Cassazione e la censura concernente la mancata ammissione in appello di istanze istruttorie

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|12 aprile 2023| n. 9674.

Cassazione e la censura concernente la mancata ammissione in appello di istanze istruttorie

In tema di ricorso per cassazione, la censura concernente la violazione delle regole processuali ex art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., qualora investa la mancata ammissione in appello di istanze istruttorie ex art. 345, comma 2, c.p.c., è ammissibile solo in quanto spieghi come e perché le istanze in parola, se accolte, sarebbero state suscettibili di rovesciare l’esito del giudizio di primo grado.

Sentenza|12 aprile 2023| n. 9674. Cassazione e la censura concernente la mancata ammissione in appello di istanze istruttorie

Data udienza 12 dicembre 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Responsabilità del professionista – Notaio – Bene gravato da ipoteca – Conoscenza del pregiudizio in capo all’acquirente – Inammissibilità

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele Gaetano – Presidente

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere

Dott. RUBINO Lina – Consigliere

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere

Dott. Spa ZIANI Paolo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 16661-2019 proposto da:
(OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) ed elettivamente domiciliata in (OMISSIS) presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) in (OMISSIS); Pec: (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) in (OMISSIS) Pec: (OMISSIS);
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 160-2019 della CORTE D’APPELLO SEZ.DIST. DI TARANTO, depositata il 15/03/2019;
udita la relazione della causa svolta nell’udienza del 12/12/2022 dal Consigliere ANNA MOSCARINI.

Cassazione e la censura concernente la mancata ammissione in appello di istanze istruttorie

FATTI DI CAUSA

La signora (OMISSIS) convenne in giudizio, con atto di citazione del 27/3/2014, il notaio (OMISSIS) davanti al Tribunale di Taranto per sentirne pronunciare la condanna al risarcimento dei danni per responsabilita’ professionale in ordine alla compravendita, rogata dal professionista, con la quale il venditore (OMISSIS), essendo divenuto proprietario esclusivo di due porzioni immobiliari siti in (OMISSIS), a seguito di scioglimento della comunione legale con la moglie, ne aveva trasferito la proprieta’ alla (OMISSIS). L’attrice rappresento’ che i beni erano risultati gravati da ipoteca senza che il notaio avesse acclarato la presenza dei vincoli a mezzo delle ordinarie visure catastali, e che il giudice dell’esecuzione immobiliare, rilevata l’anteriorita’ della trascrizione del pignoramento rispetto alla compravendita, aveva rigettato la domanda di sospensione dell’esecuzione formulata dalla (OMISSIS). Avendo, pertanto, la stessa subito la sostanziale inefficacia del proprio atto di acquisto, la (OMISSIS) agi’ nei confronti del notaio per essere risarcita, ritenendolo responsabile di non aver eseguito le necessarie visure catastali.
Il notaio (OMISSIS) si costitui’ in giudizio respingendo ogni addebito, dichiaro’ di aver eseguito le ispezioni ipotecarie sia sul nominativo di (OMISSIS) sia su quello della moglie e affermo’ che, in ogni caso, il prezzo di acquisto, estremamente modesto rispetto al valore degli immobili compravenduti, era stato pagato dalla (OMISSIS) con ampio anticipo rispetto alla stipula del rogito, sicche’ il pregiudizio economico doveva intendersi derivato dalla inavvedutezza dell’attrice acquirente e non dalla sua colpa professionale.
Il Tribunale adito, con sentenza n. 342 del 29/1/2016, rigetto’ la domanda ritenendo che, anche qualora il notaio avesse evidenziato la presenza di vincoli, non per questo l’atto di acquisto della (OMISSIS) avrebbe potuto essere legittimamente opposto ai creditori e prevalere sulle precedenti iscrizioni, sicche’ l’attrice avrebbe potuto soltanto optare per la non convenienza dell’acquisto; tuttavia il Tribunale rilevo’ la presenza in atti di molteplici elementi atti a far supporre che la (OMISSIS), al momento del rogito, fosse pienamente consapevole dei pregiudizi gravanti sugli immobili, quali la presenza di ipoteche e pignoramenti ben anteriori all’atto di compravendita, il prezzo vile pagato e l’avvenuto versamento del medesimo in data ben anteriore alla stipula del rogito, quando i beni erano ancora in comunione indivisa; inoltre il Tribunale rilevo’ che i beni risultavano locati a terzi e che, nei confronti dei locatori, il (OMISSIS) e la (OMISSIS) si erano qualificati come comproprietari ed avevano pattuito che i canoni sarebbero stati versati su un conto corrente intestato all’attrice sicche’ la (OMISSIS) neppure aveva ricevuto un vero e proprio danno dalla stipulazione della compravendita.
A seguito di appello della (OMISSIS), la Corte d’Appello di Lecce, con sentenza n. 160 del 15/3/2019, ha rigettato il gravarne, sulla base di due rationes decidendi: in primo luogo ha confermato(la presenza in atti di numerosi indizi atti a far ritenere la piena consapevolezza della (OMISSIS) in ordine alla esistenza della pregiudizievole procedura esecutiva; in secondo luogo la sentenza ha affermato che tutte le critiche formulate dalla (OMISSIS) con il proprio atto di appello sarebbero state in ogni caso ininfluenti a demolire la sentenza di primo grado in nome della ragione piu’ liquida, secondo la quale, ove anche si fosse dato atto nel rogito della pendenza di pignoramenti e della iscrizione di ipoteche, ugualmente l’atto sarebbe risultato inefficace perche’ posteriore ad esse.
Avverso la sentenza (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.
Ha resistito il notaio (OMISSIS) con controricorso.
Il ricorso e’ stato fissato per la trattazione in adunanza camerale ai sensi dell’articolo 380 bis.1 c.p.c., in vista della quale entrambe le parti hanno depositato memoria.
Il Collegio ha ritenuto non sussistere elementi atti a consentire la definizione del giudizio in sede camerale ed ha, per l’effetto, disposto il rinvio della causa alla Pubblica Udienza.
Il P.G. ha depositato conclusioni scritte nel senso della inammissibilita’ o, in subordine, del rigetto del ricorso.

