Corte di Cassazione, sezione quarta penale, Sentenza 14 giugno 2018, n. 27399.
La massima estrapolata:
Esclusa la responsabilità del datore di lavoro per l’infortunio di un aiuto macellaio che subisce gravi lesioni perché investito da un quarto di bue. A fronte della predisposizione di un sistema a binario per evitare lo spostamento manuale delle carni pesanti, non può integrare, infatti, colpa specifica la mancata predisposizione da parte del datore di un meccanismo ulteriore per il sollevamento delle carni; né la condotta del datore presenta profili di colpa generica, considerata l’iniziativa imprevedibile del lavoratore che ha messo in atto una procedura non consentita, molto imprudente, anomala, non necessaria, eseguita per mera comodità.
Sentenza 14 giugno 2018, n. 27399
Data udienza 6 aprile 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PICCIALLI Patrizia – Presidente
Dott. SERRAO Eugenia – Consigliere
Dott. CAPPELLO Gabriella – Consigliere
Dott. RANALDI Alessand – rel. Consigliere
Dott. COSTANTINI Francesca – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 19/04/2017 della CORTE APPELLO di PALERMO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. ALESSANDRO RANALDI;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. ZACCO FRANCA che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.
E’ presente l’avvocato (OMISSIS) del foro di AGRIGENTO in difesa delle parti civili (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), per le quali deposita conclusioni scritte unitamente alla nota spese alle quali si riporta, chiedendo l’inammissibilita’ del ricorso.
E’ presente l’avvocato (OMISSIS) del foro di PALERMO in difesa di (OMISSIS), che insiste per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 19.4.2017 la Corte di appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato estinta per prescrizione la contravvenzione di cui al capo A) e ha rideterminato la pena, per il delitto di cui al capo B), confermando la declaratoria di responsabilita’ di (OMISSIS) in relazione al reato di lesioni colpose cagionate al dipendente (OMISSIS), in occasione dell’infortunio sul lavoro presso la macelleria del supermercato (OMISSIS) situato nel comune di (OMISSIS) (fatto del (OMISSIS)), avvenuto con le seguenti modalita’: il lavoratore, avente la qualifica di “aiuto macellaio”, era stato incaricato di disossare da solo un quarto di bue (del peso di oltre 80 kg) e, proprio nelle prime fasi della lavorazione, quando lo (OMISSIS) tentava di sollevare quel pesante pezzo, che si trovava appeso al gancio della rotaia proveniente dalla cella frigorifero, era rovinato a terra a causa dell’esorbitante peso del pezzo, procurandosi gravi lesioni.
La manovra di sollevamento manuale era finalizzata, almeno nell’intenzione dello stesso lavoratore, a posizionare il quarto di bue su una cd. spalliera o ganciera posizionata a circa 3 metri di distanza, per essere agevolato nelle operazioni di disossamento, approfittando della presenza della parete contro cui pressare il quarto oggetto di lavorazione.
Secondo la Corte territoriale, il combinarsi della “lavorazione solitaria” e della poca esperienza professionale dello (OMISSIS) era risultato determinante nella produzione dell’evento lesivo, sotto questo profilo evitabile e prevedibile da parte del datore di lavoro, il quale aveva lo specifico onere di organizzare in modo sicuro l’intero processo di lavorazione della carne, senza lasciare che fosse l’aiuto macellaio a risolvere il problema del bloccaggio o del trasferimento del quarto di bue da disossare. Nella fattispecie, l’aver lasciato eccessiva autonomia ad una figura professionale subalterna e inesperta, che proprio per questo aveva intrapreso una procedura lavorativa non ortodossa, ma neppure abnorme o imprevedibile, in assenza di qualsivoglia dispositivo di sollevamento dei pezzi di carne del peso superiore a 25 kg, fondava – a giudizio della Corte di merito – la responsabilita’ colposa del datore di lavoro, visto che la presenza di tale dispositivo avrebbe assicurato allo (OMISSIS), pur lasciato solo di fronte ad un’incombenza “esorbitante” rispetto ai suoi compiti, di evitare, quantomeno, di dover sollevare e spostare manualmente il pesante quarto di bue.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del proprio difensore.
