Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Sentenza 25 marzo 2019, n. 8275.
La massima estrapolata:
In tema di condominio, con riguardo all’avviso di convocazione di assemblea, posto che detto avviso deve qualificarsi quale atto di natura privata e in particolare quale atto unilaterale recettizio ai sensi dell’art. 1335 c.c., al fine di ritenere fornita la prova della decorrenza del termine dilatorio di cinque giorni antecedenti l’adunanza di prima convocazione, condizionante la validità delle deliberazioni, è sufficiente e necessario che il condominio, in applicazione della presunzione dell’art. 1335 c.c. richiamato, dimostri la data di pervenimento dell’avviso all’indirizzo del destinatario, salva la possibilità per questi di provare di essere stato, senza sua colpa, nell’impossibilità di averne notizia.
Sentenza 25 marzo 2019, n. 8275
Data udienza 4 luglio 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETITTI Stefano – Presidente
Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere
Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere
Dott. ABETE Luigi – Consigliere
Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 5790/2015 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
CONDOMINIO di (OMISSIS), in persona dell’amministratore in carica e legale rappresentante, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 292/2014 della Corte di appello di Roma, depositata il 16/01/2014;
udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 4 luglio 2018 dal Consigliere relatore Dott.ssa Milena Falaschi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL CORE Sergio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
uditi gli Avv.ti (OMISSIS) (con delega dell’Avv.to (OMISSIS)), per parte ricorrente, e (OMISSIS) (con delega dell’Avv.to (OMISSIS)), per parte resistente.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte di appello di Roma, in riforma della decisione di primo grado, accoglieva l’appello proposto dal Condominio di (OMISSIS) – Roma nei confronti della condomina (OMISSIS), e per l’effetto rigettava il ricorso presentato da quest’ultima ex articolo 1137 c.c., per ottenere l’annullamento di una delibera condominiale per difetto di convocazione della medesima alla relativa assemblea.
La Corte territoriale a sostegno della decisione rilevava che dagli atti di causa risultava che l’amministratore del Condominio aveva provveduto tempestivamente, in data 25.05.2006 (e quindi oltre 10 giorni prima), a spedire a tutti i condomini, tramite raccomandate, le convocazioni per l’assemblea condominiale, fissata in data 8.06.2006, e che non vi era contestazione sul fatto che tale invio fosse stato effettuato anche alla condomina (OMISSIS) presso il suo indirizzo di residenza, per cui affermava che nel caso di specie operava la presunzione di conoscenza della convocazione ai sensi dell’articolo 1335 c.c., tenuto conto dell’affidabilita’ del mezzo utilizzato per l’invio della stessa, ragion per la quale l’assemblea condominiale era stata legittimamente tenuta.
Avverso la suddetta sentenza propone ricorso per cassazione la (OMISSIS), formulando un unico motivo, cui resiste con controricorso il Condominio. Il ricorso – previa proposta stilata dal nominato consigliere delegato – e’ stato inizialmente avviato per la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli articoli 375 e 380 bis c.p.c., avanti alla sesta sezione civile – 2. All’esito dell’adunanza camerale fissata al 20.04.2017, con ordinanza interlocutoria n. 27847 del 2017 depositata il 22.11.2017, e’ stato rimesso alla pubblica udienza dinanzi alla seconda sezione per carenza dell’elemento dell’evidenza decisionale.
Entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa in prossimita’ della pubblica udienza, la (OMISSIS) anche in vista dell’adunanza camerale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Con l’unico motivo la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 1105 c.c., comma 3, articolo 1136 c.c., comma 6, articolo 2697 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, nonche’ la violazione dell’articolo 66 disp. att. c.c., u.c., testo previgente. In particolare si duole che la Corte di appello abbia (erroneamente) ritenuto sufficiente, ai fini della regolarita’ della convocazione per l’assemblea condominiale, la prova della spedizione della raccomandata contenente la convocazione all’indirizzo della condomina, quando invece sarebbe stato necessario provare da parte del Condominio la ricezione dell’atto da parte della destinataria.
Il ricorso e’ infondato per le ragioni di seguito illustrate.
