L’art. 7 c.p.a. non è norma sulla giurisdizione esclusiva

Consiglio di Stato, Sezione quinta, Sentenza 13 gennaio 2020, n. 268

La massima estrapolata:

Con l’art. 7 c.p.a., comma 1, non si è inteso creare un’ipotesi generalizzata di giurisdizione “esclusiva” in tutte le controversie (o materie) in cui sia ravvisabile “mediatamente” l’esercizio di un potere pubblico: infatti, l’art. 7 c.p.a. non è norma sulla giurisdizione esclusiva, trattandosi di una disposizione meramente ricognitiva, in generale, delle attribuzioni del giudice amministrativo già desumibili dalle norme costituzionali; inoltre, il giudice amministrativo può giudicare sui diritti soggettivi (quali sono evidentemente quelli delle parti nella fase di adempimento del contratto), anche se intrinsecamente connessi a (o interferenti con) interessi legittimi (derivanti dall’esercizio di poteri di cui l’amministrazione sia titolare), soltanto nelle “particolari materie” indicate dal legislatore, che vi ha provveduto (salvo ulteriori previsioni legislative specifiche) con l’art. 133 c.p.a.

Sentenza 13 gennaio 2020, n. 268

Data udienza 5 dicembre 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso iscritto in appello al numero di registro generale 2837 del 2019, proposto da
-OMISSIS-, in amministrazione giudiziaria, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato An. Pa., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Gi. Pe. in Roma, corso (…).
contro
Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Ra. Ma., con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Ma. Ro. in Roma, via (…).
per l’annullamento della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Sezione Seconda, n. 00-OMISSIS-/2019, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di (omissis);
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti della causa;
visti gli artt. 105, co. 2 e 87, co. 3, cod. proc. amm.;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 5 dicembre 2019 il Cons. Giuseppina Luciana Barreca e uditi per le parti gli avvocati Pa. e Pe.in dichiarata delega di Ma.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.La società appellante, già ricorrente in primo grado, è società di progetto, costituita dalla -OMISSIS-., che, rimasta aggiudicataria all’esito di apposita licitazione privata, stipulò con il Comune di (omissis) la convenzione rep. n. 1553 del 27 gennaio 2006 per l’affidamento in concessione della progettazione esecutiva, costruzione e gestione del piano per gli insediamenti produttivi previsto dallo strumento urbanistico generale per dotare il territorio di un’area per la localizzazione di imprese artigiane e commerciali, con adeguate infrastrutture.
1.1. La ricorrente, in amministrazione giudiziaria, a seguito di sequestro cautelare a fini antimafia delle quote e dei beni della società, ha impugnato la determinazione dirigenziale n. 87 del 22 ottobre 2018, con la quale il Comune di (omissis) ha disposto la revoca della concessione di cui alla detta convenzione “per le mancanze rilevate e, in particolare, per la sopravvenuta carenza dei requisiti soggettivi in capo all’aggiudicataria”.
1.2. La ricorrente, sostenendo la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 133, lett. c), Cod. proc. amm., ha invocato, in via principale, l’operatività della causa di sospensione dell’art. 55 del d.lgs. n. 159 del 2011; in via subordinata, ha chiesto la condanna del Comune al pagamento dell’indennizzo a titolo di riscatto della concessione – pari al valore del costruito decurtato del 10% ed al 2,5% delle opere progettate – ai sensi e per gli effetti dell’art. 21 della convenzione n. 1553 del 27 gennaio 2006.
