Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|18 novembre 2021| n. 35146.
Capitolo di prova formulato sotto forma di interrogazione negativa.
La circostanza che un capitolo di prova per testimoni sia formulato sotto forma di interrogazione negativa non costituisce, di per sé, causa di inammissibilità della richiesta istruttoria (Principio di diritto espressamente enunciato in giudizio avente ad oggetto una domanda di risarcimento del danno causato da un evento della circolazione stradale). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile V, sentenza 17 luglio 2019, n. 19171; Cassazione, sezione civile III, sentenza 11 gennaio 2007, n. 384; Cassazione, sezione civile II, sentenza 15 aprile 2002, n. 5427).
Chiedere ad un testimone se una cosa reale fosse visibile o non visibile è una domanda che non ha ad oggetto una “valutazione”, ed è dunque ammissibile; fermo restando il potere-dovere del Giudice di valutare, “ex post”, se la risposta fornita si basi su percezioni sensoriali oggettive o su mere supposizioni (Principio di diritto espressamente enunciato in giudizio avente ad oggetto una domanda di risarcimento del danno causato da un evento della circolazione stradale). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile II, sentenza 5 febbraio 1994, n. 1173; Cassazione, sezione civile III, sentenza 22 agosto 1983, n. 5460; Cassazione, sezione civile III, sentenza 19 settembre 1980, n. 5322; Cassazione, sezione civile II, sentenza 9 dicembre 1974, n. 4120; Cassazione, sezione civile II, sentenza 21 luglio 1971, n. 2393; Cassazione, sezione civile I, sentenza 15 gennaio 1969, n. 58; Cassazione, sezione civile III, sentenza 21 marzo 1962, n. 575).
Ordinanza|18 novembre 2021| n. 35146. Capitolo di prova formulato sotto forma di interrogazione negativa
Data udienza 14 settembre 2021
Integrale
Tag/parola chiave: Processo civile – Prova – Poteri del giudice – Decisione con cui la domanda venga rigettata per difetto di prova – Vizio di nullità della sentenza – Rigetto delle istanze istruttorie formulate dall’attore ed intese a dimostrare il fatto costitutivo della pretesa – Capitolo di prova per testimoni – Forma di interrogazione negativa
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCODITTI Enrico – Presidente
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere
Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere
Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere
Dott. PORRECA Paolo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 13830-2019 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
COMUNE di MILANO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 876/2019 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 26/02/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 14/09/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO ROSSETTI.
Capitolo di prova formulato sotto forma di interrogazione negativa
FATTI DI CAUSA
1. (OMISSIS) nel 2017 convenne dinanzi al Tribunale di Milano il Comune della medesima citta’, esponendo:
-) di avere riportato lesioni personali in seguito alla caduta dal proprio motociclo, avvenuta mentre percorreva il Foro Bonaparte, nel Comune di Milano;
-) la caduta era stata provocata da “numerose buche non visibili” presenti sul manto stradale;
-) dei danni sofferti in conseguenza della caduta doveva rispondere il Comune di Milano, ai sensi dell’articolo 2051 c.c., quale proprietario e custode della suddetta strada.
2. Il Comune si costitui’ negando la propria responsabilita’, e contestando in particolare la sussistenza di un valido nesso di causa fra le condizioni della strada e l’incidente.
3. Il Tribunale di Milano, dopo avere rigettato tutte le richieste istruttorie formulate dall’attrice, con sentenza 1 marzo 2018 n. 2402 rigetto’ la domanda, ritenendo non dimostrata la sussistenza del nesso di causa fra le condizioni della strada ed il sinistro.
La sentenza venne appellata dalla parte soccombente.
4. La Corte d’appello di Milano con sentenza 26 febbraio 2019 n. 876 rigetto’ il gravame.
Ritenne la Corte d’appello che:
-) non poteva ritenersi dimostrata, “alla luce delle prove documentali”, l’esistenza d’un nesso di causa fra il fatto e le condizioni della strada; -) il verbale redatto dalla polizia e le fotografie della strada allegate agli atti non consentivano di individuare in maniera precisa il luogo del sinistro, ne’ la pericolosita’ delle condizioni stradali;
-) in ogni caso, “in una citta’ come Milano, specialmente in prossimita’ del passaggio del tram, e’ normale vi possano essere disconnessioni”.
4. La sentenza d’appello e’ stata impugnata per cassazione da (OMISSIS) con ricorso fondato su sette motivi ed illustrato da memoria.
Ha resistito con controricorso il Comune di Milano.
