Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|16 dicembre 2022| n. 36901.
Caduta di un pedone in corrispondenza di una buca e caso fortuito
Stante la natura oggettiva della responsabilità da cose in custodia di cui all’art. 2051 c.c., la condotta del danneggiato rileva solo nella misura in cui costituisca un caso fortuito, con caratteri tali da costituire essa la causa del danno. Cosicché in caso di interazione tra la cosa e la condotta del danneggiato, quest’ultima affinchè sia idonea ad escludere totalmente l’oggettività della responsabilità della cosa deve essere imprevedibile e non pevenibile tanto da essere causa stessa del danno. Tale situazione non può ritenersi ricorrente in caso di caduta del pedone in una buca stradale, in quanto l’evento caduta non è imprevedibile d imprevenibile rispetto ad una buca del manto stradale.
Ordinanza|16 dicembre 2022| n. 36901. Caduta di un pedone in corrispondenza di una buca e caso fortuito
Data udienza 12 ottobre 2022
Integrale
Tag/parola chiave: Responsabilità civile – Custodia – Caduta di un pedone in corrispondenza di una buca – Caso fortuito – Presupposti – Ostacolo – Caratteri della imprevedibilità ed eccezionalità
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente
Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere
Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere
Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 30133/2019 proposto da:
(OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS) Spa, in persona dei suoi procuratori speciali, elettivamente domiciliata in (OMISSIS) presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
e contro
Amministrazione Provinciale Dell’Aquila, in persona del Presidente p.t., elettivamente domiciliata in (OMISSIS) presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avv. (OMISSIS) e dall’avv. (OMISSIS);
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS) Spa, (OMISSIS) Spa, Societa’ (OMISSIS), (OMISSIS) Spa gia’ (OMISSIS), (OMISSIS) Spa gia’ (OMISSIS) Spa;
– intimate –
avverso la sentenza n. 1185/2019 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 09/07/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/10/2022 da SESTINI DANILO.
Caduta di un pedone in corrispondenza di una buca e caso fortuito
RILEVATO
che:
(OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)
l’Amministrazione convenuta resistette alla domanda e chiamo’ in garanzia l’ (OMISSIS) s.p.a. (con cui aveva stipulato una polizza assicurativa a copertura della responsabilita’ civile verso terzi);
a seguito della costituzione della terza chiamata (che aveva rilevato che la polizza era stata stipulata in forma di coassicurazione), il G.I. autorizzo’ la Provincia a chiamare in causa le coassicuratrici (OMISSIS) s.p.a., (OMISSIS) s.p.a., (OMISSIS) s.p.a., (OMISSIS) s.p.a., (OMISSIS) s.p.a. e (OMISSIS) s.p.a., le quali si costituirono tutte in giudizio (ad eccezione della (OMISSIS));
il Tribunale di Avezzano rigetto’ la domanda con compensazione delle spese di lite;
la Corte di Appello ha rigettato l’impugnazione proposta dai D’Innocenzo, condannando gli appellanti al pagamento delle spese del grado in favore delle parti appellate;
la Corte ha affermato che:
il teste (OMISSIS) (le cui dichiarazioni apparivano “lacunose e poco credibili”) non aveva “visto esattamente dove e come sia caduta la (OMISSIS)”; ne’ la mezzaluna priva di asfalto e posta sotto l’erba che cresceva sulla banchina, che lo stesso aveva riferito di aver visto sul luogo della caduta, sembrava poter “assumere le caratteristiche di una buca o di un’insidia di qualunque genere”; per di piu’, il teste non aveva “riferito che la donna era caduta per aver messo il piede in una buca”;
neppure le dichiarazioni della teste (OMISSIS), che aveva affermato di avere visto una buca coperta da erba nei pressi del luogo ove era caduta la donna, consentivano “di ritenere provato l’esatto punto in cui si verifico’ la perdita di equilibrio”;
anche le dichiarazioni del teste (OMISSIS) (collaboratore della Provincia), che aveva riferito dell’esistenza di un “piccolo avvallamento tra il piano bitumato della strada e la banchina in terra”, “nulla aggiung(evano) per meglio comprendere la dinamica del fatto, ossia per individuare il punto esatto della caduta”;
“ne deriva (…) che dubbia appare la dimostrazione del nesso di causalita’ tra le incerte condizioni della strada provinciale e il danno”;
“in ogni caso, anche a voler presumerlo, si ha che la donna non avrebbe dovuto fare cieco affidamento sulla assenza di anomalie, non del manto stradale, per vero neanche dedotte, ma della banchina in terra posta al suo margine”;
cio’ in quanto il sinistro era “avvenuto in pieno giorno, con perfette condizioni di visibilita’”, e “dalla documentazione (era) emerso che la banchina al bordo strada percorsa dalla (OMISSIS) era caratterizzata dalla presenza di vegetazione, sassi e terra nonche’ connotata da evidenti disconnessioni del ciglio stradale ai margini della parte asfaltata derivandone una piena avvistabilita’ di qualsivoglia buca, mezzaluna o avvallamento che dir si voglia”; di talche’ la (OMISSIS) avrebbe potuto “avvistare tempestivamente ed evitare la situazione di pericolo” e “non la percepi’ a causa di un’inutile e repentina fuoriuscita dalla sede stradale asfaltata, non necessitata”;
