Consiglio di Stato, Sezione terza, Sentenza 14 maggio 2020, n. 3067.
La massima estrapolata:
Nell’applicazione dell’art. 143 del T.U.E.L., l’indubbio nesso di interdipendenza che deve esistere tra gli elementi soggettivi – i collegamenti diretti o indiretti degli amministratori locali con le associazioni mafiose – nel caso di specie dimostrati dalle stesse frequentazioni del sindaco e dei consiglieri comunali, dalla sottoscrizione di tutte e tre le liste presentatesi alle elezioni del 2015 da parte di soggetti intranei o contigui alle cosche -OMISSIS- e -OMISSIS-, dalle parentele di tre consiglieri di minoranza con elementi controindicati – e quelli oggettivi – sul piano del corretto svolgimento delle funzioni amministrative, sin qui esaminate – va valutato, complessivamente e non atomisticamente, secondo una logica probabilistica, tipica del diritto della prevenzione.
La necessità che entrambi gli elementi – soggettivo e oggettivo – coesistano, ben avverte che lo sforzo ricostruttivo della loro intima connessione sistematica è ancor più necessario nel caso di piccole comunità, come quella in esame, che per dimensione, coesione interna e eventuale chiusura o limitata apertura verso l’esterno, offrono “elementi di difficile reperimento e, ove raccolti, di incerta o difficile decifrazione”, con “un costante e concreto aggancio ad elementi rilevanti ed univoci che, pur non assurgendo al rango di prova, contribuiscono ad indicare un percorso di ragionevolezza valutativa e di proporzionalità ed adeguatezza della misura adottata
Sentenza 14 maggio 2020, n. 3067
Data udienza 30 aprile 2020
Tag – parola chiave: Enti locali – Comune – Scioglimento del consiglio comunale – Infiltrazione mafiosa – Valutazione complessiva degli elementi soggettivi e oggettivi di collegamento con le associazioni mafiose – Necessità – Regola del più probabile che non
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8259 del 2019, proposto da-OMISSIS-, rappresentati e difesi dall’Avvocato Ga.-OMISSIS-e dall’Avvocato Ma. Ga., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore, Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, Ufficio Territoriale del Governo – Prefettura di Reggio Calabria, in persona del Prefetto pro tempore, tutti rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati ex lege in Roma, via (…);
nei confronti
Comune di -OMISSIS-, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza n. -OMISSIS- del 28 maggio 2019 del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, sez. I, resa tra le parti, che ha respinto il ricorso degli odierni appellanti inteso ad ottenere l’annullamento del decreto del Presidente della Repubblica del 22 marzo 2018 di scioglimento del Consiglio comunale di -OMISSIS- e nomina della Commissione straordinaria, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, serie generale, n. 86 del 13 aprile 2018, nonché l’annullamento di tutti gli atti connessi e consequenziali.
visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
visti gli atti di costituzione in giudizio di Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dell’Interno e dell’Ufficio Territoriale del Governo di Reggio Calabria;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nell’udienza del giorno 30 aprile 2020 il Consigliere Massimiliano Noccelli e trattenuta la causa in decisione ai sensi dell’art. 84 del d.l. n. 18 del 2020;
ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il Prefetto di Reggio Calabria, con il decreto del 27 giugno 2017, successivamente prorogato, ha nominato i componenti della Commissione di indagine e ha disposto l’accesso presso il Comune di -OMISSIS-, poiché, a seguito di accertamenti svolti dalla locale Compagnia dei Carabinieri, sono emersi possibili legami tra gli esponenti dell’amministrazione locale e soggetti riconducibili alla criminalità organizzata.
1.1. Dagli accertamenti svolti è risultata, secondo la Commissione di indagine, l’esistenza di collegamenti diretti ed indiretti degli organi elettivi con le consorterie radicate nel territorio e forme di condizionamento degli stessi, che hanno sviato il perseguimento dei fini istituzionali con pregiudizio dei principi di buon andamento, imparzialità e trasparenza.
1.2. Pertanto, con la relazione del 9 gennaio 2018, il Prefetto ha proposto l’adozione della misura prevista dal citato art. 143 del d.lgs. n. 267 del 2000 ed il consiglio comunale è stato sciolto con il decreto del Presidente della Repubblica del 22 marzo 2018, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 86 del 13 aprile 2018, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri in data 21 marzo 2018.
