Assegnazione in locazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica

Consiglio di Stato, Sezione seconda, Sentenza 23 ottobre 2020, n. 6427.

In materia di assegnazione in locazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica suscettibili di riscatto, al pari di una significativa parte della giurisprudenza civile, ha riconosciuto che la decadenza per fatti sopravvenuti dell’assegnazione in locazione, prima della cessione in proprietà, non trova ostacolo nel fatto che l’assegnatario locatore abbia presentato domanda di cessione in proprietà o nel ritardo nel perfezionamento della cessione, nonostante la legge (D.P.R. 30 dicembre 1972 n. 1035) non annoveri il venir meno, in corso di rapporto, del requisito della cosiddetta impossidenza immobiliare tra le cause di decadenza, annullamento o di revoca del provvedimento di assegnazione, né lo preveda come fattispecie di occupazione senza titolo dell’alloggio.

Sentenza 23 ottobre 2020, n. 6427

Data udienza 30 giugno 2020

Tag – parola chiave: Erp – Alloggi di edilizia residenziale – Assegnazione in locazione – Riscatto – Decadenza per fatti sopravvenuti dell’assegnazione in locazione – Conseguenze

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1419 del 2012, proposto dal sig. -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avv. Gi. Ba. Tr., con domicilio digitale presso il medesimo in assenza di elezione di domicilio fisico in Roma;
contro
Azienda Regionale Territoriale per l’Edilizia della provincia di Savona (A.R.T.E. Savona), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Ma. Fr. Do., presso il cui studio elettivamente domicilia in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria n. -OMISSIS-, resa tra le parti sul ricorso in riassunzione n. r.g.-OMISSIS-, proposto avverso il decreto n. -OMISSIS-marzo 2006 dell’Amministratore Unico della A.R.T.E. di Savona
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Azienda Regionale Territoriale per l’Edilizia della provincia di Savona;
Vista la sentenza parziale di questa Sezione del -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 30 giugno 2020, svoltasi con modalità telematica ai sensi del d.l. 17 marzo 2020, n. 18, convertito con l. 24 aprile 2020, n. 27, e del d.l. 30 aprile 2020, n. 28, convertito con l. 25 giugno 2020, n. 70, il Cons. Francesco Guarracino;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con atto di citazione innanzi al Tribunale di Savona, sede di staccata di (omissis), il sig. -OMISSIS-conveniva in giudizio l’Azienda Regionale Territoriale per l’Edilizia della provincia di Savona (A.R.T.E. Savona, già Istituto Autonomo per le Case Popolari della provincia di Savona) per ottenere, in via principale, la declaratoria di nullità ovvero l’annullamento del decreto n. -OMISSIS-marzo 2006 adottato dall’amministratore unico della predetta Azienda per annullare e/o revocare l’assegnazione in proprietà dell’alloggio sito in -OMISSIS-, disposta in favore del sig.-OMISSIS-con delibera del consiglio di amministrazione dello -OMISSIS-ed oggetto del contratto preliminare di vendita stipulato tra le parti con scrittura privata in data 30 aprile 1993.
Con sentenza n. -OMISSIS-, il Tribunale civile dichiarava il difetto di giurisdizione in favore del giudice amministrativo, sicché il sig.-OMISSIS-proponeva ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria, notificato in data 11-12 marzo 2010, per riassumere il giudizio.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (sezione seconda), con sentenza del -OMISSIS-, giudicava che “pur dinanzi all’infondatezza nel merito del gravame, appare a monte fondata l’eccezione di irricevibilità formulata da parte resistente in ordine alla tardività della riassunzione del giudizio, poiché, in mancanza di un termine fissato dal giudice dichiaratosi incompetente, la riassunzione della causa sarebbe dovuta avvenire nei sei mesi dalla comunicazione della sentenza (in base alla disciplina, ratione temporis, dell’art. 50 c.p.c.), e, pertanto, dichiarava il ricorso irricevibile.
La sentenza del T.A.R. è stata appellata dal sig.-OMISSIS-sostenendone l’erroneità e riproponendo, nel merito, le censure non esaminate in primo grado, segnatamente i motivi I, II, IV e V del ricorso in riassunzione (riprodotti alle pagine nn. 5-9 dell’atto di appello sub II A, II B, II C, II D), fatta eccezione per il terzo motivo sul preteso difetto di competenza dell’amministratore di A.R.T.E. Savona ad adottare l’atto impugnato, non ripresentato e quindi abbandonato.
