito di contratti di appalto pubblico, impugnava dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio il decreto direttoriale n. 5969 del 19 maggio 2021, unitamente all’Allegato 1 allo stesso decreto, del Ministero delle Infrastrutture e delle Mobilità Sostenibili, pubblicato sul profilo del Ministero nella sezione Amministrazione trasparente – Fondo salva opere, avente ad oggetto: ” Primo piano di riparto rettifica certificazioni ammesse al fondo salva opere e saldo annualità 2020-2021″ nella parte in cui vi era disposto: “Considerato che alcuni dei beneficiari di cui all’elenco del richiamato Allegato 1 al D.D. n. 8447 del 19 giugno 2020 hanno ricevuto il soddisfo dei crediti dalla procedura concordataria della società As. S.p.a., con attribuzioni di azioni/SFP sui propri Monte titoli, così come comunicato dall’As. S.p.a. con nota del 22 dicembre 2020, pertanto, decadono dall’ammissione al fondo e, per gli effetti, sono espunti dall’elenco degli ammessi al Fondo salva opere”. Con il suddetto provvedimento, il Ministero aveva stabilito, dopo una preliminare ammissione della società ricorrente per un importo di euro 1.162.709,48 (pari al 70% del credito complessivo vantato nei confronti di As. S.p.a.), l’estromissione della stessa dal Fondo salva opere, essendo venuto meno il presupposto dell’esistenza di un credito insoddisfatto nei confronti dell’appaltatore.
2. Il Fondo salva opere, introdotto dal d.l. 30 aprile 2019, n. 34 (convertito con modificazioni dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, e successivamente modificato), era stato istituito presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, al fine di garantire il rapido completamento delle opere pubbliche e tutelare i lavoratori subordinati, mediante la soddisfazione (nella misura massima del 70%) dei crediti insoddisfatti dei sub-contraenti degli appaltatori pubblici/contraenti generali pubblici assoggettati a procedura concorsuale, consentendo la contestuale surroga ope legis del Ministero nei diritti dei beneficiari del Fondo verso gli indicati soggetti. Per l’ammissione al fondo in parola era necessaria l’esistenza di un credito insoddisfatto nei confronti dell’appaltatore. Il legislatore aveva, infatti, introdotto uno strumento di tutela specifica per i crediti insoluti di sub-appaltatori, sub-affidatari e sub-fornitori nei confronti dell’appaltatore o del contraente generale in stato di crisi (fallimento, concordato preventivo, procedura concorsuale in genere), finalizzato a garantire il rapido completamento delle opere pubbliche e a tutelare la stabilità finanziaria, e con essa la salvaguardia dei livelli occupazionali, degli operatori economici del settore attraverso un’anticipazione finanziaria dei crediti certificati da amministrazioni pubbliche, stazioni appaltanti, contraenti generali.

