Appello e le domande e delle eccezioni non accolte per la parte vittoriosa

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|16 marzo 2022| n. 8485.

Appello e le domande e delle eccezioni non accolte per la parte vittoriosa.

La parte vittoriosa nel merito del giudizio di primo grado, in caso di impugnazione della sentenza da parte del soccombente, difettando di un interesse effettivo non ha l’onere di proporre appello incidentale al fine di ottenere la valutazione in sede di appello delle domande e delle eccezioni proprie non accolte nella sentenza impugnata, ma essendo sufficiente la riproposizione in appello al fine di evidenziare la persistenza della volontà di chiederne il riesame.

Ordinanza|16 marzo 2022| n. 8485. Appello e le domande e delle eccezioni non accolte per la parte vittoriosa

Data udienza 25 giugno 2021

Integrale

Tag/parola chiave: CIRCOLAZIONE STRADALE – RESPONSABILITA’ DA SINISTRI STRADALI – RESPONSABILITA’ DA SINISTRI STRADALI (IN GENERE)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele Gaetano Antonio – Presidente

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 28830/2017 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliate in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che le rappresenta e difende;
– – ricorrenti –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS) SPA;
– intimata –
avverso la sentenza n. 6750/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 25/10/2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 25/6/2021 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO.

Appello e le domande e delle eccezioni non accolte per la parte vittoriosa

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 25/10/2017 la Corte d’Appello di Roma ha respinto il gravame interposto dai sigg. (OMISSIS) ed altri in relazione alla pronunzia Trib. Roma 30/6/2010, di rigetto della domanda dai medesimi originariamente proposta nei confronti del sig. (OMISSIS) di risarcimento dei danni rispettivamente subiti in conseguenza del sinistro stradale avvenuto il (OMISSIS), allorquando il loro congiunto sig. (OMISSIS) veniva investito sulle strisce pedonali dall’automezzo Fiat Iveco, condotto dal proprietario sig. (OMISSIS).
Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito le sigg. (OMISSIS) e (OMISSIS) – quali eredi del defunto congiunto (OMISSIS) – propongono ora ricorso per cassazione, affidato a 5 motivi, illustrati da memoria.
Resiste con controricorso il (OMISSIS), che ha presentato anche memoria. L’altra intimata non ha svolto attivita’ difensiva.
Gia’ chiamata all’udienza camerale del 12/3/2019, la causa e’ stata rinviata alla pubblica udienza.

 

Appello e le domande e delle eccezioni non accolte per la parte vittoriosa

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1 motivo le ricorrenti denunziano violazione degli articoli 158, 174 c.p.c., articoli 25, 111 Cost., in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4.
Si dolgono dell’erronea costituzione del giudice, per avere all’udienza del 1/3/2017 del giudizio di gravame il Presidente sostituito il relatore con provvedimento non previamente comunicato alle parti e “appena “abbozzato” a margine del verbale dell’udienza del 1.3.2017, privo della sottoscrizione del Presidente, del numero cronologico e della data di emissione”.
Il motivo e’ in parte inammissibile e in parte infondato.
Come questa Corte ha gia’ avuto modo di affermare, la decisione deve essere deliberata dai giudici che hanno assistito alla discussione, i quali non devono essere necessariamente gli stessi davanti ai quali la causa sia stata trattata nel corso di tutto il giudizio (v. Cass., 25/9/2017, n. 22238).
Si e’ al riguardo precisato che la composizione del collegio giudicante e’ immodificabile solo dopo l’inizio della discussione, laddove prima di tale momento la sostituzione del giudice relatore puo’ essere liberamente disposta non abbisognando di uno specifico provvedimento e potendo risultare, senza altra comunicazione, anche da semplice annotazione nel verbale di udienza (cfr. Cass., 23/8/2018, n. 7285; Cass., 29/7/2011, n. 16738; Cass., 12/8/2009, n. 18268; Cass., 31/3/2007, n. 8066. E gia’ Cass., 17/2/1994, n. 1521) ovvero come nella specie nel ruolo d’udienza.
Il provvedimento di sostituzione del giudice con altro giudice e’ invero rimesso all’apprezzamento discrezionale del Presidente del Collegio giudicante, e puo’ essere liberamente adottato – anche d’ufficio – in presenza di esigenze che, ancorche’ verificatesi dopo la chiusura dell’istruzione e la rimessione della causa al collegio, possono consistere in qualsiasi situazione soggettiva o oggettiva attinente alla persona del giudice o ad altri fatti – ivi ricompresi quelli rispondenti ad esigenze organizzative -, che consiglino o impongano la sua sostituzione (cfr. Cass., 19/5/2009, n. 11593; Cass., 28/1988, n. 766).
Orbene, del suindicato principio la corte di merito ha nell’impugnata sentenza fatto invero piena e corretta applicazione, la doglianza dalle odierne ricorrenti al riguardo mossa risultando d’altro canto formulata in termini inidonei ad indurre il Collegio a mutare orientamento, oltre che in violazione del principio a pena d’inammissibilita’ prescritto all’articolo 366 c.p.c., comma 1. n. 6, la’ dove risultano posti a base della mossa censura atti del giudizio di merito (in particolare, i “verbali di udienza del giudizio di II grado”) senza che gli stessi siano stati debitamente riprodotti – per la parte strettamente d’interesse in questa sede – nel ricorso ne’ fornite puntuali indicazioni necessarie alla relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione come pervenuta presso la Corte Suprema di Cassazione, con precisazione (anche) dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se essi siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti pure in sede di giudizio di legittimita’, la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr. Cass., Sez. Un., 27/12/2019, n, 34469).
Con il 2 motivo le ricorrenti denunziano violazione dell’articolo 158 c.p.c., L. n. 98 del 2013, articoli 62-72, articoli 3, 25, 106, 111 Cost., in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

