Avverso i provvedimenti provvisori “de potestate”

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|16 dicembre 2020| n. 28724.

E’inammissibile il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111, comma 7, Cost. avverso i provvedimenti provvisori “de potestate” (nella specie: il decreto con il quale il tribunale autorizza i servizi sociali a sospendere gli incontri tra il genitore ed il figlio), trattandosi di provvedimenti privi dei caratteri della decisiorietà poiché sprovvisti di attitudine al giudicato “rebus sic stantibus” per la loro provvisorietà, nonchè della definitività, in quanto non sono emessi a conclusione di un procedimento e possono essere revocati, modificati o riformati dallo stesso giudice che li ha emessi anche in assenza di nuovi elementi sopravvenuti.

Ordinanza|16 dicembre 2020| n. 28724

Data udienza 25 novembre 2020

Integrale

Tag/parola chiave: Filiazione minori – Genitore – Sospensione incontri con figlio – Compressione genitorialità o decadenza – Provvedimenti de potestate emessi ex artt. 330 e 333 c.c. – Procedimento camerale – Contraddittorio – Interesse superiore del minore – Attitudine al giudicato rebus sic stantibus – Nozione – Non revocabili o modificabili salvo fatti nuovi – Impugnabilità con ricorso per cassazione ex art. 111 Cost. co 7

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere

Dott. LAMORGESE Antonio P. – Consigliere

Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso n. 6667/2019 proposto da:
(OMISSIS), rappresentata e difesa dall’Avv. (OMISSIS), del Foro di (OMISSIS), come da procura in calce al ricorso per cassazione;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
– intimato –
avverso il decreto della Corte di appello di TORINO n. 10/2019 pubblicato il 14 gennaio 2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 25 novembre 2020 dal Consigliere Dott. Lunella Caradonna.

RILEVATO

Che:
1. Con decreto del 14 gennaio 2019, la Corte di appello di Torino ha rigettato il ricorso proposto da (OMISSIS) avverso il decreto del Tribunale per i Minorenni di Torino del 17 luglio 2018, con il quale il Tribunale, decidendo in via provvisoria, aveva autorizzato i Servizi a sospendere gli incontri madre/figlio, sino a quando la madre non avesse instaurato un rapporto di effettiva collaborazione con il CSM e con la NPI, volto alla comprensione del suo ruolo, facendo contestualmente divieto alla madre di frequentare ed avvicinarsi ai luoghi frequentati dal figlio e delegando altresi’ la Dott.ssa (OMISSIS) per l’attivita’ istruttoria.
2. La Corte di appello di Torino, premesso che gran parte del reclamo si fondava su ultronee valutazioni di merito in ordine a CTU psicologica espletata in pregresso e diverso procedimento e ritenendo priva di pregio l’istanza istruttoria di nuova CTU, ha affermato che il ricorso del PM aveva evidenziato che anche i rapporti in luogo neutro erano fonte di intensa sofferenza per il piccolo, che era spaventato dall’irruenza della madre e dalle modalita’ con le quali la signora si rapportava con le persone, rivendicando il proprio figlio e invadendo ogni spazio nel quale il minore si trovava quotidianamente e che la madre aveva esternato sui social pesanti critiche nei confronti di tutti coloro che a qualsiasi titolo si erano occupati della sua situazione familiare; che il provvedimento assunto, in attesa della decisione sul ricorso del PM di decadenza dalla responsabilita’ genitoriale, era teso a salvaguardare medio tempore la serenita’ del minore e che non era accoglibile l’istanza di audizione del minore, poiche’ si trattava di un reclamo avverso un provvedimento meramente provvisorio e temporaneo, in attesa di istruttoria ulteriore, ne’ rilevava la certificazione dell’ASL del (OMISSIS) che attestava che la signora vi si era recata per una visita specialistica e ci si era trattenuta per un’ora, non avendo un valore dirimente e di dimostrazione dell’avvenuta instaurazione della collaborazione con il CSM e con la NPI.
3. (OMISSIS), avverso il detto decreto, ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a due motivi.
4. (OMISSIS) non ha svolto difese.

