Corte di Cassazione, sezione terza civile, Ordinanza 25 maggio 2018, n. 13055.

La massima estrapolata:

Va considerata inesistente la procure alle liti rilasciata, unitamente ad altri soggetti, da persona poi defunta prima della definizione della sentenza appellata.
La necessaria specialita’ della procura per il ricorso per cassazione comporta che essa deve essere rilasciata dopo la pubblicazione della sentenza impugnata e in data anteriore o contemporanea alla sottoscrizione del ricorso.
Ai fini dell’ammissibilita’ del ricorso per cassazione, sotto il profilo della sussistenza della procura speciale al difensore iscritto nell’apposito albo, richiesta dall’articolo 365 c.p.c., e’ essenziale, da un lato, che la procura sia rilasciata in epoca anteriore alla notificazione del ricorso e, dall’altro, che essa investa il difensore espressamente del potere di proporre ricorso per cassazione contro una sentenza determinata e pronunciata necessariamente in epoca antecedente al rilascio della procura speciale.

Ordinanza 25 maggio 2018, n. 13055

Data udienza 28 settembre 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 17171/2015 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrenti –
contro
AZIENDA OSPEDALIERA POLICLINICO – VITTORIO EMANUELE DI CATANIA, in persona del suo Direttore Generale pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al controricorso;
(OMISSIS) SPA, in persona del procuratore Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale a margine del controricorso;
(OMISSIS) SPA gia’ (OMISSIS) SPA in persona della Dott.ssa (OMISSIS) e del Dott. (OMISSIS) legali rappresentanti, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al controricorso;
(OMISSIS) S.P.A. gia’ (OMISSIS) SPA a mezzo della propria mandataria (OMISSIS) S.C.P.A. in persona dei procuratori speciali (OMISSIS) e (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al controricorso;
(OMISSIS), domiciliato ex lege, in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al controricorso;
(OMISSIS), domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale in atti;
(OMISSIS), domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale in atti;
(OMISSIS) SPA in persona del procuratore Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale a margine del controricorso;
– controricorrenti –
REGIONE SICILIA UNIVERSITA’ STUDI CATANIA SOCIETA’ REALE MUTUA DI ASSICURAZIONI, (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 597/2015 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 03/04/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 28/09/2017 dal Consigliere Dott. RAFFAELE FRASCA;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MISTRI Corrado, che ha chiesto la declaratoria di inammissibilita’ del gravame per difetto di procura speciale regolarmente conferita al difensore, Avvocato (OMISSIS), ai sensi dell’articolo 365 c.p.c.; e comunque per il rigetto del ricorso.
RILEVATO
che:
1. (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), la prima in qualita’ di moglie, la seconda e la terza nella qualita’ di figlie, la quarta nella qualita’ di madre, la quinta e la sesta in qualita’ di sorelle, e l’ultimo in qualita’ di fratello, del defunto (OMISSIS) (deceduto nell'(OMISSIS) presso l’Ospedale (OMISSIS), in occasione di un intervento chirurgico di angioplastica), hanno proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del 3 aprile 2015, con la quale la Corte d’Appello di Catania ha dichiarato inammissibile per tardivita’ il loro appello contro la sentenza del Tribunale di Catania del maggio del 2012.
1.1. Tale sentenza aveva rigettato la loro domanda, proposta nell’aprile del 2001 contro l’Azienda Ospedaliera Universita’ Policlinico (OMISSIS), l’Universita’ degli Studi di Catania e la Regione Siciliana, intesa ad ottenere il risarcimento dei danni sofferti in conseguenza della morte del loro congiunto in occasione del detto intervento.
Nel relativo giudizio la struttura ospedaliera chiamava in garanzia la propria compagnia assicuratrice ed essa, a sua volta, evocava in giudizio i sanitari coinvolti nell’intervento operatorio, che chiamavano in garanzia le loro assicurazioni.
2. Il ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, e’ stato proposto contro le tre originarie convenute, la (OMISSIS) s.p.a., gia’ (OMISSIS) s.p.a., i dottori (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), la (OMISSIS) s.p.a., la Societa’ (OMISSIS), la (OMISSIS) s.p.a. e la Dottoressa (OMISSIS).
