Corte di Cassazione, sezione prima penale, Sentenza 2 maggio 2019, n. 18240.
La massima estrapolata:
In materia di concessione dei benefici penitenziari in favore di collaboratori di giustizia, la previa acquisizione del parere del procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo costituisce condizione di legittimità del procedimento avviato dalla domanda di concessione del beneficio, indipendentemente dal contenuto di accoglimento o di rigetto della decisione.
Sentenza 2 maggio 2019, n. 18240
Data udienza 26 marzo 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MAZZEI Antonella P – Presidente
Dott. BIANCHI Michele – Consigliere
Dott. LIUNI Teresa – Consigliere
Dott. BINENTI Roberto – Consigliere
Dott. SANTALUCIA Giusep – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 06/11/2018 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA;
udita la relazione svolta dal Consigliere, Dott. GIUSEPPE SANTALUCIA;
lette/~e le conclusioni del PG, Dott. Romano G., che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di sorveglianza di Roma ha respinto il reclamo di (OMISSIS), detenuto collaboratore di giustizia, avverso il rigetto della domanda di un permesso premio. Ha rilevato che il detenuto ha intrapreso un percorso positivo che non appare ancora maturo per la concessione del beneficio alla luce della relazione di sintesi risalente al (OMISSIS). Tale relazione evidenzia che solo negli ultimi tempi si e’ lasciato maggiormente coinvolgere, cominciando ad affrancarsi da un ripiegamento su se stesso. Parimenti negativo e’, allo stato, il parere del Direttore della Casa circondariale; non e’ stato, invece, acquisito il parere del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo.
2. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il difensore di (OMISSIS), che ha dedotto vizio di violazione di legge e difetto di motivazione. Il Tribunale di sorveglianza, e prima ancora il magistrato di sorveglianza, hanno disatteso la previsione di legge che impone l’acquisizione del parere del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo quale elemento qualificante e imprescindibile per la compiuta valutazione della domanda inerente la concessione di un beneficio penitenziario.
2.1. In ordine al merito della vicenda il Tribunale di sorveglianza si e’ basato unicamente sulla mancanza di una relazione di sintesi aggiornata dell’Istituto penitenziario, dato questo che non puo’ risolversi in danno del condannato e su fatti antecedenti all’inizio dell’esecuzione dell’attuale pena, ivi compresa la gravita’ dei reati commessi, che e’ profilo del tutto inconferente.
Si tratta di un errore di metodo, dato che il giudice di sorveglianza deve fondare il proprio convincimento esclusivamente sulla scorta dei risultati della complessiva osservazione, dunque non solo della relazione di sintesi, riferiti al periodo successivo all’esecuzione della pena e non correlati a comportamenti pregressi o, addirittura, coincidenti con il tempus commissi delitti.
2.2. Non ha poi considerato che il condannato ha sempre beneficiato della liberazione anticipata e che vi e’ in atti prova tangibile e documentale che la sua condotta e’ stata partecipativa all’opera di rieducazione. Questi non ha commesso, dopo il (OMISSIS), alcun delitto, collabora con la giustizia da ben sei anni, ha mantenuto e mantiene una condotta irreprensibile, ha un comportamento partecipativo e adesivo al trattamento penitenziario, ha ottenuto sempre la liberazione anticipata, ha scontato ben oltre il terzo della pena in esecuzione, ha ottenuto la speciale attenuante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 8, ha svolto attivita’ lavorativa all’interno degli Istituti, ha trascorso tre anni di arresti in domicilio protetto senza dare adito a rilievi, ha rispettato tutte le cogenti prescrizioni del programma speciale di protezione, ha rispettato tutti gli obblighi di legge, ha reciso ogni legame con la criminalita’ organizzata, ha manifestato il massimo rispetto verso gli operatori penitenziari e compagni di detenzione.
E’ assolutamente illogica la motivazione del diniego in ragione del fatto che, dopo aver riconosciuto la sussistenza di tutti i requisiti di legge, il giudice ha negato l’esistenza di un qualsiasi elemento sintomatico di minimo ravvedimento.
3. Il Procuratore generale, intervenuto con requisitoria scritta, ha chiesto il rigetto del ricorso.
4. Successivamente il difensore del ricorrente ha depositato memoria con cui ha insistito nelle ragioni di ricorso, replicando agli argomenti spesi nella requisitoria del pubblico ministero.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso merita accoglimento per le ragioni di seguito esposte.
2. Il Tribunale di sorveglianza e, prima ancora, il Magistrato di sorveglianza hanno deciso in ordine alla richiesta proposta nell’interesse di (OMISSIS) senza aver previamente acquisito il parere del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo. L’articolo 16-nonies prescrive, a tal proposito, che “la concessione dei permessi premio e l’ammissione alla misura della detenzione domiciliare prevista dalla L. 26 luglio 1975, n. 354, articolo 47-ter, e successive modificazioni, sono disposte su proposta ovvero sentiti i procuratori generali presso le corti di appello interessati… o il procuratore nazionale antimafia”.
2.1. Una lettura della disposizione, avanzata nella giurisprudenza di legittimita’, e’ nel senso che il parere sia necessario soltanto quando il provvedimento sia di concessione e non anche quando si limiti al diniego del beneficio richiesto.
Si e’ cosi’ espressa di recente Sez. 1, 27/06/2017, n. 50468, Troia, disattendendo un precedente che si era mosso in direzione esattamente opposta, annullando con rinvio il provvedimento del Tribunale di sorveglianza in ragione del fatto che la domanda del beneficio era stata proposta ai sensi dell’articolo 16-nonies e il parere del Procuratore nazionale antimafia non risultava essere stato acquisito – Sez. 1, 27/10/2011, n. 47718, Timpani -.
3. La tesi secondo cui il parere si rende necessario soltanto quando il provvedimento finale sia di concessione del beneficio richiesto non persuade. Il parere, infatti, svolge la sua funzione consegnando elementi informativi e dati valutativi che arricchiscono il patrimonio di conoscenze di chi e’ tenuto alla decisione e per questa sua naturale strumentalita’ deve precedere, non solo cronologicamente, il momento della valutazione finale.
La regolarita’ procedimentale non puo’ dipendere da un fatto successivo ed eventuale, quale e’ il rigetto della domanda, in forza di un modulo strutturalmente variabile si’ che, a fronte di una stessa omissione, data dalla mancata acquisizione del parere, il provvedimento conclusivo sia legittimo o meno a seconda di quale sia il suo contenuto.
Se cosi’ fosse, si disperderebbe l’utilita’ e il senso stesso dell’intervento consultivo del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, di cui potrebbe farsi a meno ove la decisione sia di diniego, e magari sia tale sol perche’ non ha potuto giovarsi di quel contributo di conoscenze e valutazioni.
4. Occorre allora che il parere, per quanto non vincolante, come gia’ chiarito dalla giurisprudenza di legittimita’, pena altrimenti l’irragionevole violazione della liberta’ di giudizio del giudice – Sez. 1, n. 40823 del 05/06/2013, Lombardi, Rv. 257532 -, sia acquisito preliminarmente alla decisione, come condizione di legittimita’ del procedimento iniziato dalla domanda di concessione del beneficio.
5. Il provvedimento deve pertanto essere annullato, con rinvio al Tribunale di sorveglianza di Roma per un nuovo esame previa acquisizione del parere del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Roma.
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