Corte di Cassazione, sezione lavoro, Sentenza 11 marzo 2019, n. 6947.
La massima estrapolata:
Il calcolo sul numero dei lavoratori che operano in società cooperativa, allo scopo di accertare se sia applicabile la tutela contro i licenziamenti illegittimi prevista dall’articolo 18 della legge n. 300/1970, deve ricomprendere non i soli lavoratori dipendenti, ma anche i soci lavoratori che al vincolo associativo uniscono un rapporto di lavoro subordinato.
Sentenza 11 marzo 2019, n. 6947
Data udienza 10 gennaio 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NOBILE Vittorio – Presidente
Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere
Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere
Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 19613/2017 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS) (TEL. (OMISSIS)), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente principale –
contro
(OMISSIS) SOCIETA’ COOPERATIVA A. R.L., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente – ricorrente incidentale –
contro
(OMISSIS);
– ricorrente principale – controricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 551/2017 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 16/06/2017, R.G.N. 227/2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/01/2019 dal Consigliere Dott. ADRIANO PIERGIOVANNI PATTI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SANLORENZO Rita, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso incidentale, inammissibilita’ terzo motivo ricorso principale, assorbiti gli altri;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito l’Avvocato (OMISSIS).
FATTI DI CAUSA
Con sentenza in data 16 giugno 2017, la Corte d’appello di Palermo condannava la s.c.ar.l. (OMISSIS) alla riassunzione entro tre giorni di (OMISSIS) o, in mancanza, al pagamento, in suo favore a titolo risarcitorio, di un’indennita’ pari a quattro mensilita’ dell’ultima retribuzione globale di fatto: cosi’ riformando la sentenza di primo grado, che (in parziale riforma dell’ordinanza che aveva accertato l’illegittimita’ del licenziamento intimato con lettera del 10 settembre 2014, per giustificato motivo oggettivo per crisi di liquidita’ con riduzione delle corse nell’invarianza delle linee di trasporto urbano esercitato nei comuni di (OMISSIS) e di (OMISSIS) e condannato la societa’ datrice al pagamento, in favore del lavoratore, di un’indennita’ risarcitoria pari a quattro mensilita’ dell’ultima retribuzione globale di fatto) aveva condannato la societa’ cooperativa alla reintegrazione di (OMISSIS) e alla corresponsione, in suo favore a titolo risarcitorio, delle retribuzioni, commisurate all’ultima globale di fatto, dal licenziamento all’effettiva reintegrazione.
Per quanto ancora rileva, la Corte territoriale escludeva preliminarmente l’ammissibilita’ di riesame delle eccezioni (di contumacia della societa’ cooperativa datrice nella fase cautelare, di improcedibilita’ della sua opposizione e di irrituale elezione di domicilio; di ritorsivita’ del licenziamento; di contestazione della sussistenza del giustificato motivo oggettivo; di violazione dell’obbligo di repechage) del lavoratore, in quanto meramente reiterate ai sensi dell’articolo 346 c.p.c., e non oggetto di reclamo incidentale.
Essa riteneva poi applicabile il cd. “rito Fornero” anche alla tutela obbligatoria ed omessa la pronuncia del Tribunale sulla domanda riconvenzionale risarcitoria della societa’ cooperativa (per condotte abusive del lavoratore nelle procedure esecutive pendenti), comportante una nullita’ tuttavia non rientrante tra le ipotesi degli articoli 353 e 354 c.p.c., (di retrocessione al primo giudice) ma suscettibile di esame per la sua conversione in mezzo di gravame: sicche’, in esito ad esso, la ravvisava inammissibile in assenza di una stretta connessione con i fatti costitutivi del licenziamento e comunque infondata per oggettiva genericita’.
Infine, la Corte palermitana riteneva violato l’obbligo di repechage, per l’assunzione di un nuovo dipendente, ancorche’ a tempo determinato e parziale, in concomitanza con la decisione del licenziamento e applicabile la tutela obbligatoria, in difetto del requisito dimensionale dell’impresa.
Con atto notificato il 10 agosto 2017, il lavoratore ricorreva per cassazione con quattro motivi, cui resisteva la societa’ con controricorso, contenente ricorso incidentale con unico motivo, cui il primo replicava con controricorso. Entrambe le parti comunicavano memoria ai sensi dell’articolo 378 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, articolo 18, commi 8 e 9, come mod. dalla L. n. 92 del 2012, articolo 1, comma 42, L. n. 142 del 2001, articolo 2, per erronea esclusione nel computo del requisito dimensionale dei soci lavoratori della cooperativa con rapporto di lavoro subordinato (con essi invece integrato), in funzione dell’applicazione della tutela reale.
