Corte di Cassazione, sezione seconda penale, Sentenza 8 giugno 2018, n. 26362.
La massima estrapolata:
A norma dell’art. 16, D.L. n. 179/2012, le notificazioni penali a persona diversa dall’imputato, ai sensi dell’articolo 148 c.p.p., comma 2 bis, articoli 149 e 150 c.p.p., e articolo 151 c.p.p., comma 2, si effettuano dal 15 dicembre 2014 per via telematica, in concreto attraverso la Pec. La suddetta normativa è prevista, quindi, solo a favore degli Uffici Giudiziari e nei confronti di persona diversa dall’imputato. Al contrario, poiché l’articolo 16, d.l. cit. non richiama né l’articolo 121, né l’articolo 152 c.p.p. (“notificazioni richieste dalle parti private”), deve ritenersi che le parti private non possano avvalersi della PEC per depositare memorie o richieste o comunque effettuare notifiche.
Sentenza 8 giugno 2018, n. 26362
Data udienza 23 maggio 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DAVIGO Piercamillo – Presidente
Dott. RAGO Geppino – rel. Consigliere
Dott. IMPERIALI Luciano – Consigliere
Dott. PAZIENZA Vittorio – Consigliere
Dott. RECCHIONE Sandra – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS);
contro il provvedimento del giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Genova pronunciato in data 19/02/2018;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. G. Rago;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato.
RITENUTO IN FATTO
1. In data 22/12/2016, (OMISSIS) proponeva denuncia per usura contro i vertici della (OMISSIS).
In data 09/05/2017, veniva notificata al denunciante la richiesta di archiviazione da parte del Pubblico Ministero.
In data 16/05/2017, il denunciante, a mezzo del proprio difensore, proponeva atto di opposizione trasmesso presso la Segreteria del Pubblico Ministero a mezzo PEC.
In data 25/05/2017 il giudice delle indagini preliminari ordinava l’archiviazione.
Con richiesta datata 31/01/2018 (pervenuta al giudice delle indagini preliminari in data 01/02/2018) il difensore del denunciante, dopo avere premesso di aver presentato opposizione alla richiesta di archiviazione, sollecitava il giudice delle indagini preliminari a fissare l’udienza ex articolo 409 c.p.p., comma 2.
In data 16/02/2018, il difensore, dopo avere appreso casualmente dell’archiviazione, “depositava incidente di esecuzione a mezzo del quale chiedeva dichiararsi la non esecutivita’ del decreto di archiviazione con i provvedimenti conseguenti per quanto concerneva la rimessione in termini, ovvero la fissazione della camera di consiglio per la trattazione dell’opposizione a suo tempo debitamente depositata” (pag. 2 ricorso).
Con provvedimento del 19/02/2018 – scritto in calce alla richiesta datata 31/01/2018 – il giudice delle indagini preliminari cosi’ provvedeva: “v non luogo a provvedere, atteso che questo giudice ha gia’ provveduto con decreto di archiviazione in data 25/05/2017 quando era ormai decorso il termine per formulare opposizione, di dieci giorni previsto dall’articolo 408 c.p.p., comma 3, (il termine e’ stato aumentato a 20 gg a decorrere dal 04/08/2017) decorrente dalla notifica della richiesta di archiviazione del Pubblico Ministero che risulta essere stata effettuata in data 10/05/2017 ed in quanto non era pervenuto a questo ufficio alcun atto di opposizione; questo ufficio, infatti, ne e’ venuto a conoscenza solo in data 01/02/2018 con la richiesta in esame. L’atto risulta peraltro inviato via pec, modalita’ non corretta”.
2. Con atto depositato il 28/02/2018, il denunciante, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione contro il provvedimento del giudice delle indagini preliminari del 19/02/2018 deducendone l’abnormita’ con il seguente testuale motivo: “La opposizione alla richiesta di archiviazione veniva depositata a mezzo pec perche’ tanto era stato peraltro significato dalla segreteria del Pubblico Ministero dove peraltro l’atto non e’ stato neanche letto nonostante la corretta spedizione avvenuta a mezzo pec, metodo che il giudice delle indagini preliminari ha ritenuto non corretto solo che non si comprende la ragione per cui il mezzo e’ corretto quando la Cancelleria comunica e notifica atti e provvedimenti agli avvocati, regola che non dovrebbe valere quando vengono depositati gli atti secondo il solerte giudice delle indagini preliminari. Il giudice delle indagini preliminari ha omesso di considerare quanto prevede, ad esempio, l’articolo 583 c.p.p., ai sensi e per gli effetti del quale l’atto di impugnazione si puo’ spedire anche con raccomandata ar, sicche’ se si considera che la PEC altro non e’ che una raccomandata digitale non si comprende la ragione per cui l’opposizione dovrebbe essere stata trasmessa in maniera non corretta. Il giudice delle indagini preliminari, peraltro, avrebbe dovuto pronunciarsi in ossequio all’incidente di esecuzione e non in seguito al sollecito, superato dal primo perche’ cosi’ operando ha reso una motivazione che rispetto all’ultima istanza della difesa si manifesta come irrazionale, con carattere di provvedimento avverso il quale la Difesa dovrebbe proporre ulteriore incidente di esecuzione, richiamando il primo, per essere stata la opposizione alla richiesta di archiviazione presentata nei termini, senza discettare circa la natura di termine perentorio o meno per proporre opposizione, essendo decorsi al piu’ sette giorni dalla data di emissione del provvedimento del Pubblico Ministero”.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ inammissibile per le ragioni di seguito indicate.
