Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|9 novembre 2022| n. 33040.
Azione di rivendica ed onere della prova
Nel giudizio di revindica l’attore deve provare di essere divenuto proprietario della cosa rivendicata risalendo anche attraverso i propri danti causa fino a un acquisto a titolo originario o dimostrando che l’attore stesso o alcuno dei suoi danti causa abbia posseduto il bene per il tempo necessario ad usucapirlo”; all’attore, perciò, non basta esibire un titolo di acquisto derivativo, perché un tale titolo non prova con certezza che egli è divenuto proprietario del bene, potendo avere acquistato dal non proprietario.
Ordinanza|9 novembre 2022| n. 33040. Azione di rivendica ed onere della prova
Data udienza 13 ottobre 2022
Integrale
Tag/parola chiave: Proprietà – Aggiudicazione immobile – Vendita all’incanto – Occupazione abusiva immobile confinante – Riconvenzione – Usucapione – Azione di revindica – Rivendicante – Onere della prova – Valido titolo derivativo di provenienza
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MOCCI Mauro – Presidente
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – rel. Consigliere
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 23182/2018 proposto da:
(OMISSIS), e (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’Avvocato (OMISSIS), per procura in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’Avvocato (OMISSIS), per procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la SENTENZA n. 1172/2017 della CORTE DI APPELLO DI CATANZARO, depositata il 21/6/2017;
udita la relazione della causa, svolta dal Consigliere Dott. GIUSEPPE DONGIACOMO, nell’adunanza in Camera di consiglio del 13/10/2022.
FATTI DI CAUSA
1.1. (OMISSIS) ha convenuto in giudizio, innanzi al tribunale di Crotone, i coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS) e, dopo aver dedotto che (OMISSIS), in data 8/6/2005, si era aggiudicato, tramite vendita all’incanto, un immobile sito in (OMISSIS), censito nel NCEU, al f. (OMISSIS), particolo (OMISSIS), e che, nel prendere possesso di tale immobile assieme alla moglie (OMISSIS), aveva illegittimamente occupato una porzione dell’immobile confinante, composto da piano terra, primo piano e secondo piano e censito nel NCEU, al f. (OMISSIS), particolo (OMISSIS), di proprieta’ dell’attore (per averlo ricevuto in donazione in forza di atto del 21/1/1993 dal padre (OMISSIS) che l’aveva, a sua volta, acquistato con atto del 26/1/1965); ha chiesto al tribunale di dichiarare quest’ultimo come l’unico legittimo proprietario di tale immobile e di condannare i convenuti, che lo possiedono senza alcun titolo, al rilascio immediato dello stesso, oltre al risarcimento del danno.
1.2. (OMISSIS) e (OMISSIS), dal loro canto, hanno contestato la fondatezza della domanda dell’attore, proponendo eccezione riconvenzionale di usucapione dell’immobile e, in via subordinata, domanda riconvenzionale diretta al rimborso per le migliorie apportate all’immobile.
1.3. Il tribunale, con sentenza depositata il 6/4/2011, ha rigettato le domande formulate dall’attore nonche’ la domanda di risarcimento danni spiegata dai convenuti ai sensi dell’articolo 96 c.p.c..
2.1. (OMISSIS), con atto notificato il 19/5/2011, ha proposto appello avverso tale sentenza.
2.2. (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno resistito all’appello, del quale hanno eccepito preliminarmente l’inammissibilita’ per omessa specificazione dei motivi ex articolo 342 c.p.c., chiedendone in ogni caso il rigetto.
3.1. La corte d’appello, espletata una consulenza tecnica d’ufficio, ha, con la sentenza in epigrafe, accolto l’appello proposto da (OMISSIS) ed ha, quindi, condannato (OMISSIS) e (OMISSIS) al rilascio dell’immobile censito nel NCEU, f. (OMISSIS), particolo (OMISSIS), oltre che al risarcimento dei danni ed al pagamento delle spese di lite.