CONSIDERATO

Che:
1. Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione dell’articolo 111 Cost., articoli 316 e 317 bis c.c. e articoli 6-8 della CEDU.
2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione dell’articolo 11 Cost., articoli 315 bis, 316 bis e 337 octies c.c., articolo 12 della Convenzione di new York e dell’articolo 6 della Convenzione di Strasburgo.
La ricorrente assume che era stato violato il diritto alla bigenitorialita’ e che era necessario tenere conto del modo con il quale i genitori avessero precedentemente svolto i propri compiti e delle rispettive capacita’ di relazione affettiva, attenzione, comprensione, educazione e disponibilita’ ad un assiduo rapporto e, al riguardo, evidenziava che (OMISSIS) era stato condannato con sentenza penale del 20 gennaio 2015 del Tribunale di Torino per il reato di cui all’articolo 582 c.p. e che sia il figlio minore che lei stessa risultavano persone offese, il primo per i reati di cui agli articoli 572, 323, 328, 582 e 585 c.p., per fatti accaduti nel 2017 e lei stessa per i reati di cui all’articolo 610 c.p., per fatti commessi nel (OMISSIS) e articolo 570 c.p..
Assume, inoltre, che cio’ che era descritto a suo carico risultava essere la conseguenza del mancato rispetto delle disposizioni rese nella sentenza n. 5488/2017 emessa dal Tribunale ordinario di Torino, disposizioni che non erano state rispettate ne’ dal padre, ne’ dai servizi sociali e che la relazione dei servizi sociali da cui era scaturito il provvedimento del Tribunale per i minorenni era riferibile ad un assistente sociale non piu’ competente, atteso il cambio di circoscrizione che aveva in cura il minore.
Ancora in relazione alla certificazione dell’ASL competente del (OMISSIS), lo specialista, accertata la sua completa capacita’ mentale, non aveva ritenuto necessario intraprendere un percorso di recupero, come dimostrato anche dalle plurime relazioni peritali in atto e dal percorso educativo di sostegno alla genitorialita’ seguito presso il Centro per le famiglie della citta’ di Torino, circostanza questa neppure considerata dal Giudice di merito.
In ultimo, la Corte non aveva proceduto all’ascolto del minore capace di discernimento, rigettando la relativa richiesta.
3. Il ricorso e’ inammissibile.
3.1 Le Sezioni Unite di questa Corte, con specifico riferimento ai provvedimenti de potestate emessi ai sensi degli articoli 330 e 333 c.c., a conclusione del procedimento camerale specificamente previsto dal legislatore, rimeditando il proprio precedente contrario orientamento (pure affermato dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 6220 del 1986) hanno affermato che “i provvedimenti “de potestate”, emessi dal giudice minorile ai sensi degli articoli 330 e 333 c.c., hanno attitudine al giudicato “rebus sic stantibus”, in quanto non sono revocabili o modificabili salva la sopravvenienza di fatti nuovi; pertanto, il decreto della corte di appello che, in sede di reclamo, conferma, revoca o modifica i predetti provvedimenti, e’ impugnabile mediante ricorso per cassazione ai sensi dell’articolo 111 Cost., comma 7″ (Cass., Sez. U., 13 dicembre 2018, n. 32359).
Piu’ specificamente, le Sezioni Unite, alla luce delle modifiche introdotto dalla L. n. 154 del 2013 e dalla L. n. 219 del 2012, hanno precisato che:
– la L. n. 154 del 2013, ha modificato la struttura dei procedimenti de potestate perche’ ha previsto che il minore che abbia compiuto i dodici anni o il minore di eta’, se capace di discernimento, debba essere ascoltato e, ove si ipotizzi un conflitto di interessi coi genitori, deve essergli nominato un curatore speciale;
– il legislatore ha pure previsto che debba essere ascoltato anche il genitore contro cui e’ chiesto il provvedimento di decadenza o di compressione della responsabilita’ genitoriale e sia il genitore, che il minore debbono essere assistiti da un difensore;