3. Al ricorso hanno resistito con separati controricorsi i tre medici, la (OMISSIS), la (OMISSIS) e, quale mandataria della (OMISSIS) s.p.a., gia’ (OMISSIS) s.p.a., la (OMISSIS) s.c.p.a..
Non ha svolto attivita’ difensiva la (OMISSIS).
4. La trattazione del ricorso e’ stata fissata in camera di consiglio ai sensi dell’articolo 380-bis c.p.c., comma 1 e sono state depositate conclusioni scritte dal Pubblico Ministero, mentre le resistenti (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno depositato memoria.
CONSIDERATO
che:
1. Il Collegio rileva che si configura l’inammissibilita’ del ricorso in quanto esso e’ stato proposto sulla base di una procura che non rispetta il requisito di specialita’ stabilito dall’articolo 365 c.p.c., il quale esige che il conferimento del ministero al difensore, in ragione della sua correlazione necessaria all’impugnazione della sentenza assoggettata al ricorso, debba necessariamente avvenire dopo che essa e’ stata pronunciata, non risultando altrimenti riferibile all’esercizio del diritto di ricorrere con riferimento a detta sentenza.
1.1. Nella specie il ricorso risulta proposto sulla base di una procura rilasciata a margine della sua prima pagina. Essa risulta redatta a stampa ed indica come conferenti tutte le parti ricorrenti. Reca, altresi’, l’indicazione della sentenza della Corte d’Appello di Catania, identificata con il numero e la data.
Tuttavia: a) le indicazioni relative al numero ed alla data risultano scritte a stampa con caratteri piu’ piccoli rispetto al residuo testo, il che rende del tutto incerto che tale indicazione sia stata coeva alla apposizione del testo residuo; b) le sottoscrizioni delle parti, che il difensore Avvocato (OMISSIS) ha autenticato, risultano apposte con un ordine che, dopo la sottoscrizione di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), vede succedersi quella di (OMISSIS) e, quindi, di seguito, quelle (OMISSIS), di (OMISSIS) e di (OMISSIS).
Poiche’ il tenore della dichiarazione di conferimento evidenzia un conferimento contestuale, trattandosi di dichiarazione che risulta fatta congiuntamente, la circostanza che, come ha eccepito la resistente (OMISSIS), (OMISSIS) risulta deceduta alla data del 1 marzo 2009, siccome documentato con un certificato di morte prodotto con il controricorso, palesa che detta congiunta dichiarazione di conferimento deve essere avvenuta necessariamente prima della pronuncia della sentenza impugnata, perche’ la (OMISSIS) poteva rendere la dichiarazione congiunta autenticata solo prima di morire.
1.2. L’alternativa sarebbe di ritenere che l’autenticazione abbia riguardato una sottoscrizione falsa, cioe’ non apposta dalla medesima, perche’ gia’ deceduta.
Si ricorda, al riguardo che e’ principio consolidato che “la necessaria specialita’ della procura per il ricorso per cassazione comporta che essa deve essere rilasciata dopo la pubblicazione della sentenza impugnata e in data anteriore o contemporanea alla sottoscrizione del ricorso” (Cass., Sez. Un. n. 12625 del 1998) e che, piu’ di recente, e’ stato nella stessa logica statuito che “ai fini dell’ammissibilita’ del ricorso per cassazione, sotto il profilo della sussistenza della procura speciale al difensore iscritto nell’apposito albo, richiesta dall’articolo 365 c.p.c., e’ essenziale, da un lato, che la procura sia rilasciata in epoca anteriore alla notificazione del ricorso e, dall’altro, che essa investa il difensore espressamente del potere di proporre ricorso per cassazione contro una sentenza determinata e pronunciata necessariamente in epoca antecedente al rilascio della procura speciale” (Cass. n. 7084 del 2006).
1.3. Si deve, altresi’, rimarcare che la procura risulta conferita senza alcuna indicazione della data di conferimento, sicche’ non risulta da essa nemmeno che il conferimento sia potuto avvenire in una data successiva al decesso della (OMISSIS) e, tuttavia, successiva alla pubblicazione della sentenza impugnata, si’ che sarebbe del tutto ingiustificato, atteso il segnalato carattere congiunto del conferimento, inferire che gli altri ricorrenti diversi dalla medesima l’abbiano conferita dopo quella pubblicazione.