2. Il Tribunale amministrativo regionale, accogliendo l’eccezione formulata dal Comune resistente, ha dichiarato inammissibile il ricorso per difetto di giurisdizione, reputando che:
– la convenzione in parola regola l’affidamento di una vera e propria concessione di lavori pubblici ai sensi degli artt. 19 e 20 della legge n. 109 del 1994, vigente ratione temporis;
– la presente controversia, incentrandosi sulla contestazione della disposta risoluzione contrattuale, attiene alla fase esecutiva della concessione di lavori pubblici, successiva all’aggiudicazione e alla stipula del relativo contratto/convenzione;
– va fatta applicazione dell’indirizzo espresso in materia dalla Corte regolatrice della giurisdizione, fatto proprio dal giudice di primo grado mediante riproduzione della motivazione dell’ordinanza della Corte di cassazione a Sezioni Unite, 18 dicembre 2018, n. 32728.
2.1. Il tribunale ha quindi respinto gli argomenti utilizzati dalla difesa attorea a sostegno della giurisdizione del giudice amministrativo, considerando che:
– la fattispecie si pone al di fuori del novero delle concessioni di pubblici servizi “per essere, invece, attratta dall’ambito delle concessioni di lavori pubblici, soggette a disciplina alquanto diversa in tema di riparto di giurisdizione”;
– il nomen iuris di “revoca della concessione”, utilizzato dall’amministrazione comunale per il provvedimento impugnato, non è riferito all’esercizio di poteri autoritativi di tipo pubblicistico “ma di poteri privatistici, contemplati dalla stessa convenzione, finalizzati allo scioglimento del vincolo contrattuale”.
3. Con l’unico motivo (error in procedendo -erronea declinatoria della giurisdizione amministrativa in relazione agli artt. 7 e 133 C.p.a.) la società appellante sostiene che, trattandosi di concessione avente ad oggetto l’attuazione di un piano urbanistico ex art. 27 della legge n. 865 del 1971, e non già di una concessione di lavori pubblici stricto sensu, il contenzioso apparterrebbe alla giurisdizione del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. c), o, in subordine, ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. f), Cod. proc. amm..
3.1. A sostegno del gravame, l’appellante espone che il Comune, approvato il piano per gli insediamenti produttivi ai sensi dell’art. 27 della legge n. 865 del 1971, si determinò “ad esternalizzarne la realizzazione mediante apporto di capitali privati” e perciò fece ricorso alla finanza di progetto: a tal fine il concessionario, acquisita la proprietà superficiaria dell’area mediante espropriazione per pubblica utilità, avrebbe dovuto realizzare “a propria cura e spese, in conformità alla disciplina urbanistico-edilizia, i capannoni industriali ed artigianali per poi rivenderli e locarli sulla base di una procedura ad evidenza pubblica, assumendo l’obbligo di dotare l’intero comparto a destinazione produttiva delle necessarie opere infrastrutturali primarie e secondarie di cui avrebbe dovuto predisporre la progettazione”.
3.2. Dato ciò, secondo l’appellante, la concessione de qua parteciperebbe “della natura di pubblico servizio (rispetto alla funzione di promozione dello sviluppo produttivo cui l’attuazione del piano è rivolta) e della natura di pianificazione urbanistica di dettaglio devoluta ad un soggetto privato”, sicché la giurisdizione apparterrebbe al giudice amministrativo.
3.3. Viene quindi riproposto il secondo argomento a sostegno di tale assunto, già disatteso dal primo giudice, secondo cui deporrebbe per la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo anche la natura del provvedimento impugnato, che non sarebbe una risoluzione per grave inadempimento ex art. 1453 cod. civ., bensì una revoca (o meglio decadenza) dalla concessione, tipica espressione di potere autoritativo e unilaterale, alla stregua sia del nomen iuris del provvedimento che, soprattutto, della sua motivazione, basata non tanto su meri inadempimenti in fase esecutiva ma anche sulla “sopravvenuta carenza dei requisiti soggettivi in capo all’aggiudicataria”.