Capitolo di prova formulato sotto forma di interrogazione negativa
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Va preliminarmente rigettata l’eccezione di improcedibilita’ sollevata dal Comune di Milano, motivata col rilievo che la ricorrente non avrebbe depositato, in violazione dell’articolo 369 c.p.c., la copia notificata del provvedimento impugnato, munita delle prescritte attestazioni di conformita’.
Risulta infatti dagli atti che la suddetta copia, corredata della relata di notifica e dell’attestazione di conformita’, e’ allegata sub 2 e 3 al fascicolo della ricorrente.
2. Va esaminato per primo, ai sensi dell’articolo 276 c.p.c., comma 2, c.p.c., il sesto motivo di ricorso.
Con tale motivo infatti la ricorrente, formalmente prospettando la violazione dell’articolo 115 c.p.c., deduce che la Corte d’appello ha erroneamente reputato “generiche e valutative” le prove testimoniali da essa richieste, ed intese a dimostrare il nesso di causa tra le condizioni della strada e il danno.
Tale motivo riveste carattere preliminare in quanto un eventuale error in procedendo in tal senso commesso dalla Corte d’appello, incidendo sul contenuto del materiale probatorio utilizzabile ai fini della decisione, renderebbe irrilevanti le altre questioni prospettate dalla ricorrente, ovvio essendo che la correttezza di una sentenza di merito puo’ essere valutata solo dopo che il giudice di merito abbia compiuto legittimamente e correttamente l’attivita’ istruttoria.
3. Prima di esaminare il “fondo” del motivo in esame, reputa doveroso il Collegio compiere due osservazioni preliminari.
Capitolo di prova formulato sotto forma di interrogazione negativa
3.1. La prima osservazione e’ che la censura con cui il ricorrente denunci, in sede di legittimita’, che il giudice di merito abbia dapprima rigettato prove ammissibili e rilevanti, e poi ritenuto la domanda non provata, costituisce denuncia di un vizio di nullita’ della sentenza per illogicita’ manifesta, come ripetutamente affermato da questa Corte (Sez. 3, Ordinanza n. 2904 del 08/02/2021; Sez. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 17981 del 28/08/2020; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 14155 del 08/07/2020).
Nel caso di specie, pero’, nell’epigrafe del sesto motivo di ricorso, la ricorrente ha formalmente prospettato la violazione dell’articolo 115 c.p.c., non il vizio di nullita’ della sentenza.
Nondimeno questo errore nell’inquadramento della censura non e’ di ostacolo all’esame del sesto motivo di ricorso. Infatti, nel caso in cui il ricorrente incorra nel c.d. “vizio di sussunzione” (e cioe’ erri nell’inquadrare l’errore commesso dal giudice di merito in una delle cinque categorie previste dall’articolo 360 c.p.c.), il ricorso non puo’ per cio’ solo dirsi inammissibile, quando dal complesso della motivazione adottata dal ricorrente sia chiaramente individuabile l’errore di cui si duole, come stabilito dalle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, Sentenza n. 17931 del 24/07/2013).
Nel caso di specie, l’illustrazione contenuta nelle pp. 14-15 del ricorso e’ sufficientemente chiara nell’ascrivere alla Corte d’appello l’errore di avere – in tesi – dapprima negato alla parte attrice il diritto di provare il fatto costitutivo della pretesa attraverso mezzi istruttori ammissibili e rilevanti, e poi di avere ritenuto quel fatto non provato.
3.2. La seconda osservazione preliminare (necessaria alla luce dell’eccezione di inammissibilita’ del motivo sollevata dal Comune di Milano alle pp. 18-20 del proprio controricorso) e’ che il giudizio con cui il giudice di merito accolga o rigetti una istanza istruttoria e’ di norma insindacabile in sede di legittimita’, in quanto espressione di una scelta discrezionale che, pur non essendo libera nel fine, e’ riservata dal legislatore al giudice di merito, come da tempo stabilito dalle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, Sentenza n. 1911 del 13/07/1963), e piu’ volte ribadito in seguito (Sez. 3, Sentenza n. 1253 del 07/04/1975; Sez. 3, Sentenza n. 1653 del 31/05/1971; Sez. 3, Sentenza n. 895 del 03/04/1970; Sez. 1, Sentenza n. 1501 del 14/07/1965).
Questa regola tuttavia non e’ inderogabile.
Capitolo di prova formulato sotto forma di interrogazione negativa
La giurisprudenza di questa Corte, ormai da anni, ha individuato due gruppi di casi in cui il giudizio sulla prova puo’ essere sindacato in sede di legittimita’.
