Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 376.
Assistenza prestata dall’avvocato di un solo soggetto contro più soggetti e facoltà del giudice di aumento del compenso
La facoltà riconosciuta al giudice dall’articolo 4 del Dm n. 55 del 2014 di aumentare il compenso anche nel caso in cui l’avvocato assista un solo soggetto contro più soggetti impone comunque a quest’ultimo l’onere di motivare, tanto opti per riconoscere l’aumento, quanto opti invece negarlo (Nel caso di specie, accogliendo il ricorso, la Suprema Corte, richiamato l’enunciato principio, ha cassato con rinvio l’ordinanza impugnata in quanto il giudice del merito, pur in presenza di tre convenuti nei confronti dei quali erano stati promossi i procedimenti, – il che, ipoteticamente, avrebbe potuto comportare un aumento fino al quaranta per cento del compenso da riconoscere al ricorrente quale legale della parte vittoriosa – aveva omesso di spiegare i motivi del mancato esercizio della relativa facoltà).
Ordinanza|| n. 376. Assistenza prestata dall’avvocato di un solo soggetto contro più soggetti e facoltà del giudice di aumento del compenso
Data udienza 19 dicembre 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Procedimento civile – Difensori – Onorari – Assistenza prestata dall’avvocato di un solo soggetto contro più soggetti – Facoltà del giudice di aumento del compenso – Onere di motivazione – Sussistenza. (Dm, n. 55/2014, articolo 4; Cpc, articolo 132)Procedimento civile – Difensori – Onorari – Assistenza prestata dall’avvocato di un solo soggetto contro più soggetti – Facoltà del giudice di aumento del compenso – Onere di motivazione – Sussistenza. (Dm, n. 55/2014, articolo 4; Cpc, articolo 132)
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SECONDA SEZIONE CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati
Dott. DI VIRGILIO ROSA MARIA Presidente
Dott. PAPA PATRIZIA Consigliere
Dott. PICARO VINCENZO Consigliere
Dott. GIANNACCARI ROSSANA Consigliere
Dott. GUIDA RICCARDO Consigliere – Rel.
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso n. 16018/2018 proposto da:
Fi.Vi., domiciliato ex lege in Roma, Piazza Cavour presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato Vi.Fi. (Omissis).
– Ricorrente –
Contro
Ro.An.
– Intimato –
Avverso l’ordinanza del Tribunale di Salerno n. 7794/2017 depositata il 15/03/2018 .
Udita la relazione svolta dal Consigliere Riccardo Guida nella camera di consiglio del 19 dicembre 2023.
Assistenza prestata dall’avvocato di un solo soggetto contro più soggetti e facoltà del giudice di aumento del compenso
Rilevato che:
1. Ro.An. ha proposto opposizione davanti al Tribunale di Salerno, nelle forme dell’art. 14, D.Lgs. n. 150 del 2011, contro il decreto ingiuntivo per Euro 36.202,46, oltre accessori, ottenuto dall’avv. Fi.Vi. a titolo di compenso per l’attività prestata nell’ambito di quattro giudizi (procedimento per atp; causa ordinaria avente ad oggetto domanda di condanna all’eliminazione di infiltrazioni e al risarcimento del danno; ricorso ex art. 700, cod. proc. civ., in corso di causa; ricorso ex art. 669-duodecies, cod. proc. civ.);
2. il Tribunale di Salerno, in composizione collegiale, nel contraddittorio dell’avv. Fi.Vi., in parziale accoglimento dell’opposizione, ha revocato il decreto ingiuntivo e ha condannato l’opponente a pagare al difensore Euro 2.644,12, per esborsi, e Euro 9.429, per competenze legali (oltre accessori);
3. il primo giudice, per quanto qui rileva, ha fondato la decisione sui seguenti argomenti:
(i) è provato attraverso la documentazione in atti che l’attività svolta dal patrocinatore ha riguardato quattro giudizi: il procedimento per atp, definito nel 2006/2007; il giudizio ordinario relativo alla domanda proposta da Ro.An. contro il condominio di via Me. n. 49 e altri due convenuti di condanna all’eliminazione delle cause delle infiltrazioni subite dall’immobile dell’attore; il ricorso in corso di causa ex art. 700, cod. proc. civ., introdotto in data 10/10/2008, per ottenere una tutela anticipata, che veniva accolto e che portava al ricorso ex art. 669-duodecies, cod. proc. civ., depositato il 10/02/2009, per l’attuazione del provvedimento cautelare;
(ii) l’iter processuale si concludeva nel 2015 e il giudice accoglieva la domanda e riconosceva all’attore la somma di Euro 9.311,35, a titolo di risarcimento dei danni;