Con sentenza non definitiva del -OMISSIS-, la Sezione, accogliendo in parte qua l’appello, ha riformato la statuizione di irricevibilità del ricorso di primo grado, ha disposto incombenti istruttori a carico di A.R.T.E. Savona e ha, infine, riservato alla sentenza definitiva ogni altra decisione in rito, in merito e sulle spese.
In esecuzione dell’ordine istruttorio l’Azienda ha rassegnato, con apposita memoria, i chiarimenti e i documenti richiesti.
In vista dell’udienza di discussione l’appellante ha prodotto memoria ed alla pubblica udienza del 30 giugno 2020 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. – Torna all’esame della Sezione il ricorso in appello proposto dal sig.-OMISSIS-contro la decisione in epigrafe, dopo l’esecuzione degli incombenti istruttori disposti con la sentenza non definitiva.
Si tratta di scrutinare, infine, i motivi del ricorso di primo grado che, non esaminati dal T.A.R., sono stati espressamente riproposti in appello.
2. – E’ utile prendere le mosse da una sintetica ricostruzione dei fatti, alla luce degli ulteriori documenti e chiarimenti acquisiti nel corso del giudizio.
2.1 – Con deliberazione n. -OMISSIS-(ad oggetto “Intervento di edilizia convenzionata – agevolata in -OMISSIS- – Approvazione Bozza Convenzione”) il Consiglio di amministrazione dell’allora Istituto Autonomo per le Case Popolari della Provincia di Savona, che aveva avuto assegnate in diritto di superficie dal Comune di (omissis) le aree necessarie per la costruzione dell’edificio in oggetto nel settore 3B del Piano di zona di via -OMISSIS- avendo constatato che i finanziamenti destinati alle nuove costruzioni per il Biennio V della legge agosto 1978, n. 457, erano esauriti e che quelli destinati alle nuove costruzioni per il Biennio VI e VII della stessa legge erano già impegnati per altri interventi, al dichiarato fine di non perdere l’assegnazione dell’area ravvisò la possibilità di realizzare 24 alloggi di edilizia convenzionata per conto di cooperative o terzi che avessero i requisiti per accedere ai finanziamenti agevolati e si risolse, quindi, ad approvare una bozza di convenzione col Comune di (omissis) per la realizzazione dell’intervento e a ricercare un soggetto attuatore che avesse i requisiti per l’accesso ai finanziamenti agevolati.
2.2 – Il 29 luglio 1991 lo I.A.C.P. stipulò, conseguentemente, col Comune di (omissis) la convenzione per la concessione del diritto di superficie sull’area allocata nel Piano di zona ex art. 35 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, di via -OMISSIS- settore 3B, per realizzazione di un programma edilizio finanziato consistente nella costruzione di un edificio di cinque piani abitabili destinato ad alloggi di edilizia economica e popolare.
2.3 – Ritenendo che l’assegnazione degli alloggi in questione non rientrasse nella sfera di applicazione delle previsioni della l.r. ligure 28 febbraio 1983, n. 6 (“Procedure, organi e competenze in materia di edilizia residenziale e norme per il controllo degli Istituti autonomi per le case popolari”), il cui Titolo V recava “Disposizioni per l’assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica”, siccome riferita all’assegnazione in locazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, il Consiglio di amministrazione dello I.A.C.P., nella seduta del 23 dicembre 1991, approvò il “Regolamento per l’assegnazione di alloggi di edilizia convenzionata (art. 36 legge 5/8/1978 n. 457 e successive modificazioni ed integrazioni)” ed il modello di “bando di concorso per assegnazione in proprietà di alloggi di edilizia convenzionata su aree concesse in diritto di superficie” (deliberazioni nn. -OMISSIS-) nonché, nella stessa seduta, l’indizione del bando di concorso per l’assegnazione degli alloggi in (omissis) (-OMISSIS-).
Il regolamento ed il bando-tipo furono successivamente rielaborati ed approvati in nuova stesura con le deliberazioni del Consiglio di amministrazione nn. -OMISSIS-, mentre con deliberazione n. -OMISSIS-di pari data si procedette ad indire il bando di concorso per l’assegnazione degli alloggi di edilizia convenzionata.