4. Il motivo è infondato.
I criteri di riparto della giurisdizione sono quelli richiamati nella sentenza gravata, sui quali, in linea teorica, concorda anche l’appellante; segnatamente, i seguenti:
– la controversia relativa alla fase di esecuzione di una convenzione avente ad oggetto la costruzione e la ristrutturazione di un complesso immobiliare (destinato ad area termale), nonché l’affidamento in gestione al concessionario dell’offerta al pubblico degli impianti e servizi relativi, previa corresponsione al comune aggiudicatore di un canone annuo, appartiene alla giurisdizione ordinaria, non avendo ormai rilievo, nel vigente quadro normativo, la precedente distinzione tra concessione di sola costruzione e concessione di gestione dell’opera (o di costruzione e gestione congiunte), e sussistendo, piuttosto, l’unica categoria della “concessione di lavori pubblici”, nella quale la gestione funzionale ed economica dell’opera non costituisce più un accessorio eventuale della concessione di costruzione, ma la controprestazione principale e tipica a favore del concessionario (Cass. S.U., ord. 9 novembre 2012, n. 19391);
– la nozione normativa di “concessione di lavori pubblici”, che impone il riconoscimento della giurisdizione del giudice ordinario sulle controversie relative alla fase successiva all’aggiudicazione anche per le concessioni “di gestione” o “di costruzione e di gestione”, si rinviene – prima ancora che nella direttiva comunitaria di codificazione del 31 marzo 2004, n. 2004/18/CE (poi recepita dall’art. 3, comma 11, del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163) e nella direttiva 14 giugno 1993, n. 93/37/CEE – nell’art. 1, lett. d), della direttiva 18 luglio 1989,n. 89/440/CEE, sicché non può invocarsi la violazione del principio della perpetuatio iurisdictionis per affermare la giurisdizione del giudice amministrativo in relazione a controversie di tale natura che risultino instaurate anteriormente alla citata direttiva di codificazione e al suddetto d.lgs. n. 163 del 2006 (Cass. S.U., 20 maggio 2014, n. 11022);
– le controversie relative a concessione di costruzione e gestione di opera pubblica, in quanto riconducibili alla nozione normativa di “concessione di lavori” di cui alla direttiva 14 giugno 1993, n. 93/37/CEE ed alla direttiva 18 luglio 1989, n. 89/440/CEE, competono alla giurisdizione ordinaria, ai sensi della l. n. 109 del 1994, art. 31 bis, e art. 133 c.p.a., comma 1, lett. e), n. 1, se relative alla fase successiva all’aggiudicazione, anche qualora la domanda sia stata proposta anteriormente all’entrata in vigore del d.lgs. n. 163 del 2006 e si riferisca a lavori concessi anteriormente all’entrata in vigore della l. n. 109 del 1994 (Cass. S.U., ord. 13 settembre 2017, n. 21200, richiamata da Cass. S.U., 18 dicembre 2018, n. 32728);
– ne consegue che, dopo l’aggiudicazione e la stipulazione del contratto, la natura del rapporto è paritetica e la relativa esecuzione è disciplinata dalle regole contrattuali contenute nella convenzione, con l’attribuzione al giudice ordinario, in base alle ordinarie regole di riparto, di ogni controversia relativa alla fase esecutiva, posto che la giurisdizione esclusiva, stabilita dall’art. 133, comma 1, lett. e), n. 1, Cod. proc. amm., attiene soltanto alla precedente fase di scelta del contraente (cfr., tra le altre, Cass. S.U., ord. 14 maggio 2015, n. 9861; id., ord. 18 novembre 2016, n. 23468; id., 3 maggio 2017, n. 10705).
5. Nel caso in esame, l’appellante non contesta i criteri di riparto appena esposti, ma sostiene che non si sarebbe in presenza di concessione di lavori pubblici, ma di concessione di pubblico servizio.