– di conseguenza, i procedimenti de potestate sono caratterizzati dal contraddittorio tra le parti e procedimenti che dirimono conflitti tra posizioni giuridiche diverse;
– la previsione del procedimento camerale, da sempre impiegato per la trattazione di controversie su diritti e status, non e’ univoca al fine di escludere l’idoneita’ dei provvedimenti emessi alla formazione del giudicato rebus sic stantibus, cosi’ i provvedimenti in tema di affidamento dei figli che sono ritenuti a carattere decisorio e dotati di stabilita’, con la conseguenza che nei loro confronti e’ ammesso il ricorso per cassazione ai sensi dell’articolo 111 Cost., comma 7;
– l’esercizio della responsabilita’ genitoriale ben puo’ essere regolato attraverso la sua parziale o totale compromissione o comunque risentirne e, comunque, anche in materia di affidamento dei figli i provvedimenti sono assunti nel loro esclusivo interesse morale e materiale e sono sottratti alla disponibilita’ delle parti e al rispetto del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, essendo volti a soddisfare esigenze pubblicistiche;
– nell’esegesi dell’articolo 38 disp. att. c.c., quale riformulato dalla L. n. 219 del 2012, articolo 3, comma 1, la stessa sentenza potrebbe contenere, in relazione alla medesima materia, statuizioni assunte ai sensi degli articoli 337 bis c.c. e segg., ed altre assunte ai sensi degli articoli 330 e 333 c.c., con evidente incongruita’ del sistema, ove si ritenesse di continuare ad operare una distinzione nell’ambito di esse attribuendo solo alle prime e non anche alle seconde, attitudine al giudicato rebus sic stantibus e se ne differenziasse, di conseguenza, il regime impugnatorio;
– tale aporia si risolve riconoscendo alle statuizioni de potestate il carattere della stabilita’ e la disposizione di cui all’articolo 742 c.p.c., va interpretata riconoscendo la possibilita’ di operare modifiche e revoche limitatamente alla valutazione di vizi di merito o di legittimita’ sopravvenuti, con esclusione di una rinnovata valutazione di circostanze o fatti preesistenti.
– i provvedimenti ablativi o limitativi della responsabilita’ genitoriale incidono su diritti di natura personalissima e di rango costituzionale e tenuto conto del potenziale grado di incisivita’ degli effetti che possono prodursi medio tempore nell’ambito delle relazioni familiari sui diritti dei soggetti implicati e sulla vita del minore costituisce un vulnus del diritto di difesa non consentire il controllo della Corte, ritenendoli non decisori e definitivi.
3.2 Si e’, quindi, affermato che i provvedimenti cosiddetti de potestate, che attengono alla compressione della titolarita’ della responsabilita’ genitoriale, ovvero i provvedimenti di decadenza limitativi di cui agli articoli 330 e 333 c.c., hanno l’attitudine al giudicato rebus sic stantibus, in quanto non revocabili o modificabili salva la sopravvenienza di fatti nuovi, con la conseguente ammissibilita’ del ricorso per Cassazione ai sensi dell’articolo 111 Cost., comma 7.
Nello specifico, le Sezioni Unite, non mancando di affrontare, seppure indirettamente, la questione della natura dei procedimenti camerali ex articoli 737 c.p.c. e segg., specificamente previsti anche per la trattazione di controversie aventi ad oggetto diritti e status, hanno messo in evidenza che i provvedimenti conclusivi di tali procedimenti dirimono conflitti tra posizioni giuridiche soggettive diverse e, per cio’, sono caratterizzati da una forte esigenza di contraddittorio; sono provvedimenti assunti nell’interesse esclusivo del minore e sottratti alla disponibilita’ delle parti per le forti esigenze pubblicistiche agli stessi sottese, sono dotati di “stabilita’” rebus sic stantibus e hanno carattere “decisorio”.