3.2.1. Il primo gruppo riguarda le ipotesi in cui il ricorrente assuma che giudice di merito, decidendo sulla prova, abbia violato una regola processuale.
E’ il caso, ad esempio, in cui:
a) il ricorrente alleghi che il giudice di merito abbia ritenuto vietata dalla legge una prova consentita, od all’opposto abbia ammesso una prova in violazione d’un divieto di legge (ad esempio, il divieto di provare per testimoni la proprieta’ delle cose pignorate da parte del terzo opponente, ex articolo 621 c.p.c.);
b) il ricorrente alleghi il c.d. “vizio di attivita’”, consistente nella mancata ammissione di mezzi di prova diretti a dimostrare punti decisivi della controversia, e cioe’ fatti e situazioni che, se accertati, avrebbero l’effetto ex se di determinare una statuizione diversa da quella impugnata (Sez. 3, Sentenza n. 13556 del 12/06/2006, in motivazione; Sez. 1, Sentenza n. 410 del 07/02/1969);
c) il ricorrente alleghi l’erroneita’ del giudizio di “indispensabilita’” della prova ex articolo 345 c.p.c., nel testo anteriore alle modifiche di cui al Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, comma 1, lettera (Ob), (Sez. 1, Sentenza n. 1277 del 25/01/2016; Sez. 1, Sentenza n. 14098 del 17/06/2009);
d) il ricorrente alleghi l’erroneita’ del giudizio con cui e’ stato ritenuto sussistente od insussistente un interesse giuridicamente rilevante del testimone all’esito del giudizio, ai fini della valutazione di incapacita’ a deporre (Sez. L, Sentenza n. 20731 del 03/10/2007).
In tutti i casi appena ricordati il vizio denunciato dal ricorrente consiste nella devianza da una regola processuale, vizio che e’ sempre consentito a questa Corte esaminare (Sez. U, Sentenza n. 8077 del 22/05/2012, 5 4.1 dei “Motivi della decisione”).
3.2.2. Questa Corte ha poi ammesso la sindacabilita’ in sede di legittimita’ di legittimita’ della valutazione con cui il giudice di merito abbia accolto o rigettato le istanze istruttorie in un secondo gruppo di ipotesi: quando il ricorrente assuma che la suddetta valutazione sia viziata sul piano della logica (ex multis, Sez. 2, Sentenza n. 18222 del 10/09/2004).
Tale vizio sussiste quando la decisione sulla prova, se messa in relazione con le altre statuizioni contenute nella sentenza, risulti insanabilmente contraddittoria o totalmente arbitraria.
Capitolo di prova formulato sotto forma di interrogazione negativa
Questo vizio puo’ sussistere, ad esempio:
a) quando il giudice non prende nemmeno in considerazione le richieste istruttorie della parte, per poi rigettarne la domanda sul presupposto che non sia stata provata (cosi’ gia’, ex multis, Sez. 2, Sentenza n. 1039 del 15/05/1962; eventualita’, purtroppo, non rara nel novero delle decisioni di merito che questa Corte e’ chiamata ad esaminare);
b) quando il giudice rigetti le richieste istruttorie senza motivazione alcuna, neanche implicita (Sez. 5, Sentenza n. 9120 del 19/04/2006);
c) quando il giudice rigetti le uniche prove richieste reputandole superflue, senza pero’ averne altre a disposizione (Sez. 3, Sentenza n. 11580 del 31/05/2005, in motivazione);
d) quando il giudice rigetti le richieste istruttorie negandone l'”attitudine dimostrativa” ai fini del decidere, sebbene queste vertessero su circostanze decisive.
In applicazione di quest’ultimo principio, ad esempio, questa Corte ha cassato la sentenza di merito che aveva rigettato la domanda di condanna del datore di lavoro al pagamento di differenze retributive, dopo che aveva rigettato – “perche’ da provare documentalmente” – la richiesta di provare per testimoni il numero di ore lavorate e le mansioni svolte da parte del dipendente (Sez. L, Sentenza n. 66 del 08/01/2015; nello stesso senso, Sez. 1, Ordinanza n. 5377 del 07/03/2011; Sez. 3, Sentenza n. 11457 del 17/05/2007).
4. Nel caso di specie, reputa il Collegio che la decisione impugnata, nella parte in cui ha rigettato talune delle richieste istruttorie della odierna ricorrente, sia incorsa in ambedue i vizi sopra indicati: quello di falsa applicazione della legge, e quello logico.