1.4. Ai fini della dichiarazione di incandidabilità degli amministratori ritenuti responsabili dell’adozione del provvedimento dissolutorio e dell’eventuale applicazione di misure di prevenzione, sono stati attivati i procedimenti di cui all’art. 143, commi 8 ed 11, del d.lgs. n. 267 del 2000 dinanzi al Tribunale di Reggio Calabria.
2. Con il ricorso proposto avanti al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma,-OMISSIS-, nelle qualità precedentemente e rispettivamente rivestite di sindaco, vice sindaco, assessori e consiglieri del Comune di -OMISSIS-, hanno impugnato il decreto del Presidente della Repubblica del 22 marzo 2018 e gli atti connessi, prodromici e consequenziali, con i quali gli organi del predetto Comune sono stati disciolti ai sensi dell’art. 143 del d.lgs. n. 267 del 2000.
2.1. I ricorrenti in prime cure hanno sostenuto l’insussistenza dei presupposti ai quali l’art. 143 del d.lgs. n. 267 del 2000 subordina l’emanazione del gravato provvedimento dissolutorio, attesa l’assenza, nel caso di specie, di concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata.
2.2. La dedotta inidoneità probatoria ricorrerebbe con riferimento a tutte le singole vicende ed argomentazioni poste dall’amministrazione alla base del provvedimento impugnato, che sono state, pertanto, analiticamente contestate dai ricorrenti, i quali ne hanno rappresentato al primo giudice, di volta in volta, l’insussistenza in fatto o la riconducibilità ad ordinarie forme di malfunzionamento, riferibili ad attività di gestione e non a scelte degli organi elettivi.
2.3. Il provvedimento infine, oltre a non indicare in maniera puntuale condizionamenti e collusioni determinanti l’alterazione del procedimento di formazione della volontà dell’ente, degli organi elettivi e il pregiudizio alla sicurezza pubblica, non terrebbe conto dell’intensa attività della giunta per contrastare il fenomeno mafioso.
2.4. La Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dell’Interno, costituiti nel primo grado del giudizio, hanno chiesto la reiezione del ricorso per infondatezza.
2.5. Con il decreto n. -OMISSIS-del 15 febbraio 2019 è stato reiterato all’amministrazione l’ordine, già impartito con l’ordinanza n. -OMISSIS- del 23 luglio 2018, di depositare, in versione integrale e fermo il rispetto delle cautele imposte dalla natura classificata del testo, copia degli atti istruttori sulla base dei quali è stato emanato l’impugnato provvedimento di scioglimento.
2.6. A seguito della conoscenza della relazione conclusiva della Commissione d’accesso e degli altri atti prodotti dall’amministrazione, nonché in vista della trattazione del merito, i ricorrenti hanno depositato memoria conclusiva a ulteriore sostegno delle domande proposte, segnalando tra l’altro il decreto del Tribunale di Reggio Calabria del 28 dicembre 2018, reso nel procedimento n. -OMISSIS-/2018 RG, di rigetto della domanda di incandidabilità di -OMISSIS-.
2.7. All’udienza pubblica dell’8 maggio 2019, sentiti i difensori presenti, la causa è stata trattenuta in decisione dal primo giudice.
2.8. Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, con la sentenza n. -OMISSIS- del 28 maggio 2019, ha respinto il ricorso e ha condannato i medesimi ricorrenti alla rifusione delle spese di lite nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
2.9. Il Collegio ha ritenuto, all’esito dell’ampia disamina degli elementi posti a fondamento della misura dissolutoria, che la valutazione effettuata dalla Amministrazione nell’atto impugnato, considerata globalmente ed unitariamente, risponda ai criteri che la giurisprudenza innanzi citata ha enucleato per stabilire se la decisione di sciogliere un comune ai sensi dell’art. 143 T.U.E.L. possa considerarsi legittima in quanto rispondente a ragionevolezza e logicità .
3. Avverso tale sentenza hanno proposto appello i ricorrenti in prime cure e nel dedurne l’erroneità con tre distinti motivi, che di seguito saranno esaminati, ne hanno chiesto la riforma, con il conseguente accoglimento del ricorso proposto in prime cure.