“la circostanza che (…) la donna percorresse la sede bitumata rende evidente come essa fosse consapevole del dissesto in cui si trovava la banchina”, le cui condizioni “erano ben note alla (OMISSIS) in quanto la stessa, che abitava a 300 metri dal luogo del fatto, percorreva periodicamente quel tragitto”, “almeno due volte al giorno”;
“la condotta del danneggiato, quindi (…) appare indubbiamente tale da integrare ipotesi di caso fortuito idoneo a recidere il nesso causale tra la cosa e il danno”;
“l’attribuibilita’ esclusiva dell’evento dannoso alla condotta colposa del danneggiato (in assenza della quale l’evento dannoso non si sarebbe verificato nonostante l’anomalia del manto stradale) non lascia spazio alla configurabilita’ di un “concorso di colpa” della Provincia custode della strada, o meglio: non consente di valutare la condotta colposa del danneggiato quale mera concausa del sinistro tale da ridurre, ma non escludere, la responsabilita’ oggettiva del custode”;
hanno proposto ricorso per cassazione i fratelli (OMISSIS), affidandosi a tre motivi; hanno resistito, con distinti controricorsi, l’Amministrazione Provinciale dell’Aquila e la (OMISSIS) s.p.a. (gia’ (OMISSIS)), anche quale incorporante di (OMISSIS) s.p.a.;
la trattazione del ricorso e’ stata fissata ai sensi dell’articolo 380 bis.1. c.p.c.;
il P.M. ha rassegnato conclusioni scritte chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile o, comunque, rigettato;
hanno depositato memoria i (OMISSIS) e la (OMISSIS).
CONSIDERATO
che:
con il primo motivo, i ricorrenti denunciano la violazione e la falsa applicazione degli articoli 2051 e 2697 c.c. e dell’articolo 40 c.p., assumendo che la Corte territoriale ha errato “nell’aver ritenuto che la condotta della vittima avesse integrato gli estremi del caso fortuito, ai sensi dell’articolo 2051 c.c., quale esimente della responsabilita’ della P.A., nonostante quest’ultima non avesse fornito alcuna prova in merito”; rilevano che al custode “si richiede la prova positiva (…) della causa esterna che, per imprevedibilita’, eccezionalita’, inevitabilita’, sia completamente estranea alla (sua) sfera di controllo” e che, quantunque “si fosse appalesata una condotta negligente, distratta, imperita, imprudente della vittima del danno da cose in custodia, cio’ non basta di per se’ ad escludere la responsabilita’ del custode”;
lamentano che la Corte ha “inammissibilmente invertito l’onere della prova” laddove ha presunto che l’evento fosse evitabile con una condotta piu’ prudente della vittima in “assenza di prova della imprudenza o negligenza della danneggiata”;
il secondo motivo deduce la violazione e la falsa applicazione degli articoli 2043 e 2051 c.c. e dell’articolo 40 c.p. e censura la sentenza impugnata per aver preso in esame soltanto la natura colposa della condotta della vittima, senza verificare “se quella condotta potesse ritenersi imprevedibile, eccezionale od anomala, da parte del custode”;
col terzo motivo, i ricorrenti denunciano la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 2051 c.c. “per avere il giudice di secondo grado ritenuto che l’evento dannoso fosse da addebitare in maniera esclusiva alla vittima, presumendo che le condizioni della banchina fossero ben note alla (…) (OMISSIS), sulla base del fatto che la stessa abitasse a 300 mt dal luogo del fatto” e rilevano che l’argomento valorizzato dalla Corte territoriale “finisce per far gravare sul cittadino l’obbligo cautelare di conoscere e ricordare l’ubicazione delle buche che stanno nelle vicinanze dei luoghi che frequenta solitamente”;
i motivi – che possono essere scrutinati congiuntamente – sono fondati nei termini e con le precisazioni che seguono;
deve preliminarmente rilevarsi – anche per rispondere ai rilievi contenuti alle pag. 6 e 7 del controricorso – che la sentenza impugnata non ha preso una chiara posizione in punto di nesso causale fra la presenza della buca e la caduta della (OMISSIS); invero, pur avendo manifestato riserve sulla concludenza delle dichiarazioni testimoniali e pur essendosi espressa – in un passaggio – in termini dubitativi, la Corte di Appello ha mostrato di non escludere che la caduta sia stata causata dalla buca presente nella banchina stradale, dato che ha affermato la possibilita’ di presumere il nesso e ha sviluppato ampie considerazioni sul fatto che la caduta fosse imputabile esclusivamente alla condotta “disattenta, negligente o imperita della danneggiata” (per non aver avvistato tempestivamente ed evitato la situazione di pericolo determinata dal dissesto della banchina), che non avrebbe avuto ragione di svolgere ove avesse effettivamente ritenuto non provato il nesso causale;
tanto premesso e passando all’esame delle censure dei (OMISSIS), deve considerarsi che:
