Appalto per l’affidamento del servizio di riparazione manutenzione e revisione di automezzi del Comune

Consiglio di Stato, sezione quinta, Sentenza 24 gennaio 2019, n. 605.

La massima estrapolata:

Nel caso di un appalto per l’affidamento del servizio di riparazione, manutenzione e revisione di automezzi del Comune, deve ritenersi illegittima la clausola del bando che richieda alle imprese partecipanti, come requisito di ammissione alla partecipazione, la disponibilità di un’officina ubicata nel territorio dell’Ente locale. La richiesta di questo requisito sin dalla data di presentazione della domanda anziché dopo l’aggiudicazione equivale a riservare la gara alle sole imprese che già operano nel territorio, in palese violazione dei principi di non discriminazione e di parità di trattamento richiamati dal codice dei contratti pubblici e dai principi cardine del trattato Ce.

Sentenza 24 gennaio 2019, n. 605

Data udienza 30 ottobre 2018

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 3206 del 2018, proposto da:
Consorzio Pa. & Se., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Ma. Br., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);
contro
Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Ma. Mi., con domicilio eletto in Giustizia, PEC Registri;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche – Ancona, Sezione I, n. 00045/2018;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis);
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 30 ottobre 2018 il consigliere Angela Rotondano e uditi per le parti gli avvocati Ma. Br., anche su dichiarata delega dell’avvocato Ma. Mi.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1.Con ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche Consorzio Pa. & Se. (di seguito “Consorzio”) ha impugnato l’avviso di indagine di mercato relativo alla procedura indetta, ai sensi dell’art. 36, comma 2, lett. b) del d.lgs. n. 50 del 18 aprile 2016, dalla Centrale Unica di Committenza (di seguito “CUC”), costituita tra i Comuni di (omissis) per conto di quest’ultimo Ente, per l’affidamento biennale (con possibilità di rinnovo per ulteriori due anni) del servizio di riparazione, manutenzione e revisione dei mezzi comunali, suddiviso in tre lotti, del valore complessivo di euro 98.000,00, da aggiudicarsi al criterio del minor prezzo.
2. Il Consorzio ricorrente, che non presentava la propria offerta, pur avendo prima manifestato interesse all’avviso di indagine di mercato (pubblicato dalla CUC il 2 agosto 2017 ai fini dell’individuazione degli operatori economici da invitare alla procedura) e poi ricevuto anche la lettera di invito, contestava gli atti della procedura con riguardo a due distinti profili: a) la previsione della clausola di territorialità di cui all’art. 8.2. lett. b) dell’avviso che, tra i requisiti di idoneità tecnico-professionale, prescriveva il “possesso, al momento della presentazione dell’offerta, di un’officina con sede operativa nel Comune di (omissis)”; b) la scelta del criterio di aggiudicazione del prezzo più basso di cui all’art. 9 dell’avviso (da valutarsi, secondo quanto disposto dall’art. 7 del Capitolato, attraverso il ribasso percentuale da applicare sui prezzi di listino delle parti di ricambio originali dei veicoli ovvero mediante la tariffa unica oraria della manodopera da applicare all’appalto) e le motivazioni poste dalla Stazione appaltante a fondamento della sua adozione essenzialmente riconducibili all’asserita natura standardizzata del servizio, vista l’assenza di ulteriori elementi, diversi dal prezzo, proponibili da parte degli operatori economici.
1.1. Si costituiva in giudizio il Comune di (omissis) (di seguito “il Comune”), eccependo preliminarmente: a) l’inammissibilità del ricorso per omessa notifica all’amministrazione comunale, in quanto notificato solo alla C.U.C., priva di soggettività giuridica autonoma; b) l’inammissibilità del ricorso per omessa impugnazione di atti presupposti, in particolare della determinazione dirigenziale n. 682 del 9 giugno 217, avente ad oggetto l’approvazione dei capitolati speciali d’appalto, e dell’avviso di indagine di mercato; c) l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse stante l’omessa presentazione dell’offerta da parte del Consorzio.
3. Con la sentenza in epigrafe, il Tribunale amministrativo, respinte le eccezioni preliminari sollevate dalla difesa del Comune resistente (avendo rilevato che la costituzione in giudizio di quest’ultimo sanasse, comunque e ove pure esistenti, le irregolarità nell’instaurazione del contraddittorio e che, quanto alla carenza di interesse, il difetto del contestato requisito tecnico professionale in capo al Consorzio lo legittimasse all’impugnativa della clausola territoriale di natura escludente), ha ritenuto infondati entrambi i motivi di censura e ha respinto il ricorso del Consorzio.