2.4 – Sempre nella seduta del 6 maggio 1992, il Consiglio di amministrazione – sulla premessa che, poiché gli I.A.C.P. non erano inclusi tra i soggetti destinati a ricevere i contributi regionali relativi al 5° e 6° Biennio per la realizzazione di alloggi di edilizia agevolata/convenzionata, era stato necessario ricercare sul libero mercato un istituto di credito fondiario disposto a finanziare l’intervento con un mutuo destinato ad essere, infine, frazionato e trasferito agli acquirenti degli alloggi – all’esito di apposito interpello individuava la banca mutuante nel -OMISSIS-.
2.5 – A seguito della pubblicazione del bando presentò domanda di partecipazione (-OMISSIS-) anche il sig.-OMISSIS-, il quale, essendosi collocato in graduatoria in posizione utile, ottenne l’assegnazione di un alloggio della tipologia richiesta -OMISSIS-sottoscrisse, unitamente al proprio coniuge, il contratto preliminare di compravendita, assumendo l’impegno di accollarsi, alla stipula del contratto definitivo, il mutuo contratto dallo I.A.C.P.
2.6. – Nonostante il sig.-OMISSIS-avesse ottenuto in data -OMISSIS-la consegna anticipata dell’immobile, il contratto definitivo di vendita non è mai stato stipulato, essendo stato, anzi, instaurato nel mese di novembre 2000 dal promissario acquirente un giudizio civile per ottenere una riduzione del prezzo pattuito per vizi, difetti o mancanza di qualità promesse del bene.
3. – E’ all’interno di questa cornice che si colloca la controversia tra il sig.-OMISSIS-e l’attuale A.R.T.E Savona portata all’esame del T.A.R., la quale trae origine dal fatto che l’ente, avendo accertato che, con atto notarile del -OMISSIS-del sig.-OMISSIS-aveva acquistato un appartamento in (omissis), nel medesimo bacino di utenza di quello assegnato e a sua volta adeguato alle esigenze del nucleo familiare dell’assegnatario, reputava fosse venuto meno il requisito della c.d. impossidenza e, con provvedimento dell’amministratore unico n. -OMISSIS-marzo 2006, decretava di “annullare e/o revocare” l’assegnazione in proprietà dell’alloggio disposta in favore del sig.-OMISSIS-.
Si tratta del provvedimento impugnato in primo grado, per l’annullamento del quale il sig.-OMISSIS-aveva articolato innanzi al T.A.R. cinque motivi di censura, dei quali solo quattro (il primo, il secondo, il quarto ed il quinto) riproposti in appello (pagg. 5 – 9).
Con questi quattro motivi l’appellante, dunque, torna a sostenere che:
(i) ai sensi dell’art. 26, comma 2, della legge regionale ligure n. 22 del 23 aprile 1982, il requisito soggettivo dell’impossidenza di altra idonea sistemazione abitativa, il cui venir meno avrebbe giustificato il provvedimento di revoca, doveva essere posseduto alla data di stipulazione del contatto preliminare di compravendita e tanto trovava conferma nelle previsioni dello stesso contratto preliminare stipulato in data 30 aprile 1993 dal sig.-OMISSIS-con lo I.A.C.P., acquistando perciò rilievo determinante il fatto che il contratto di compravendita di altro immobile concluso dalla sig.ra-OMISSIS-, coniuge del sig.-OMISSIS-, fosse di quasi dieci anni successivo;
(ii) il requisito dell’impossidenza non era, comunque, neppure venuto meno, perché la sig.ra-OMISSIS-, sebbene non legalmente separata, non era convivente col signor-OMISSIS-(circostanza questa non contestata) e, dunque, non faceva parte del suo nucleo familiare, dato che per l’art 25, comma 2, lett. b), della l.r. n. 22/1982 cit., unica applicabile al caso di specie, “si intende per nucleo familiare quello costituito dai coniugi e dai figli legittimi, naturali e riconosciuti e adottivi e degli affiliati, conviventi con l’assegnatario o l’acquirente”;
(iii) poiché nel parallelo giudizio civile A.R.T.E. non ha eccepito l’inefficacia o risoluzione del contratto preliminare, tale eccezione non potrebbe essere proposta nel prosieguo di quel giudizio, né, una volta che si sia concluso, la relativa pronuncia potrebbe essere messa in discussione facendo valere la ritenuta invalidità dell’assegnazione dell’alloggio
(iv) la sottoscrizione del contratto preliminare, con le clausole secondo cui i requisiti per l’assegnazione dovevano essere posseduti alla data di pubblicazione del bando ed al momento dell’assegnazione dell’alloggio, ha indotto a credere che le vicende successive all’assegnazione ed al preliminare fossero irrilevanti, facendo sì che si consolidasse un’aspettativa che non potrebbe essere sacrificata se non a fronte di un interesse pubblico superiore, che non esiste e neppure è adombrato.
