Corte di Cassazione, sezione prima civile, Ordinanza 13 febbraio 2019, n. 4246.

La massima estrapolata:

L’audizione dei minori, gia’ prevista nell’articolo 12 Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, e’ divenuta un adempimento necessario nelle procedure giudiziarie che li riguardino e in particolare in quelle relative al loro affidamento ai genitori, ai sensi dell’articolo 6 Convenzione di Strasburgo 25 gennaio 1996, ratificata con la L. n. 77 del 2003, nonche’ dell’articolo 315-bis c.c. (introdotto dalla L. n. 219 del 2012) e degli articoli 336-bis e 337-octies c.c. (inseriti dal Decreto Legislativo n. 154 del 2013, che ha altresi’ abrogato l’articolo 155-sexies c.c.). Ne consegue che l’ascolto del minore di almeno dodici anni e anche di eta’ minore ove capace di discernimento, costituisce una modalita’, tra le piu’ rilevanti, di riconoscimento del suo diritto fondamentale ad essere informato e ad esprimere le proprie opinioni nei procedimenti che lo riguardano, nonche’ elemento di primaria importanza nella valutazione del suo interesse”.
Nella fattispecie tuttavia trattandosi di un minore di eta’ inferiore a sei anni appare motivata e ragionevole la decisione del giudice di merito di ometterne l’ascolto come correttamente motivato nella sentenza che ha ritenuto, in cagione dell’eta’, che la minore non potesse discernere in ordine alla materia trattata quale fosse il proprio intendimento

Ordinanza 13 febbraio 2019, n. 4246

Data udienza 3 dicembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente

Dott. GENOVESE F. Antonio – Consigliere

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso nr. 10827/2018 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS) presso lo studio dell’Avv.to (OMISSIS) e rappresentato e difeso dall’Avv.to (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) in qualita’ di esercente la potesta’ genitoriale sulla minore (OMISSIS) elettivamente domiciliata in (OMISSIS) presso lo studio dell’Avv.to (OMISSIS) e rappresentato e difeso dall’Avv.to (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al ricorso;
– controricorrente –
CURATORE SPECIALE della minore (OMISSIS);
PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA presso la CORTE DI APPELLO DELL’AQUILA;
avverso l’ordinanza nr. 68/2018 della CORTE DI APPELLO DI L’AQUILA in data 5/02/2018;
udita la relazione del Consigliere, Dott. Marina Meloni svolta nella camera di consiglio della prima sezione civile in data 3/12/2018;
lette le conclusioni scritte del P.G. in persona del dott. De Augustinis U., che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilita’ del ricorso ed in subordine il rigetto