2. Con il secondo, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 92 del 2012, articolo 1, comma 60, per mancato esame delle eccezioni processuali e di merito proposte dal lavoratore in primo grado dalla Corte territoriale sull’erroneo assunto della necessita’ di una riproposizione con reclamo incidentale, in assenza di alcuna prescrizione di decadenza (a differenza che per le ipotesi stabilite dall’articolo 1, commi 58, 59 e 60) nel richiamo ai commi 51, 52 e 53 del medesimo articolo, tenuto conto della specialita’ del rito.
3. Con il terzo, il ricorrente deduce violazione ed omessa applicazione della L. n. 604 del 1966, articolo 7, come sost. dalla L. n. 92 del 2012, articolo 1, comma 40, per omissione del procedimento obbligatorio di comunicazione alla Direzione territoriale del lavoro, e per conoscenza pure al lavoratore, dell’intenzione di effettuare il licenziamento per giustificato motivo oggettivo e delle eventuali misure di assistenza alla ricollocazione dello stesso: ben rilevabile d’ufficio, in quanto norma imperativa, in ogni stato e grado del giudizio.
4. Con il quarto, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 92 del 2012, articolo 1, comma 51, per inammissibilita’ della domanda riconvenzionale della societa’ datrice, con memoria di costituzione depositata oltre il termine di decadenza (di trenta giorni dalla notificazione dell’ordinanza ovvero dalla comunicazione, se anteriore) stabilito dalla norma denunciata.
5. Con unico motivo, la controricorrente a propria volta, in via di ricorso incidentale, deduce omesso esame di fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti e violazione e falsa applicazione della L. n. 604 del 1966, articoli 1 e 5, per erronea statuizione di violazione dell’obbligo di repechage, in assenza di assunzione di personale dopo il licenziamento ed essendo (OMISSIS) semplicemente subentrato al padre socio dimissionario e lavoratore subordinato, in qualita’ di socio della cooperativa e con un contratto a tempo determinato e parziale dal 13 settembre al 30 novembre 2014. Essa infine deduce l’inutilizzabilita’, nell’ipotesi di giustificato motivo oggettivo consistente nella generica riduzione di personale fungibile, del criterio dell’impossibilita’ di repechage, per l’equivalenza delle posizioni lavorative e la potenziale licenziabilita’ di tutti i lavoratori.
6. In via preliminare, occorre esaminare l’eccezione di inesistenza o nullita’ del ricorso per cassazione, in quanto: notificato a mezzo p.e.c., non sottoscritto e in formato (.doc) modificabile; con notifica priva della dicitura “notificazione ai sensi della L. n. 53 del 1994”; con procura alle liti in formato.PDF ottenuta mediante scansione dell’originale cartaceo sottoscritto, senza firma digitale; con attestazione di conformita’ dell’atto notificato via p.e.c. dell’originale cartaceo priva di firma digitale.
6.1. Essa deve essere disattesa, siccome infondata.
6.2. Ed infatti, qualora l’originale del ricorso per cassazione rechi la firma del difensore munito di procura speciale e l’autenticazione, ad opera del medesimo, della sottoscrizione della parte che gli ha conferito la procura, la mancanza degli stessi elementi sulla copia notificata determina l’inammissibilita’ del ricorso soltanto in caso di assoluta incertezza sull’identificazione della parte e del difensore (Cass. s.u. 29 luglio 2003, n. 11632; Cass. 24 febbraio 2011, n. 4548; Cass. 18 febbraio 2014, n. 3791): nel caso di specie da escludere per la redazione dell’atto in forma analogica (cartacea) e la notificazione a mezzo p.e.c. (con indirizzo risultante da pubblico elenco).
6.3. Non si pone poi una questione di sottoscrizione con firma digitale, richiesta a pena di nullita’ per l’atto nativo digitale notificato, nel diverso caso di ricorso predisposto in originale in forma di documento informatico e notificato in via telematica (Cass. s.u. 24 settembre 2018, n. 22438); neppure rilevando per l’attestazione di conformita’ dell’atto notificato via p.e.c. dell’originale, regolarmente sottoscritto dando atto della sua redazione in forma analogica.