4. – In via preliminare, occorre ricordare che anche a fronte di una sentenza di primo grado che, come nel caso in esame, si pronunci su questione di rito che logicamente presuppone l’esistenza della giurisdizione, l’eventuale difetto di giurisdizione deve essere fatto valere mediante autonomo motivo di appello (principale o incidentale), formandosi altrimenti il giudicato implicito sulla giurisdizione (C.d.S., sez. VI, 8 febbraio 2013, n. 703).
5. – Nel merito, i motivi di censura riproposti col ricorso d’appello, i quali delimitano l’oggetto della presente decisione, non sono fondati per le ragioni di seguito esposte.
6. – L’alloggio di cui si tratta fu realizzato nell’ambito di un intervento di edilizia convenzionata, stante il convenzionamento ex art. 35 della legge n. 865/71 esistente tra il Comune di (omissis) ed il soggetto (I.A.C.P.) che avrebbe dovuto realizzare gli alloggi di edilizia economica e popolare (supra § 2.2).
Dalla documentazione prodotta in giudizio non emerge, invece, che si fosse trattato anche di un intervento di edilizia agevolata, non risultando, anzitutto, assistito da finanziamento pubblico in conto capitale od in conto interessi (supra § 2.4).
7. – Nella memoria di chiarimenti resa in esecuzione dell’ordinanza istruttoria, l’ente sostiene che lo I.A.C.P. non poté che applicare le disposizioni vigenti in materia di edilizia residenziale pubblica “nella misura conferente e compatibile con la natura dell’operazione e della qualità di ente pubblico”.
Fatto sta che lo I.A.C.P. si era dotato, come detto, di uno specifico regolamento per l’assegnazione degli alloggi in questione, che, insieme al bando di concorso, veniva a costituire la lex specialis che disciplinava l’assegnazione.
Ambedue stabilivano che i requisiti richiesti per l’assegnazione, compreso quello del non essere proprietari, nel bacino di utenza, di altra abitazione adeguata al proprio nucleo familiare, dovessero essere posseduti alla data di pubblicazione del bando ed al momento dell’assegnazione dell’alloggio (art. 2, comma 2, del regolamento; art. 3, comma 2, del bando).
Tanto rispecchiava in parte quanto previsto dall’art. 26 della l.r. n. 22/1982, che nel testo allora vigente – ma con riferimento ai requisiti soggettivi dei beneficiari di edilizia agevolata (assegnatari ed acquirenti di alloggi realizzati con i contributi per l’edilizia agevolata convenzionata) – prevedeva che i requisiti soggettivi (dei soci delle cooperative di abitazione e degli acquirenti da imprese di costruzione) dovessero essere posseduti rispettivamente alla data di assegnazione ed alla data di stipulazione del contratto preliminare di compravendita.
Ciò non dimostra, tuttavia, la tesi dell’indifferenza del rapporto amministrativo alla vicende successive all’assegnazione dell’alloggio od alla stipulazione del preliminare.
8. – E’ principio immanente nel sistema, improntato alla finalità sociale di sovvenire ad esigenze abitative legate alla indisponibilità di un adeguato alloggio familiare e di un reddito adeguato per conseguire lo stesso fine, che il requisito dell’impossidenza di un altro alloggio idoneo deve permanere fino a quando non è stipulato il contratto di compravendita.