3.1. Si sono costituiti la Presidenza della Repubblica, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dell’Interno per chiedere la reiezione del ricorso.
3.2. Con l’ordinanza n. -OMISSIS- del 31 gennaio 2020 il Collegio, dopo aver rilevato che agli atti del giudizio non è dato rinvenire la relazione della Commissione d’indagine, incaricata dell’accesso ai sensi dell’art. 143, comma 2, del T.U.E.L., necessaria per valutare la pertinenza e la significatività dei fatti posti a base della misura dissolutoria qui gravata, e nel ritenerne necessaria l’acquisizione, ad opera del Ministero dell’Interno, ha disposto tale incombente istruttorio e ha rinviato la causa all’udienza del 26 marzo 2020, successivamente differita per l’emergenza sanitaria all’udienza del 30 aprile 2020.
3.3. Acquisita agli atti tale documentazione depositata in formato cartaceo avanti al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, dopo lo scambio delle memorie di cui all’art. 73 c.p.a., all’udienza del 30 aprile 2020 la causa è stata trattenuta in decisione.
4. L’appello è infondato.
5. Con il primo motivo (pp. 4-12 del ricorso), anzitutto, gli odierni appellanti contestano l’error in iudicando nel quale sarebbe incorsa la sentenza impugnata per avere valutato, in violazione dell’art. 143 del d.lgs. n. 267 del 2000, la sussistenza degli elementi giustificativi della misura contestata, con particolare riferimento ai rapporti e alle frequentazioni del sindaco -OMISSIS- con la criminalità organizzata.
5.1. Il motivo è in parte inammissibile, per difetto di interesse, e in parte infondato.
5.2. Esso è anzitutto inammissibile per la mancanza di decisività, quanto alla sua prima parte (pp. 4-11 del ricorso), perché la vicenda dell’elargizione del danaro ai parenti del pregiudicato-OMISSIS-, asseritamente riconducibile a -OMISSIS- per via dell’equivoco, incerto, soprannome di -OMISSIS- usato nel corso di una intercettazione ambientale, si deve considerare, ad avviso del Collegio, marginale nella motivazione del provvedimento dissolutorio e, al di là della sua controversa interpretazione, nulla toglie o aggiunge alla gravità del quadro indiziario che, per quanto si dirà, connota e fonda lo scioglimento del Consiglio comunale di -OMISSIS-.
5.3. Dall’esame di tale controversa intercettazione, sulla quale tanto e inutilmente gli odierni appellanti insistono, si può dunque pianamente prescindere per la completa sufficienza e idoneità del rimanente quadro indiziario a giustificare la misura dissolutoria, con la conseguente inammissibilità della censura, per difetto di interesse sul punto.
5.4. Quanto alla restante parte della censura (pp. 11-12 del ricorso), che si concentra sulle frequentazioni del sindaco che, a dire degli appellanti, sarebbe stato visto colloquiare in 27 anni “solo” con 6 persone controindicate, non si può condividere la lettura riduttivistica propugnata dagli appellanti, quasi sia normale e, per così dire, irrilevante ai fini antimafia che un soggetto, esponente della politica locale e definito “figura carismatica della politica -OMISSIS-” (p. 38 della relazione della Commissione d’accesso), venga trovato in compagnia di diversi soggetti legati alla criminalità organizzata e, con uno in particolare (-OMISSIS-), per ben quattro volte.
5.5. L’argomento suggestivo, secondo cui la frequenza di tali incontri dovrebbe essere contestualizzata e “spalmata” su un lasso temporale alquanto esteso (27 anni), può e deve essere rovesciato perché, diversamente da quanto assumono gli appellanti secondo una tesi la cui fallacia è evidente, se un soggetto in tale arco temporale così lungo è stato trovato, si badi, nel corso di solo casuali, sporadici, controlli, per sei volte in compagnia di ben quattro diversi soggetti controindicati, vien fatto di supporre che un’attività di monitoraggio e controllo ben più costante e mirata avrebbe potuto disvelare una serie di frequentazioni assai più estesa in un contesto locale assai ristretto, dove ben difficilmente si può ignorare la caratura criminale di certuni interlocutori o conoscenti e accompagnarsi ad essi implica, spesso, una precisa scelta o comunque l’assenza di una necessaria presa di distanza o, peggio, la volontà del “politico locale” di ostentare frequentazioni e “coperture” che lo potrebbero forse “rafforzare” agli occhi di certa parte dell’opinione pubblica, sensibile, soggetta o costretta alla “influenza” delle cosche locali.