(iii) è fondato il motivo di opposizione concernente la contestazione del quantum della pretesa del legale. Posto che, ai fini della liquidazione dell’onorario, ai sensi dell’art. 5 del d.m. 55 del 2014, il valore della causa si determina in base al decisum e non al disputatum, considerato che l’obbligazione di facere è quantificabile in Euro 6.000 (come stimato dal c.t.u.) e che a titolo risarcitorio è stata liquidata la somma di Euro 9.311,35, il valore della controversia da assumere come parametro per la liquidazione del compenso è quello ricompreso tra Euro 5.200 e Euro 26.000. Le tariffe da applicare sono quelle di cui al d.m. 127 del 2004, quanto al procedimento per atp conclusosi nel 2007, e quelle di cui al d.m. 55 del 2014 per gli altri tre giudizi;
(iv) conseguentemente: in relazione al procedimento per atp vanno riconosciuti al professionista Euro 400 per onorari e Euro 396 per diritti; inoltre, al difensore vanno liquidati, per competenze legali, Euro 4.835 per il giudizio di cognizione, Euro 1.899 per il giudizio cautelare, e Euro 1.899 per la fase di attuazione, per un totale di Euro 9.429, ai quali vanno aggiunte le spese vive, pari a Euro 2.466,12, oltre accessori, il che comporta la revoca del decreto ingiuntivo e la condanna dell’opponente al pagamento delle somme così liquidate;
4. per la cassazione dell’ordinanza del Tribunale di Salerno, ricorre l’avv. Fi.Vi., sulla base di due motivi; Ro.An. è rimasto intimato;
Considerato che:
1. il primo motivo di ricorso – ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., con riferimento all’art. 111, Cost., violazione dell’art. 4 comma 1 e 5 comma 2 del d.m. n. 55 del 2014 – denuncia l’errore di diritto del Tribunale di Salerno che ha ritenuto che il compenso dell’avvocato debba essere liquidato in base al valore rappresentato dalla somma attribuita dal giudice alla parte vittoriosa anziché dalla somma quella domandata. Sostiene che, al contrario, il compenso spettante al difensore doveva essere determinato in ragione della domanda (c.d. disputatum) e non in ragione di quanto liquidato dal giudice (c.d. decisum) e che, nella specie, la causa era di valore indeterminabile perché in citazione non era stata quantificata la somma richiesta a titolo di risarcimento dei danni. Conclude che, in applicazione di questo principio, il giudice di merito, considerato il valore della causa indeterminabile (complessità bassa), prendendo a parametro i valori tariffari medi e minimi (rispettivamente per il giudizio di cognizione e per gli altri procedimenti), avrebbe dovuto liquidare: Euro 7.254, per il giudizio di cognizione; Euro 3.146, per il giudizio ex art. 700, cod. proc. civ.; Euro 3.146, per il giudizio ex art. 669-duodecies, cod. proc. civ.; Euro 469, per diritti, Euro 770, per onorari, per il procedimento per atp, applicati a tale giudizio i valori minimi delle tariffe del 2004;
1.1. il motivo è fondato;
la questione sottoposta all’esame di questa Corte è se, ai fini della liquidazione dei compensi a favore dell’avvocato, si debba fare riferimento al valore della controversia secondo la domanda giudiziale (c.d. disputatum) o a quello determinato dal provvedimento del giudice (c.d. decisum).
L’art. 5 (“Determinazione del valore della controversia”), comma 2, del d.m. n. 55 del 2014, recante il regolamento sulla determinazione dei parametri per la liquidazione dei compensi per la professione forense, nel testo ratione temporis applicabile, in relazione alla liquidazione del compenso per tre delle quattro attività svolte dal ricorrente (giudizio di cognizione, procedimento ex art. 700, cod. proc. civ., procedimento di attuazione), dispone che “Nella liquidazione dei compensi a carico del cliente si ha riguardo al valore corrispondente all’entità della domanda. Si ha riguardo al valore effettivo della controversia quando risulta manifestamente diverso da quello presunto anche in relazione agli interessi perseguiti dalle parti”.
Per quanto riguarda la liquidazione del compenso per il procedimento per atp, analoga disposizione è quella del l’art. 6 (“Determinazione del valore della controversia”) del d.m. n. 127 del 2004, recante la tariffa per gli onorari (diritti e indennità) spettanti agli avvocati per le prestazioni giudiziali e stragiudiziale, il cui comma 2, prevede che “Nella liquidazione degli onorari a carico del cliente, può aversi riguardo al valore effettivo della controversia, quando esso risulti manifestamente diverso da quello presunto a norma del codice di procedura civile”. I commi 5 e 6 del medesimo articolo indicano i criteri per la liquidazione degli onorari e dei diritti in relazione alle cause di valore indeterminabile.
In altri termini, per le norme sopra richiamate (applicabili ratione temporis ai fini della liquidazione dei compensi per l’attività giudiziale svolta dall’avv. Fi.Vi.), si ha riguardo al valore corrispondente all’entità della domanda oppure al valore effettivo della controversia quando risulti manifestamente diverso da quello presunto anche in relazione agli interessi perseguiti dalle parti.