Per costante orientamento di questa corte (ex multis, Cass. 26 settembre 2013 n. 22047), la invocata disposizione dell’articolo 66 disp. att. c.c., viene interpretata nel senso che essa esprime il principio secondo cui ogni condomino ha il diritto di intervenire all’assemblea del condominio e deve, quindi, essere messo in condizione di poterlo fare. Viene, inoltre, affermata la necessita’ che l’avviso di convocazione sia non solo inviato, ma anche ricevuto nel termine, ivi stabilito, di almeno cinque giorni prima della data fissata per l’adunanza, avendo riguardo quale dies ad quem alla riunione dell’assemblea in prima convocazione. Con la conseguenza che la mancata conoscenza di tale data, da parte dell’avente diritto, entro il termine previsto dalla legge, costituisce motivo di invalidita’ delle delibere assembleari, ai sensi dell’articolo 1137 c.c., come confermato dal nuovo testo dell’articolo 66 disp. att. c.c., comma 3, introdotto dalla L. 11 dicembre 2012, n. 220, a nulla rilevando, ai fini della tempestivita’ dell’avviso, ne’ la data di svolgimento dell’assemblea in seconda convocazione, ne’ che la data della prima convocazione fosse stata eventualmente gia’ fissata dai condomini prima dell’invio degli avvisi.
La medesima giurisprudenza, peraltro, qualifica l’avviso di convocazione atto eminentemente privato, e del tutto svincolato, in assenza di espresse previsioni di legge, dall’applicazione del regime giuridico delle notificazioni degli atti giudiziari – quale atto unilaterale recettizio, per cui esso rinviene la propria disciplina nell’articolo 1335 c.c., al medesimo applicandosi la presunzione di conoscenza in tale norma prevista (superabile da una prova contraria da fornirsi dal convocato), in base alla quale la conoscenza dell’atto e’ parificata alla conoscibilita’, in quanto riconducibile anche solamente al pervenimento della comunicazione all’indirizzo del destinatario e non alla sua materiale apprensione o effettiva conoscenza. Invero, la presunzione di conoscenza ex articolo 1335 c.c., degli atti recettizi in forma scritta giunti all’indirizzo del destinatario opera per il solo fatto oggettivo dell’arrivo dell’atto nel luogo indicato dalla norma. L’onere della prova a carico del mittente riguarda, in tale contesto, solo l’avvenuto recapito all’indirizzo del destinatario, salva la prova da parte del destinatario medesimo dell’impossibilita’ di acquisire in concreto l’anzidetta conoscenza per un evento estraneo alla sua volonta’ (cfr., per una fattispecie in tema di comunicazione dell’avviso di convocazione dell’assemblea di un condominio, Cass. 29 aprile 1999 n. 4352).
Dall’anzidetto quadro normativo viene fatto derivare l’ovvio corollario per cui, se e’ vero che per ritenere sussistente, ex articolo 1335 c.c., la presunzione di conoscenza, da parte del destinatario, della dichiarazione a questo diretta, e’ necessaria e sufficiente la prova che la dichiarazione stessa sia pervenuta all’indirizzo del destinatario, tale momento, ove la convocazione ad assemblea di condominio sia stata inviata mediante lettera raccomandata non consegnata per l’assenza del condomino (o di altra persona abilitata a riceverla), coincide con il rilascio da parte dell’agente postale del relativo avviso di giacenza del plico presso l’ufficio postale, idoneo a consentire il ritiro del piego stesso, e non gia’ con altri momenti successivi.
Nel senso di cui innanzi si esprimono i precedenti consolidati di questa corte, che il collegio decidente condivide (v. di recente Cass. 3 novembre 2016, n. 22311, in fattispecie condominiale; v. altresi’ i numerosi precedenti in altre materie, soprattutto lavoristica, agraria e locatizia, anche ivi richiamati: Cass. 31 marzo 2016 n. 6256; Cass. 15 dicembre 2009 n. 26241; Cass. 5 giugno 2009 n. 13087; Cass. 24 aprile 2003 n. 6527; Cass. 27 luglio 1998 n. 7370; Cass. 1 aprile 1997 n. 2847; oltre numerose sentenze non massimate, o non massimate sul punto che rileva, tra le quali ad es. Cass. 4 agosto 2016 n. 1633).