 

Appello e le domande e delle eccezioni non accolte per la parte vittoriosa

Si dolgono dell’illegittimita’ costituzionale della norma che prevede la possibilita’ di formare il collegio giudicante con un giudice ausiliario in sostituzione di un magistrato togato.
Il motivo e’ infondato.
Come questa Corte ha gia’ avuto modo di affermare, a seguito della sentenza della Corte Cost. n. 41 del 2021, che ha dichiarato l’illegittimita’ costituzionale delle disposizioni contenute nel Decreto Legge n. 69 del 2013 (conv., con modif., nella L. n. 98 del 2013) recanti il conferimento al giudice ausiliario di appello dello status di componente dei collegi nelle sezioni delle corti di appello, queste ultime possono legittimamente continuare ad avvalersi dei giudici ausiliari fino a quando, entro la data del 31/10/2025, si perverra’ ad una riforma complessiva della magistratura onoraria, atteso che fino a quel momento la temporanea tollerabilita’ costituzionale dell’attuale assetto e’ giustificata dall’esigenza di evitare l’annullamento delle decisioni pronunciate con la partecipazione dei giudici ausiliari, e di non privare immediatamente le corti di appello dei giudici onorari per poter conseguire la finalita’ di ridurre l’arretrato nelle cause civili (v. Cass., 5/11/2021, 32065).
Orbene, siffatto principio trova anche nel caso applicazione.
Con il 3 motivo le ricorrenti denunziano violazione degli articoli 99, 343, 346 c.p.c., in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4.
Si dolgono che la corte di merito abbia accolto l’eccezione di difetto di legittimazione attiva iure proprio sollevata da controparte e implicitamente rigettata dal giudice di prime cure, benche’ non fatta oggetto di appello incidentale.
Il motivo e’ in parte inammissibile e in parte infondato.
Nell’affermare che la contestazione della legittimazione attiva del rapporto controverso ha natura di mera difesa ed e’ proponibile in ogni fase del giudizio, essendo pertanto, ancorche’ non oggetto di contestazione dall’altra parte, rilevabile anche d’ufficio – pure in sede di legittimita’ – dal giudice ove risultante dagli atti di causa, a condizione che non si sia formata sulla sua esistenza il giudicato interno (v. Cass., 1/9/2021, n. 23721; Cass., 11/11/2011, n. 23568), questa Corte ha gia’ avuto modo di porre in rilievo che la parte pienamente vittoriosa nel merito in primo grado, difettando di interesse al riguardo, non ha l’onere di proporre, in ipotesi di gravame formulato dal soccombente, appello incidentale per richiamare in discussione le domande o le eccezioni non accolte nella sentenza di primo grado, da intendersi come quelle che risultino superate o non esaminate perche’ assorbite, essendo tenuta soltanto a riproporle espressamente nel giudizio di appello in modo tale da manifestare la volonta’ di chiederne il riesame, al fine di evitare la presunzione di rinunzia derivante da un comportamento omissivo ai sensi dell’articolo 346 c.p.c. (v. Cass., 28/11/2016, n. 24021; Cass., 26/11/2010, n. 24021; Cass., Sez. Un., Sez. Un., 16/10/2008, n. 25246, e, da ultimo, Cass., Sez., Un., 19/4/2016, n. 7700; Cass., Sez., Un., 12/5/2017, n. 11799; Cass., Sez. Un., 25/5/2018, n. 13195. Cfr. altresi’ Cass., Sez. Un., 12/5/2017, n. 11799. E gia’ Cass., 20/9/1971, n. 2027).
Sotto altro profilo, si e’ da questa Corte affermato che il giudicato non si forma sugli aspetti del rapporto che non abbiano costituito oggetto di accertamento effettivo, specifico e concreto, quali quelli oggetto di una domanda su cui sia stata omessa la pronuncia (v. Cass., 25/1/2018, n. 1828; Cass., 9/11/1921, n. 32650; Cass., 10/10/2007, n. 21266), sicche’ non puo’ ritenersi che il giudicato si estenda in virtu’ del principio secondo cui esso copre il dedotto ed il deducibile all’intero rapporto giuridico, ivi comprese le questioni di cui il primo giudice non abbia avuto bisogno di occuparsi per pervenire alla pronunzia di rigetto (v. Cass., 16/5/2006, n. 11356).