Concessione l’erogazione del contributo ed il provvedimento di attribuzione

In data 17 luglio 2020, il Tribunale di Roma aveva pubblicato il decreto di omologazione n. 63/2018 del concordato preventivo proposto da As. S.p.a., omologato con ordinanza n. 2900/2020. Il piano concordatario prevedeva a favore dei creditori l’erogazione di azioni di nuova emissione e di strumenti finanziari partecipativi, che attribuivano agli stessi il diritto di concorrere al ricavato netto della liquidazione dei beni ricompresi nel compendio da liquidare.
Nel mese di novembre 2020, la società ricorrente aveva ricevuto n. 233.332,00 azioni As. ordinarie per il valore di mercato al 30.12.2020 di euro 67.759,61, e n. 1.867.694 azioni di As. SFP per un valore di euro 0.00, in attuazione del concordato preventivo omologato.
Con decreto direttoriale n. 15981 del 18.11.2020, il Ministero si impegnava ad erogare a favore di So S.p.a. l’importo di euro 13.834,49 e con decreto direttoriale n. 16543/2020 veniva determinato altro impegno a favore della ricorrente di euro 393.855,83, e ribadita la surroga ope legis del Ministero nel credito della beneficiaria nei confronti della procedura concorsuale.
In attuazione del primo Piano di riparto, venivano erogate dal Ministero a favore di So le suindicate somme.
Con comunicazione del 18.2.2021, già oggetto di impugnazione dinanzi al T.A.R. per il Lazio con autonomo ricorso, il Ministero chiedeva alla società la restituzione degli importi erogati sostenendo “essere venuto meno il requisito di ammissione al fondo in parola rappresentato dall’esistenza del credito previsto dal comma 1 ter dell’art. 47 del d.l. n. 34/2019, come convertito dalla l. n. 58/2019. Tra i creditori soddisfatti è contemplata codesta società, il cui credito chirografario di euro 1.867.694,00 risulta interamente ristorato in strumenti finanziari partecipativi ed azioni”.
Il Tribunale adito, con sentenza n. 5718/202, declinava la giurisdizione del giudice amministrativo, trattandosi di controversia soggetta alla giurisdizione del giudice ordinario. Avverso detta pronuncia So interponeva separato appello, allo stato in attesa di fissazione dell’udienza.
3. Con la sentenza n. 9711/2021, oggetto del presente giudizio, il Tribunale Amministrativo regionale per il Lazio ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione, ritenendo la giurisdizione del giudice ordinario.
Il Collegio richiama in motivazione le considerazioni espresse dalla stessa Sezione nella sentenza n. 5718/2021, osservando che la controversia “si incentra unicamente sulla sussistenza o meno di un credito insoddisfatto, ossia del requisito previsto dalla legge per l’ammissione al fondo salva opere e, pertanto, non è configurabile alcuna posizione di interesse legittimo in capo alla parte ricorrente, poiché l’amministrazione non aveva il potere di riconoscere o meno il beneficio a seguito di una valutazione comparativa degli interessi pubblici e privati in gioco”.

Concessione l’erogazione del contributo ed il provvedimento di attribuzione

4. So S.p.a. ha impugnato la declinatoria di giurisdizione. Di essa contesta il fondamento, lamentando error in iudicando, in ragione della sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo. Secondo l’appellante la decisione ministeriale di estromissione dal Fondo integra, contrariamente a quanto sostenuto dal Tribunale amministrativo regionale, l’esercizio di un potere discrezionale erroneo e assunto in falsa applicazione di legge, con introduzione di una ipotesi di esclusione dal Fondo non prevista dalla normativa.
Il Ministero avrebbe male esercitato nel caso di specie il potere amministrativo discrezionale, negando il beneficio al di fuori dei criteri previsti dalla legge e all’esito di un giudizio discrezionale errato per illogicità e per sviamento del fine. L’amministrazione avrebbe perso di vista la ‘ratiò della misura, che sarebbe quella di garantire il rapido completamento delle opere pubbliche, tutelando al contempo il recupero dei crediti delle imprese e la loro liquidità, la continuità dei lavori e il livello occupazionale.
So S.p.a. ritiene che i provvedimenti di revoca/decadenza dal Fondo hanno natura di atti soggettivamente ed oggettivamente amministrativi, emessi nell’esercizio di potere autoritativi che non si esauriscono in una mera operazione ricognitiva di documentazione.
Si sostiene che l’assegnazione dei titoli in favore dei creditori chirografari non equivale al pagamento integrale del credito, posto che il controvalore dei titoli è sensibilmente inferiore all’ammontare nominale dello stesso, come risulta dalle stime effettuate nell’ambito della procedura di concordato preventivo sia dall’asseveratore, sia dall’organo di vigilanza. Sarebbe palese, pertanto, che il Ministero non si sia fermato alla mera valutazione della sussistenza dei requisiti di accesso/mantenimento del Fondo salva opere, ma abbia effettuato un apprezzamento, atteso che la normativa in materia non prevede che il beneficiario, anche alla luce della surroga ope legis in favore del MIMS, non deve accettare le azioni/titoli emessi dalla procedura concorsuale prima dell’erogazione del contributo da parte del Fondo, né che i beneficiari ammessi al Fondo devono comunicare il conto titoli ai fini della surroga del Ministero.
La normativa, inoltre, non conterrebbe alcuna precisazione sull’eventualità che la procedura concorsuale si concluda prima dell’erogazione del beneficio da parte del Fondo, né tanto meno alcuna previsione relativamente all’ipotesi in cui la forma remunerativa prescelta dal concordato sia diversa dal denaro. In mancanza di tali precisazioni il Ministero avrebbe effettuato una valutazione sbagliata, ritenendo che il requisito (credito insoddisfatto) sia venuto meno.