5.6. Tra l’altro – p. 39 della relazione della Commissione d’accesso – in un’occasione il sindaco è stato trovato in compagnia di -OMISSIS-, elemento di vertice dell’omonima famiglia di ‘ndrangheta.
5.7. Il motivo, dunque, deve essere dichiarato in parte inammissibile e in parte respinto, non senza rilevare che dalla lettura della relazione della Commissione d’accesso (pp. 41-49) emerge come moltissimi esponenti della vita politica locale, dal vicesindaco ai vari consiglieri, sono spesso stati controllati in compagnia di soggetti controindicati e pericolosi membri della criminalità organizzata di stampo mafioso, con un’impressionante sequela di incontri e frequentazioni che dimostrano una vicinanza tra politica e criminalità locale, sul piano soggettivo, tale da confermare la “più probabile che non” pervasività mafiosa nel tessuto politico – economico della città .
6. Occorre ora esaminare il secondo, composito, motivo di appello (pp. 12-19 del ricorso), con il quale gli odierni appellanti contestano i plurimi, significativi, elementi oggettivi posti a fondamento della valutazione prefettizia e della relazione del Ministro, che la sentenza impugnata non avrebbe nemmeno valutati, e più in particolare:
a) per la gestione dei beni comunali (p. 13 del ricorso) si contesta che il campo di calcio sia stato affidato ad un’associazione sportiva, che annovera tra i dirigenti un personaggio legato da vincoli di parentela con esponenti di spicco della criminalità organizzata, mentre sarebbe stato dimostrato in primo grado che il campo sportivo è stato invece concesso in comodato gratuito d’uso ad un circolo parrocchiale di -OMISSIS- sin dall’anno 2010 e che l’associazione sportiva sospetta sarebbe stata creata successivamente allo stesso accesso ispettivo;
b) per l’elemento del piano di spiaggia (pp. 13-14 del ricorso), ancora, si contesta la falsità, frutto di un evidente difetto di istruttoria, della mancata redazione del piano spiaggia che, a dire della Prefettura, non sarebbe stato neppure in corso di redazione, mentre dalla documentazione depositata in primo grado (doc. 37 fasc. parte ricorrente), sarebbe emerso al contrario che l’elaborazione del piano spiaggia fosse stata una delle prime preoccupazioni della disciolta consiliatura e che le attività finalizzate alla redazione del corso fossero già ben avviate;
c) per l’elemento del contesto territoriale (pp. 14-18 del ricorso), si obietta che il procedimento ex art. 143 del d.lgs. n. 267 del 2000 avviato nei confronti dell’attiguo territorio del Comune di -OMISSIS-si sarebbe concluso con un procedimento di archiviazione, a dimostrazione che il pericolo infiltrativo della mafia in tale zona non è così forte come lascerebbe suppore il quadro delineato dalla pubblica amministrazione, e l’assenza di collegamenti tra la disciolta compagine e la mafia sarebbe dimostrata dal fatto che la lista di -OMISSIS-sarebbe risultata vincitrice appunto nel 2015, allorquando molti presunti esponenti mafiosi, alcuni dei quali legati da rapporti di parentela con candidati della lista di -OMISSIS-e -OMISSIS-, erano in carcere all’esito dell’operazione di polizia giudiziaria “-OMISSIS–“;
d) per l’elemento dei sottoscrittori della lista-OMISSIS-(pp. 18-19 del ricorso), infine, si contesta che l’esiguità del dato numerico – 9 su 109 – dei sottoscrittori della lista ritenuti controindicati possa assurgere ad elemento significativo di contiguità mafiosa, anche secondo una consolidata giurisprudenza amministrativa.