La giurisprudenza di questa Corte ha ripetutamente affermato che, in tema di compensi professionali forensi da liquidare a carico del cliente, deve farsi riferimento al valore effettivo della controversia quando esso risulti manifestamente diverso da quello derivante dall’applicazione degli articoli 10 e seguenti del codice di procedura civile, e tale criterio impone al giudice di merito di verificare in concreto l’attività difensiva che il legale ha dovuto apprestare in relazione alle peculiarità del caso specifico, in modo da stabilire se, al fine di determinare le competenze dovute al legale, l’importo oggetto della domanda possa costituire un parametro di riferimento idoneo ovvero se lo stesso si riveli del tutto inadeguato rispetto all’effettivo valore della controversia, come nel caso in cui il legale abbia esagerato in modo assolutamente ingiustificato la misura della pretesa azionata, in evidente sproporzione rispetto a quanto poi attribuito alla parte assistita, perché in tali casi il compenso preteso alla stregua della relativa tariffa non può essere considerato corrispettivo della prestazione espletata, stante la sua obiettiva inadeguatezza rispetto alla attività svolta (Cass. Sez. 2, 13/03/2023, n. 7224; Cass. Sez. 2, 23/11/2022, n. 34523; Cass. Sez. 2, 12/07/2018, n. 18507; Cass. Sez. 2, 31/05/2010, n. 13229; Cass. Sez. 2, 08/02/2012, n. 1805);
1.2. nella specie, il giudice di merito non si è attenuto a questo principio di diritto ed ha perentoriamente accordato preferenza al principio del decisum senza compiere la necessaria preventiva indagine sull’effettiva attività svolta dal legale che avrebbe dovuto indurre il Tribunale a adottare il criterio del disputatum o quello del decisum a seconda che la pretesa azionata dall’avvocato si fosse rivelata congrua oppure del tutto esagerata e sproporzionata rispetto a quanto poi attribuito in giudizio al suo assistito.
Verifica – quella che il Tribunale di Salerno non ha compiuto e che dovrà essere effettuata dal giudice del rinvio – che appare indispensabile alla luce del “principio generale di proporzionalità ed adeguatezza degli onorari di avvocato nell’opera professionale effettivamente prestata”, quale si desume dall’interpretazione sistematica delle disposizioni in tema di parametri per la liquidazione dei compensi degli avvocati (Cass. Sez. U., n. 19014/2007);
2. il secondo motivo – ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione dell’art. 4 comma 2 del d.m. n. 55 del 2014; ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., omissione della motivazione in violazione degli artt. 132, 133, cod. proc. civ., dell’art. 111, sesto comma, Cost. -, sull’assunto che le cause per le quali è chiesto il compenso professionale sono state svolte contro tre convenuti (il condominio di via Me. n. 49, a Salerno, Pe.Ca. e Lu.Ca. (l’ordinanza impugnata invece menziona, a pag. 3, “Lu.Le.”)), denuncia che il giudice di merito, senza spiegarne la ragione, ha omesso di riconoscere al ricorrente l’aumento del compenso, nella misura del 20 per cento, per ciascuna parte oltre la prima;
2.1. il motivo è fondato;
l’art. 4, comma 2, del d.m. n. 55 del 2014, dispone che “Quando in una causa l’avvocato assiste più soggetti aventi la stessa posizione processuale, il compenso unico può di regola essere aumentato per ogni soggetto oltre il primo nella misura del 20 per cento, fino a un massimo di dieci soggetti, e del 5 per cento per ogni soggetto oltre i primi dieci, fino a un massimo di venti. La disposizione di cui al periodo precedente si applica quando più cause vengono riunite, dal momento dell’avvenuta riunione e nel caso (ed è quello di specie) in cui l’avvocato assiste un solo soggetto contro più soggetti”.
È chiaro che il verbo “può” accorda al giudice la facoltà di procedere all’aumento del compenso e che, al contempo, gli impone l’onere di motivare sia che opti per riconoscere l’aumento sia in caso contrario (sull’interpretazione dell’art. 4, comma 2, del d.m. n. 55 del 2014, cfr. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 461 del 14/01/2020, Rv. 656861 -02).
Nel caso in esame la decisione del Tribunale di Salerno è viziata in quanto, pur in presenza di tre convenuti – il che, ipoteticamente, avrebbe potuto comportare un aumento fino al quaranta per cento del compenso da riconoscere all’avvocato della parte vittoriosa – ha omesso di spiegare i motivi del mancato esercizio della relativa facoltà;
3. in conclusione, accolto il primo e il secondo motivo, l’ordinanza è cassata, con rinvio al giudice a quo, anche per le spese del giudizio di legittimità;
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa l’ordinanza impugnata, e rinvia la causa al Tribunale di Salerno, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, in data 19 dicembre 2023.
Depositata in Cancelleria il 5 gennaio 2024.
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