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RAGIONI DELLA DECISIONE

Occorre preliminarmente rigettare l’eccezione di improcedibilita’ del ricorso, sollevata da parte resistente, per mancata produzione in atti del provvedimento di ammissione al gratuito patrocinio a spese dello Stato: l’eccezione va rigettata in quanto la giurisprudenza di questa Corte ritiene che il ricorso non sia inammissibile purche’ vi sia una valida procura alle liti (Cass., 3, n. 8723 del 31/5/2012: ” Il ricorso per cassazione proposto dalla parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato e’ ammissibile anche se non sia stato prodotto il relativo decreto di ammissione al beneficio, purche’ vi sia una valida procura alle liti”).
Sui motivi di ricorso.
Con il primo motivo – nullita’ della sentenza in relazione all’articolo 112 c.p.c. e all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4; in subordine nullita’ della sentenza per difetto di motivazione in violazione della Cost., articolo 111, 132 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c. il tutto in relazione all’articolo 360, comma 1 c.p.c.- la ricorrente censura la sentenza nella parte in cui avrebbe omesso di pronunciarsi o lo avrebbe fatto con una motivazione apparente, sul motivo di appello con il quale la (OMISSIS) aveva fatto valere la violazione del principio del contraddittorio e del diritto di difesa non avendole il giudice dato modo di replicare a documenti acquisiti al giudizio sui quali non si sarebbe svolto un corretto contraddittorio tra le parti, con violazione dell’articolo 101 c.p.c. Si evidenzia che, oltre alla omessa pronuncia, la ricorrente fa valere la violazione dell’articolo 101, secondo co. c.p.c. anche in relazione alla pretesa introduzione di nova.
Ai fini dello scrutinio del motivo, si ricorda che l’appellante aveva chiesto di dichiarare la nullita’ della sentenza di primo grado e di accogliere la domanda sulla base dei fatti allegati e provati fino all’udienza di precisazione delle conclusioni, in subordine di ordinare la rimessione in termini per garantire il diritto dell’appellante di contraddire sui fatti e sulle circostanze che il primo giudice aveva ritenuto di ricavare dalle “carte” acquisite al processo.
Tanto premesso, si osserva che la prima censura, quella dell’omissione di pronuncia sui capi I e II delle conclusioni dell’atto di appello e’ priva di fondamento, giacche’ omette di considerare quanto la motivazione della sentenza ha esposto a partire dalla frase che inizia con il verbo parola “sostiene” a pag. 5 e fino al sesto rigo della pag. 7.
La motivazione enunciata dalla corte territoriale viene ignorata ed essa, che si impernia sul valore della norma dell’articolo 116 c.p.c. e sulla sua rilevanza in ordine al materiale probatorio acquisito al processo, nonche’ sul principio di c.d. acquisizione processuale, e’ stata enunciata con espresso riferimento, come emerge dalla proposizione che a pag. 5 inizia con la parola “sostien” con riferimento alla dedotta violazione dei “vari principi del sistema giuridico, come sopra individuati”, espressione che richiama quanto a pag. 4 riferisce la sentenza circa il contenuto dell’appello della qui ricorrente, nel quale si fa riferimento alla doglianza circa il fatto che il tribunale “non aveva aperto il contraddittorio sui fatti nuovi desunti dalle carte del processo”.