Innanzitutto va delimitato l’oggetto dell’impugnativa.
Il ricorrente ha espressamente ed esclusivamente impugnato il provvedimento pronunciato dal giudice delle indagini preliminari in data 19/02/2018.
Il suddetto provvedimento – scritto in calce alla richiesta datata 31/01/2018 e alla quale fa espresso riferimento – deve ritenersi di semplice risposta e chiarimenti al decreto di archiviazione del 25/05/2017.
Gia’ questo basterebbe a dichiarare l’inammissibilita’ del ricorso in quanto non e’ prevista (per il principio di tassativita’) alcuna impugnazione contro atti del giudice che siano privi di alcuna decisivita’.
2. Questo Collegio, peraltro, ritiene opportuno precisare quanto segue.
Il ricorrente censura la decisione del giudice delle indagini preliminari in quanto aveva archiviato de plano senza prendere in considerazione l’atto di opposizione che esso ricorrente aveva provveduto a depositare presso la Segreteria del Pubblico Ministero a mezzo PEC.
Sul punto, va osservato che l’atto di opposizione alla richiesta di archiviazione del Pubblico Ministero avrebbe dovuto essere depositato con le modalita’ previste dall’articolo 121 c.p.p., e non, come erroneamente ritiene il ricorrente, a norma dell’articolo 583 c.p.p., in quanto l’opposizione non rientra nel genus delle impugnazioni essendo un atto diretto contro la richiesta del Pubblico Ministero e non contro un provvedimento del giudice.
In punto di diritto, va, quindi, rammentato che l’articolo 121 c.p.p., individua nel deposito in cancelleria l’unica modalita’ per le parti di presentazione delle memorie e delle richieste rivolte al giudice, mentre il ricorso a “mezzi tecnici che garantiscano la conoscenza dell’atto” e’ riservato ai funzionari di cancelleria ai sensi dell’articolo 150 c.p.p..
In particolare, quanto alla PEC, va rilevato che, a norma del Decreto Legge 18 ottobre 2012, n. 179, articolo 16, convertito con modificazioni dalla L. 17 novembre 2012, n. 221, le notificazioni penali a persona diversa dall’imputato, a norma dell’articolo 148 c.p.p., comma 2 bis, articoli 149 e 150 c.p.p., e articolo 151 c.p.p., comma 2, si effettuano dal 15 dicembre 2014 per via telematica, in concreto attraverso la Pec.
La suddetta normativa e’ prevista, quindi, solo a favore degli Uffici Giudiziari e nei confronti di persona diversa dall’imputato: correttamente, quindi, la richiesta di archiviazione fu comunicata al difensore del denunciante a mezzo PEC.
Al contrario, poiche’ l’articolo 16 Decreto Legge cit. non richiama ne’ l’articolo 121, ne’ l’articolo 152 c.p.p. (“notificazioni richieste dalla parti private”), deve ritenersi che le parti private (nella specie il denunciante) non possano avvalersi della PEC per depositare memorie o richieste o comunque effettuare notifiche: in terminis, quanto all’inammissibilita’ dell’utilizzo della PEC per inoltrare richieste (Cass.47427/2014 riv 260963) o memorie (Cass. 31314/2017 riv 270702; Cass. 31336/2017 riv 270858).
Va, peraltro, osservato che questa Corte, in relazione agli atti ex articolo 121 c.p.p., ha adottato una linea interpretativa estensiva.
Infatti, le SSUU, con la sentenza n. 40187/2014 rv 259928, hanno riconosciuto alla parte privata la possibilita’ di avvalersi di modalita’ diverse da quella prevista dall’articolo 121 c.p.p., in considerazione dell’evoluzione del sistema di comunicazioni e di notifiche (in terminis Cass. 535/2017 riv 268942).
Successivamente, questa Corte, ha, pero’, precisato che l’invio a mezzo fax (o con altre modalita’ diverse da quella disciplinata dall’articolo 121 c.p.p., come, appunto, l’invio a mezzo PEC) delle istanze, memorie, richieste non e’ inammissibile o irricevibile, ma la sua mancata delibazione – quando il giudice non ne sia venuto a conoscenza – non comporta alcuna violazione del diritto di difesa e quindi alcuna nullita’, in quanto la scelta di un mezzo tecnico non autorizzato per il deposito espone il difensore al rischio dell’intempestivita’ con cui l’atto stesso puo’ pervenire a conoscenza del destinatario, ed in ogni caso la parte che si avvale di tale mezzo di trasmissione ha l’onere di accertarsi del regolare arrivo del fax e del suo tempestivo inoltro al giudice procedente: ex plurimis Cass. 1904/2018 riv 272049.
Quindi, alla stregua di quanto appena si e’ detto, di nulla puo’ dolersi il ricorrente sia perche’ aveva proposto l’opposizione con un mezzo non consentito, sia perche’, successivamente, non si era accertato se la suddetta opposizione fosse o meno stata tempestivamente trasmessa al giudice delle indagini preliminari.
Infine, questo Collegio non ritiene di dovere interloquire sull’ulteriore censura relativa alla mancata risposta del giudice delle indagini preliminari all’incidente di esecuzione proposto dal ricorrente proprio perche’, in assenza di alcun provvedimento, la censura deve ritenersi non scrutinabile.
2. In conclusione, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile a norma dell’articolo 606 c.p.p., comma 3, per manifesta infondatezza: alla relativa declaratoria consegue, per il disposto dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonche’ al versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 2.000,00.
P.Q.M.
DICHIARA inammissibile il ricorso e CONDANNA il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila a favore della Cassa delle Ammende.
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