Sebbene la qualificazione in tale ultimo senso potrebbe non essere, in sé, decisiva (alla stregua della più recente giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, per la quale anche “in tema di concessioni di servizi, le controversie relative alla fase esecutiva del rapporto, successiva all’aggiudicazione, sia se implicanti la costruzione (e gestione) dell’opera pubblica, sia se non collegate all’esecuzione di un’opera, sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario, al quale spetta di giudicare sugli adempimenti (e sui relativi effetti) con indagine diretta alla determinazione dei diritti e degli obblighi dell’amministrazione e del concessionario, nonché di valutare, in via incidentale, la legittimità degli atti amministrativi incidenti sulla determinazione del corrispettivo; resta ferma, invece, la giurisdizione del giudice amministrativo nei casi in cui l’amministrazione, sia pure successivamente all’aggiudicazione definitiva, intervenga con atti autoritativi incidenti direttamente sulla procedura di affidamento, mediante esercizio del potere di annullamento d’ufficio o di eventuali altri poteri riconosciuti dalla legge, o comunque adotti atti autoritativi in un procedimento amministrativo disciplinato dalla legge n. 241 del 1990, oltre che nei casi tassativamente previsti – come quello di cui all’art. 133, comma 1, lett. e, n. 2, c.p.a.”: così Cass. S.U., ord. 18 dicembre 2018, n. 32728, la cui motivazione è riportata nella sentenza appellata), va ribadito che la concessione de qua attiene a lavori pubblici, essendo concessione di costruzione e gestione ai sensi dell’art. 19 della legge n. 109 del 1994, affidata ai sensi dell’art. 20 della stessa legge e regolata da una convenzione in forza della quale la controprestazione a favore del concessionario -impegnatosi a realizzare i lavori di pubblica utilità attinenti al piano degli insediamenti produttivi di cui sopra – consiste nel diritto di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente tutti i lavori realizzati.
Estranea alla fattispecie come disciplinata dalle norme della legge n. 109 del 1994, espressamente richiamate nella licitazione privata e nella convenzione di concessione in oggetto, è la concessione di pubblico servizio.
5.1. L’assunto dell’appellante secondo cui il pubblico servizio consisterebbe nella “promozione dello sviluppo produttivo cui l’attuazione del piano è rivolta” non merita apprezzamento poiché sovrappone e confonde la funzione del piano delle aree da destinare ad insediamenti produttivi, ai sensi dell’art. 27 della legge n. 865 del 1971, con l’attività diretta a prestare un servizio per il soddisfacimento di bisogni collettivi nei confronti di un pubblico di utenti.
Detto scopo di promozione dello sviluppo produttivo attribuisce ai lavori affidati al concessionario la qualificazione di lavori di pubblica utilità, ma non trasforma l’attività di progettazione ed esecuzione di lavori e la loro gestione funzionale ed economica in un pubblico servizio.
5.2. Va perciò escluso che ricorra l’ipotesi di giurisdizione esclusiva dell’art. 133, lett. c), Cod. proc. amm.
6. Parimenti va escluso che si verta nell’ipotesi di giurisdizione esclusiva dell’art. 133, lett. f), Cod. proc. amm. che riguarda le controversie che hanno ad oggetto atti e provvedimenti delle pubbliche amministrazioni in materia urbanistica ed edilizia.
La presente controversia non ha ad oggetto l’attività di pianificazione generale del territorio né il piano delle aree da destinare ad insediamenti produttivi approvato dall’ente locale, bensì il rapporto tra il comune concedente ed il concessionario di lavori pubblici, regolato dalla convenzione 1553 del 27 gennaio 2006.
In sintesi, si tratta di una controversia che ha ad oggetto un atto relativo alla fase esecutiva di un rapporto di concessione di lavori pubblici.
7. Tale conclusione comporta, in base alle norme che regolano il riparto di giurisdizione, ed in particolare in applicazione dell’art. 133, lett. e), n. 1, come sopra interpretato, che la presente controversia non possa essere attratta alla giurisdizione del giudice amministrativo nemmeno facendo leva sull’art. 7 Cod. proc. amm.