6.1. Nessuna di tali censure, sulle quali in effetti il primo giudice ha omesso di pronunciarsi espressamente, può tuttavia essere condivisa in quanto, e rispettivamente:
a) è emerso che l’affidamento al circolo parrocchiale sia solo formale, mentre di fatto – p. 170 e p. 171 della relazione della Commissione d’accesso – il campo sportivo è utilizzato anche da un’associazione sportiva controllata da soggetti che, per frequentazioni o parentele, sono affiliati o riconducibili ad esponenti di spicco della locale criminalità organizzata, elemento, questo, che l’amministrazione comunale non poteva e non doveva certo ignorare, sicché bene ha messo in evidenza la relazione del Ministro che “la messa a disposizione di beni comunali, in violazione dei principi della legalità, con benefici diretti o indiretti per le locali consorterie, assume un valore altamente simbolico in quella realtà territoriale, traducendosi, inevitabilmente, in una consacrazione ufficiale del metodo mafioso al cospetto della collettività “, essendo dato frequente, nella multiforme attività di penetrazione, da parte delle mafie, nel tessuto economico-sociale del territorio di riferimento, che i clan cerchino – attraverso prestanome o enti-schermo apparentemente credibili – di mostrarsi come gli attori diretti o indiretti di iniziative benefiche per la cittadinanza, quali promozione sportiva, azioni di volontariato ecc. ed essendo noto, altresì, che proprio agli organismi di accertamento, di sicurezza pubblica e nelle sedi proprie, ai giudici, spetta disvelare la finalità impropria e strumentale, di cui proprio la vicenda in esame a -OMISSIS- è un esempio;
b) a distanza di oltre due anni dalle elezioni il piano spiaggia, di così strategica importanza in un centro balneare come -OMISSIS-, era ben lungi dall’essere approvato, una circostanza, anche questa, estremamente significativa, che denota uno scarso controllo e/o impegno dell’amministrazione locale su un’attività a fortissimo rischio infiltrativo nel contesto locale, benché tale strumento sia di fondamentale importanza per una corretta programmazione e gestione del territorio e per la tutela della legalità in un settore ove solitamente gravitano gli interessi della criminalità organizzata;
c) la vicenda amministrativa relativa all’archiviazione del procedimento nei confronti del Comune di -OMISSIS-, invocata dagli appellanti a sostengo della neutralità, ormai, del “comprensorio di -OMISSIS-” rispetto alle influenze della ‘ndrangheta, è del tutto irrilevante per ritenere il contesto territoriale esente dalle infiltrazioni mafiose, capillari sul territorio, come è risultato dalle stesse operazioni di polizia giudiziaria rammentate dagli stessi appellanti, e non è possibile istituire alcun rapporto di attendibile consecuzione logica tra gli arresti e l’elezione, nel 2015, della disciolta consiliatura;
d) la sottoscrizione di una piccola lista, in un Comune di pochi abitanti, da parte di diversi soggetti controindicati, se non può costituire ex se prova di condizionamento mafioso, non è certo irrilevante per la valutazione di una completa separazione tra vita politica e civile e influenze della criminalità organizzata che, certo, mai farebbe sottoscrivere la lista ad un numero elevato di soggetti, attirando così sulla lista “preferita” l’attenzione della stampa locale o degli organi inquirenti e compromettendo, così, l’obiettivo di influenzare la competizione politica senza tuttavia farne mostra in modo plateale, mentre nel caso di specie figuravano tra i sottoscrittori di tutte e tre le liste presentatesi alle elezioni del 2015 elementi di spicco delle locali cosche.
6.2. Il motivo, dunque, deve essere anche esso respinto.
7. Con il terzo, ultimo, composito motivo di censura (pp. 19-41 del ricorso), infine, gli odierni appellanti censurano la sentenza impugnata per avere, questa volta, ritenuto sussistenti quattro elementi di carattere oggettivo e indicativi di un possibile condizionamento mafioso, che giustificherebbero lo scioglimento del Consiglio comunale, e sottopongono a serrata critica la valutazione del primo giudice in ordine a ciascuno di detti elementi.