3.2. La corte d’appello, in particolare, ha innanzitutto dichiarato infondata l’eccezione d’inammissibilita’ dell’appello ai sensi dell’articolo 342 c.p.c., sul rilievo che, in realta’, l’appellante aveva rispettato i requisiti previsti dalla predetta norma individuando i passaggi motivazionali errati e precisando le circostanze dalle quali deriva la violazione di legge e la loro rilevanza ai fini della decisione.
3.3. La corte, poi, dopo aver affermato l’infondatezza del motivo di appello relativo alla nullita’ della sentenza appellata per mancata concessione dei termini ex articolo 190 c.p.c., ha ritenuto che l’appello era fondato ritenendo condivisibili le risultanze emerse dalla consulenza tecnica d’ufficio.
3.4. La relazione del consulente, infatti, ha osservato la corte, dimostra che i coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS) “hanno operato lo sconfinamento, annettendo all’immobile acquistato alla vendita di pubblico incanto… (particella (OMISSIS), gia’ (OMISSIS)) l’immobile confinante, censito in catasto con la particella (OMISSIS), in testa a (OMISSIS)”.
3.5. La corte, inoltre, stante la modesta dimensione del bene occupato (mq. 28) e della sua rendita catastale (pari ad Euro 33,26), ha ritenuto che lo stesso poteva essere presumibilmente utilizzato come magazzino ed ha, quindi, liquidato, in via equitativa, il danno conseguente all’occupazione sine titulo da parte dei convenuti nella somma di Euro 600,00 annui (pari ad Euro 50,00 mensili), con decorrenza dalla domanda fino al rilascio, oltre agli interessi legali.
4.1. (OMISSIS) e (OMISSIS), con ricorso notificato in data 27/7/2018, hanno chiesto, per tre motivi, la cassazione della sentenza della corte d’appello, dichiaratamente non notificata.
4.2. (OMISSIS) ha resistito con controricorso notificato il 4/10/2018.
Azione di rivendica ed onere della prova
RAGIONI DELLA DECISIONE
5.1. Con il primo motivo, i ricorrenti, lamentando la violazione e falsa applicazione dell’articolo 342 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, hanno censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto l’infondatezza dell’eccezione d’inammissibilita’ dell’appello che gli appellati avevano sollevato nella comparsa di costituzione in appello senza, tuttavia, considerare che: – la sentenza resa dal tribunale aveva espressamente statuito che “per quanto riguarda la quaestio della proprieta’ dell’immobile censito in catasto al foglio (OMISSIS) p.lla (OMISSIS) – nessuna prova ha fornito parte attrice sul punto essendosi limitata ad asserire che il titolo di proprieta’ le deriverebbe dall’atto di donazione del 21.01.1993… il rogito notarile di donazione in questione e’ stato allegato al fascicolo dei convenuti, e, per come risulta da tale atto, esso riguarda unicamente un terreno di 28 mq.; ne consegue che quanto asserito dall’attore circa la proprieta’ dell’immobile composto da piano terra, primo e secondo piano (appunto oggetto del presente giudizio) e’ rimasto del tutto sfornito dell’indispensabile supporto probatorio”; – nessun specifico motivo d’appello risulta essere stato formulato sul punto nell’atto introduttivo del giudizio di secondo grado.
5.2. L’appellante, quindi, hanno osservato i ricorrenti, non avendo contrastato in modo specifico le ragioni addotte dal tribunale, come sopra riportate, non ha rispettato l’onere di specificazione dei motivi d’appello, con la conseguenza che l’impugnazione proposta era inammissibile.