A fronte del predetto orientamento consolidato si pone, in senso contrario il solo precedente di Cass. 14 dicembre 2016 n. 25791 che – emesso in materia condominiale ma in riferimento al diverso termine posto dall’articolo 1137 c.c., per l’impugnazione delle delibere assembleari, decorrente per gli assenti dalla comunicazione – ha ritenuto: a) che l’avviso di tentata consegna da parte dell’agente postale, non contenendo l’atto cui si riferisce, non equivalga a sua comunicazione, ne’ puo’ quindi reputarsi che l’atto sia giunto all’indirizzo del destinatario per gli effetti dell’articolo 1335 c.c.; b) che, mancando nel regolamento postale una disciplina analoga a quella della L. n. 890 del 1982, articolo 8, l’interprete debba applicare il principio di effettiva conoscenza e non la presunzione di conoscibilita’ di cui all’articolo 1335 c.c., altrimenti ponendosi il risultato interpretativo in contrasto con l’articolo 24 Cost., trattandosi di una comunicazione – si ripete, del verbale delle deliberazioni dell’assemblea del condominio nei confronti degli assenti – da cui decorre il termine decadenziale per l’esercizio della impugnazione in sede processuale; c) che, quindi, debba farsi applicazione analogica delle disposizioni di cui alla L. n. 890 del 2002, articolo 8, adattate tenendo conto del fatto che – non trattandosi di notifica di atto giudiziario – il servizio postale non prevede, per gli invii ordinari, la spedizione di una raccomandata con la comunicazione di avvenuto deposito ma solo il rilascio di avviso di giacenza.
La considerazione della natura isolata del predetto precedente (che peraltro, dal punto di vista della percezione dei valori costituzionali sottesi, si pone in dissonanza implicita con Cass. 23 settembre 1996 n. 8399, decisione che, come detto, aveva in particolare valorizzato la possibilita’ per il destinatario di dare prova contraria rispetto alla presunzione ex articolo 1335 c.c.) e, soprattutto, della circostanza che esso concerne fattispecie non pienamente sovrapponibile a quella in esame, induce a non ritenere sussistente il contrasto diacronico di giurisprudenza dedotto dal procuratore generale in udienza pubblica. In particolare, in ordine ai caratteri distintivi della questione giuridica esaminata in detto precedente (relativa alla disciplina del termine di impugnazione ex articolo 1137 c.c., della delibera di assemblea di condominio) rispetto a quella oggetto della presente controversia (relativa alla disciplina del termine dilatorio ex articolo 66 disp. att. c.c., per la convocazione dell’assemblea del condominio), puo’ essere sufficiente sottolineare che, nel primo caso, dalla comunicazione dell’atto (verbale assembleare) decorre un termine decadenziale per proporre un’azione giudiziaria mentre, nel secondo caso, dal pervenimento dello stesso (convocazione di assemblea) decorre un termine dilatorio meramente condizionante la validita’ della deliberazione, la quale ultima soltanto potra’ essere impugnata in giudizio, previa ulteriore comunicazione di essa o partecipazione del convocato all’adunanza: sussistono, dunque, “ragionevoli differenze”, correlate alla presenza solo nella prima fattispecie di possibili pregiudizi, per effetto dell’avverarsi della decadenza, all’esercizio della tutela giurisdizionale (tema su cui, in effetti, il precedente n. 25791 del 2016 cit. si sofferma nella formulazione della ratio decidendi). Ne deriva che, al limite, detto precedente n. 25791 del 2016 introduce una cesura nella catena giurisprudenziale concernente il computo dei termini decadenziali per l’esercizio di azioni giudiziarie decorrenti dalla ricezione dell’atto (per stare ai precedenti citati, v. taluni di quelli in materia lavoristica), ma non in quella (cui pertiene la fattispecie in esame, oltre altre nei precedenti citati) in cui non decorrano – almeno in via immediata e diretta – termini della specie, bensi’ termini di altre tipologie (sul punto v. precedente in termini, Cass. 22 novembre 2017 n. 23396).