4.1. L’odierna ricorrente chiese in primo grado di provare per testimoni, tra le altre, le seguenti circostanze “vero che allo scattare del verde (semaforico) l’esponente riavviava la marcia, ma dopo pochi metri la ruota anteriore del motorino veniva intercettata da una buca non visibile sul manto stradale che causava lo sbandamento del mezzo e la successiva caduta a terra del motorino in prossimita’ della suddetta buca e della conducente stessa” (cosi’ il capitolo 2 di cui alle richieste istruttorie, allegato sub 9 al fascicolo di cassazione).
Il Tribunale, cui era stata chiesta l’ammissione del suddetto mezzo di prova, lo reputo’ inammissibile.
La Corte d’appello, chiamata a stabilire se tale valutazione fosse stata corretta, rispose in modo affermativo, osservando che la prova verteva “su circostanze valutative negativamente formulate, e comunque non rilevanti”. Aggiunse che il suddetto capitolo era anche “generico”.
Il Tribunale, dunque, ritenne l’istanza non accoglibile per quattro diversi motivi: la formulazione negativa, la valutativita’, la irrilevanza e la genericita’.
Reputa il Collegio che nessuna di tali valutazioni possa dirsi corretta.
4.2. Erronea in punto di diritto fu, in primo luogo, l’affermazione secondo cui la prova per testi formulata dall’attrice era inammissibile perche’ avente ad oggetto circostanze “formulate negativamente”.
Come ripetutamente affermato da questa Corte, nessuna norma di legge e nessun principio desumibile in via interpretativa impedisce di provare per testimoni che un fatto non sia accaduto o non esista (Sez. 5 -, Sentenza n. 19171 del 17/07/2019; Sez. 3, Sentenza n. 14854 del 13/06/2013; Sez. 3, Sentenza n. 384 del 11/01/2007; Sez. 2, Sentenza n. 5427 del 15/04/2002). Cosi’, ad esempio, non sarebbe inibito provare per testimoni che la cupola di San Pietro non e’ crollata; ovvero che il Tevere non e’ asciutto.
L’inaccettabile opinione che il capitolo di prova testimoniale debba essere formulato in modo positivo, spesso ripetuta come un Mantra, oltre che erronea in diritto e’ anche manifestamente insostenibile sul piano della logica, sol che col vaglio della logica la si volesse esaminare. Chiedere, infatti, a taluno di negare che un fatto sia vero equivale, sul piano della logica, a chiedergli di affermare che quel fatto non sia vero. Sicche’ l’opinione che non ammette la possibilita’ di formulare capitoli di prova testimoniale in modo negativo perviene al paradosso di ammettere o negare la prova non gia’ in base al suo contenuto oggettivo, ma in base al tipo di risposta che si sollecita dal testimone. Cosi’ ad esempio: nel caso di specie, l’odierna ricorrente aveva chiesto di provare per testimoni se fosse vero che una buca sul manto stradale “non era visibile”, e la Corte d’appello ha reputato tale prova inammissibile (anche) perche’ “negativamente formulata”.
A seguire l’opinione della sentenza impugnata, quindi, quel capitolo si sarebbe dovuto dire ammissibile se fosse stato formulato nei seguenti termini: “vero che la buca era visibile”, poiche’ in tal caso avrebbe assunto la forma d’una interrogativa positiva.
Sicche’ l’affermazione compiuta dalla Corte d’appello (ma, come detto, non rara nella giurisprudenza di merito) finirebbe per far dipendere l’ammissibilita’ della prova testimoniale non dal fatto che si intende provare, ma dal tipo di risposta attesa dal testimone. A questi, infatti, sarebbe inibito chiedere di affermare se un determinato fatto non esiste (rispondendo “si'” alla domanda “vero che la buca non era visibile-“); mentre sarebbe consentito chiedere di negare che il medesimo fatto esista (rispondendo “no” alla domanda “vero che la buca era visibile-‘). Il principio applicato dalla Corte d’appello urta dunque contro il millenario canone logico della reciprocita’, secondo cui affermare che A non esiste e’ affermazione equivalente a negare che A esista.
4.3. Del pari erronea sul piano del diritto e’ stata l’affermazione secondo cui chiedere ad un testimone se abbia visto un ciclomotore finire in una buca, e poi cadere, sarebbe circostanza “irrilevante” ai fini del decidere.