Il ricorrente premette che il reparto di macelleria in questione, conformemente alla normativa vigente, vantava al suo interno un lungo binario superiore che consentiva lo spostamento, mediante scorrimento, del quarto di bue assicurato ad un gancio, onde consentire, con assoluta facilita’ e senza fatica, lo spostamento delle carni dall’interno della cella frigorifera all’esterno, affinche’ l’operatore potesse procedere alla sua lavorazione, avvalendosi di un sistema di “blocco” del gancio, attivabile per evitare fastidiosi spostamenti del pezzo. Sostiene che questo tipo di lavorazione e’ l’unico ed esclusivo modus operandi, legalmente prescritto, seguito all’interno del supermercato. Lo (OMISSIS) nella specie decideva, invece, di eseguire una procedura diversa e pericolosa, che non trovava precedenti in quella macelleria: egli infatti, inopinatamente, sganciava il quarto di bue dal binario, se lo caricava sulle spalle e tentava di agganciarlo ad una ganciera posizionata sulla parete opposta, ganciera che non era concepita per alloggiare il pesante pezzo di carne.
Tanto premesso, il ricorrente lamenta violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza di merito in relazione ai seguenti profili.
1) Deduce che erroneamente la sentenza impugnata da’ per scontato che la ganciera su cui il lavoratore intendeva posizionare il pezzo fosse un dispositivo concepito ed utilizzato per disossare la carne, cosi’ di fatto svilendo la funzione del cd. binario. Sul piano logico cio’ significa che, se pure vi fosse stata la disponibilita’ del fantomatico dispositivo di sollevamento, questo sarebbe stato impiegato per una operazione comunque non consentita. L’installazione di un costoso binario e’ prescritta appunto per evitare che l’operatore compia operazioni rischiose quali quella del sollevamento di carni che arrivano a pesare anche 80/100 Kg. Pertanto il (OMISSIS) non era per nulla onerato di dotare la sua struttura produttiva di un impianto di sollevamento e/o trasporto delle carni diverso dal binario medesimo. Ritiene, quindi che, sotto il profilo soggettivo, l’omissione del (OMISSIS) non sia suscettibile di censura alcuna.
Lamenta che la sentenza abbia riconosciuto, apoditticamente, la sussistenza del nesso causale tra la contestata omissione (mancata adozione di un dispositivo di sollevamento) e l’infortunio occorso al lavoratore, confondendo il giudizio di prevedibilita’ ex ante, attinente alla sfera soggettiva, con il giudizio di prevedibilita’ (ex post) valutato ai fini dell’accertamento del nesso causale.
Osserva che nella macelleria non era in alcun modo previsto lo spostamento manuale della carne, ancorche’ con dispositivi di sollevamento, e tale circostanza, palesemente travisata dalla Corte territoriale, costituisce il punto di partenza illogico di tutto il ragionamento della sentenza.
Sostiene che il datore di lavoro, nella valutazione dei rischi connessi all’attivita’ di macelleria, avendo dotato l’area di lavoro di un dispositivo a binario, non avrebbe mai potuto prevedere, ex ante, il pericolo connesso al sollevamento manuale del quarto di bue.
2) Sul piano causale deduce che il giudice avrebbe dovuto verificare se l’evento rappresenta o no la “concretizzazione” del rischio che la regola che si assume violata mirava a prevenire, dovendosi nella specie ritenere che, in realta’, si sia concretizzato un rischio eccezionale, tenuto conto delle abnormi modalita’ di lavoro adottate dal lavoratore, tali da creare una situazione di rischio del tutto nuova ed imprevedibile, estranea alla sfera di governabilita’ del datore di lavoro.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Le censure dedotte dal ricorrente sono fondate.
2. Si deve in primo luogo precisare che dalla sentenza di primo grado si evince chiaramente, sulla base delle riportate dichiarazioni della persona offesa, che il quarto di bue che doveva essere disossato era stato rimosso dallo (OMISSIS) dal binario (proveniente dalla cella frigorifera) e, con l’aiuto del collega salumiere (OMISSIS), agganciato sulla barra d’acciaio (ganciera) attaccata al muro; senonche’, subito dopo tale operazione, il pezzo di carne gli era caduto addosso, in quanto la ganciera non aveva retto il peso del pezzo stesso.
Dal che si desume, con evidenza, che nel caso il problema non era stato tanto lo spostamento del pezzo di carne dal binario alla ganciera, bensi’ proprio l’adeguatezza di tale ganciera a reggere il peso del quarto di bue sul quale il lavoratore era stato chiamato a svolgere l’operazione di disossamento.
Gia’ tale considerazione fa comprendere che l’addebito omissivo mosso all’imputato – vale a dire, non aver provveduto ad impiegare attrezzature adeguate allo scopo per lo spostamento di carichi superiori a Kg. 25 – non ha avuto alcuna specifica incidenza rispetto alle concrete modalita’ dell’infortunio in esame, posto che l’incidente non e’ avvenuto nella fase di spostamento della carne dal binario alla barra di acciaio attaccata al muro, bensi’ proprio dopo l’aggancio del pezzo di carne alla barra stessa.