Gia’ le Sezioni Unite, con la sentenza 19 giugno 1996, n. 5629, intervenuta dopo la sentenza della Corte Costituzionale 27 giugno 1975, n. 202 (che aveva affermato la legittimita’ costituzionale dei procedimenti camerali su diritti, rilevando che il processo ordinario di cognizione e la cognizione piena non erano costituzionalizzati), ha evidenziato che l’interpretazione giurisprudenziale prevalente aveva finito con il coniugare giurisdizione con volontaria giurisdizione, contemperando gli interventi legislativi in favore del rito camerale, a tutela delle innegabili esigenze di celerita’, snellezza e concentrazione con l’inderogabile necessita’ della tutela giurisdizionale dei diritti e che la crisi del processo ordinario di cognizione e le peculiarita’ di alcune controversie (separazione, adozione, divorzio, filiazione, procedure concorsuali), avevano fatto si’ che il legislatore piu’ che soffermarsi sui dati strutturali del procedimento che ne regolavano lo svolgimento formale, si era preoccupato di sottrarre questi processi alle lungaggini e alle disfunzioni dell’ordinario giudizio di cognizione per inserirli tra i “procedimenti a contenuto oggettivo”, caratterizzati dal rilievo riconosciuto ai poteri del giudice.
Nel contesto, poi, caratterizzato dall’articolo 111 Cost., come modificato dalla L. Cost. 23 novembre 1999, n. 2, articolo 1, che prevede che “la giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge” (comma 1) e che “ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parita’, davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata” (comma 2), la Corte Costituzionale e’ nuovamente intervenuta sulla questione di legittimita’ costituzionale del procedimento camerale rispetto al novellato articolo 111 Cost., confermando la legittimita’ di una interpretazione adeguatrice delle norme processuali interessate dal giudizio di costituzionalita’ (Corte Costituzionale, 16 gennaio 2002, n. 1), a cui hanno fatto seguito numerose pronunce di questa Corte sulla disciplina dettata dagli articoli 737 c.p.c. e segg., con specifico riferimento agli interessi dei minori e della famiglia e alla materia fallimentare, riguardanti l’instaurazione del contraddittorio, la difesa tecnica, l’audizione degli interessati; le impugnazioni e l’immodificabilita’ della decisione assicurata dal giudicato correlata all’articolo 111 Cost., comma 7.
3.3 Cio’ posto, questa Corte e’ chiamata a valutare se anche nei provvedimenti de potestate pronunciati “in via provvisoria”, sia configurabile una preclusione da cosa giudicata, sia pure rebus sic stantibus, e se, di conseguenza, nei loro confronti sia ammesso il ricorso per cassazione ai sensi dell’articolo 111 Cost., comma 7.
3.4 Ai fini della trattazione della esposta questione si impongono alcune considerazioni preliminari sul giudicato, istituto giuridico che costituisce una delle principali espressioni del valore della certezza del diritto (Cass. 13 novembre 2013, n. 25508).
Secondo la dottrina piu’ autorevole la cosa giudicata, che non puo’ prescindere dalla presenza nel processo di specifiche garanzie formali, da un lato si riferisce all’accertamento contenuto nella sentenza che abbia acquisito l’autorita’ della cosa giudicata formale, in quanto non piu’ soggetta ai mezzi ordinari di impugnazione; dall’altro si realizza in un preciso vincolo giuridico, in forza del quale l’accertamento e la tutela delle situazioni giuridiche soggettive fa stato a ogni effetto tra le parti, i loro eredi ed aventi causa.
Ne consegue che mentre il giudicato formale attiene all’irrevocabilita’ della sentenza, il giudicato sostanziale riguarda specificamente il diritto tutelato e la stabilita’ del rapporto giuridico deciso.
Ora, con specifico riferimento ai provvedimenti suscettibili di acquisire l’autorita’ di giudicato sostanziale disciplinato dall’articolo 2909 c.c., collocato a ragione nel titolo relativo alla “Tutela giurisdizionale dei diritti”, vengono in rilievo innanzi tutto i provvedimenti conclusivi del giudizio, perche’ provvedimenti che affermano o negano il diritto fatto valere con la domanda e che realizzano il fine peculiare del processo che e’ quello della risposta alla specifica domanda giudiziale formulata dalla parte che agisce.