7.1. In sintesi, e per quanto è essenzialmente rilevante ai fini della presente disamina, gli appellanti osservano:
a) quanto ai lavori pubblici (pp. 19-27 del ricorso), anzitutto, essi contestano che l’affidamento di lavori ad imprese risultate successivamente infiltrate dalla criminalità organizzata possa essere indice di condizionamento mafioso, perché al momento degli affidamenti diretti dette imprese erano in regola, non essendo destinatarie di informazione antimafia, e gli affidamenti erano avvenuti sempre sotto soglia o per importi irrisori, nel rispetto degli altri requisiti previsti dalla normativa (principio di rotazione, ecc.) e nell’esclusivo interesse pubblico;
b) quanto all’attività di contrasto all’abusivismo edilizio (pp. 27-34 del ricorso), ancora, gli appellanti evidenziano l’intensa attività svolta dalla disciolta amministrazione, nonostante la carenza di personale tra i vigili urbani, senza alcun atteggiamento di lassismo o compiacenza, come del resto emergerebbe anche dalla lettura del § 12 della relazione della Commissione d’accesso, che ha verificato l’emissione di numerose ordinanze-ingiunzioni nonché la successiva attività amministrativa volta ad eseguire le stesse;
c) quanto al rilascio delle concessioni demaniali a soggetti controindicati (pp. 34-35 del ricorso), ulteriormente, la disciolta amministrazione non avrebbe mai rilasciato alcun titolo concessorio ad alcuno di essi, ma ha al più prorogato talune concessioni, perché scadute, a soggetti che non risultano pregiudicati;
d) quanto alla riscossione dei tributi locali (pp. 35-41 del ricorso), infine, gli appellanti contestano la situazione di inerzia e malamministrazione loro contestata, per avere documentato, in primo grado, la più che esaustiva riscossione dei tributi locali da parte dell’amministrazione, l’assenza di significativi debiti a carico degli amministratori e, soprattutto, l’infondatezza dell’elemento di un debito di Euro 1.500.000,00 imputabile nel 2015 all’amministrazione disciolta.
8. Nessuna di tali censure può essere condivisa.
9. Quanto al profilo, di cui al punto a), si deve convenire con il primo giudice nell’evidenziare l’anomalia del fatto che alcuni servizi e lavori siano stati affidati ad imprese che sono risultate avere contatti, diretti o indiretti, con la criminalità organizzata e che non valga a ridurre la portata di tali circostanze il fatto che l’impresa “-OMISSIS-” abbia poi cambiato la sua denominazione e la sua forma societaria in “-OMISSIS-“, ovvero che il provvedimento interdittivo alla Ditta “-OMISSIS-” sia stato adottato il 21 marzo 2017, atteso che si tratta di provvedimento che, per sua natura, si fonda sull’analisi di fatti, circostanze, frequentazioni e interessenze in affari che si svolgono nell’arco di parecchi anni, spesso di decenni, e che è ragionevole ritenere siano noti alla collettività, specie in realtà molto piccole come quella di -OMISSIS-, né, per le stesse ragioni, rileva che -OMISSIS-, titolare dell’omonima ditta affidataria di lavori da parte del comune, sia stato tratto in arresto per associazione di tipo mafioso nell’ambito della operazione di polizia “-OMISSIS-“, risalente al 2016.
9.1. Come ha ancora rilevato in modo del tutto condivisibile il primo giudice, anche i ripetuti affidamenti diretti, in economia o in somma urgenza, costituiscono un dato anomalo, atteso che affidamenti di valore esiguo, qualora ripetuti, lasciano ipotizzare che tale modalità sia stata scelta per favorire l’impresa “-OMISSIS-” che, come risulta dagli atti di indagine della commissione, fa capo alla famiglia -OMISSIS-, i cui componenti sono e sono stati a vario titolo interessati da indagini e segnalazioni e alcuni condannati anche per reati di associazione mafiosa (-OMISSIS-).
9.2. Inoltre, come ha ancora rilevato la sentenza impugnata, gli affidamenti in somma urgenza si giustificano solo in presenza di condizioni molto stringenti (concreto pericolo per l’incolumità pubblica) e difficili a verificarsi e, per tale ragione, è raro l’affidamento di lavori con tale procedura e in tali casi l’affidamento si limita alle opere strettamente necessarie a far venir meno l’urgenza.