Al riguardo può richiamarsi la ratio decidendi delle sentenze del giudice amministrativo che, in materia di assegnazione in locazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica suscettibili di riscatto, al pari di una significativa parte della giurisprudenza civile, ha riconosciuto che la decadenza per fatti sopravvenuti dell’assegnazione in locazione, prima della cessione in proprietà, non trova ostacolo nel fatto che l’assegnatario locatore abbia presentato domanda di cessione in proprietà o nel ritardo nel perfezionamento della cessione, nonostante la legge (D.P.R. 30 dicembre 1972 n. 1035) non annoveri il venir meno, in corso di rapporto, del requisito della cosiddetta impossidenza immobiliare tra le cause di decadenza, annullamento o di revoca del provvedimento di assegnazione, né lo preveda come fattispecie di occupazione senza titolo dell’alloggio (C.d.S., Sez. IV, 8 maggio 2003, n. 2429; sez. IV, 27 marzo 2001, n. 1784; sez. IV, 12 maggio 1997, n. 501; Ad. Plen. 8 ottobre 1996, n. 22; con riferimento alla assegnazione con patto di futura vendita, C.d.S., sez. IV, 14 ottobre 2010, n. 2072; nella giurisprudenza di primo grado, T.A.R. Toscana, Firenze, sez. II, 5 luglio 2013, n. 1041; T.A.R. Campania, Salerno, sez. II, 13 luglio 2009, n. 3992; nella giurisprudenza civile di legittimità, Cass., sez. I, 16 febbraio 1999, n. 1304; sez. I, 24 luglio 1993, n. 8319; sez. I, 11 novembre 1992, n. 12106; sez. I, 18 gennaio 1988, n. 315), come, invece, fa ora la legislazione ligure in materia di locazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica all’art. 16 della l.r. 29 giugno 2004, n. 10.
Anche nel caso in esame, caratterizzato dalla c.d. assegnazione in proprietà, vengono in gioco le medesime finalità di alto rilievo sociale (fornire l’alloggio ai meno abbienti) perseguite dagli Istituti per le case popolari ed assume rilievo la peculiare situazione degli assegnatari di alloggio popolare già evidenziate per le assegnazioni in locazione, con risalto per la preponderanza dell’aspetto pubblicistico del rapporto, dalla giurisprudenza costituzionale (C. Cost. n. 193 del 1976), tanto è vero che nella fattispecie di cui qui si tratta l’asssegnatario, dopo la stipula del contratto definitivo di compravendita, restava soggetto a vincoli di disponibilità del bene posti a favore di chi avesse i requisiti per l’accesso all’edilizia convenzionata (art. 15 reg.; cfr. anche art. 7 contratto preliminare).
Peraltro, la specifica disciplina dettata per l’operazione si limitava semplicemente a circoscrivere l’ambito di coloro che potevano conseguire l’assegnazione degli alloggi, stabilendo che i requisiti di partecipazione dovessero essere posseduti “alla data di pubblicazione del bando ed al momento dell’assegnazione dell’alloggio” (art. 2, comma 2, reg.; art. 3, comma 2, del bando), senza operare riferimento alcuno ai presupposti per la successiva conclusione del contratto preliminare o del contratto definitivo: né la sfera di applicazione propria della legge regionale ligure n. 22/1982, di cui prima si è detto, consentiva di riferirsi, in chiave integrativa, a quanto previsto dal suo articolo 26, a prescindere da ogni considerazione sul momento di esaurimento del rapporto pubblicistico tra l’Istituto e l’assegnatario dell’alloggio.
9. – Alla luce di tutto ciò il primo motivo di merito riproposto in appello deve essere respinto, perché, in estrema sintesi, le disposizioni della legge regionale n. 22/1985 di cui è stata denunciata la violazione non trovavano applicazione al caso di specie, nel bando e nel regolamento sull’assegnazione non era riscontrabile una regola come quella invocata in giudizio ed il potere esercitato dallo I.A.C.P. era immanente nel rapporto pubblicistico in essere con l’assegnatario nella pendenza del trasferimento della proprietà del cespite assegnato.
10. – La seconda censura di merito si sostanzia nella tesi per cui la sig.ra-OMISSIS-, non essendo convivente con il sig.-OMISSIS– pur non essendo da questi legalmente separata -, non avrebbe fatto parte del suo nucleo familiare, perché la regola sarebbe stata quella per cui il coniuge ed i figli dell’assegnatario formavano parte del nucleo familiare dell’assegnatario solo se con lui conviventi.
Il motivo è infondato.
Il regolamento espressamente specificava che per nucleo familiare doveva intendersi “la famiglia costituita dai coniugi e dai figli legittimi, naturali, riconosciuti ed adottivi e degli affiliati con loro conviventi. Fanno altresì parte del nucleo il convivente more-uxorio gli ascendenti, i discendenti, i collaterali sino al 3° grado e gli affini sino al 2° grado, purché la stabile convivenza con il concorrente duri da almeno due anni prima della data di pubblicazione del bando e/o compresi in un unico stato di famiglia” (art. 2, comma 1, lett. c); la definizione riprendeva, con un adattamento finale, quella dell’art. 33 della legge regionale ligure n. 6/1983, cui poco più innanzi lo stesso regolamento faceva rinvio ai fini del requisito reddituale (art. 2, comma 1, lett. e).