Ne consegue che il tenore del conferimento della procura non consente in alcun modo di scindere la dichiarazione di conferimento congiunta, ne’ separando quella della (OMISSIS) ed ipotizzando che solo essa sia stata conferita con la relativa sottoscrizione prima del suo decesso, ne’ alternativamente considerando che la dichiarazione e la sottoscrizione riferite alla medesima non siano vere.
Ulteriore rafforzamento dell’affermazione appena fatta si trae, sebbene superfluamente, anche dal mancato deposito di memoria da parte dei ricorrenti in replica all’eccezione dell’ (OMISSIS).
1.4. Quanto si e’ osservato va completato con l’affermazione che, non esistendo in vita la de cuius al momento della proposizione del ricorso il ricorso stesso, in quanto formalmente da lei proposto, deve ritenersi inesistente, atteso che la mancanza della parte indice inesistenza dell’atto compiuto per suo conto e considerato che nella specie e’ priva di rilevanza, ai sensi dell’articolo 365 c.p.c., la procura in ipotesi rilasciata anteriormente alla sentenza dalla medesima, di modo che non potrebbe sostenersi che, a tutela del diritto di difesa della stessa de cuius, si configuri la necessita’ di conservare l’agire del suo difensore come riferibile ad essa.
2. Peraltro, ove si reputasse, in ipotesi denegata e prescindendo dagli ostacoli appena indicati, che dagli elementi testuali sopra riferiti si possa inferire solo che la sottoscrizione della de cuius debba necessariamente ritenersi apposta prima del suo decesso e, dunque, prima della pronuncia della sentenza impugnata, e che, al contrario per le altre sottoscrizioni la contestualita’ della dichiarazione di conferimento e l’ordine di sottoscrizione siano elementi che non danno certezza che anche dette sottoscrizioni siano state conferite prima di quel decesso, ferma la conseguenza che il ricorso sarebbe inammissibile comunque per l’indicata ragione quanto alla de cuius, si dovrebbe rilevare che il ricorso delle altre parti ricorrenti comunque risulterebbe inammissibile quanto ai primi due motivi.
Queste le ragioni.
2.1. Con il primo motivo di ricorso si deduce “nullita’ della sentenza e del procedimento ex articolo 360 c.p.c., n. 4, in relazione alla violazione degli articoli 2699, 2700 c.c. e articolo 221 c.p.c., per avere la Corte territoriale dichiarato la tardivita’ dell’appello disconoscendo l’efficacia probatoria di un atto contenente in allegato, tra i vari documenti, la dichiarazione di modifica della elezione di domicilio, la cui presenza era stata accertata e verificata dal cancelliere attraverso la apposizione del timbro e firma in calce a detto elenco, pur in assenza della presen della querela di falso”.
Con il secondo motivo si prospetta “nullita’ della sentenza ex articolo 360 c.p.c., n. 4, per violazione dell’articolo 132 c.p.c., n. 4, per avere la Corte territoriale fornito una motivazione del tutto apparente, apodittica, contraddittoria ed insufficiente circa la presunta inattendibilita’ dell’atto prodotto dalla parte oggi ricorrente in cassazione al fine di dimostrare l’avvenuta comunicazione del mutamento di domicilio in quanto com’e’ noto non e’ previsto dal nostro ordinamento che la parte o la cancelleria attesti il deposito delle copie di cortesia, ma solo dell’originale, cosi’ come e’ incomprensibile la rilevanza attribuita dalla Corte territoriale ad un no perfetto allineamento delle righe di un atto redatto dalla scrivente difesa ovvero alla presenza in atti della copia ufficio, priva degli allegati”.
2.2. I due motivi svolgono critiche alla motivazione con cui la sentenza ha ritenuto inammissibile l’appello dei ricorrenti per inosservanza del termine breve decorrente dalla notificazione della sentenza di primo grado fatta dall’allora (OMISSIS) e dall’ (OMISSIS) nello studio dell’Avvocato (OMISSIS), domiciliatario del difensore costituito (ed odierno patrono dei ricorrenti) Avvocato (OMISSIS).