Concessione l’erogazione del contributo ed il provvedimento di attribuzione

Secondo l’esponente, anche a voler affermare che la posizione soggettiva vantata dalla società appellante abbia consistenza di diritto soggettivo, quest’ultimo degraderebbe comunque in interesse legittimo, in ragione del fatto che la revoca disposta dal Ministero consegue all’esercizio da parte di quest’ultimo di poteri di carattere autoritativo, espressione di autotutela per contrasto con l’interesse pubblico, consistente nella asserita e falsa impossibilità dell’Amministrazione di surrogarsi nel credito vantato dal beneficiario nei confronti dell’appaltatore principale.
In tali casi, ripropositivi di un aspetto di ponderazione degli interessi pubblici sottesi, la cognizione della controversia azionata dal privato troverebbe sede naturale nella giurisdizione amministrativa.
4.1. Si è costituito in resistenza il MIMS, sostenendo la correttezza della sentenza impugnata, trattandosi di controversia soggetta alla giurisdizione del giudice ordinario.
4.2. La causa è stata decisa all’esito delle camere di consiglio del 27 gennaio 2022 e del 24 marzo 2022, a seguito di riconvocazione.
5. L’appello è infondato e va respinto per i principi di seguito enunciati.
5.1.Va premesso che So S.p.a. sostiene che nella presente controversia non si contesta la revoca del beneficio (ammissione al Fondo salva opere) per errata applicazione dei criteri prestabiliti per legge, ma il fatto che il Ministero, dapprima nel richiedere la restituzione del beneficio già concesso e successivamente nel revocare l’ammissione al Fondo, non avrebbe applicato i criteri previsti dalla legge, ma ne avrebbe introdotto di propria iniziativa uno nuovo, non previsto dalla norma, in quanto l’appellante non si sarebbe opposta al decreto del Tribunale fallimentare che ha disposto il soddisfo dei creditori, non in denaro, ma con l’assegnazione di azioni/SFP. Da ciò conseguirebbe che la decisione ministeriale non rappresenta la puntuale applicazione di criteri prefissati dalla legge, ma implica una valutazione discrezionale autonoma.
La ricorrente precisa che, anche laddove si dovesse ritenere che la posizione soggettiva dalla stessa vantata sia di diritto soggettivo, quest’ultimo degraderebbe in interesse legittimo, posto che il Ministero ha esercitato poteri di carattere autoritativo, espressione di autotutela della P.A., secondo l’orientamento espresso dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione in tema di riparto di giurisdizione. Si richiama, altresì, l’indirizzo della giurisprudenza amministrativa secondo cui il criterio tradizionale che vorrebbe la giurisdizione ordinaria ogni volta che vi sia una attività vincolata viene superato nelle situazioni in cui l’esercizio del potere autoritativo non si esaurisca in una mera operazione contabile, come nella fattispecie in esame.
5.2. Le critiche non possono essere condivise.
L’art. 47, comma 1 – bis, del d.l. 30 aprile 2019, n. 34, convertito dalla legge n. 58 del 2019, come modificato in sede di conversione in legge del decreto n. 101 del 2019, recita: “Al fine di garantire il rapido completamento delle opere pubbliche e di tutelare i lavoratori, è istituito nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un fondo denominato ‘Fondo salva- opere’ . Il Fondo è alimentato dal versamento di un contributo pari allo 0,5 per cento del valore del ribasso offerto dall’aggiudicatario delle gare di appalti pubblici di lavori, nel caso di importo a base d’appalto pari o superiore a euro 200.000, e di servizi e forniture, nel caso di importo a base d’appalto pari o superiore a euro 100.000. Il predetto contributo rientra tra gli importi a disposizione della stazione appaltante nel quadro economico predisposto dalla stessa al termine di aggiudicazione definitiva. Le risorse del Fondo sono destinate a soddisfare, nella misura massima del 70 per cento, i crediti insoddisfatti dei 2 subappaltatori, dei sub-affidatari e dei sub – fornitori nei confronti dell’appaltatore ovvero, nel caso di affidamento a contraente generale, dei suo affidatari, sub-fornitori, sub- appaltatori, sub- affidatari, quando questi sono assoggettati a procedure concorsuale, nei limiti della dotazione del Fondo. Le amministrazioni aggiudicatrici o il contraente generale, entro trenta giorni dalla data dell’aggiudicazione definitiva, provvedono al versamento del contributo all’entrata in bilancio dello Stato per la successiva riassegnazione al Fondo. Le somme non impegnate in ciascun esercizio finanziario possono esserlo in quello successivo”.