Questi provvedimenti, poi, diventano immodificabili una volta che siano esauriti i mezzi di impugnazione predisposti dall’ordinamento.
Il giudicato interno, inoltre, non si determina sul fatto, ma su una statuizione minima della sentenza, costituita dalla sequenza fatto, norma ed effetto, suscettibile di acquisire autonoma efficacia decisoria nell’ambito della controversia (Cass., 17 aprile 2019, n. 10760).
Non si forma, invece, su enunciazioni puramente incidentali, nonche’ su considerazioni prive di relazione causale con quanto abbia formato oggetto della decisione, le quali, appunto perche’ mancanti di collegamento con il contenuto del dispositivo, non hanno efficacia decisoria e non possono pregiudicare i diritti delle parti (Cass., 31 maggio 2006, n. 13003).
Per converso, non hanno attitudine ad acquistare autorita’ di cosa giudicata, quanto meno rebus sic stantibus, i provvedimenti provvisori per un duplice profilo:
innanzi tutto perche’ la provvisorieta’ non li fa sopravvivere al normale esito finale del procedimento;
in secondo luogo perche’ in quanto provvisori non stabiliscono alcuna disciplina definitiva in ordine al rapporto sostanziale dedotto in giudizio.
Inoltre, i provvedimenti provvisori, non contenendo un accertamento vincolante per il futuro, non impediscono che la stessa situazione giuridica soggettiva venga esaminata nuovamente e sulla base degli stessi elementi.
3.5 Anche secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte di cassazione, il provvedimento giurisdizionale avverso il quale e’ sempre ammesso il ricorso in Cassazione, sia esso sentenza, ordinanza o decreto, va interpretato in senso sostanziale come provvedimento che abbia i caratteri della decisorieta’ e della definitivita’, ovvero che pronunci irrevocabilmente e senza possibilita’ di impugnazioni su diritti soggettivi (Cass., 22 novembre 2016, n. 23763; Cass., 20 aprile 2018, n. 9830).
Nello specifico e’ stato evidenziato che un provvedimento assume carattere decisorio quando pronuncia o, comunque, incide con efficacia di giudicato su diritti soggettivi, e riveste la connotazione della definitivita’ in quanto non altrimenti modificabile, con la conseguenza che ogni provvedimento giudiziario che abbia i caratteri della decisorieta’ e della definitivita’, nei termini sopra esposti puo’ essere oggetto di ricorso ai sensi dell’articolo 111 Cost.” (Cass., Sez. U., 2 febbraio 2016, n. 1914; Cass. 25 ottobre 2016, n. 21522).
Pure di recente, questa Corte ha individuato i requisiti richiesti ai fini del ricorso straordinario nella decisorieta’ e nella definitivita’ dei provvedimenti: decisorieta’, nel senso che incidano su diritti o status; definitivita’, in quanto l’accertamento giudiziale e l’attribuzione dei beni della vita non possono piu’ essere rimessi in discussione, o, piu’ in generale, quando manchi un rimedio impugnatorio e il provvedimento non sia modificabile e revocabile ad opera dello stesso giudice che lo ha emesso (Cass., 11 settembre 2018, n. 22122).
Con riguardo specifico ai provvedimenti che dispongono misure cautelari e provvisorie, la Corte ha evidenziato che il provvedimento che costituisce misura cautelare e provvisoria, pur coinvolgendo diritti soggettivi, non statuisce su di essi a definizione di una controversia, ne’ ha attitudine ad acquistare autorita’ di giudicato sostanziale, con la conseguente inimpugnabilita’ con ricorso per cassazione ex articolo 111 Cost.; parimenti, in relazione ai provvedimenti resi in sede di reclamo cautelare ex articolo 669 terdecies c.p.c., ha precisato che sono destinati, al pari dei provvedimenti cautelari oggetto di reclamo, a perdere efficacia e vigore a seguito della decisione di merito ed inidonei a produrre effetti di diritto sostanziale e processuale con autorita’ di giudicato (Cass., Sez. U., 24 gennaio 1985, n. 824; Cass., Sez. U., 2 aprile 1998, n. 3380; Cass., 27 marzo 1999, n. 2942; Cass., 17 maggio 2000, n. 6398; Cass., 2 febbraio 2012, n. 1518; Cass., 18 giugno 2013, n. 15263).