Nel presente giudizio, infatti, incombeva sull’attrice l’onere di provare il nesso di causa tra la cosa che si assume causativa del danno e quest’ultimo. In un giudizio di questo tipo il primo fatto da accertare era dunque la dinamica del sinistro, sicche’ la circostanza che la ricorrente chiese di provare aveva una evidente “attitudine dimostrativa” ai fini del decidere, secondo i principi affermati da Cass. 66/15, sopra gia’ ricordata.
4.4. Incongrua sul piano della logica, infine, fu l’affermazione secondo cui chiedere di provare per testimoni che un ciclomotore sia finito in una buca e sia caduto costituirebbe una istanza “valutativa” e “generica”.
4.4.1. “Valutativa”, infatti, e’ l’istanza istruttoria intesa a sollecitare dal testimone un giudizio. Ma riferire se un oggetto reale fosse visibile o non visibile non e’ un giudizio, e’ una percezione sensoriale. Questa Corte infatti, da moltissimo tempo, viene ripetendo che i testi possono essere ammessi a deporre su circostanze “cadenti sotto la comune percezione sensoria”, essendo loro precluso solo di esprimere giudizi di natura tecnica (cosi’ gia’, Sez. 3, Sentenza n. 575 del 21/03/1962; Sez. 1, Sentenza n. 58 del 15/01/1969; Sez. 2, Sentenza n. 4120 del 09/12/1974).
Il testimone, pertanto, non puo’ essere chiamato a fornire una interpretazione dei fatti; oppure una qualificazione dei fatti; od ancora un apprezzamento tecnico o giuridico dei fatti. Cio’ non significa pero’ che il testimone “non possa esprimere anche il convincimento che del fatto, e delle sue modalita’, sia derivato al teste per sua stessa perce5zione” (Sez. 2, Sentenza n. 2393 del 21/07/1971; nello stesso senso, Sez. 3, Sentenza n. 5322 del 19/09/1980).
Il testimone quindi puo’ in determinati casi anche esprimere giudizi, quando si tratti di “apprezzamenti di assoluta immediatezza, praticamente inscindibili dalla percezione dello stesso fatto storico”. In virtu’ di tale principio questa Corte:
-) ha reputato ammissibile, in una controversia di lavoro, il capitolo di prova volto a chiedere al testimone se le mansioni svolte dal lavoratore fossero o no “semplici e ripetitive” (Sez. L, Sentenza n. 5227 del 07/04/2001);
-) ha reputato ammissibile, in un giudizio di inibitoria di immissioni intollerabili, la possibilita’ di chiedere al testimone se un rumore fosse udibile dall’interno di un appartamento con le finestre chiuse (ex multis, Sez. 2, Sentenza n. 2166 del 31/01/2006);
-) ha reputato ammissibile, in un giudizio di risarcimento del danno ex articolo 2051 c.c., chiedere al testimone se un pavimento fosse o no scivoloso (Sez. 3, Sentenza n. 9526 del 22/04/2009);
-) ha reputato ammissibile, in un giudizio di usucapione, chiedere al testimone se l’attore avesse “posseduto in modo esclusivo, pacifico e continuato” il bene oggetto del contendere (Sez. 2, Sentenza n. 22720 del 24/10/2014).
Allo stesso modo, riferire se una buca sia visibile o non visibile costituisce, per l’appunto, ne’ un’interpretazione soggettiva, ne’ un apprezzamento tecnico o giuridico, ma esprime un “convincimento derivato al testimone per sua stessa percezione”, secondo quanto stabilito da questa Corte nelle decisioni sopra ricordate.
Naturalmente restera’ sempre ferma la possibilita’ per il Giudice, all’esito della prova, di reputarne irrilevante il contenuto, quando la deposizione testimoniale non abbia saputo “indicare i dati obiettivi e modalita’ specifiche della situazione concreta, che possano far uscire la percezione sensoria da un ambito puramente soggettivo e tra formarla in un convincimento scaturente obiettivamente dal fatto” (Sez. 3, Sentenza n. 5460 del 22/08/1983, pronunciata proprio con riferimento ad una deposizione testimoniale concernente la visibilita’ di una insidia; cosi’ pure Sez. 2, Sentenza n. 1173 del 05/02/1994). Questo, pero’, ex post, dopo avere raccolto la deposizione, e non gia’ ex ante, in sede di valutazione dell’ammissibilita’ della prova. Al testimone dunque, potra’ sempre chiedersi se sia vero che una buca sulla strada non era visibile, salvo escludere la rilevanza della prova se questi, ad esempio, rispondesse che la buca non era visibile perche’ “cosi’ mi e’ parso”.