Concessione l’erogazione del contributo ed il provvedimento di attribuzione

Secondo il Tribunale amministrativo regionale la controversia si incentra unicamente sulla sussistenza o meno di un’credito insoddisfattò, ossia del requisito previsto dalla legge per l’ammissione al fondo ‘salva operè e, pertanto, non è configurabile alcuna posizione di interesse legittimo in capo alla parte ricorrente, poiché l’amministrazione non avrebbe avuto il potere di riconoscere o meno il beneficio a seguito di una valutazione comparativa degli interessi pubblici e privati in gioco.
5.3. Il Collegio rammenta che sulla questione relativa al riparto di giurisdizione in materia di ammissione al Fondo salva opere si è pronunciata questa Sezione del Consiglio di Stato con sentenza n. 1418 del 2022. Con la pronuncia si è ritenuta la giurisdizione del giudice amministrativo, atteso che l’asserita mutazione sostanziale della situazione della beneficiaria, che ha visto consolidarsi il proprio interesse legittimo attraverso il provvedimento di ammissione al Fondo, ha attivato il potere di ‘revocà dell’amministrazione, la quale, notificando i provvedimenti di esclusione, ha esercitato un potere autoritativo per mutamento della situazione di fatto, sostanzialmente compromettendo il diritto della ricorrente alla erogazione dei contributi del fondo.
Secondo tale impostazione argomentativa, la ‘regressionè della posizione giuridica del destinatario del beneficio in ragione dell’esercizio di poteri di carattere autoritativo, espressione di autotutela della pubblica amministrazione, determina il riproporsi della situazione di ponderazione degli interessi pubblici (nella specie relativi alla valutazione della necessità di assicurare il rapido completamento delle opere pubbliche, tutelando le imprese subappaltatrici), con la conseguenza che la cognizione della controversia azionata dal beneficiario del Fondo spetta al giudice amministrativo.
5.4. L’approccio ermeneutico non può essere condiviso, e dalle relative conclusioni questo Collegio dissente, per i rilievi che seguono.
L’esame della questione relativa al riparto di giurisdizione impone al giudice di valutare il petitum sostanziale oggetto del giudizio, ossia l’oggetto processuale, il contenuto della tutela richiesta, ovvero la posizione giuridica soggettiva fatta valere. Secondo i principi espressi dall’Adunanza Plenaria 29 gennaio 2014, n. 6, il riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo, in materia di controversie riguardanti la concessione e la revoca di contributi e sovvenzioni pubbliche, deve essere attuato (non configurandosi alcuna ipotesi di giurisdizione esclusiva) sulla base del generale criterio di riparto fondato sulla natura della situazione soggettiva azionata, con la conseguenza che:
-sussiste sempre la giurisdizione del giudice ordinario quando il finanziamento è riconosciuto direttamente dalla legge, mentre alla pubblica amministrazione è demandato soltanto il compito di verificare l’effettiva esistenza dei relativi presupposti senza procedere ad alcun apprezzamento discrezionale circa l’an, il quid, il quomodo dell’erogazione;
-qualora la controversia attenga alla fase di erogazione o di ripetizione del contributo sul presupposto di un addotto inadempimento del beneficiario alle condizioni statuite in sede di erogazione o dall’acclarato sviamento dei fondi acquisiti rispetto al programma finanziato, la giurisdizione spetta al giudice ordinario, anche se si faccia questione di atti formalmente intitolati come revoca, decadenza o risoluzione, purchè essi si fondino sull’inadempimento alle obbligazioni assunte di fronte alla concessione del contributo. In tal caso, il privato è titolare di un diritto soggettivo perfetto, come tale tutelabile dinanzi al giudice ordinario, attenendo la controversia alla fase esecutiva del rapporto di sovvenzione e all’inadempimento degli obblighi cui è subordinato il concreto provvedimento di attribuzione;
-viceversa, è configurabile una situazione soggettiva di interesse legittimo, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo, ove la controversia riguardi una fase procedimentale precedente al provvedimento discrezionale attributivo del beneficio, oppure quando, a seguito della concessione del beneficio, il provvedimento sia stato annullato o revocato per vizi di legittimità o per contrasto iniziale con il pubblico interesse.
In linea con questo indirizzo anche i principi elaborati dalle Sezioni Unite della Corte Suprema di Cassazione (Cass. Sez. U. n. 5170 del 2003; Cass. Sez. U., n. 25261 del 2009; Cass. Sez. U., n. 25398 del 2010; Cass. Sez. U. n. 3057 del 2016; Cass. Sez. U. n. 21549 del 2017; Cass. Sez. U. n. 4359 del 2018; Cass. Sez. U. n. 30418 del 2018) circa la situazione giuridica soggettiva individuabile in capo a colui che aspiri a finanziamenti o sovvenzioni da parte della pubblica amministrazione che possono sintetizzarsi secondo il seguente paradigma: a) tutte le volte in cui la norma di previsione affidi all’amministrazione il discrezionale apprezzamento circa l’erogazione del contributo, l’aspirante è titolare di un interesse legittimo, che conserva identica natura durante tutta la fase procedimentale che prevede il provvedimento di attribuzione del beneficio ed è tutelabile davanti al giudice amministrativo; b) l’emanazione di siffatto provvedimento determina, poi, l’insorgenza di un diritto soggettivo alla concreta erogazione, tutelabile davanti al giudice ordinario, qualora al provvedimento stesso non sia stata data concreta attuazione, per mero comportamento omissivo o perché l’amministrazione intenda far valere la decadenza del beneficiario del contributo, in relazione alla mancata osservanza, da parte del medesimo, di obblighi al cui adempimento la legge o il provvedimento condizionano l’erogazione suddetta o la sua permanenza; c) la situazione giuridica soggettiva del destinatario della sovvenzione torna, invece, ad essere di interesse legittimo allorchè la mancata erogazione del finanziamento, pur oggetto di specifico provvedimento di attribuzione, dipenda dall’esercizio di poteri di autotutela dell’amministrazione, la quale intenda annullare il provvedimento stesso per vizi di legittimità da cui sia affetto o revocarlo per contrasto originario con l’interesse pubblico.