Azione di rivendica ed onere della prova
5.3. Il motivo e’ inammissibile. L’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimita’ ove sia denunciato un error in procedendo, presuppone, in effetti, l’ammissibilita’ del motivo di censura, onde il ricorrente non e’ dispensato dall’onere di specificare il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando anche puntualmente i fatti processuali alla base dell’errore denunciato, dovendo tale specificazione essere contenuta, a pena d’inammissibilita’, nello stesso ricorso per cassazione, con la conseguenza che, ove il ricorrente censuri la statuizione d’inammissibilita’, per difetto di specificita’, di un motivo di appello, ha l’onere di precisare, nel ricorso, le ragioni per cui ritiene erronea tale statuizione e sufficientemente specifico, invece, il motivo di gravame sottoposto al giudice d’appello, riportandone il contenuto nella misura necessaria ad evidenziarne la pretesa specificita’, non potendo limitarsi a rinviare all’atto d’appello (Cass. n. 24048 del 2021; Cass. n. 22880 del 2017). Il ricorrente, in particolare (specie a fronte di un espresso giudizio di ammissibilita’ dell’appello da parte della sentenza impugnata in ragione proprio della ritenuta specificita’ dei relativi motivi), ove denunci la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 342 c.p.c., in conseguenza della mancata declaratoria di nullita’ dell’atto di appello per genericita’ dei motivi, ha l’onere (rimasto, nel caso in esame, del tutto inadempiuto) di riportare nel ricorso, nel loro impianto specifico, i predetti motivi formulati dalla controparte (Cass. n. 29495 del 2020).
5.4. Con il secondo motivo, i ricorrenti, lamentando la violazione e la falsa applicazione degli articoli 2697 e 948 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, hanno censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello, riformando la statuizione del tribunale, ha accertato la proprieta’, in capo al (OMISSIS), dell’immobile censito nel NCEU, al f. (OMISSIS) p.lla (OMISSIS), senza, tuttavia, considerare che l’attore che agisce in rivendicazione deve provare la sussistenza dell’asserito dominio sulla cosa rivendicata risalendo, anche attraverso i propri danti causa, fino ad un acquisto a titolo originario e che tale principio non subisce alcuna attenuazione posto che gli appellati non hanno sollevato, nel giudizio d’appello, alcuna domanda e/o eccezione di usucapione.
5.5. (OMISSIS), infatti, hanno osservato i ricorrenti, non ha dimostrato alcun acquisto a titolo originario dell’immobile, avendo, piuttosto, dedotto di essere proprietario dello stesso, composto da piano terra, primo e secondo piano, esclusivamente in forza della donazione ricevuta da (OMISSIS), e cioe’ il padre, con atto notarile del 21/1/1993, che, peraltro, riguarda unicamente un vano terreno di mq. 28.
5.6. Ne’, hanno aggiunto i ricorrenti, la prova della proprieta’ puo’ essere fornita con i certificati catastali ne’ con le risultanze, peraltro errate, della consulenza tecnica d’ufficio, in quanto affetta, come dedotto nelle osservazioni critiche presentata, da nullita’ insanabile.
Azione di rivendica ed onere della prova
6.1. Il motivo e’ fondato.
6.2. La corte d’appello, infatti, si e’ limitata ad affermare che, come emerge dalla relazione del consulente tecnico d’ufficio, i coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS) “hanno operato lo sconfinamento, annettendo all’immobile acquistato alla vendita di pubblico incanto… (particella (OMISSIS), gia’ (OMISSIS)) l’immobile confinante, censito in catasto con la particella (OMISSIS), in testa a (OMISSIS)”.