6.4. Integra quindi una mera irregolarita’, e non una nullita’, la mancata indicazione, nell’oggetto del messaggio di PEC, della dizione “notificazione ai sensi della L. n. 53 del 1994”, qualora tra le parti sia avvenuto il perfezionamento della notifica e cosi’ pure la modalita’ di redazione (in “estensione.doc”, anziche’ in “formato.pdf”) dell’atto, se la consegna telematica abbia comunque prodotto il risultato della conoscenza dell’atto e determinato cosi’ il raggiungimento dello scopo legale (Cass. s.u. 18 aprile 2016, n. 7665; Cass. 31 agosto 2017, n. 20625; Cass. s.u. 28 settembre 2018, n. 23620).
7. Il primo motivo, relativo a violazione e falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, articoli 18, commi 8 e 9, come mod. dalla L. n. 92 del 2012, articolo 1, comma 42, e L. n. 142 del 2001, articolo 2, per erronea esclusione nel computo del requisito dimensionale dell’impresa cooperativa dei soci lavoratori subordinati, e’ fondato.
7.1. Reputa questa Corte che debba essere superato il precedente indirizzo, seguito dalla Corte territoriale, di esclusione dal computo dei dipendenti di un’impresa cooperativa ai fini dell’applicabilita’ della disciplina limitativa dei licenziamenti, sull’essenziale rilievo della tutela del posto di lavoro dei soci lavoratori non in base alla stabilita’ del rapporto ma allo stesso patto sociale (Cass. 17 luglio 1998, n. 7046).
E cio’ per effetto della disciplina innovativa introdotta dalla L. 3 aprile 2001, n. 142, (di revisione della legislazione in materia cooperativistica, con particolare riferimento alla posizione del socio lavoratore), assunta a discrimine della (im)possibilita’ di qualificazione dei soci di cooperative di produzione e lavoro alla stregua di dipendenti delle medesime, per le prestazioni rivolte a consentire ad esse il conseguimento dei fini istituzionali e rese secondo le prescrizioni del contratto sociale, appunto in riferimento al regime anteriore a quello introdotto dalla legge citata (Cass. 21 ottobre 2003, n. 15750; Cass. 19 agosto 2004, n. 16281; Cass. 24 febbraio 2009, n. 4415).
7.2. Con la nuova normativa e’ stata infatti introdotta una diversa visione della prestazione lavorativa del socio, non piu’ quale mero adempimento del contratto sociale, ma piuttosto radicata in un “ulteriore” rapporto (appunto) di lavoro, ai sensi dell’articolo 1, comma 3 L. cit. Essa ha cosi’ assunto una propria autonomia, segnando un’espansione degli istituti e delle discipline propri del lavoro subordinato in funzione protettiva del socio lavoratore, in virtu’ di una ridefinizione del rapporto associativo e di lavoro alla stregua di un collegamento negoziale, sia pure nella fase estintiva unidirezionale, nel senso dell’ineluttabile cessazione del rapporto di lavoro per effetto della cessazione del rapporto associativo, ma non viceversa. Tuttavia, non in modo tale da obliterare la rilevanza di quello di lavoro anche nella fase estintiva: si e’ ritenuto, infatti, non essere preclusa dall’omessa impugnativa della delibera di esclusione dalla societa’ cooperativa, qualora per le medesime ragioni afferenti al rapporto lavorativo siano stati contestualmente emanati la delibera e il licenziamento, la tutela risarcitoria stabilita dalla L. n. 604 del 1966, articolo 8, ma soltanto quella restitutoria della qualita’ di lavoratore (Cass. s.u. 20 novembre 2017, n. 27436).
7.3. In continuita’ con una tale impostazione e’ stato quindi ritenuto che il rapporto di lavoro del socio lavoratore di cooperativa sia assistito dalla garanzia di stabilita’, poiche’, in caso di licenziamento, la maggiore onerosita’ per il conseguimento della tutela restitutoria, legata, oltre che all’impugnativa del licenziamento stesso, anche alla tempestiva opposizione alla contestuale delibera di esclusione, non puo’ essere, di per se’, definita equivalente ad una condizione di metus caratterizzante lo svolgimento del rapporto lavorativo, tale da indurre il socio lavoratore a non esercitare i propri diritti per timore di perdere il posto di lavoro (Cass. 9 luglio 2018, n. 17989).
7.4. Occorre inoltre considerare come, nel novellato testo della L. n. 300 del 1970, articolo 18, comma 8 e 9, (e prima nela L. n. 108 del 1990, ‘articolo 1, commi 1 e 2), sia assente, in riferimento alla peculiare figura di lavoratori in esame, alcuna esplicita esclusione dalla previsione di computo dei dipendenti per la dimensione rilevante ai fini dell’applicazione della tutela reale, al di fuori del coniuge e dei parenti del datore di lavoro entro il secondo grado in linea diretta e collaterale; e che anzi e’ stabilita espressamente l’applicazione, ai soci lavoratori di cooperativa con rapporto di lavoro subordinato, della L. n. 300 del 1970, con la sola “esclusione dell’articolo 18, ogni volta che venga a cessare, col rapporto di lavoro, anche quello associativo” (L. n. 142 del 2001, articolo 2, comma 1).