Concessione l’erogazione del contributo ed il provvedimento di attribuzione

Nella fattispecie, ricorre la prima delle ipotesi individuate dalla Adunanza Plenaria (richiamata anche nella suindicata lett. b) dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione), ossia la situazione in cui il finanziamento è riconosciuto direttamente dalla legge, mentre alla pubblica amministrazione è demandato soltanto il compito di verificare l’effettiva esistenza dei relativi presupposti, senza procedere ad alcun apprezzamento discrezionale circa l’an, il quid, il quomodo dell’erogazione.
Né depone in senso contrario la circostanza, ampiamente valorizzata dalla società appellante nei propri scritti difensivi, secondo cui la normativa in materia non prevede che il beneficiario non deve accettare le azioni/titoli emessi dalla procedura concorsuale prima dell’erogazione del contributo da parte del Fondo, né che i beneficiari ammessi al Fondo siano tenuti a comunicare il conto Titoli alla procedura ai fini della surroga ope legis, sicchè il Ministero avrebbe preteso di intervenire, illegittimamente, sulla res controversa con un provvedimento autoritativo, disponendo unilateralmente l’estromissione della società appellante dall’elenco dei beneficiari del Fondo, esercitando erroneamente un potere discrezionale che è andato a ledere gli interessi legittimi della società appellante.
Le obiezioni sollevate introducono rilievi inconferenti che tendono a spostare l’attenzione dal criterio che fonda la valutazione del giudice in tema di reparto di giurisdizione. Nella specie, ciò che rileva è che le società ammesse al beneficio del Fondo salva opere sono titolari di una posizione di diritto soggettivo, che in alcun modo degrada ad interesse legittimo al momento dell’esercizio del potere di revoca del beneficio da parte dell’amministrazione, atteso che la ‘revocà interviene per il venire meno, in itinere, dei presupposti dell’ammissione al Fondo, non essendo conseguente all’esercizio di poteri di carattere autoritativo (come invece sostiene la società appellante nei propri scritti difensivi), espressione dell’autotutela della pubblica amministrazione.
Infatti, l’erogazione del contributo crea un credito dell’impresa al beneficio, che viene adempiuto, senza margini di discrezionalità, dall’amministrazione erogante, sussistendo, per effetto di una siffatta concessione, un diritto soggettivo (relativamente alla concreta erogazione delle somme di denaro oggetto del Fondo), con la conseguenza che il giudice ordinario è competente a conoscere delle controversie instaurate per ottenere gli importi dovuti o per contrastare l’amministrazione che, servendosi degli istituti della ‘revocà (della decadenza o della risoluzione) abbia ritirato la sovvenzione (o il finanziamento), adducendo il venire meno dei presupposti previsti dalla legge o dagli atti concessivi il contributo.
L’emissione del provvedimento di attribuzione del beneficio determina l’insorgenza in capo al destinatario di un diritto soggettivo alla concreta erogazione del medesimo, tutelabile avanti al giudice ordinario in caso di relativa mancata concreta attuazione per mero comportamento omissivo del beneficiario o perché l’amministrazione intenda far valere la decadenza dello stesso dal contributo in relazione alla mancata osservanza di obblighi al cui adempimento la legge o il provvedimento condizionano l’erogazione suddetta (Cass., Sez. Un., 1.2.2019, n. 3166; Cass. Sez. Un., 11.7.2018, n. 18241).