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Analogamente, la motivazione enunciata alle pagg. 5-7 ed ignorata dall’illustrazione del motivo, evidenzia l’infondatezza della seconda censura, la quale, peraltro, attinge un rilievo della motivazione della sentenza impugnata quello sulle nuove prospettazioni e sui nuovi mezzi istruttori, che non concerne la doglianza su cui infondatamente e’ dedotta l’omessa pronuncia, quella di violazione dell’articolo 101, comma 2, c.p.c., bensi’ un problema diverso, quello dei nova che la ricorrente in appello avrebbe voluto introdurre con la giustificazione della violazione di quella norma da parte del primo giudice.
Il Collegio, peraltro, rileva che l’illustrazione del motivo, pur evocando il contenuto dell’atto di appello, omette di indicare dove in esso erano state svolte le argomentazioni che si dicono esserlo state cosi’ presentando anche, lo si rileva ad abundantiam, un profilo di violazione dell’articolo 366 n. 6 c.p.c., che, peraltro, sussiste anche sotto il profilo della localizzazione in questo giudizio dell’atto di appello, che non si dice prodotto (vedi anche elenco produzioni i calce al ricorso) e riguardo al quale nemmeno si dice – come ammette Cass., Sez. Un., n. 22726 del 2011 al fine di esentare dalla produzione ai sensi del n. 4 dell’articolo 369 c.p.c., ma esigendo l’indicazione- di voler fare riferimento alla sua presenza nel fascicolo d’ufficio del giudizio di appello.
Peraltro, gli elementi che la corte territoriale ha ritenuto correttamente apprezzati dal tribunale – cioe’ quelli che essa elenca nella prima parte della pagina 6 – sono fatti emergenti dal tenore dello stesso atto notarile prodotto in giudizio e, dunque, trattasi di elementi acquisiti al processo, dovendosi escludere la validita’ della tesi dottrinale richiamata nel motivo, che vorrebbe soggiaccia all’obbligo di cui all’articolo 101, comma 2, c.p.c. il potere del Giudice di rilevare i fatti rappresentati in un documento prodotto. Siffatto potere del Giudice non puo’ soggiacere alla norma, in quanto l’articolo 115, dicendo che il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove dedotte dalle parti, implica che, in caso di produzione di un documento ad istanza di parte, poiche’ la sua efficacia rappresentativa concerne tutto cio’ che da esso risulta, il giudice non solo possa ma debba considerarlo al di la’ di una evidenziazione fatta dalla parte.
Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del principio della ragione piu’ liquida di cui alla Cost., articoli 24 e 111 in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nullita’ della sentenza (per il sacrificio del diritto di difesa e della effettivita’ della tutela giurisdizionale in omaggio al principio della ragione piu’ liquida attinente al merito) per violazione degli articoli 6 e 13 della Cedu e della Cost, articoli 24 e 111 in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4; nullita’ della sentenza per violazione della Cost, articolo 111 132 c.p.c. 118 disp. att. c.p.c. in relazione all’articolo 360, 1 n. 4 c.p.c. (non essendo state indicate le ragioni per le quali il diritto di difesa e l’effettivita’ della tutela giurisdizionale dovessero cedere il passo alla ragione piu’ liquida attinente al merito).
La ricorrente, in sostanza, censura la sentenza per aver, a suo avviso, violato il principio dell’effettivita’ della tutela giurisdizionale in nome della “ragione piu’ liquida”, con cio’ dando illegittimamente la prevalenza alla celerita’ del processo rispetto alla garanzia del diritto di difesa.