6.3. Questa Corte, pero’, ha rilevato, anche di recente, che: – “nel giudizio di revindica l’attore deve provare di essere divenuto proprietario della cosa rivendicata risalendo anche attraverso i propri danti causa fino ad un acquisto a titolo originario o dimostrando che l’attore stesso o alcuno dei suoi danti causa abbia posseduto il bene per il tempo necessario ad usucapirlo”; – “all’attore, percio’, non basta esibire un titolo di acquisto derivativo, perche’ un tale titolo non prova con certezza che egli e’ divenuto proprietario del bene: egli potrebbe avere acquistato dal non proprietario”; – il rivendicante, quindi, “per assolvere l’onere probatorio gravante a suo carico, deve dimostrare… o che egli e’ fornito di un valido titolo derivativo proveniente, direttamente o tramite i suoi autori, da un soggetto cui possa attribuirsi la qualita’ di dominus nel senso precisato, di legittimo titolare della proprieta’ del bene in contestazione, per averlo acquistato a titolo originario;… o che egli stesso possa vantare un acquisto a titolo originario, per avere posseduto il bene per il tempo necessario all’usucapione”, potendo a tal fine “eventualmente sommare il proprio possesso al possesso dei precedenti danti causa” (Cass. n. 28865 del 2021, in motiv.; Cass. n. 21940 del 2018, Cass. n. 1210 del 2017; Cass. n. 25643 del 2014).
6.4. Il rigore probatorio rimane, peraltro, attenuato solo nel caso in cui il convenuto, nell’opporre l’usucapione, abbia riconosciuto, seppure implicitamente, o comunque non abbia specificamente contestato, l’appartenenza del bene al rivendicante o ad uno dei suoi danti causa all’epoca in cui assume di avere iniziato a possedere.
6.5. Viceversa, la mera deduzione, da parte del convenuto, di un acquisto per usucapione il cui dies a quo sia successivo al titolo del rivendicante o di uno dei suoi danti causa, disgiunta dal riconoscimento o dalla mancata contestazione della precedente appartenenza, non comporta alcuna attenuazione del rigore probatorio a carico dell’attore, che a maggior ragione rimane invariato qualora il convenuto si dichiari proprietario per usucapione in forza di un possesso remoto rispetto ai titoli vantati dall’attore.
Azione di rivendica ed onere della prova
7.1. Essendo l’usucapione un titolo d’acquisto a carattere originario, infatti, la sua invocazione, in termini di domanda o di eccezione, da parte del convenuto con l’azione di rivendicazione, non suppone, di per se’, alcun riconoscimento idoneo ad attenuare il rigore dell’onere probatorio a carico del rivendicante, il quale, pertanto, anche in caso di mancato raggiungimento della prova dell’usucapione, non e’ esonerato dal dover provare il proprio diritto, risalendo, se del caso, attraverso i propri danti causa fino ad un acquisto a titolo originario o dimostrando che egli stesso o alcuno dei suoi danti causa abbia posseduto il bene per il tempo necessario ad usucapirlo (Cass. n. 28865 del 2021).
7.2. Con il terzo motivo, i ricorrenti, lamentando la violazione e falsa applicazione degli articoli 2043, 2056, 1223, 1226, 2697 e 2727 c.c., in riferimento all’articolo 360 c.p.c., n. 3, nonche’ l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sul fatto discusso e decisivo, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5, hanno censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha riconosciuto a favore di (OMISSIS) il diritto ad ottenere il risarcimento dei danni senza, tuttavia, considerare che lo stesso non aveva allegato ne’ dimostrato, nel corso del giudizio, di aver subito un pregiudizio e che il danno derivante dall’occupazione sine titulo di un immobile non puo’ essere considerato sussistente in re ipsa.
7.3. Il motivo e’ assorbito
8. Il ricorso dev’essere, quindi, accolto e la sentenza impugnata, per l’effetto, cassata con rinvio, per un nuovo esame, alla corte d’appello di Catanzaro che, in differente composizione, provvedera’ anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte cosi’ provvede: accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo, assorbito il terzo; cassa, in relazione al motivo accolto, la sentenza impugnata con rinvio, per un nuovo esame, alla corte d’appello di Catanzaro che, in differente composizione, provvedera’ anche sulle spese del presente giudizio.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Le sentenze sono di pubblico dominio.
La diffusione dei provvedimenti giurisdizionali “costituisce fonte preziosa per lo studio e l’accrescimento della cultura giuridica e strumento indispensabile di controllo da parte dei cittadini dell’esercizio del potere giurisdizionale”.
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