In detta motivazione la corte etnea si e’ cosi’ espressa: “E’ infondato l’assunto, proposto dagli appellanti, secondo il quale la notifica della gravata sentenza non si sarebbe mai perfezionata stante la modificazione del domicilio eletto intervenuta nel corso del giudizio di primo grado, si’ come effettuata con la memoria conclusionale di replica, depositata in originale soltanto alla presente udienza, contenente in allegato, in uno alla revoca della precedente, la nuova dichiarazione di elezione di domicilio nello studio dell’avv.to (OMISSIS) sito in (OMISSIS). Vi e’ infatti che, non avendo allegato la parte appellante il deposito di plurime memorie conclusionali di replica, l’unica ritualmente depositata, come peraltro puo’ evincersi dalla visura storica degli atti, deve ritenersi quella sottoscritta dal cancelliere e materialmente rinvenuta in originale nel fascicolo di primo grado, la quale non reca affatto alcuna nuova elezione di domicilio e nemmeno alcun atto dichiaratorio allegato e tale e’ stata dunque l’unica conosciuta dalle controparti le quali pertanto non hanno avuto alcuna formale conoscenza del cambio di domicilio. Si aggiunga che la memoria di replica oggi allegata, della quale la parte appellante ha mostrato di avere l’esclusiva disponibilita’, reca in calce una indicazione chiaramente posticcia dell’accluso dichiaratorio, fosse solo per il fatto che e’ sfalsata e non in linea rispetto ai margini orizzontali e verticali precostituiti, e non risulta per di piu’, nemmeno sottoscritta, come ben avrebbesi dovuto, dal difensore munito di procura. Siffatte circostanze, inducono l’adita Corte di appello a ritenere inopponibile alle parti processuali convenute ed intervenute nel giudizio di primo grado la dedotta modificazione dell’originaria elezione di domicilio. E’ vero, infatti, che, al riguardo, e’ soltanto necessario, secondo la giurisprudenza di legittimita’, che la elezione e/o la modificazione sia comunicata alle altre parti del giudizio con atto idoneo a portare a conoscenza detto mutamento, quale ad es. la dichiarazione esplicita contenuta nel verbale di udienza o apposito atto indirizzato alla controparte, anche se non specificamente preposto a comunicarne il mutamento (Cass. civ. 5919/2000; Cass. civ. 21759/2012; Cass. civ. 5031/2013). Ma, certamente tali caratteri non riveste la dichiarazione di cui si controverse, difforme rispetto all’originale “uso ufficio” delle stesse memorie, priva, come e’, di alcuna dichiarazione di elezione del nuovo domicilio, ne’ in calce, ne’ in allegato.”.
2.3. Ebbene il Collegio rileva che i due motivi si fondano sul contenuto della memoria di replica del 22 febbraio 2012 relativa al giudizio di primo grado e sull’allegata elezione di domicilio (atti depositati dai ricorrenti in appello in replica all’eccezione di tardivita’ correlata alla notifica della sentenza di primo grado), nonche’ su quello della memoria che la sentenza impugnata definisce “l’unica ritualmente depositata (…) rinvenuta nel fascicolo di primo grado”, evidentemente acquisito al giudizio di appello.
Senonche’, nel ricorso e precisamente nell’illustrazione del primo motivo si riproduce integralmente il contenuto della memoria e della dichiarazione di mutamento di domicilio depositati in appello, ma non si dice se e dove tali atti siano stati depositati e, dunque, siano esaminabili in questo giudizio di legittimita’. Nemmeno si dice se e dove sia stata depositata la memoria che la corte territoriale ha detto presente nel fascicolo d’ufficio di primo grado.
Ebbene, tali indicazioni erano necessarie per rispettare l’onere di indicazione specifica degli atti processuali su cui il ricorso si fonda, prescritto dall’articolo 366 c.p.c., n. 6.