Va riaffermato, dunque, quale principio di diritto, che in tema di condominio, con riguardo all’avviso di convocazione di assemblea ai sensi dell’articolo 66 disp. att. c.c., (nel testo ratione temporis vigente), posto che detto avviso deve qualificarsi quale atto di natura privata (del tutto svincolato, in assenza di espresse previsioni di legge, dall’applicazione del regime giuridico delle notificazioni degli atti giudiziari) e in particolare quale atto unilaterale recettizio ai sensi dell’articolo 1335 c.c., al fine di ritenere fornita la prova della decorrenza del termine dilatorio di cinque giorni antecedenti l’adunanza di prima convocazione, condizionante la validita’ delle deliberazioni, e’ sufficiente e necessario che il condominio (sottoposto al relativo onere), in applicazione della presunzione dell’articolo 1335 c.c., richiamato, dimostri la data di pervenimento dell’avviso all’indirizzo del destinatario, salva la possibilita’ per questi di provare di essere stato, senza sua colpa, nell’impossibilita’ di averne notizia.
Tale momento, ove la convocazione ad assemblea di condominio sia stata inviata mediante lettera raccomandata (cui il testo dell’articolo 66 disp. att. c.c., affianca, nel testo successivo alla riforma di cui alla L. 11 dicembre 2012, n. 220, altre modalita’ partecipative), e questa non sia stata consegnata per l’assenza del condomino (o di altra persona abilitata a riceverla), coincide con il rilascio da parte dell’agente postale del relativo avviso di giacenza del plico presso l’ufficio postale, idoneo a consentire il ritiro del piego stesso, e non gia’ con altri momenti successivi (quali il momento in cui la lettera sia stata effettivamente ritirata o in cui venga a compiersi la giacenza).
Precisazioni ulteriori derivano dalla considerazione dell’applicazione della disciplina della regolamentazione postale, avuta presente in precedenti pronunce e costituita ratione temporis dal decreto del ministro dello sviluppo economico 01/10/2008 (recante “approvazione delle condizioni generali per l’espletamento del servizio postale universale”), cui e’ succeduta la delibera 385/13/CONS del 20/06/2013 dell’autorita’ per le garanzie nelle comunicazioni.
Il regolamento (nei due testi, che sul tema dell’articolo 31, non presenta variazioni) contempla, con terminologia impropria, non vincolante sul piano civilistico, che “il mittente resta proprietario dell’invio sino al momento della consegna” e che egli, prima della consegna, ha titolo a chiedere la restituzione dell’invio o la modifica della destinazione o del destinatario. Il riferimento alla “consegna” e’ nel senso della preclusione alla possibilita’ di restituzione del plico al mittente al momento dell’emissione dell’avviso di giacenza ove la consegna sia stata comunque tentata, anche se non effettuata, in caso di assenza del destinatario, per cui una volta emesso l’avviso di giacenza, gli invii restano in giacenza (nel caso in esame, per trenta giorni) a disposizione del destinatario (e non del mittente), al quale ultimo essi vengono restituiti solo all’esito, previa richiesta e pagamento di corrispettivo, in alternativa alla distruzione.
Alla luce del quadro giurisprudenziale e normativo riprodotto si osserva che nel caso di specie l’amministratore ha provato la spedizione della convocazione tramite lettera raccomandata, e la sentenza impugnata ha evidenziato, da un lato, la sussistenza della presunzione di conoscenza, tenuto conto dell’affidabilita’ dello strumento di spedizione utilizzato, e, dall’altro, la mancanza di alcuna allegazione e prova specifica dedotta dalla ricorrente in ordine alla impossibilita’ di acquisire conoscenza dell’atto senza colpa, generica la sola negazione del ricevimento dello stesso, inidonea a superare la presunzione di conoscenza dell’atto regolarmente inviato.
Con la conseguenza che correttamente e’ stata ritenuta validamente raggiunta, attraverso la prova della spedizione della raccomandata contenente l’avviso di convocazione in data 25.05.2006, la presunzione di ricezione dello stesso da parte della destinataria, sulla quale gravava, pertanto, l’onere di controllare assiduamente la corrispondenza a lei diretta, per un riscontro della tempestivita’ o meno dell’inserimento dell’avviso medesimo nel rispetto dei cinque giorni previsti dalla disposizione invocata.
In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese del giudizio di legittimita’ seguono la soccombenza.
Poiche’ il ricorso e’ stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed e’ rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilita’ 2013), che ha aggiunto il testo unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione integralmente rigettata.
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso;
condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimita’ che vengono liquidate in complessivi Euro 3.700,00, di cui Euro 200,00 per compensi, oltre accessori come per legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito della L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.
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