7.5. Ed allora, la vigente disciplina deve essere intesa nel senso della sua integrale applicazione, in costanza di rapporto associativo, ai soci lavoratori di cooperativa con rapporto di lavoro subordinato: sicche’, anch’essi devono essere computati ai fini del requisito dimensionale.
7.6. Ne’ conclusivamente si puo’ escludere, come preteso dalla societa’ controricorrente, la mancanza comunque dell’integrazione del requisito minimo di rilevanza per l’applicazione del regime di tutela reale del rapporto (“piu’ di quindici dipendenti”, a norma della L. n. 300 del 1970, articolo 35, comma 1), sul rilievo dell’accertamento dalla Corte territoriale del mancato raggiungimento della soglia per la non computabilita’ “tra i lavoratori addetti ai fini della tutela reale” dei “soci effettivi (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)”, posto che “rivestivano anche la qualita’ di Consiglieri di Amministrazione nelle rispettive qualita’ di Presidente, Vice Presidente e Consigliere di Amministrazione” (cosi’ al primo capoverso di pg. 9 della sentenza).
Ed infatti, non sussiste una preclusione pregiudizialmente ostativa alla cumulabilita’ delle qualita’ di amministratore e di lavoratore subordinato di una stessa societa’ di capitali, purche’ si accerti l’attribuzione di mansioni diverse da quelle proprie della carica sociale e colui che intenda far valere il rapporto di lavoro subordinato essendo onerato della prova del vincolo di subordinazione, ossia dell’assoggettamento, nonostante la carica sociale rivestita, al potere direttivo, di controllo e disciplinare dell’organo di amministrazione della societa’ (Cass. 6 novembre 2013, n. 24972; Cass. 30 settembre 2016, n. 19596).
7.7. In esito alle superiori argomentazioni il motivo deve essere pertanto accolto, in applicazione, previo l’accertamento del giudice di rinvio di un eventuale rapporto di lavoro subordinato prestato anche dagli amministratori della societa’ cooperativa predetti ai fini dell’integrazione del requisito dimensionale, del seguente principio di diritto:
“In una societa’ cooperativa, anche i soci lavoratori con rapporto di lavoro subordinato devono essere computati ai fini del requisito dimensionale per l’applicazione del regime di stabilita’ del rapporto di lavoro: con la conseguenza della fruibilita’ anche dai lavoratori dipendenti non soci della tutela prevista dalla L. n. 300 del 1970, nel testo novellato dalla L. n. 92 del 2012, articolo 1, comma 42”.
8. Il secondo motivo, relativo a violazione e falsa applicazione dell’articolo 1, comma 60 L. n. 92 del 2012 per mancato esame delle eccezioni processuali e di merito proposte dal lavoratore in primo grado sull’erroneo assunto della necessita’ di una riproposizione con reclamo incidentale, e’ inammissibile.
8.1. Esso difetta di specificita’, in violazione della prescrizione dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 6, in assenza di una specifica indicazione, ne’ tanto meno di trascrizione degli atti processuali nei quali sarebbero contenute le eccezioni non esaminate, cosi’ da inibirne a questa Corte di cassazione un esame diretto ex actis (Cass. 15 luglio 2015, n. 14784; Cass. 27 luglio 2017, n. 18679).
9. Il terzo motivo, relativo a violazione ed omessa applicazione della L. n. 604 del 1966, articolo 7, come sost. dalla L. n. 92 del 2012, articolo 1, comma 40, per omissione del procedimento obbligatorio di comunicazione alla Direzione territoriale del lavoro dell’intenzione di effettuare il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, e’ parimenti inammissibile.
9.1. Esso pone una questione nuova, che non e’ stata trattata dalla sentenza impugnata, neppure avendo il ricorrente, al fine di evitare una statuizione di inammissibilita’ per tale ragione, assolto all’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde consentire alla Corte di Cassazione di controllare direttamente dagli atti la veridicita’ di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa (Cass. 12 settembre 2000, n. 12025; Cass. 2 aprile 2004, n. 6542; Cass. 28 luglio 2008, n. 20518; Cass. 18 ottobre 2013, n. 23675; Cass. 13 giugno 2018, n. 15430; Cass. 9 agosto 2018, n. 20694).