9.3. La tesi degli appellanti, i quali sostengono che l’amministrazione comunale non conoscesse la situazione infiltrativa di molte delle società successivamente interdette, non è degna di fede perché si trattava e si tratta di imprese operanti proprio in quel territorio da lungo tempo, per quanto non aventi sede a -OMISSIS-, ed appare francamente inverosimile, ed illogico, che un’amministrazione attenta ai valori della legalità, e scevra da ogni sospetto di permeabilità mafiosa, affidi a più riprese, in un consolidato rapporto di “collaborazione”, lavori in via d’urgenza o diretta a imprese del posto che, per le più svariate ragioni, risultino collegate alla ‘ndrangheta o da questa addirittura gestite, come è poi risultato, di lì a poco dal momento in cui lavori sono stati affidati, con l’emissione dei provvedimenti prefettizi ad effetto interdittivo.
10. Quanto al secondo profilo, di cui al punto b), il Prefetto nella propria relazione ha ben rilevato che non risulta che l’ente abbia provveduto a definire le procedure relative alle dichiarazioni di inottemperanza alle pur emesse ordinanze di demolizione né di aver provveduto alle procedure di acquisizione degli immobili abusivamente realizzati e alla loro concreta demolizione.
10.1. Sul punto il ricorso degli appellanti, che pur sottolinea l’emissione di dette ordinanze ad onta della scarsità del personale all’uopo impiegabile, è del tutto silente e non fuga il grave sospetto che il contrasto all’abusivismo edilizio nel Comune di -OMISSIS- si sia limitato ad una attività, pur doverosa ormai dopo moltissimi anni, di carattere solo provvedimentale senza poi procedere manu militari con l’abbattimento degli edifici e al ripristino della legalità in un settore di grande importanza, effettiva e simbolica, nel contrasto contro l’illegalità e l’infiltrazione della mafia, che proprio nell’abusivismo edilizio ha uno degli strumenti di più potente e prepotente controllo sul territorio, spesso, e appunto, di fatto incontrastato dalle amministrazioni comunali.
11. Quanto al profilo di cui al punto c), ancora, sebbene sia vero che la disciolta amministrazione non ha proceduto al rilascio di nuove concessioni demaniali, cionondimeno nulla ha fatto di concreto per verificare quelle già concesse e in corso, come quella intestata, ad esempio, a -OMISSIS-(p. 16 della relazione prefettizia e p. 173 della relazione della Commissione d’accesso), moglie di -OMISSIS-, pregiudicato, elemento di spicco della cosca -OMISSIS-, allo stato sottoposto a misura di prevenzione.
11.1. Si tratta di circostanza assai grave, che – unitamente alla mancata approvazione del piano spiaggia – denota una situazione di non limpida gestione della cosa pubblica che, con riferimento alle infiltrazioni mafiose nell’amministrazione dell’ente, può anche consistere in vistose, consapevoli e colpevoli omissioni nel controllo dei vari settori della vita amministrativa pubblica dell’ente.
12. Quanto al profilo di cui al punto d), infine, la relazione prefettizia, sulla scorta della relazione della Commissione d’accesso, ha evidenziato una situazione di esteso e consolidato disordine nella riscossione dei tributi locali e ha sottolineato la generalizzata prescrizione degli stessi a seguito di mancata messa in mora, circostanza, questa, che contribuisce ad aggravare un quadro già non limpido e corretto dell’amministrazione cittadina, essendo la riscossione tributaria attestata su percentuali molto basse, al di là delle vicende, tutto sommato marginali nell’economia complessiva di tale sconfortante quadro, dei tributi dovuti dagli stessi amministratori locali che, come ha rilevato la relazione prefettizia (p. 15), sono stati sanati solo a seguito della richiesta di notizie da parte della Commissione d’indagine.
13. Dal quadro sin qui delineato è emerso come, in taluni strategici settori (l’affidamento dei lavori pubblici, il rilascio delle concessioni demaniali, la riscossione dei tributi), la disciolta amministrazione abbia tenuto una condotta inefficiente, disattenta e opaca, che oggettivamente e incontestabilmente ha consentito, anche al di là della volontà più o meno compiacente, eventualmente, dei singoli amministratori, di favorire uomini e interessi riconducibili ai potenti clan della ‘ndrangheta locale, che controlla il comprensorio di -OMISSIS-.