Il motivo e’ inammissibile, perche’ non coglie la ratio decidendi della impugnata sentenza, la quale, lungi dal fare applicazione, come si pretende, del principio della ragione piu’ liquida, con cio’ sacrificando la garanzia di pieno rispetto del contraddittorio, ha indicato come ragione “liquida” una ragione scelta dal Tribunale, relativa all’incidenza causale della denunciata negligenza del notaio, tale che, anche nel caso in cui il notaio avesse dato conto nel rogito della pendenza di pignoramenti e dell’iscrizione di ipoteche, ugualmente l’atto sarebbe risultato inefficace perche’ posteriore, nei confronti dei creditori procedenti.
Tale ratio decidendi, riferita dal giudice del gravarne alla sentenza di primo grado, e’ anche detta non attinta da una specifica censura senza che la ricorrente dimostri di avere, al contrario, criticato con l’appello quella ratio decidendi, ormai non piu’ contestabile.
Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’articolo 153, comma 2 c.p.c., 345, comma 3 c.p.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3; in subordine nullita’ della sentenza impugnata (in ordine alla declaratoria di inammissibilita’ dei documenti prodotti e delle richieste formulate in grado di appello), per violazione dell’articolo 345 c.p.c. e dell’articolo 153, comma 2 c.p.c in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4; ed ancora nullita’ della sentenza per motivazione meramente apparente, violazione della Cost., articoli 111, 132 c.p.c. 118 disp. att. c.p.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4.
La ricorrente lamenta che la Corte d’Appello abbia precluso l’ammissione di nuovi documenti ai sensi dell’articolo 345 c.p.c mentre avrebbe dovuto ammetterli perche’ nella disponibilita’ della parte solo dopo la conclusione del giudizio di primo grado.
Il motivo -sia quanto alla violazione dell’articolo 345 e 153 c.p.c. sia quanto alla parte finale in cui deduce la violazione dell’articolo 132, comma 2, n. 4 c.p.c., in quanto la motivazione sarebbe meramente apparente, va dichiarato inammissibile ai sensi dell’articolo 360-bis n. 2 c.p.c., secondo (esegesi di cui a Cass. n. 22341 del 2017 e successive conformi, perche’ non spiega come e perche’ le istanze probatorie avrebbero potuto rovesciare l’esito del giudizio di primo grado e comunque – al di la’ di tale rilievo – perche’, giusta quanto si e’ detto a proposito del primo motivo circa l’insussistenza della violazione dell’articolo 101, comma 2, c.p.c., una rimessione in termini o meglio l’ammissione dei documenti e delle prove alla stregua della previsione del 345 c.p.c. circa l’ammissibilita’ di prove che non si erano potute dedurre prima, non sarebbe stata giustificata, avendo il primo giudice solo rilevato cio’ che emergeva dagli atti introdotti nel giudizio e ben potendo, secondo il principio di eventualita’, l’attuale ricorrente dedurre cio’ che riferisce di avere introdotto con l’appello, fin dal primo grado.
In ogni caso, l’esito del secondo motivo ed il consolidarsi della motivazione della sentenza impugnata circa l’assenza di impugnazione della ragione liquida ritenuta dal tribunale, rende la stessa notazione della sentenza impugnata qui censurata del tutto ultronea.
Conclusivamente il ricorso va rigettato e la ricorrente va condannata a pagare, in favore della parte resistenl:e, le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.
Si da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di una somma a titolo di contributo unificato pari a quella versata per il ricorso, se dovuta.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare, in favore di parte resistente, le spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 7.200 (oltre Euro per esborsi), piu’ accessori e spese generali al 15%.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso, se dovuto.

 

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