 

Appello e le domande e delle eccezioni non accolte per la parte vittoriosa

Orbene, dei suindicati principi la corte di merito ha nell’impugnata sentenza fatto invero corretta applicazione.
In particolare la’ dove, nel sottolineare che “dagli atti di causa”, e specificamente dall'”atto di citazione in primo grado”, e’ “agevole riscontrare come gli attori abbiano intrapreso il giudizio esclusivamente nella qualita’ di eredi di (OMISSIS) e come in tale veste abbiano precisato le conclusioni chiedendo il risarcimento dei danni esclusivamente nella qualita’ di eredi e non in proprio”, ha ritenuto fondata l'”eccezione di carenza di legittimazione attiva iure proprio degli appellanti proposta dal convenuto (OMISSIS)”, ravvisando essere la “circostanza… sufficiente per ritenere la domanda proposta in appello iure proprio come domanda nuova e percio’ inammissibile”.
Ancora, nella parte in cui ha ritenuto non valere al riguardo nemmeno “i rilievi proposti dagli eredi (OMISSIS) nella memoria conclusionale tendenti a ritenere la questione coperta da giudicato interno in quanto implicitamente rigettata dalla sentenza di primo grado e non impugnata su tale capo dai convenuti”, al riguardo sottolineando che nella specie il giudice di prime cure ha “rigettato la domanda risarcitoria per difetto dei presupposti senza entrare nel merito delle altre singole questioni proposte che sono state assorbite dal rigetto dell’appello”, sicche’ “nessun appello incidentale andava… promosso da parte convenuta, non essendoci in sentenza un capo relativo a tale autonoma questione”.
Orbene, a fronte dell’accertamento operato dai giudici di merito e delle conclusioni dai medesimi nella specie raggiunte le odierne ricorrenti si sono invero limitate a riproporre, inammissibilmente in termini di mera contrapposizione, la propria tesi difensiva gia’ sottoposta al vaglio della corte di merito e da questa non accolta, con censura altresi’ formulata in violazione del requisito a pena d’inammissibilita’ prescritto all’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6 (in particolare la’ dove pongono a base della mossa censura i “verbali di udienza del giudizio di I grado, estratti in copia autentica… ovvero i verbali disponibili per il Giudice e le parti, stante lo smarrimento dei verbali delle ultime due udienze del 25/1/2008 e del 9/11/2009 tenute in I grado”) senza invero debitamente riprodurli -per la parte strettamente d’interesse in questa sede – nel ricorso. La violazione dell’articolo 366, n. 6, manifesta anche la’ dove si ragiona della prospettazione dell’eccezione con un nesso di subordinazione.
Con il 4 motivo denunziano violazione degli articoli 1227, 2054, 2697 c.c., articoli 115, 116, 117, 228 c.p.c., articoli 143, 191 C.d.S., in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Si dolgono che la corte di merito abbia erroneamente valutato le emergenze processuali.
Lamentano che, con particolare riferimento alla “deposizione del “teste oculare” sig. (OMISSIS), resa all’udienza del 27/5/2008″, abbia “travisato la prova confondendo e riportando un testo diverso rispetto al reale contenuto della deposizione, costruendo quindi il proprio convincimento in violazione del principio del “prudente apprezzamento” di cui agli articoli 115 e 116 c.p.c.”.
Si dolgono che abbia “costruito il proprio convincimento anche in forza della dichiarazione resa dal (OMISSIS) all’udienza del 5/11/2007, in sede di interrogatorio formale”, e sia pervenuta ad un'”erronea ricostruzione del fatto”.
Il motivo e’ in parte inammissibile e in parte infondato.
E’ rimasto nel giudizio di merito accertato che “l’autocarro condotto dal (OMISSIS) aveva gia’ impegnato ed oltrepassato il tratto di strada corrispondente all’attraversamento pedonale, a velocita’ molto moderata, “a passo d’uomo””, e che l’odierno controricorrente aveva “impegnato la sede stradale del passaggio pedonale quando questo era libero dalla presenza di pedoni”, non risultando d’altro canto “rilevati danni sul mezzo riconducibili al sinistro, se non di “spolverata” sul parafango posteriore destro (per i periti del Gup addirittura non riconducibile al sinistro), ma certamente non dirimente ai fini dell’attribuzione di responsabilita’ in capo al (OMISSIS)”, sicche’ “la ricostruzione della dinamica prospettata nella sentenza ha fatto escludere al primo giudice che potesse riconnettersi al conducente dell’autocarro una condotta colposa ritenuto che, una volta impegnato l’attraversamento pedonale con gran parte del mezzo, non vi era motivo per cui il (OMISSIS) potesse prevedere la discesa di un pedone dal marciapiede e quindi porre in essere una manovra per evitare il danno”.