4.4.2. “Generico”, infine, e’ il capitolo di prova testimoniale privo di riferimenti spazio-temporali precisi. Ma nel caso di specie il cap. 1 delle richieste istruttorie formulate dall’odierna ricorrente indicava con esattezza data, ora e luogo e del sinistro.
4.5. La sentenza va dunque cassata con rinvio alla Corte d’appello di Milano, la quale tornera’ ad esaminare il gravame proposto da (OMISSIS) applicando i seguenti principi di diritto:
A) La circostanza che un capitolo di prova per testimoni sia formulato sotto forma di interrogazione negativa non costituisce, di per se’, causa di inammissibilita’ della richiesta istruttoria.
B) Nel giudizio avente ad oggetto una domanda di risarcimento del danno causato da un evento della circolazione stradale, in mancanza di altre e decisive prove, non puo’ di norma negarsi rilevanza alla prova testimoniale intesa a ricostruire la dinamica dell’evento.
C) chiedere ad un testimone se una cosa reale fosse visibile o non visibile e’ una domanda che non ha ad oggetto una “valutazione”, ed e’ dunque ammissibile; fermo restando il potere-dovere del Giudice di valutare, ex post, se la risposta fornita si basi su percezioni sensoriali oggettive o su mere supposizioni.
D) Costituisce vizio di nullita’ della sentenza la decisione con cui la domanda venga rigettata per detto di prova, dopo che erano state rigettate le istanze istruttorie formulate dall’attore ed intese a dimostrare il fatto costitutivo della pretesa.
5. I restanti motivi di ricorso restano assorbiti, ad eccezione del terzo e del quinto.
Ovviamente il giudice del rinvio, alla luce dei criteri sopra indicati, tornera’ a valutare l’ammissibilita’ e la tempestivita’ dell’istanza ex articolo 210 c.p.c. formulata dall’appellante, ed intesa ad individuare le generalita’ del testimone da interrogare.
6. Col terzo motivo la ricorrente prospetta la violazione dell’articolo 2697 c.c..
Sostiene una tesi cosi’ riassumibile: la vittima di un danno provocato da una cosa ha l’onere di dimostrare la pericolosita’ di quest’ultima; una volta fornita tale prova, spetta al custode dimostrare che il danno fu provocato da un caso fortuito.
Nel caso di specie l’attrice aveva dimostrato la pericolosita’ del tratto stradale ove avvenne il sinistro, mentre il Comune di Milano non aveva affatto dimostrato il caso fortuito.
Pertanto la decisione della Corte d’appello, rigettando la domanda, aveva violato l’articolo 2697 c.c..
6.1. Il motivo e’ infondato.
Il giudice di merito ha infatti correttamente ritenuto che, nel caso di danno provocato da cose in custodia, spetti al danneggiato dimostrare l’esistenza del nesso di causa fra la cosa ed il danno, e questa valutazione fu corretta in punto di diritto (ex multis, Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 27724 del 30/10/2018, Rv. 651374 – 01; ma in tal senso si’ veda gia’ Sez. 3, Sentenza n. 3211 del 18/07/1977).
7. Col quinto motivo la ricorrente lamenta la violazione delle norme di legge che disciplinano la confessione.
Sostiene la seguente tesi giuridica: poiche’ il Comune, dopo il sinistro, fece intervenire gli addetti alla manutenzione stradale, i quali colmarono con bitume le buche presenti sulla strada, tale condotta costituirebbe una confessione stragiudiziale resa per facta concludentia, della quale la Corte d’appello non aveva tenuto conto.
7.1. Il motivo e’, in primo luogo, inammissibile perche’ non risulta essere stato proposto in grado di appello (o, almeno, la ricorrente non indica in quali termini nel proprio atto d’appello propose come motivo di gravame la violazione degli articoli 2732 e ss. c.c.).
In ogni caso il motivo sarebbe comunque inammissibile per altre ragioni: ovvero che lo stabilire se una determinata condotta costituisca o non costituisca un comportamento concludente, dimostrativo dell’animus confitendi, e’ valutazione rimessa al giudice di merito ed insindacabile in sede di legittimita’.
8. Le spese del presente giudizio di legittimita’ saranno liquidate dal giudice del rinvio.
P.Q.M.
(-) accoglie il sesto motivo di ricorso; rigetta il terzo; dichiara inammissibile il quinto; dichiara assorbiti i restanti motivi; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimita’.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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