Corte di Cassazione, sezione seconda penale, Sentenza 10 maggio 2018, n. 20790.
La massima estrapolata:
In tema di motivazione delle ordinanze cautelari personali, la prescrizione della necessaria autonoma valutazione delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza, contenuta nell’articolo 292 c.p.p., comma 1, lettera c), come modificato dalla L. 16 aprile 2015, n. 47, e’ osservata anche quando il giudice delle indagini preliminari, a fronte di un quadro probatorio univoco e convergente, si sia limitato, di volta in volta, a condividere la richiesta del Pubblico Ministero, con considerazioni autonome, anche sintetiche, ma espressione dell’infondatezza di una diversa valutazione.
Sentenza 10 maggio 2018, n. 20790
Data udienza 6 aprile 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DIOTALLEVI G. – Presidente
Dott. RAGO – rel. Consigliere
Dott. MESSINI D’AGOSTINI Piero – Consigliere
Dott. AIELLI Lucia – Consigliere
Dott. MONACO Marco – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nata il (OMISSIS);
contro l’ordinanza del 05/12/2017 del Tribunale del riesame di Lecce;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. G. Rago;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Ceniccola Elisabetta, che ha concluso chiedendo il rigetto;
udito il difensore, avv. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
1. (OMISSIS), a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione contro l’ordinanza in epigrafe – confermativa dell’ordinanza con la quale il giudice delle indagini preliminari del tribunale di Brindisi le aveva applicato la misura degli arresti domiciliari perche’ indagata per i reati di circonvenzione di incapace, truffa ed estorsione aggravata – deducendo la violazione dell’articolo 309 c.p.p., comma 9.
Ad avviso della difesa, infatti, contrariamente a quanto sostenuto dal Tribunale, il giudice delle indagini preliminari non aveva affatto valutato in modo autonomo la richiesta del Pubblico Ministero, posto che le argomentazioni addotte erano consistite nell’utilizzo di mere clausole di stile o di affermazioni apodittiche atte a confermare in blocco la richiesta del Pubblico Ministero. La difesa, quindi, ha ripercorso la motivazione del giudice delle indagini preliminari e, in particolare, le pagine dell’ordinanza applicativa della misura cautelare (4-811-13-17-20-22) indicate dal Tribunale come esempi di “autonoma valutazione” ed ha concluso sostenendo che anche quelle pagine in realta’ erano espressione di una motivazione apparente contrastante, quindi, con la giurisprudenza di legittimita’ (pag. 6 ricorso, sub secondo motivo di censura).
Inoltre, ad avviso della difesa, “anche in relazione al principio di proporzionalita’ ed adeguatezza della misura prescelta, il Tribunale del riesame incorre nella medesima violazione di legge”.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ inammissibile per le ragioni di seguito indicate.
2. Questa Corte condivide il consolidato principio di diritto secondo il quale “In tema di motivazione delle ordinanze cautelari personali, la prescrizione della necessaria autonoma valutazione delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza, contenuta nell’articolo 292 c.p.p., comma 1, lettera c), come modificato dalla L. 16 aprile 2015, n. 47, e’ osservata anche quando il giudice ripercorra gli elementi oggettivi emersi nel corso delle indagini e segnalati dalla richiesta del pubblico ministero, potendo egli condividere integralmente le argomentazioni del pubblico ministero stesso, purche’ dia conto, in motivazione, del proprio esame critico dei predetti elementi, e delle ragioni per cui egli li ritenga idonei a supportare l’applicazione della misura”: ex plurimis Cass. 5497/2016 Rv. 266336.
In questa prospettiva “il Giudice nel provvedimento cautelare ben puo’ ripercorrere gli elementi oggettivi emersi nel corso delle indagini e segnalati nella richiesta del Pubblico Ministero non potendosi certo pretendere che egli ne debba individuare di diversi (che potrebbero anche non esistere), cosi’ come ben puo’ anche condividere in toto le argomentazioni espresse dall’Autorita’ Inquirente; l’autonoma valutazione rispetto alla richiesta del P.m., s’impone e diventa imprescindibile soprattutto in tutti quei casi in cui il compendio indiziario puo’ essere soggetto a lettura differente: in tal caso, e’ ovvio che il giudice delle indagini preliminari non puo’ appiattirsi sulla richiesta del P.m. ma deve, in modo autonomo, chiarire il motivo per cui a quel compendio indiziario deve darsi una determinata lettura piuttosto che un’altra.
3. Cio’ premesso da un controllo dell’ordinanza genetica, e’ risultato, in effetti, cosi’ come gia’ rilevato dal Tribunale, che il giudice delle indagini preliminari non si era affatto limitato a recepire tout court la richiesta del Pubblico Ministero, ma, di volta in volta, dopo averla trascritta, l’ha riconsiderata con opportune ed autonome valutazioni (v. pag. 3 ord. TDL, parte iniziale), peraltro necessariamente sintetiche in quanto gli elementi indiziari evidenziati nella richiesta di misure cautelari, erano stati ritenuti univoci e convergenti e cioe’ tali che non consentivano una diversa valutazione.
A sua volta, il tribunale – pur in completa assenza di qualsiasi doglianza da parte della difesa della ricorrente in ordine alla gravita’ del quadro indiziario – ha confermato l’ordinanza evidenziandone la univoca valenza accusatoria.
La difesa, in questa sede, non ha confutato la valenza accusatoria degli indizi evidenziata prima dal giudice delle indagini preliminari e poi ribadita dal Tribunale, essendosi limitata, come si e’ detto, a dedurre la mera e formale violazione dell’articolo 292 c.p.p. senza chiarire il motivo per cui il contenuto di quel compendio fosse equivoco e, quindi abbisognasse di un’autonoma valutazione.
Stessa cosa dicasi quanto alla censura relativa alla violazione del principio di proporzionalita’ ed adeguatezza relativamente alla quale (pag. 5 del ricorso), deve rilevarsene l’assoluta genericita’.
La censura, pertanto, dev’essere respinta alla stregua del seguente principio di diritto: “In tema di motivazione delle ordinanze cautelari personali, la prescrizione della necessaria autonoma valutazione delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza, contenuta nell’articolo 292 c.p.p., comma 1, lettera c), come modificato dalla L. 16 aprile 2015, n. 47, e’ osservata anche quando il giudice delle indagini preliminari, a fronte di un quadro probatorio univoco e convergente, si sia limitato, di volta in volta, a condividere la richiesta del Pubblico Ministero, con considerazioni autonome, anche sintetiche, ma espressione dell’infondatezza di una diversa valutazione”.
4. In conclusione, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile a norma dell’articolo 606 c.p.p., comma 3, per manifesta infondatezza: alla relativa declaratoria consegue, per il disposto dell’articolo 616 c.p.p., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonche’ al versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 2.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila a favore della Cassa delle Ammende.
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