Orbene, a fronte dell’accertamento nella specie operato dai giudici di merito e delle conclusioni dai medesimi conseguentemente raggiunte, con censura formulata in violazione del requisito a pena d’inammissibilita’ prescritto all’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6 (la’ dove risultano posti a base della mossa censura atti del giudizio di merito (in particolare, la “dichiarazione resa dal (OMISSIS) all’udienza del 5/11/2007, in sede di interrogatorio formale) senza essere stati debitamente riprodotti – per la parte strettamente d’interesse in questa sede – nel ricorso ne’ fornite puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte Suprema di Cassazione, con precisazione (anche) dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se essi siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti pure in sede di giudizio di legittimita’, la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr. Cass., Sez. Un., 27/12/2019, n, 34469)), nonche’ in violazione dei criteri da questa Corte richiesti per la denunzia della violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c. (che, come questa Corte ha gia’ avuto modo di affermare, la violazione degli articoli 115, 116 c.p.c., puo’ essere dedotta come vizio di legittimita’ solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dando in realta’ luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (che attribuisce rilievo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio) ne’ in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’articolo 132 c.p.c., comma 1, n. 4 – da’ rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (v. Cass., 10/6/2016, n. 11892)), le odierne ricorrenti in realta’ prospettano un’inammissibile rivalutazione delle emergenze processuali e probatorie comportante accertamenti di fatto invero preclusi a questa Corte di legittimita’, laddove solamente al giudice di merito spetta individuare le fonti del proprio convincimento e a tale fine valutare le prove, controllarne la attendibilita’ e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, non potendo in sede di legittimita’ riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, atteso il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimita’ non e’ un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi alla attenzione dei giudici della Corte Suprema di Cassazione elementi di fatto gia’ considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi.
Senza sottacersi come al di la’ della formale intestazione dei motivi le ricorrenti deducano in realta’ doglianze (anche) di vizi di motivazione al di la’ dei limiti consentiti dalla vigente formulazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (v. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053), nel caso ratione temporis applicabile, sostanziantesi nel mero omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, dovendo riguardare un fatto inteso nella sua accezione storico-fenomenica, e non anche come nella specie l’omissione o la insufficienza (v. in particolare pagg. 14 e 15 del ricorso) della motivazione ovvero l’omessa e a fortiori l’erronea valutazione di determinate emergenze probatorie (cfr. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053, e, conformemente, Cass., 29/9/2016, n. 19312).
Ne’ puo’ del pari sottacersi che la’ dove si dolgono che la corte di merito abbia “costruito il proprio convincimento anche in forza della dichiarazione resa dal (OMISSIS) all’udienza del 5/11/2007, in sede di interrogatorio formale”, e sia pervenuta ad un'”erronea ricostruzione del fatto”, le odierne ricorrenti inammissibilmente prospettano in realta’ un vizio revocatorio ex articolo 395 c.p.c., comma 1, n. 4.
Emerge evidente, a tale stregua, come le odierne ricorrenti in realta’ sollecitino, cercando di superare i limiti istituzionali del giudizio di legittimita’, un nuovo giudizio di merito, in contrasto con il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimita’ non e’ un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi all’attenzione dei giudici della Corte Suprema di Cassazione elementi di fatto gia’ considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi (cfr. Cass., 14/3/2006, n. 5443).
All’inammissibilita’ e infondatezza dei motivi consegue, assorbito il 5 motivo (con il quale le ricorrenti denunziano violazione degli articoli 1226, 2056, 2059 c.c., articoli 115, 116 c.p.c., in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, dolendosi che la corte di merito erroneamente non abbia liquidato il danno morale terminale, pur sussistendone nella specie i presupposti), il rigetto del ricorso.
Le ragioni della decisione costituiscono giusti motivi per disporsi la compensazione tra le parti delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Compensa tra le parti le spese del giudizio di cassazione.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, come modificato dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte delle ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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