Si rileva che riguardo a detti atti non si e’ neppure detto di voler fare riferimento alla presenza nel fascicolo d’ufficio, modalita’ di adempimento dell’onere di indicazione specifica sotto il profilo della c.d. localizzazione dell’atto nel giudizio di legittimita’ che e’ stata ritenuta ammissibile dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 22726 del 2011, al fine di esentare la parte ricorrente (o resistente), naturalmente alla condizione che essa abbia rispettato l’ulteriore onere di cui dell’articolo 369 c.p.c., u.c., cioe’ di chiedere la trasmissione del detto fascicolo al giudice della sentenza impugnata, dall’onere di produrre gli atti presenti eventualmente o necessariamente nel fascicolo d’ufficio del giudice della sentenza impugnata e, dunque, dall’ulteriore adempimento di cui all’articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4, prescritto a pena di improcedibilita’ del ricorso.
La citata sentenza, nell’ammettere tale esenzione, ha infatti sottolineato che resta fermo l’onere di indicazione specifica di cui all’articolo 366 c.p.c., n. 6, cosi’ intendendo riferirsi non solo all’onere di riproduzione diretta o di riproduzione indiretta (con indicazione della parte dell’atto cui l’indiretta riproduzione corrisponda) del contenuto dell’atto per la parte sorreggente il motivo di ricorso, ma anche all’onere di localizzazione nel fascicolo d’ufficio e, dunque, alla necessita’ di fare espresso riferimento alla volonta’ di avvalersi della presenza in esso dell’atto. Sicche’, e’ escluso che, qualora manchi tale indicazione di un riferimento alla presenza nel fascicolo d’ufficio, la Corte possa presumere che essa vi sia stata sul riflesso che l’atto processuale, in quanto atto in originale non nella disponibilita’ della parte, ma facente parte del contenuto del fascicolo, debba essere cola’ contenuto.
Si rileva, in conseguenza, che i primi due motivi sono inammissibili per violazione dell’articolo 366, n. 6, sotto l’indicato profilo.
2.4. Peraltro, se – in ipotesi denegata – si prescindesse dal rilievo appena svolto, si dovrebbe rilevare che nel fascicolo di parte di questo giudizio di cassazione nessuno dei due atti di cui trattasi figura prodotto ne’ in originale ne’ in copia, sicche’ risulterebbe violato anche il citato articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4.
2.5. Il Collegio rileva, altresi’, che, anche a prescindere dalla stessa lettura della sentenza impugnata e considerando gia’ la motivazione sopra riportata in quanto riprodotta nell’esposizione del primo motivo, si dovrebbe prendere atto che i primi due motivi – al di la’ dell’apprezzamento delle considerazioni che svolgono – ignorano completamente una ratio decidendi del tutto assorbente, che la corte territoriale ha enunciato, quando ha rilevato che quella che ha definito “una indicazione chiaramente posticcia dell’accluso dichiaratorio (…) non risulta, per di piu’, nemmeno sottoscritta, come ben avrebbesi dovuto fare, dal difensore munito di procura”.
Poiche’ in tal modo la Corte territoriale ha voluto dire che la dichiarazione di allegazione della dichiarazione di elezione di domicilio (presente nella memoria depositata che e’ stata trascritta nel ricorso, dopo la chiusura della esposizione della memoria, la data e l’indicazione dell’Avvocato (OMISSIS)), in quanto non sottoscritta, non era valida, l’assoluto disinteresse dei due motivi per tale affermazione, ne ha comunque determinato il passaggio in cosa giudicata interna, cosi’ rendendo del tutto inutile – in quanto essa da sola giustifica il rifiuto di dare rilievo alla memoria depositata dai ricorrenti ed all’elezione di domicilio che ad essa si dice allegata – scrutinare le argomentazioni dei motivi stessi.