4. Per la riforma della sentenza il Consorzio ha proposto appello, deducendone l’erroneità e l’ingiustizia per i seguenti motivi di diritto: “1) Error in iudicando. Violazione dei principi di par condicio e tassatività delle cause di esclusione. Eccesso di potere per erronea presupposizione, travisamento dei fatti, difetto di motivazione, contraddittorietà, disparità di trattamento, irragionevolezza manifesta; 2) Error in iudicando. Violazione art. 95, comma 3 e 4, d.lgs. 50/2016. Eccesso di potere per erronea presupposizione, travisamento dei fatti, difetto di motivazione, contraddittorietà, disparità di trattamento, irragionevolezza manifesta; 3) Error in iudicando. Violazione degli artt. 95, comma 4 e 5 d.lgs. 50/2016. Eccesso di potere per erronea presupposizione, travisamento dei fatti, difetto di motivazione, contraddittorietà, disparità di trattamento, irragionevolezza manifesta”.
4.1. Si è costituito anche nel presente grado di giudizio il Comune, illustrando le proprie tesi difensive nelle memorie depositate con cui ha riproposto, ai sensi dell’articolo 101, comma 2, Cod. proc. amm., le eccezioni di inammissibilità dell’impugnativa formulate in primo grado e ha chiesto, comunque, il rigetto dell’appello proposto in quanto infondato.
4.2. Abbinata alla discussione del merito la domanda cautelare incidentalmente formulata dal Consorzio, all’udienza pubblica del 30 ottobre 2018, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

5. Vanno preliminarmente esaminate le eccezioni di inammissibilità del ricorso riproposte dal Comune appellato inerenti l’omessa proposizione del ricorso di primo grado nei suoi confronti (in quanto notificato solo alla C.U.C. che non sarebbe un Ente capofila né dotato di autonoma soggettività giuridica) e la mancata impugnazione della determina dirigenziale che approvava, per ciascun lotto, il capitolato tecnico allegato alla lettera di invito.
5.1. Le eccezioni in rito sono infondate.
5.2. La Sezione condivide quanto già rilevato a riguardo dal giudice di prime cure, aggiungendo quanto alla prima eccezione che correttamente il gravame è stato notificato alla Centrale Unica di Committenza in quanto esso ha ad oggetto l’impugnazione del bando (rectius delle clausole, contenute nell’avviso di indagine di mercato, sia con riguardo al prescritto requisito tecnico professionale sia in relazione al criterio di valutazione dell’offerta prescelto, che il Consorzio appellante, assume avere natura escludente e lesive del suo interesse alla partecipazione alla gara e alla possibilità di aggiudicarsi la commessa): sicché in effetti risulta sufficiente nella specie la notifica alla sola C.U.C., in qualità di amministrazione aggiudicatrice, che ha dato avvio e curato la procedura concorsuale per conto del Comune di (omissis) (pubblicando l’avviso di indagine di mercato e inoltrando, all’esito delle manifestazioni di interesse, le lettere di invito) e pienamente rispettato, dunque, il disposto di cui all’art. 41 Cod. proc. amm. che identifica l’amministrazione cui deve essere notificato il ricorso introduttivo del giudizio esclusivamente in quella che ha emesso l’atto impugnato (come peraltro già affermato da Cons. Stato, Adunanza Plenaria, 18 maggio 2018, n. 8 che, in relazione di un provvedimento adottato da un Ente capofila quale unica amministrazione ha statuito il principio in base al quale “in caso di impugnazione di una gara di appalto svolta in forma aggregata da un soggetto per conto e nell’interesse anche di altri enti, il ricorso deve essere notificato esclusivamente alla pubblica amministrazione che ha emesso l’atto impugnato”).
5.3. Né miglior sorte spetta all’eccezione di inammissibilità del gravame per omessa impugnazione della determina dirigenziale di indizione della gara fondata sull’assunto, infondato, della sua immediata lesività (poiché, in tesi, già contenente l’approvazione dei capitolati): la prospettazione dell’Amministrazione appellata contrasta, infatti, con il principio per cui gli atti interni e meramente endoprocedimentali, qual è la determina di indizione in parola, non sono immediatamente lesivi, onde devono essere impugnati solo unitamente al provvedimento applicativo. È agevole poi osservare che le clausole invise non necessariamente dovevano essere riprodotte nel bando, come invece di fatto avvenuto, posto che che la ricorrente le aveva immediatamente contestate e la Stazione appaltante ben avrebbe potuto recepire i rilievi del Consorzio, modificandole nel contenuto: ne consegue che solo con la pubblicazione dell’avviso dell’indagine di mercato (e ancor più con i successivi chiarimenti resi dall’Amministrazione aggiudicatrice) si è concretizzato ed è divenuto attuale l’interesse del Consorzio a contestare in giudizio quelle prescrizioni aventi portata escludente ai fini della sua ammissione alla gara.