Con riguardo ad una sovrapponibile definizione di nucleo familiare contenuta nella legislazione in materia di assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica di una diversa Regione (l.r. della Campania 2 luglio 1997, n. 18, all’art. 2, comma 3, per il quale deve intendersi per nucleo familiare “la famiglia costituita dai coniugi e dai figli legittimi, legittimati, naturali, riconosciuti ed adottivi e dagli affiliati con loro conviventi. Fanno altresì parte del nucleo familiare il convivente more uxorio, gli ascendenti, i discendenti, i collaterali e gli affini fino al terzo grado, purché la stabile convivenza con il concorrente duri da almeno due anni prima della data di pubblicazione del bando di concorso e sia dimostrata nelle forme di legge”), questo Consiglio di Stato ha già escluso che essa presupponesse la convivenza anche per i coniugi:
“Tale norma specifica: “Per nucleo familiare si intende la famiglia costituita dai coniugi e dai figli legittimi… con loro conviventi”.
Ciò stante, è evidente che il legislatore regionale ha richiesto la convivenza dei figli con i genitori e non già dei coniugi fra loro, visto che ad entrambi i coniugi la convivenza è stata riferita (“con loro conviventi”).
E ciò è del tutto logico se appena si considera che per i coniugi l’obbligo della convivenza viene meno solo se legalmente separati e che solo in tale ipotesi è possibile considerare il coniuge non facente parte del nucleo familiare” (C.d.S., sez. V, 24 marzo 2006, n. 1519).
Lo stesso vale nel caso ora in esame, non essendovi ragioni per attribuire un senso diverso alla formula, identica, usata dal regolamento dello I.A.C.P. di Savona.
Ne segue il rigetto del motivo di doglianza.
11. – Anche gli ultimi due motivi sono da respingere.
L’uno, perché il fatto che l’Ente abbia eccepito o meno l’inefficacia o la risoluzione del contratto preliminare nei paralleli giudizi civili pendenti tra le parti o che la loro decisione possa essere influenzata dall’invalidità dell’assegnazione dell’alloggio è indifferente per la definizione del presente giudizio, nel quale si verte del corretto esercizio del potere di disporre la revoca o dichiarare la decadenza dell’assegnazione e che si pone come giudizio presupposto, e non presupponente, di quei giudizi (allo stato sospesi ex art. 295 c.p.c., come rappresentato nella memoria dell’Ente).
L’altro, di rilevante importanza a fronte delle insistite doglianze in tale senso prospettate dall’appellante, perché gli eventuali affidamenti suscitati dal contratto preliminare in merito alla irrilevanza, per la sottostante vicenda amministrativa, degli atti e fatti successivi all’assegnazione ed alla stipula dello stesso preliminare non rilevano per la legittimità del provvedimento impugnato in primo grado, dato che la perdita dei requisiti invera un’ipotesi di decadenza, piuttosto che di revoca, dell’assegnazione, e possono essere, semmai, apprezzati ad altri fini innanzi al giudice ordinario.
12. – Per queste ragioni l’appello, in parte accolto con la sentenza parziale n. -OMISSIS-con cui è stata riformata la statuizione d’irricevibilità del ricorso di primo grado, va per il resto definitivamente respinto e, con esso, il ricorso di primo grado.
13. – In relazione all’esito del giudizio, nel quale l’appellante è risultato soccombente nel merito, le spese di lite vanno poste a suo carico, nella misura liquidata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sull’appello come in epigrafe proposto, già in parte accolto con la sentenza parziale n. -OMISSIS-, lo respinge per il resto.
Condanna l’appellante al pagamento delle spese processuali in favore dell’Azienda Regionale Territoriale per l’Edilizia della provincia di Savona, che liquida nella somma complessiva di Euro 3000,00 (tremila/00), oltre accessori di legge, ove dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare le persone menzionate in sentenza.
Così deciso dalla Seconda Sezione del Consiglio di Stato con sede in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 giugno 2020, svoltasi in videoconferenza con la contemporanea e continuativa presenza dei magistrati:
Fabio Taormina – Presidente
Oreste Mario Caputo – Consigliere
Giovanni Sabbato – Consigliere
Giuseppe Rotondo – Consigliere
Francesco Guarracino – Consigliere, Estensore

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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