Invero, assume determinante rilievo la circostanza che l’atto di revoca adottato dal Ministero è motivato sul presupposto di un addotto venire meno dei presupposti per l’ammissione al Fondo salva opere, come previsto dalla legge. Infatti, il provvedimento di revoca è stato emesso per la asserita estinzione del credito, a seguito dell’accettazione da parte di So S.p.a. del deposito titoli, che, secondo l’amministrazione, farebbe venire meno il necessario requisito di ammissione al beneficio. La revoca, pertanto, non consegue ad una valutazione discrezionale, comparativa, su interessi contrapposti, al fine di perseguire l’interesse pubblico sotteso alla ammissione delle imprese al Fondo, posto che tale interesse pubblico è presupposto e, nella specie, l’unica valutazione effettuata dall’amministrazione, senza alcuna ponderazione degli interessi in gioco, consiste nel riscontro ‘oggettivò dell’insussistenza dei presupposti per l’ammissione dell’impresa appellante al contributo, espressamente disciplinati dalla legge.
Ne consegue che non ricorre l’asserito esercizio di un potere di autotutela dell’amministrazione procedente, in quanto l’originaria erogazione discende direttamente dalla legge e non presuppone il potere della pubblica amministrazione, attribuito dalla legge, di riconoscere l’agevolazione all’esito di una valutazione comparativa tra gli interessati e sulla base della formulazione di una apposita graduatoria tra possibili beneficiari, con la conseguenza che, solo in tale caso, rispetto all’erogazione dell’agevolazione, il soggetto finanziato avrebbe vantato una posizione di interesse legittimo persistente anche in caso di revoca per vizio originario afferente al provvedimento di erogazione.
Va ribadito, infatti, che la revoca è motivata con riguardo al venire meno dei presupposti condizionanti il beneficio, sopravvenuti in una fase successiva alla concessione dello stesso, pertanto attiene alla ‘fase esecutivà del rapporto tra finanziatore e finanziato: il loro addebito, perciò, non comporta una nuova discrezionale valutazione comparativa degli interessi pubblici implicati nel rapporto di erogazione del contributo e non si risolve nell’individuazione di un sopravvenuto interesse pubblico al ritiro della relativa ammissione.
L’assunto è in linea con l’indirizzo della giurisprudenza di legittimità, che si condivide, secondo cui: “La controversia promossa per ottenere l’annullamento del provvedimento di revoca di un finanziamento pubblico concerne una posizione di diritto soggettivo (ed è pertanto devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario) tutte le volte in cui l’amministrazione abbia inteso far valere la decadenza del beneficiario dal contributo in ragione della mancata osservanza, da parte sua, di obblighi al cui adempimento la legge o il provvedimento condizionano l’erogazione, mentre riguarda una posizione di interesse legittimo (con conseguente devoluzione al giudice amministrativo) allorchè la mancata erogazione del finanziamento, pur oggetto di specifico provvedimento di attribuzione, sia dipesa dall’esercizio di potere di autotutela dell’amministrazione, la quale abbia inteso annullare il provvedimento stesso per vizi di legittimità o revocarlo per contrasto originario con l’interesse pubblico”(Cass. Sez. Un. n. 16457 del 2020, Cass. Sez. Un. n. 3166 del 2019).