5.4. Per le stesse ragioni non è meritevole di favorevole considerazione neppure l’ultima eccezione formulata dal Comune appellato in ordine all’inammissibilità del ricorso per omessa presentazione dell’offerta da parte del Consorzio: l’impugnata clausola di territorialità rientra senz’altro, infatti, tra quelle c.d. escludenti, rendendo impossibile la partecipazione alla procedura al concorrente privo del requisito prescritto, per cui la presentazione dell’offerta da parte del Consorzio, dichiaratamente carente del possesso di un’idonea officina ubicata in territorio comunale, avrebbe costituito un onere inutile ai fini della legittimazione ad agire (in base ai principi statuiti da Cons. Stato, Ad. Plen., 26 aprile 2018, n. 4), tanto più ove si consideri che il predetto aveva pure manifestato interesse alla procedura, ricevendo la lettera di invito.
6. Può dunque procedersi all’esame dei motivi di appello.
7. Il Consorzio appellante torna qui a contestare le previsioni della lex specialis della procedura sia con riguardo alla prescritta clausola di territorialità, sia in relazione al criterio di aggiudicazione prescelto dalla C.U.C., censurando le statuizioni della sentenza di prime cure che avrebbero malamente interpretato i motivi di ricorso dedotti in ordine a entrambi i profili.
7.1. In relazione al primo aspetto, il Consorzio, non dichiaratamente in possesso del contestato requisito di capacità tecnico professionale richiesto ai fini della partecipazione alla procedura, lamenta che la previsione della clausola di territorialità introdurrebbe una causa di esclusione non prevista dalla legge e, per come in concreto articolata nella lex specialis, sarebbe altresì fortemente limitativa della concorrenza in quanto, restringendo l’ammissione in gara alle sole imprese in possesso di un’officina avente sede operativa nel territorio comunale, penalizzerebbe di fatto le imprese non locali (le quali, ai soli fini della partecipazione, dovrebbero dotarsi di un’officina con sede operativa nel territorio comunale) e avvantaggerebbe invece quelle locali (già in possesso del requisito) in aperta violazione del principio della par condicio competitorum.
7.2. Né sarebbero idonei ad escludere la portata lesiva della concorrenza e del generalissimo principio di massima partecipazione alle pubbliche gare rivestita dalla clausola impugnata i chiarimenti a riguardo forniti dalla Stazione appaltante la quale, nel giustificare la previsione del requisito con l’esigenza di individuare un luogo in cui i dipendenti possano agevolmente portare i mezzi assegnati per le riparazioni e le manutenzioni, ha precisato che “l’officina non deve essere posseduta al momento della manifestazione di interesse, ma al momento della presentazione dell’offerta e che il suo possesso potrà essere attestato anche per effetto di un contratto di locazione o di altri accordi che garantiscano comunque l’utilizzo di tale struttura per lo svolgimento dei servizi a favore dell’Ente”.
La possibilità di dimostrare il requisito del possesso dell’officina mediante la comprovata disponibilità derivante da un contratto di locazione o di altri accordi (quale, ad esempio, l’avvalimento) non consentirebbe, secondo l’appellante, di superare le dedotte criticità, quanto agli aspetti su indicati, della clausola impugnata.
7.3. Quanto al criterio di aggiudicazione prescelto ovvero quello del prezzo più basso (comprendente il ribasso su prezzi di listino e la tariffa unica della manodopera), il Consorzio appellante censura nuovamente la violazione dell’art. 95, commi 3 e 4, del d.lgs. n. 50 del 2016 ad opera della Stazione appaltante per non avere questa previsto il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, erroneamente ritenendo che l’appalto in questione avrebbe ad oggetto l’esecuzione di prestazioni standardizzate, connotate da elevata ripetitività e routinarietà degli interventi; sotto altro profilo, è contestata la carenza di adeguata motivazione sulle ragioni per cui la scelta del controverso criterio non avvantaggerebbe un determinato concorrente, come imposto dall’articolo 95, comma 5, del Codice dei Contratti Pubblici.