E cio’ a prescindere dall’esattezza della valutazione della corte siciliana, cioe’ senza che rilevi accertare se una memoria che il difensore depositi nel giudizio (non contemplata dall’articolo 125, la’ dove per certi atti prescrive come requisito formale la sottoscrizione), debba essere sottoscritta dal medesimo, oppure, in mancanza di sottoscrizione, possa aliunde considerarsi da lui proveniente, per esempio dando rilievo all’attivita’ di attestazione del deposito da parte del cancelliere ed alla mancanza di eccezione di inesistenza della sottoscrizione da parte della controparte (si vedano, per riferimenti: Cass. n. 11410 del 1998, secondo cui: “La comparsa di risposta non sottoscritta dal difensore, mancando la certezza della sua provenienza, e’ nulla, essendo l’atto privo di un requisito indispensabile per il raggiungimento dello scopo. Tuttavia, allorquando la parte convenuta non si sia limitata a depositare in cancelleria una comparsa priva della sottoscrizione del difensore, ma abbia partecipato attivamente al giudizio senza che siano sorte contestazioni in ordine all’individuazione del procuratore costituito, la nullita’ non puo’ essere pronunciata, ostandovi la sanatoria generale che dell’articolo 157 c.p.c., comma 3, fa derivare dal raggiungimento dello scopo dell’atto viziato”; Cass. n 2255 del 2004, secondo cui: “Nel giudizio di impugnazione avverso il decreto di espulsione dello straniero emesso dal prefetto, il rilievo dell’incompetenza territoriale del giudice adito e’ soggetto al regime dettato dall’articolo 38 c.p.c., comma 1, stante la natura inderogabile di tale competenza; pertanto l’eccezione di incompetenza territoriale puo’ ritenersi ritualmente e tempestivamente proposta dalla pubblica amministrazione convenuta solo se contenuta in una memoria difensiva depositata anteriormente alla prima udienza camerale o formulata, al piu’ tardi, in tale udienza ed inserita nel relativo verbale. Non puo’ considerarsi ritualmente proposta l’eccezione di incompetenza contenuta in una memoria difensiva per partecipare al giudizio promosso dallo straniero, trasmessa a mezzo fax da parte dell’autorita’ che ha emesso il provvedimento di espulsione, atteso che detta memoria non soddisfa l’obbligo della sottoscrizione, costituendo l’autografia della sottoscrizione requisito essenziale, ai sensi dell’articolo 125 c.p.c., per l’esistenza giuridica dell’atto”).
3. Il Collegio rileva, inoltre, che il terzo motivo sarebbe stato privo di fondamento.
Con esso si deduce “nullita’ della sentenza ex articolo 360 c.p.c., n. 4, per violazione dell’articolo 132 c.p.c., n. 4, per avere la Corte territoriale, in violazione sostanziale dell’articolo 91 c.p.c. e articolo 331 c.p.c., posto a carico della parte attrice le spese, sostenute nel secondo grado di giudizio da tutte le parti appellate, comprese quelle chiamate in causa dalle originarie convenute, con cio’ violando, peraltro, il principio della soccombenza cosi’ come interpretato dalla giurisprudenza di legittimita’”.
La manifesta infondatezza del motivo si sarebbe giustificata, la’ dove esso, pur evocando correttamente il principio di diritto di cui a Cass. n. 13556 del 2014, indica malamente come arbitrarie le ragioni delle varie chiamate in causa, ravvisando l’arbitrarieta’ nella circostanza che contro i sanitari chiamati in causa i ricorrenti non avevano fatto valere una responsabilita’. Invero, essendosi l’operato degli originari convenuti estrinsecato attraverso l’opera dei sanitari, la loro chiamata in causa era giustificata dalla richiesta di essere tenuti indenni da eventuali responsabilita’.
4. Il ricorso e’ conclusivamente dichiarato inammissibile.
5. Le spese seguono la soccombenza nei confronti di tutte le parti costituite e si liquidano in dispositivo ai sensi del Decreto Ministeriale n. 55 del 2014.
Per tutti i ricorrenti diversi dalla (OMISSIS) si verte in tema di procura nulla, perche’ rilasciata in violazione dell’articolo 365 c.p.c. e non di agire del difensore senza procura, onde non ricorrono le condizioni per condannare alle spese direttamente l’Avvocato (OMISSIS) (ferma, naturalmente, ogni valutazione che le parti ricorrenti potranno fare del suo operato sul piano del rapporto professionale), siccome, invece, chiesto nella memoria della (OMISSIS).