Concessione l’erogazione del contributo ed il provvedimento di attribuzione

In ragione di siffatti rilievi, è devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario la controversia tra la società ammessa al Fondo salva opere e l’amministrazione pubblica avente ad oggetto gli atti di revoca adottati da quest’ultima per vizi sopravvenuti al decreto di ammissione, in quanto la relativa contestazione attiene ai presupposti dell’ammissione al Fondo, nei confronti del quale il soggetto inciso vanta una situazione di diritto soggettivo (v. anche Cass., Sez. Un., 11.7.2018, n. 18241).
6. Per le esposte ragioni, va dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice adito, in quanto la giurisdizione spetta al giudice ordinario e, per l’effetto, l’appello va respinto con conseguente conferma della sentenza impugnata.
La complessità delle questioni trattate, che hanno determinato divergenti indirizzi giurisprudenziali, giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese del grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa integralmente tra le parti le spese di lite del grado di giudizio.
Ordina che la pubblica amministrazione dia esecuzione alla presente decisione.
Così deciso in Roma nelle camere di consiglio dei giorni 27 gennaio 2022 e 24 marzo 2022, con l’intervento dei magistrati:
Francesco Caringella – Presidente
Angela Rotondano – Consigliere
Giovanni Grasso – Consigliere
Anna Bottiglieri – Consigliere
Annamaria Fasano – Consigliere, Estensore

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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