8. L’appello è fondato e va accolto nei sensi e nei termini indicati.
8.1. La Sezione rileva come sia meritevole di favorevole considerazione il primo motivo di diritto con cui sono state dedotte censure di eccesso di potere per erronea presupposizione, travisamento dei fatti, difetto di motivazione, contraddittorietà, disparità di trattamento, irragionevolezza manifesta, nonché di violazione dei principi di par condicio e tassatività delle cause di esclusione, in relazione alla clausola dell’avviso pubblico che, tra i requisiti di idoneità professionale, richiedeva, a pena di esclusione, “il possesso di un’officina, al momento della presentazione dell’offerta, con sede operativa nel Comune di (omissis)”.
8.2. Ed invero, non risultano condivisibili le statuizioni della sentenza impugnata che hanno ritenuto non irragionevole né sproporzionato, in rapporto all’oggetto dell’appalto, il requisito anzidetto, in quanto rispondente all’esigenza del Comune, dotato di un parco mezzi ristretto e di pochi dipendenti, di assicurare che questi ultimi possano, facilmente e in breve tempo, raggiungere il luogo di riparazione dei veicoli.
8.3. Né persuadono le argomentazioni valorizzate dal primo giudice secondo cui, per un verso, trattandosi di requisito speciale attinente alla capacità tecnico professionale, esso non sarebbe soggetto al principio di tassatività e tipicità delle cause di esclusione (riferibile solo ai requisiti di ordine generale di cui all’art. 80), ben potendo la Stazione appaltante, come stabilito dell’art. 83 del d.lgs. n. 50 del 2016, prevedere altri ed ulteriori requisiti di natura speciale rispetto a quelli stabiliti dalla legge, purché attinenti all’oggetto dell’appalto e nel rispetto del criterio di proporzionalità (nella fattispecie in esame, secondo il tribunale, neppure apprezzabile in concreto per non avere, comunque, il Consorzio indicato quale sarebbe, in ipotesi, l’officina più vicina nella sua disponibilità ), e per altro verso non sussisterebbe un’effettiva lesione dei principi di par condicio e di massima partecipazione alle gare, non essendo richiesta la proprietà, ma la sola generica disponibilità, peraltro dimostrabile anche attraverso accordi commerciali (purché idonei a garantire, comunque, l’utilizzo di tale struttura per lo svolgimento dei servizi a favore dell’Ente).
8.4. Osserva la Sezione come la clausola di territorialità in esame, per come congegnata, risulta censurabile in quanto, se è vero che, in relazione all’oggetto dell’appalto (la riparazione e manutenzione di veicoli di proprietà del Comune, che è dotato di un esiguo numero di mezzi e di dipendenti) c’è un’effettività esigenza di prossimità dell’officina in cui vanno eseguite le prestazioni al fine di non distogliere a lungo il personale dai compiti d’ufficio (e in questo senso il requisito risponde a ragionevolezza) e che, inoltre, la clausola impugnata, siccome integrata dai chiarimenti forniti dalla stazione appaltante (peraltro solo successivamente all’invio delle lettere di invito), nel riferirsi genericamente al possesso dell’officina non ne richiede la proprietà, ma anche la sola disponibilità dimostrabile mediante accordi commerciali, è anche vero, tuttavia, che il possesso di un’officina con sede operativa nel territorio del Comune è espressamente qualificato dalla lex specialis come requisito di partecipazione ai fini della gara e non già di mera esecuzione, richiesto, a valle dell’aggiudicazione, per la sola stipula del contratto.
8.5. Ne consegue che coglie nel segno, in relazione a tale aspetto, la doglianza di violazione dei principi di massima partecipazione alle gare e par condicio in quanto la clausola territoriale in esame di fatto favorisce la partecipazione alla gara delle sole imprese locali (verosimilmente già in possesso di un’officina con sede operativa nel territorio del Comune), risultando fortemente limitativa della concorrenza lì dove di fatto “non consente all’impresa di organizzarsi all’esito della vittoriosa partecipazione” (come già evidenziato dalla copiosa giurisprudenza amministrativa, richiamata anche dall’appellante, sulla disponibilità da parte dell’impresa di un idoneo centro cottura negli affidamenti dei servizi di ristorazione e refezione: cfr. ex multiis Consiglio di Stato, V, 18 dicembre 2017, n. 5929). Ed invero, il richiedere il possesso di un’idonea officina sarebbe stato legittimamente esigibile verso il concorrente aggiudicatario definitivo come condizione per la stipulazione del contratto, attualizzandosi in quel momento l’interesse dell’amministrazione a che il contraente abbia a disposizione una struttura per assicurare la continuità del servizio: per converso, la clausola in parola, nella misura in cui richiede a tutti i concorrenti di procurarsi anticipatamente e già al momento della domanda, la disponibilità di un’officina localizzata nel Comune, finisce per imporre a carico dei medesimi un onere economico e organizzativo che potrebbe risultare ultroneo e sproporzionato, obbligandoli a sostenere i connessi investimenti per il reperimento degli immobili idonei in vista di una solo possibile ma non certa acquisizione della commessa, senza che a ciò possa sopperire l’eventuale ricorso all’istituto dell’avvalimento per l’evidente considerazione che l’effettiva operatività dell’istituto dipende non solo dalla decisione della concorrente (che comunque non può partecipare individualmente), ma anche dalla volontà concorde di altre imprese.