14. Al riguardo non si deve dimenticare che nell’applicazione dell’art. 143 del T.U.E.L., come questo Consiglio di Stato ha più volte ribadito (Cons. St., sez. III, 26 settembre 2019, n. 6435), l’indubbio nesso di interdipendenza che deve esistere tra gli elementi soggettivi – i collegamenti diretti o indiretti degli amministratori locali con le associazioni mafiose – nel caso di specie dimostrati dalle stesse frequentazioni del sindaco e dei consiglieri comunali, dalla sottoscrizione di tutte e tre le liste presentatesi alle elezioni del 2015 da parte di soggetti intranei o contigui alle cosche -OMISSIS- e -OMISSIS-, dalle parentele di tre consiglieri di minoranza con elementi controindicati – e quelli oggettivi – sul piano del corretto svolgimento delle funzioni amministrative, sin qui esaminate – va valutato, complessivamente e non atomisticamente, secondo una logica probabilistica, tipica del diritto della prevenzione (Cons. St., sez. III, 30 gennaio 2019, n. 758, Cons. St., sez. III, 5 settembre 2019, n. 6105), alla quale sicuramente anche lo scioglimento di cui all’art. 143, comma 1, del T.U.E.L., per sua stessa finalità anticipatoria, appartiene, e non già secondo il criterio della certezza raggiunta oltre ogni ragionevole dubbio, propria dell’accertamento penale.
15. La stessa giurisprudenza amministrativa, nell’affermare la necessità che entrambi gli elementi – soggettivo e oggettivo – coesistano, ben avverte che lo sforzo ricostruttivo della loro intima connessione sistematica è ancor più necessario nel caso di piccole comunità, come quella in esame, che per dimensione, coesione interna e eventuale chiusura o limitata apertura verso l’esterno, offrono “elementi di difficile reperimento e, ove raccolti, di incerta o difficile decifrazione”, con “un costante e concreto aggancio ad elementi rilevanti ed univoci che, pur non assurgendo al rango di prova, contribuiscono ad indicare un percorso di ragionevolezza valutativa e di proporzionalità ed adeguatezza della misura adottata” (Cons. St., sez. IV, 3 marzo 2016, n. 876).
16 E nel caso di specie non si può negare, proprio nel seguire tale percorso di ragionevolezza valutativa e di proporzionalità, il nesso di interdipendenza, secondo la logica della c.d. probabilità cruciale e nell’ottica di una complessiva valutazione, sussista, in quanto i condizionamenti mafiosi sulla vita amministrativa dell’ente, per i collegamenti diretti o indiretti dei suoi amministratori con la ‘ndrangheta (i cui esponenti o fiancheggiatori risultavano addirittura sottoscrittori di tutte e tre le liste presentatesi alle elezioni del 2015), si sono riflessi in un generale disordine amministrativo e in un’opacità del potere pubblico locale, con compromissione della sua efficace azione e un indebito vantaggio degli interessi economici facenti capo alle cosche egemoni sul territorio.
17. In conclusione, anche per tutti i motivi esposti, l’appello va respinto, con la conseguente conferma della sentenza impugnata, che ha correttamente ritenuto la legittimità dello scioglimento del Consiglio comunale di -OMISSIS- per la ricorrenza di entrambi gli elementi, soggettivi ed oggettivi, previsti dall’art. 143 del d.lgs. n. 267 del 2000.
18. Le spese del presente grado del giudizio, liquidate in dispositivo, seguono in solido la soccombenza degli appellanti.
18.1. Rimane definitivamente a carico degli appellanti, sempre per la soccombenza, il contributo unificato richiesto per la proposizione del gravame.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello, proposto da -OMISSIS-, lo respinge e per l’effetto conferma, anche ai sensi di cui in motivazione, la sentenza impugnata.
Condanna in solido -OMISSIS- a rifondere in favore della Presidenza del Consiglio le spese del presente grado del giudizio, che liquida nell’importo di Euro 10.000,00, oltre gli accessori come per legge.
Pone definitivamente a carico di -OMISSIS- il contributo unificato richiesto per la proposizione dell’appello.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dalla pubblica amministrazione.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 196 del 2003 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità di -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, famiglia -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, cosche -OMISSIS- e -OMISSIS-.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 30 aprile 2020, con l’intervento dei magistrati:
Franco Frattini – Presidente
Massimiliano Noccelli – Consigliere, Estensore
Stefania Santoleri – Consigliere
Giulia Ferrari – Consigliere
Raffaello Sestini – Consigliere
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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