3.6 Il principio, quindi, che se ne ricava e’ che in tanto si puo’ parlare di attitudine al giudicato rebus sic stantibus in quando ci si trova in presenza di provvedimenti decisori e definitivi.
E’ un principio che il Collegio condivide e che deve considerarsi applicabile anche alla fattispecie in esame, con la necessaria considerazione che nel caso in esame il provvedimento emesso dal Tribunale per i minorenni di Torino e confermato dalla Corte di appello con il decreto in questa sede impugnata, non riveste i suddetti requisiti: non ha carattere decisorio, in quanto non ha l’attitudine a incidere su diritti soggettivi con efficacia di giudicato rebus sic stantibus, essendo stato adottato formalmente e sostanzialmente a titolo provvisorio, e non e’ definitivo, non essendo stato emesso a conclusione del procedimento e potendo essere revocato, modificato o riformato dallo stesso giudice che lo ha emesso anche in assenza di nuovi elementi sopravvenuti.
Nello specifico, il decreto del Tribunale per i Minorenni di Torino del 17 luglio 2018, ha autorizzato, in attesa dell’istruttoria pure disposta ai fini della decisione sul ricorso proposto dal P.M. ai sensi dell’articolo 330 c.c., i servizi sociali a sospendere gli incontri madre/figlio, sino a quando la madre non avesse instaurato un rapporto di effettiva collaborazione con il CSM e con la NPI, volto alla comprensione del suo ruolo, facendo contestualmente divieto alla madre di frequentare ed avvicinarsi ai luoghi frequentati dal figlio e delegando altresi’ la Dott.ssa (OMISSIS) per l’attivita’ istruttoria.
Non puo’ dirsi, dunque, che l’atto giurisdizionale in esame rivesta autonoma valenza di provvedimento decisorio rebus sic stantibus in quanto e’ finalizzato ad essere superato, aperta la discussione del merito, con l’adozione del provvedimento definitivo.
3.7 In conclusione, deve negarsi carattere di decisorieta’ e di definitivita’ al provvedimento assunto “in via provvisoria”, sia perche’ tale decreto non ha l’attitudine a incidere su diritti soggettivi con efficacia di giudicato rebus sic stantibus perche’ e’ un provvedimento che non contiene un accertamento di merito sull’esistenza dei presupposti della decadenza dalla potesta’ genitoriale, provvedimento cui e’ specificamente finalizzato il procedimento in esame; sia perche’ non e’ stato emesso a conclusione del procedimento e potendo essere revocato, modificato o riformato dallo stesso giudice che lo ha emesso anche in assenza di nuovi elementi sopravvenuti.
E cio’ diversamente dal decreto con il quale si dispone la decadenza o la limitazione della responsabilita’ genitoriale, che, come affermato dalla richiamata sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte, e’ emesso all’esito di un procedimento – che si svolge con la presenza di parti processuali in conflitto tra loro – e che non e’ ne’ revocabile, ne’ modificabile, se non per la sopravvenienza di fatti nuovi; che ha attitudine al cd. giudicato rebus sic stantibus ed e’, quindi, senz’altro impugnabile con il ricorso per cassazione che va, di conseguenza, ritenuto pienamente ammissibile.
4. Il ricorso va, conseguentemente, dichiarato inammissibile.
Nulla sulle spese non avendo la parte controricorrente svolto attivita’ difensiva.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Dispone che ai sensi del Decreto Legislativo n. 198 del 2003, articolo 52, siano omessi le generalita’ e gli altri dati identificativi in caso di diffusione del presente provvedimento.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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