Quanto alla posizione della de cuius, cioe’ della (OMISSIS), si deve rilevare, invece che l’inesistenza in vita del soggetto al momento della proposizione del ricorso e, dunque, l’inesistenza della parte sostanziale, connota l’attivita’ dell’Avvocato (OMISSIS) come attivita’ che risulta direttamente a lui riferibile, restando privo di rilievo il fatto che la procura potesse essere stata effettivamente rilasciata dalla defunta anteriormente alla sua morte e prima della pronuncia della sentenza impugnata. Ne segue che con riferimento alla posizione della ricorrente gia’ deceduta all’atto della pronuncia della sentenza impugnata, la giurisprudenza invocata dalla (OMISSIS) ha invece rilevanza, in quanto l’Avvocato (OMISSIS) ha chiaramente agito in assoluta inesistenza di un mandato, atteso che quello che gli era stato rilasciato dalla defunta e che appare a margine del ricorso, essendo pacifico che al momento del ricorso la stessa era venuta meno per decesso, risulta a sua volta venuta meno, si’ che l’agire dell’Avvocato (OMISSIS) risulta riferibile solo a lui. Sicche’, Egli va considerato parte del processo di cassazione e la condanna alle spese si giustifica pure nei suoi confronti.
Viene, in rilievo, per giustificare tale conclusione, il principio di diritto, secondo cui: “In materia di disciplina delle spese processuali, nel caso di azione o di impugnazione promossa dal difensore senza effettivo conferimento della procura da parte del soggetto nel cui nome egli dichiari di agire nel giudizio o nella fase di giudizio di che trattasi (come nel caso di inesistenza della procura o di procura falsa o rilasciata da soggetto diverso da quello dichiaratamente rappresentato o per processi o fasi di processo diverse da quello per il quale l’atto e’ speso), l’attivita’ del difensore non riverbera alcun effetto sulla parte e resta attivita’ processuale di cui il legale assume esclusivamente la responsabilita’ e, conseguentemente, e’ ammissibile la sua condanna a pagare le spese del giudizio; diversamente, invece, nel caso di invalidita’ o sopravvenuta inefficacia della procura ad litem, non e’ ammissibile la condanna del difensore alle spese del giudizio, in quanto l’attivita’ processuale e’ provvisoriamente efficace e la procura, benche’ sia nulla o invalida, e’ tuttavia idonea a determinare l’instaurazione di un rapporto processuale con la parte rappresentata, che assume la veste di potenziale destinataria delle situazioni derivanti dal processo” (Cass., Sez. Un. n. 10706 del 2006).
La situazione in cui il (OMISSIS) ha esercitato il presunto mandato per conto della de cuius e’ ascrivibile alla nozione di agire in forza di procura inesistente.
Con la memoria dell’ (OMISSIS) e’ stata depositata una lettera di provenienza di un legale, che, quale incaricato da due delle ricorrenti, evidenziava che esse non avrebbero conferito il mandato all’Avvocato (OMISSIS). Il documento avrebbe dovuto notificarsi con elenco ai sensi dell’articolo 372 c.p.c., comma 2 e, dunque, deve reputarsi irrituale.
6. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, si deve dare atto senza dubbio della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, ad eccezione della defunta (OMISSIS) dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato articolo 1, comma 1-bis 3.
7. Ci si deve domandare se debba darsi atto della sussistenza di quei presupposti quanto all’Avvocato (OMISSIS), che e’ il soggetto che “sostanzialmente” ha proposto il ricorso in vece della defunta (OMISSIS).
La norma del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13-quater, la’ dove, dopo avere disposto che “Quando l’impugnazione, anche incidentale, e’ respinta integralmente o e’ dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta e’ tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma del comma 1-bis”, prevede che “Il giudice da’ atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al periodo precedente e l’obbligo di pagamento sorge al momento del deposito dello stesso”, dev’essere interpretata in modo ragionevole e tenendo conto che e’ estraneo all’ambito della giurisdizione civile ordinaria la cognizione della debenza del c.d. contributo unificato, come costo che si deve sopportare o non si deve sopportare per il costo della macchina giudiziaria. Ne segue che la prescrizione dettata dalla norma deve essere letta, quando si riferisce al dovere di attestazione dei presupposti di cui al periodo precedente non gia’ nel senso che il giudice deve dichiarare oltre alla ricorrenza di un caso di infondatezza, inammissibilita’ o improcedibilita’ dell’impugnazione, anche se la parte, in dipendenza di tale esito, sia in concreto tenuta oppure non al versamento del contributo. Tale accertamento, come, del resto, fa manifesto il successivo articolo 15 del Decreto del Presidente della Repubblica spetta all’amministrazione giudiziaria e, quindi, al funzionario di cancelleria ed e’ in relazione all’agire dell’amministrazione che rileva l’esistenza di eventuali condizioni di esenzione dall’obbligo tributario, come quelle indicate nell’articolo 10 oppure dell’esistenza della c.d. prenotazione a debito per l’ammissione della parte nel giudizio concluso dall’impugnazione al patrocinio a spese dello Stato ai sensi dell’articolo 11 del Decreto del Presidente della Repubblica o per essere la parte un’amministrazione pubblica.