10. Anche il quarto motivo, relativo a violazione e falsa applicazione della L. n. 92 del 2012, articolo 1, comma 51, per inammissibilita’ della domanda riconvenzionale della societa’ datrice, e’ inammissibile.
10.1. Esso contiene una doglianza, per cui il lavoratore non ha interesse ad agire ai sensi dell’articolo 100 c.p.c., posto che la Corte territoriale ha reso una pronuncia di inammissibilita’ o comunque di infondatezza della domanda riconvenzionale che ne e’ oggetto (al terzo e quarto capoverso di pg. 7 della sentenza): sicche’, non sussiste una soccombenza del ricorrente nel suo aspetto sostanziale, correlata al pregiudizio che egli subisca a causa della decisione, da apprezzarsi in relazione all’utilita’ giuridica che possa derivargliene dall’eventuale accoglimento (Cass. 12 aprile 2013, n. 8934; Cass. 29 maggio 2018, n. 13395).
11. L’unico motivo incidentale, relativo ad omesso esame di fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti e violazione e falsa applicazione della L. n. 604 del 1966, articoli 1 e 5, per erronea statuizione di violazione dell’obbligo di repechage, in assenza di assunzione di personale dopo il licenziamento, e’ inammissibile.
11.1. In via di premessa, occorre ribadire (come ancora recentemente da: Cass. 25 ottobre 2018, n. 27094) che, qualora la riorganizzazione imprenditoriale sia modulata, non gia’ sulla soppressione tout court della posizione lavorativa, ma piuttosto sulla riduzione di personale in una porzione dell’ambito organizzativo, si pone una questione (invece inconferente nella diversa ipotesi di soppressione di posizione lavorativa: Cass. 7 giugno 2017, n. 14178) di valutazione comparativa tra lavoratori di pari livello, interessati dalla riduzione ed occupati in posizione di piena fungibilita’ (Cass. 21 dicembre 2016, n. 26467; Cass. 14 giugno 2007 n. 13876; Cass. 3 aprile 2006, n. 7752). E che essa deve essere compiuta nel rispetto del principio di correttezza e buona fede nell’individuare il dipendente da licenziare (Cass. 13 ottobre 2015, n. 20508; Cass. 11 giugno 2004 n. 11124): anche attingendo ai criteri indicati dalla L. n. 223 del 1991, articolo 5, quale standard idoneo ad assicurare una scelta conforme a tale canone, non potendo tuttavia escludersi l’utilizzabilita’ di altri criteri, purche’ non arbitrari, improntati a razionalita’ e graduazione delle posizioni dei lavoratori interessati (Cass. 28 marzo 2011, n. 7046; Cass. 7 dicembre 2016, n. 25192).
11.2. Nel caso di specie, la Corte territoriale ha accertato in fatto una nuova assunzione, sia pure a tempo determinato e parziale, di un lavoratore da parte della societa’ cooperativa e ritenuto irrilevante la sua successione nella posizione di socio
della cooperativa al padre dimissionario, in concomitanza con il licenziamento impugnato (per le ragioni esposte dall’ultimo capoverso di pg. 7 al terzo di pg. 9 della sentenza). Ne’ parte datrice ha offerto alcuna prova dell’inutilizzabilita’ aliunde del lavoratore licenziato, con indicazione, in relazione alle assunzioni effettuate, delle qualifiche e mansioni affidate ai nuovi dipendenti ne’ dimostrazione che queste ultime non fossero da ritenersi equivalenti a quelle svolte dal lavoratore licenziato, tenuto conto della professionalita’ da questi raggiunta (Cass. 1 agosto 2013, n. 18416).
11.3. Infine, non si configura l’omesso esame di alcun fatto, alla luce del novellato testo dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. s.u. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. 10 febbraio 2015, n. 2498; Cass. 26 giugno 2015, n. 13189; Cass. 21 ottobre 2015, n. 21439), quanto piuttosto una contestazione probatoria e dell’accertamento in fatto, di esclusiva competenza del giudice di merito, congruamente argomentato e pertanto insindacabile in sede di legittimita’.
12. Dalle superiori argomentazioni discende l’accoglimento del primo motivo di ricorso principale, l’inammissibilita’ degli altri e del ricorso incidentale, con la cassazione della sentenza in relazione al motivo accolto e rinvio, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimita’, alla Corte d’appello di Palermo in diversa composizione.
P.Q.M.
La Corte:
accoglie il primo motivo di ricorso principale, dichiara inammissibili gli altri motivi e il ricorso incidentale; cassa la sentenza, in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimita’, alla Corte d’appello di Palermo in diversa composizione.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.
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