la responsabilita’ ex articolo 2051 c.c. ha natura oggettiva e discende dall’accertamento del rapporto causale fra la cosa in custodia e il danno, salva la possibilita’ per il custode di fornire la prova liberatoria del caso fortuito, ossia di un elemento esterno che valga ad elidere il nesso causale e che puo’ essere costituito da un fatto naturale e dal fatto di un terzo o della stessa vittima (cfr., da ultimo, Cass., S.U. n. 20943/2022);
tale essendo la struttura della responsabilita’ ex articolo 2051 c.c., l’onere probatorio gravante sul danneggiato si sostanzia nella duplice dimostrazione dell’esistenza (ed entita’) del danno e della sua derivazione causale dalla cosa, residuando, a carico del custode – come detto – l’onere di dimostrare la ricorrenza del fortuito; nell’ottica della previsione dell’articolo 2051 c.c., tutto si gioca dunque sul piano di un accertamento di tipo causale (della derivazione del danno dalla cosa e dell’eventuale interruzione di tale nesso per effetto del fortuito), senza che rilevino altri elementi, quali il fatto che la cosa avesse o meno natura “insidiosa” o la circostanza che l’insidia fosse o meno percepibile ed evitabile da parte del danneggiato (trattandosi di elementi consentanei ad una diversa costruzione della responsabilita’, condotta alla luce del paradigma dell’articolo 2043 c.c.);
al cospetto dell’articolo 2051 c.c., la condotta del danneggiato puo’ rilevare unicamente nella misura in cui valga ad integrare il caso fortuito, ossia presenti caratteri tali da sovrapporsi al modo di essere della cosa e da porsi essa stessa all’origine del danno; al riguardo, deve pertanto ritenersi che, ove il danno consegua alla interazione fra il modo di essere della cosa in custodia e l’agire umano, non basti a escludere il nesso causale fra la cosa e il danno la condotta colposa del danneggiato, richiedendosi anche che la stessa si connoti per oggettive caratteristiche di imprevedibilita’ ed imprevenibilita’ che valgano a determinare una cesura rispetto alla serie causale riconducibile alla cosa (degradandola al rango di mera occasione dell’evento di danno);
nel caso specifico della caduta del pedone in corrispondenza di una buca stradale, non puo’ evidentemente sostenersi che la stessa sia imprevedibile (rientrando nel notorio che la sconnessione possa determinare la caduta del passante) e imprevenibile (sussistendo, di norma, la possibilita’ di rimuovere il dislivello o, almeno, di segnalarlo adeguatamente); deve allora ritenersi che il mero rilievo di una condotta colposa del danneggiato non sia idoneo a interrompere il nesso causale, che e’ manifestamente insito nel fatto stesso che la caduta sia originata dalla (prevedibile e prevenibile) interazione fra la condizione pericolosa della cosa e l’agire umano;
cio’ non significa, peraltro, che tale condotta – ancorche’ non integrante il fortuito – non possa assumere rilevanza ai fini della liquidazione del danno cagionato dalla cosa in custodia, ma questo non puo’ avvenire all’interno del paradigma dell’articolo 2051 c.c., bensi’ ai sensi dell’articolo 1227 c.c. (operante, ex articolo 2056 c.c., anche in ambito di responsabilita’ extracontrattuale), ossia sotto il diverso profilo dell’accertamento del concorso colposo del danneggiato, valutabile sia nel senso di una possibile riduzione del risarcimento, secondo la gravita’ della colpa del danneggiato e le conseguenze che ne sono derivate (ex articolo 1227 c.c., comma 1), sia nel senso della negazione del risarcimento per i danni che l’attore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza (ex articolo 1227 c.c., comma 2), fatta salva, nel secondo caso, la necessita’ di un’espressa eccezione della controparte;
deve dunque ritenersi che, ove sia dedotta la responsabilita’ del custode per la caduta di un pedone in corrispondenza di una sconnessione o buca stradale, la condotta colposa della vittima puo’ valere a integrare il caso fortuito richiesto dall’articolo 2051 c.c. soltanto se presenti caratteri di imprevedibilita’ ed eccezionalita’ tali da interrompere il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno, cosi’ da degradare la condizione della cosa al rango di mera occasione dell’evento di danno; in difetto, tale condotta potra’ – eventualmente – assumere rilevanza ai sensi dell’articolo 1227 c.c., commi 1 o 2, ai fini della riduzione o dell’esclusione del risarcimento;
a siffatti criteri non si e’ attenuta la Corte territoriale che ha ritenuto di poter senz’altro individuare il fortuito nella condotta disattenta della (OMISSIS), del tutto prescindendo dall’accertamento della non prevedibilita’ e della non prevenibilita’ di tale condotta e della sua idoneita’ a sovrapporsi al modo di essere della cosa, elidendone l’efficienza causale e degradandola a mera occasione dell’evento di danno;
la sentenza va pertanto cassata con rinvio alla Corte territoriale che, in diversa composizione, dovra’ procedere a nuovo esame, alla luce dei principi e delle considerazioni di cui sopra;
la Corte di rinvio provvedera’ anche sulle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimita’, alla Corte di Appello di L’Aquila, in diversa composizione.
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