La ricorrenza tanto di un eventuale esenzione quanto dell’esistenza della prenotazione a debito, che all’atto dell’iscrizione a ruolo dell’impugnazione non da’ luogo all’obbligo di pagamento del contributo, e’ compito dell’amministrazione nell’articolazione della cancelleria dell’ufficio ricevente l’impugnazione.
Una diversa interpretazione comporterebbe, in mancanza di qualsiasi espressa previsione l’attribuzione alla giurisdizione civile (anche quando viene esplicata nel processo penale) di un vero e proprio potere decisionale sulla debenza del contributo e del doppio del contributo e, dunque su una vicenda di natura tributaria, riguardo alla quale il giudice naturale e’ quello tributario.
L’alternativa sarebbe che al giudice dell’impugnazione sarebbe attribuito un ruolo di natura amministrativa e, quindi, di responsabilita’ per la relativa pretesa erariale, in mancanza di una esplicita previsione di legge.
Ne segue che cio’ che al giudice la norma dell’articolo 13-quater, richiede e’ solo l’attestazione dell’avere adottato una decisione incasellabile o come pronuncia di inammissibilita’ o improcedibilita’ o come di “respingimento integrale”. Tale dichiarazione compete al giudice, perche’ rientra nell’ambito dei poteri inerenti la sua iurisdictio, in quanto, a seconda delle tipologie di impugnazione, il tenore della decisione sia siccome espresso dalla motivazione sia siccome espresso dal dispositivo potrebbe ingenerare dubbi sulla ricorrenza o di una fattispecie di inammissibilita’ e improcedibilita’ o di un “respingimento integrale”.
Ne consegue ulteriormente che, tanto nei casi di esenzione dal contributo, quanto nei casi di prenotazione a debito, il giudice deve comunque attestare se ha adottato una pronuncia di inammissibilita’ o improcediblita’ o di “respingimento integrale”, competendo poi esclusivamente all’Amministrazione valutare se nonostante l’attestato tenore della pronuncia, che evidenzia il presupposto giurisdizionale dell’esito del processo di impugnazione legittimante in astratto la debenza del doppio contributo, in concreto la doppia contribuzione spetti. Di modo che se l’Amministrazione constati l’esenzione o la prenotazione a debito (come nel caso di patrocinio a spese dello Stato), le ulteriori deliberazioni competono esclusivamente ad essa e contro di esse la reazione della parte dovra’ estrinsecarsi con i mezzi di tutela contro l’eventuale illegittima pretesa di riscossione e cio’ senza che l’attestazione del giudice civile possa leggersi come di debenza della doppia contribuzione, atteso che essa non ha tale oggetto.
In forza di tali considerazioni, una volta richiamate le considerazioni svolte sopra circa la posizione dell’Avvocato (OMISSIS) di parte del ricorso in vece della defunta, la dichiarazione di sussistenza dei presupposti di cui al Decreto del Presidente della Repubblica citato nei termini indicati si giustifica pe quella posizione pure nei suoi confronti.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna i ricorrenti, ad eccezione di (OMISSIS), nonche’ l’Avvocato (OMISSIS), alla rifusione in favore di ciascuna delle parti resistenti delle spese del giudizio di cassazione, liquidate per l’ (OMISSIS) e per la (OMISSIS) (in persona della sua mandataria) in euro tremila, oltre duecento per esborsi, le spese generali al 15% e gli accessori come per legge, ed a favore delle altre parti resistenti in euro duemiladuecento, oltre duecento per esborsi, le spese generali al 15% e gli accessori come per legge. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, ad eccezione della defunta (OMISSIS), nonche’ da parte dell’Avvocato (OMISSIS), dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato articolo 13, comma 1-bis.

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