A tale norma si ispira il secondo argomento speso dall’appellante che, basandosi sul nomen iuris di revoca utilizzato dall’amministrazione nel provvedimento impugnato e sulla sua motivazione, sostiene che si sarebbe in presenza di un provvedimento riconducibile “anche mediatamente all’esercizio del potere amministrativo”, perciò autoritativo ed unilaterale, sindacabile dal giudice amministrativo (ex art. 7 Cod. proc. amm.).
7.1. Orbene, non è configurabile, nemmeno in via mediata, il collegamento dell’atto al pubblico potere, ogniqualvolta questo sia stato esercitato in una fase precedente la costituzione del rapporto, come appunto è di regola nel caso di controversia che si instauri dopo la fase pubblicistica di scelta del contraente ed investa la fase esecutiva del contratto, nella quale siano in discussione le reciproche obbligazioni delle parti e l’accertamento degli inadempimenti al programma contrattuale.
In tale controversia viene in rilievo non l’esercizio di un potere autoritativo, che si manifesti attraverso atti di natura provvedimentale, a fronte dei quali la posizione soggettiva del privato si atteggia ad interesse legittimo, ma la mera verifica, a carattere vincolato e su basi di parità, che la vicenda occorsa rientri in una della fattispecie convenzionalmente previste, in presenza delle quali alla parte pubblica siano riconosciute determinate facoltà, anche concernenti lo scioglimento del rapporto, ed anche se esercitabili unilateralmente.
7.2. Siffatta situazione si è verificata nel caso di specie, in cui, in presenza delle violazioni del concessionario, fatte oggetto di diffida da parte della pubblica amministrazione concedente, quest’ultima ha attivato la procedura e la facoltà di risoluzione del contratto di cui all’art. 21 della convenzione.
Non possono rilevare in senso contrario né il nomen iuris di revoca attribuito al provvedimento, smentito dal mancato esercizio di prerogative pubblicistiche; né la motivazione in quanto concernente, in primo luogo, le “mancanze rilevate” del concessionario rispetto alle previsioni contrattuali.
7.3. D’altronde, come osservato nel precedente di legittimità riportato in sentenza, “con l’art. 7 c.p.a., comma 1, non si è inteso creare un’ipotesi generalizzata di giurisdizione “esclusiva” in tutte le controversie (o materie) in cui sia ravvisabile “mediatamente” l’esercizio di un potere pubblico: infatti, l’art. 7 c.p.a. non è norma sulla giurisdizione esclusiva, trattandosi di una disposizione meramente ricognitiva, in generale, delle attribuzioni del giudice amministrativo già desumibili dalle norme costituzionali; inoltre, il giudice amministrativo può giudicare sui diritti soggettivi (quali sono evidentemente quelli delle parti nella fase di adempimento del contratto), anche se intrinsecamente connessi a (o interferenti con) interessi legittimi (derivanti dall’esercizio di poteri di cui l’amministrazione sia titolare), soltanto nelle “particolari materie” indicate dal legislatore, che vi ha provveduto (salvo ulteriori previsioni legislative specifiche) con l’art. 133 c.p.a. […]” (Cass. S.U., ord. n. 32728/18 cit.).
L’art. 133, lett. e), n. 1, non estende la giurisdizione esclusiva alle controversie riguardanti la fase esecutiva del contratto di concessione di lavori pubblici.
8. L’appello va respinto e la sentenza impugnata va confermata anche quanto alla rimessione al giudice civile ordinario davanti al quale il processo può essere proseguito con le modalità ed i termini di cui all’art. 11 Cod. proc. amm.
8.1. I profili di novità della questione di giurisdizione posti dalla peculiarità del caso di specie giustificano la compensazione delle spese del grado.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa le spese processuali.
Ordina che la pubblica amministrazione dia esecuzione alla presente decisione.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la società ricorrente.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 dicembre 2019 con l’intervento dei magistrati:
Carlo Saltelli – Presidente
Fabio Franconiero – Consigliere
Federico Di Matteo – Consigliere
Stefano Fantini – Consigliere
Giuseppina Luciana Barreca – Consigliere, Estensore

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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