3. Per il resto, il vizio principale della sentenza impugnata e’ quello di argomentare in ordine alla rimproverabilita’ soggettiva dell’evento secondo una valutazione ex post (se il lavoratore avesse avuto un dispositivo di sollevamento il fatto non si sarebbe verificato) e non ex ante (prevedibilita’ dell’evento lesivo in relazione alla procedura del tutto scorretta adottata dal lavoratore, in presenza di un dispositivo a binario gia’ preposto per il sollevamento delle carni).
E’ infatti noto che, in materia di colpa, il requisito della prevedibilita’ dell’evento non deve essere frutto di una elaborazione creativa, fondata su una valutazione ricavata “ex post” ad evento avvenuto e in maniera del tutto astratta e svincolata dal caso concreto, ma deve discendere da un processo ricognitivo che individui i tratti tipici dell’evento, per poi procedere formulando l’interrogativo se questo fosse prevedibile ed evitabile “ex ante”, con il rispetto della regola cautelare in oggetto, alla luce delle conoscenze tecnico – scientifiche e delle massime di esperienza (Sez. 4, n. 9390 del 13/12/2016 – dep. 2017, Di Pietro e altro, Rv. 26925401).
Nella specie la Corte distrettuale ha omesso di considerare che il dispositivo costituito dal binario era appositamente previsto per lo spostamento e la lavorazione dei pezzi di carne pesanti, per cui la manovra adottata dal lavoratore era gia’, di per se’, molto imprudente e del tutto anomala; comunque certamente non necessaria, in quanto eseguita dall’aiuto macellaio solo per essere agevolato nell’operazione di disossamento, e quindi per una sua maggiore comodita’ nella lavorazione, come ammesso dallo stesso lavoratore.
Sotto questo profilo, coglie nel segno il rilievo del ricorrente secondo cui, trattandosi di una manovra non prevista ne’ consentita dalla procedura aziendale, che prevedeva la lavorazione dei pezzi pesanti di carne sul binario, mediante attivazione del blocco del gancio, secondo la normale (ed unica) procedura consentita in azienda, la condotta del lavoratore non poteva essere ragionevolmente prevista dal datore di lavoro: di qui l’assenza di colpa del medesimo. Al riguardo, e’ la stessa sentenza di primo grado a riportare le dichiarazioni del teste (OMISSIS) (capo macellaio), secondo cui la ganciera (su cui era avvenuto l’incidente) non veniva mai utilizzata in quanto “era una cosa antica”; nonche’ le dichiarazioni della teste (OMISSIS) (collega della persona offesa), secondo cui la carne veniva sempre lavorata appesa al binario. Quel gancio, insomma, non era in alcun modo destinato alla lavorazione dei carichi pesanti di carne.
La sentenza impugnata, a sostegno della condanna, accenna anche ad un difetto di formazione e di esperienza del lavoratore, ma si tratta di profili di addebito che non risultano specificamente contestati, e sui quali l’imputato non ha avuto modo di difendersi, pertanto degli stessi non si puo’ tenere conto in questa sede.
In definitiva, deve ritenersi apodittica e manifestamente illogica la motivazione della sentenza impugnata, laddove afferma che il datore di lavoro avrebbe dovuto apprestare un dispositivo di sollevamento dei pezzi di carne di peso superiore a Kg. 25, omettendo di spiegare la rilevanza causale di tale dispositivo rispetto alle concrete modalita’ di verificazione dell’infortunio; e, soprattutto, senza considerare che l’azienda era, sostanzialmente, gia’ dotata di un simile dispositivo, costituito appunto dal binario installato in macelleria proprio per la movimentazione e lavorazione dei carichi pesanti.
4. Si deve, quindi, concludere nel senso che il profilo di colpa specifica oggetto di contestazione (assenza di dispositivo di sollevamento) e’ assolutamente infondato e non attinente al fatto per come concretamente verificatosi. Per il resto, l’assoluta imprevedibilita’ della manovra eseguita dal lavoratore giustifica l’assenza di qualsivoglia profilo di rimproverabilita’ soggettiva dell’evento nei confronti dell’imputato sul piano della colpa generica. Conseguentemente l’impugnata sentenza deve essere annullata senza rinvio in relazione all’imputazione di lesioni colpose di cui al capo B), perche’ il fatto non costituisce reato.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perche’ il fatto contestato al capo B) non costituisce reato.
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