FATTI DI CAUSA

La Corte di Appello di L’Aquila con ordinanza in data 5/2/2018, ha confermato il provvedimento pronunciato dal Tribunale di L’Aquila favorevole alla istanza avanzata da (OMISSIS) di attribuire a (OMISSIS), figlia sua e di (OMISSIS) il cognome paterno a seguito della dichiarazione giudiziale di paternita’ attribuita a (OMISSIS) con sentenza passata in giudicato.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso in cassazione (OMISSIS) affidato a sei motivi. (OMISSIS) ha depositato controricorso.
Il P.G. ha depositato conclusioni scritte chiedendo dichiararsi l’inammissibilita’ del ricorso ed in subordine il rigetto.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 99 e 125 c.p.c. in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il ricorso e’ stato introdotto con domanda al Giudice Tutelare incompetente.
Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente lamenta violazione degli articoli 737 e 738 c.p.c.per essere stato il procedimento trattato dal Presidente del Tribunale invece che dal Collegio.
Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente lamenta violazione degli artt 70 e 71 c.p.c. per la mancata partecipazione del Pubblico Ministero al giudizio.
I tre motivi di ricorso sono infondati e devono essere respinti. Infatti, come correttamente dichiarato dal Giudice di merito, la mera intestazione del ricorso al Giudice Tutelare non comporta alcuna nullita’ sia perche’, come afferma la Corte di Appello, nelle conclusioni la ricorrente ha poi esattamente investito il Tribunale dei Minorenni competente, sia perche’ l’istanza presentata e’ stata effettivamente decisa ed accolta dal Tribunale competente in composizione collegiale nel pieno rispetto del contraddittorio. Del pari infondata e’ la censura relativa alla trattazione del procedimento da parte del solo Presidente, davanti al quale sono state solo sentite le parti, in quanto, al contrario, risulta poi dalla sentenza impugnata che il provvedimento e’ stato regolarmente emesso dall’intero Collegio.
Infine per quanto riguarda il P.M. occorre osservare che il predetto era stato regolarmente posto in condizione di svolgere l’attivita’ in giudizio del quale aveva avuto regolare comunicazione. Infatti per l’osservanza delle norme che prevedono l’intervento obbligatorio del P.M. nel processo civile e’ sufficiente che gli atti siano comunicati all’ufficio del P.M., per consentirgli di intervenire nel giudizio, senza che rilevi, o possa in alcun modo essere oggetto di censura o di nullita’ processuale, il modo dell’intervento di tale organo e l’uso fatto del potere di intervento a lui attribuito, trattandosi di modalita’ rimesse alla sua diligenza. (Sez. 1, Sentenza n. 1345 del 21/01/2005).
Con il quarto motivo di ricorso il ricorrente lamenta violazione dell’articolo 324 c.p.c. in quanto la decisione adottata in primo grado e confermata in appello era in contrasto con il giudicato formatosi a seguito della sentenza della Corte di Cassazione 25735/2016 nella quale, dopo aver accertato la paternita’, nulla era stato previsto in merito al cambio di cognome della minore. Il motivo e’ infondato in quanto risulta dalla sentenza impugnata che nel giudizio sopra indicato nessuna domanda era stata avanzata in ordine al cambio di cognome della minore e pertanto e’ agevole osservare che sul punto non si e’ formato alcun giudicato.
Con il quinto motivo di ricorso il ricorrente lamenta violazione dell’articolo 262 c.c. e convenzioni di New York e di Strasburgo in quanto la decisione e’ stata adottata in primo grado e confermata in appello senza audizione della minore.
A tal riguardo questa Corte ha avuto modo di precisare che (sez. 1, Sentenza n. 6129 del 26/03/2015) “L’audizione dei minori, gia’ prevista nell’articolo 12 Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, e’ divenuta un adempimento necessario nelle procedure giudiziarie che li riguardino e in particolare in quelle relative al loro affidamento ai genitori, ai sensi dell’articolo 6 Convenzione di Strasburgo 25 gennaio 1996, ratificata con la L. n. 77 del 2003, nonche’ dell’articolo 315-bis c.c. (introdotto dalla L. n. 219 del 2012) e degli articoli 336-bis e 337-octies c.c. (inseriti dal Decreto Legislativo n. 154 del 2013, che ha altresi’ abrogato l’articolo 155-sexies c.c.). Ne consegue che l’ascolto del minore di almeno dodici anni e anche di eta’ minore ove capace di discernimento, costituisce una modalita’, tra le piu’ rilevanti, di riconoscimento del suo diritto fondamentale ad essere informato e ad esprimere le proprie opinioni nei procedimenti che lo riguardano, nonche’ elemento di primaria importanza nella valutazione del suo interesse”.
Nella fattispecie tuttavia trattandosi di un minore di eta’ inferiore a sei anni appare motivata e ragionevole la decisione del giudice di merito di ometterne l’ascolto come correttamente motivato nella sentenza che ha ritenuto, in cagione dell’eta’, che la minore non potesse discernere in ordine alla materia trattata quale fosse il proprio intendimento.
Deve infine essere rigettato il sesto motivo di ricorso in quanto correttamente sono state liquidate le spese di giudizio anche nei confronti della parte vittoriosa (OMISSIS) madre della minore presente in giudizio. Infatti la condanna alle spese in favore di quest’ultima e’ legittima in quanto il procedimento in esame e’ sostanzialmente contenzioso e la madre della minore (OMISSIS) agisce come genitore nell’esercizio della potesta’ genitoriale a differenza del curatore che rappresenta la minore in giudizio ed agisce in sua rappresentanza a presidio del conflitto di interessi.
Il ricorso e’ pertanto infondato e deve essere respinto in ordine a tutti i motivi con condanna alle spese del giudizio di legittimita’.
Non ricorrono i presupposti per l’applicazione del doppio contributo di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, perche’ il processo risulta esente.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso, condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’ nei confronti del controricorrente che si liquidano in Euro 5.200 complessivamente di cui Euro 200,00 per spese oltre iva e cap come per legge.

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