Né risulta conferente il richiamo operato dal Tribunale al precedente di questa Sezione (Cons. Stato, V, 12 maggio 2017, 2238), in quanto, sebbene anche in tale ipotesi la clausola di territorialità (consistente nel prescritto possesso di un impianto di recupero dei rifiuti posto in Roma o in un Comune limitrofo nel raggio di 30 chilometri) fosse prevista come requisito di partecipazione, nondimeno il più ampio raggio di ubicazione previsto rendeva, senza dubbio, il requisito meno stringente, non pregiudicando in concreto i principi di par condicio e massima partecipazione alla gara.
8.6. In conclusione, la clausola impugnata è illegittima, in quanto sproporzionata e distorsiva del principio di concorrenza tra imprese, poiché il richiedere il possesso (rectius l’effettiva disponibilità in base ad un titolo giuridico valido) di un’officina ubicata nel territorio Comune, sin dalla data di presentazione dell’offerta e come requisito di ammissione, di fatto equivale a riservare la gara alle sole imprese che già operano nel territorio, in palese violazione delle disposizioni comunitarie.
9. Non sono, invece, meritevoli di positivo apprezzamento il secondo e il terzo motivo di appello, non ravvisandosi, in relazione ai profili ivi dedotti, alcuna erroneità delle motivazioni recate dalla sentenza impugnata che, correttamente, ha ritenuto non censurabile la scelta del criterio del minor prezzo ai fini della valutazione dell’offerta, sulla base della considerazione per cui vengono in rilievo, nella fattispecie in esame, prestazioni standardizzate e connotate da ripetitività .
9.1. A supporto del motivo l’appellante ha richiamato gli esiti di una perizia di parte e di un parere tecnico depositati in atti, ove si dà conto dell’elevato grado di specializzazione che sarebbe connesso al servizio di assistenza tecnica erogato dalle officine, tale da necessitare di un intenso e costante aggiornamento, specie in alcuni settori, anche a ragione dell’applicazione sempre più spinta dell’elettronica veicolare (e del conseguente aumento delle informazioni che possono essere fornite dagli strumenti di diagnosi mediante l’utilizzo, da parte di personale altamente qualificato, di sofisticate attrezzature e strumentazioni) e del contenuto tecnologico presente sui veicoli di nuova generazione, tali da richiedere competenze specifiche in rapporto ai diversi requisiti imposti dalle stesse case costruttrici.
9.2. La Sezione è consapevole dell’esistenza di oscillazioni giurisprudenziali sulla questione in oggetto, che è stata diversamente risolta dai Tribunali amministrativi, registrandosi al riguardo due contrapposti orientamenti.
9.3. Secondo una prima tesi (cfr. T.a.r. Lombardia Brescia, Sezione I, 18 dicembre 2017, n. 1449), le prestazioni in oggetto rientrerebbero tra i servizi di natura tecnica e intellettuale che l’art. 95, comma 3, lett. b) del Codice dei Contratti Pubblici impone di aggiudicare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, non potendo ciò escludersi solo in considerazione dell’utilizzo, negli interventi di manutenzione periodica e revisione degli automezzi, sempre più massiccio di sofisticati sistemi informatici di diagnostica dei guasti, richiedendo, anzi, proprio tale impiego un grado di specializzazione sempre più accurato ed approfondito e una professionalità tecnica più elevata, in assenza di standardizzazione e ripetitività dei suddetti interventi: ciò, peraltro, in linea anche con quanto disposto dal legislatore comunitario circa l’uso di tale criterio di aggiudicazione quale obbligatorio e inderogabile per i servizi di natura tecnica e intellettuale per gli appalti con importo superiore a 40.000,00 euro (condizione certamente soddisfatta almeno per il lotto n. 3, il cui importo a base d’asta supera la soglia anzidetta).
Inoltre, le sentenze che si conformano a tale esegesi evidenziano pure come non si potrebbe evincere dall’esame degli atti di gara l’esistenza di un grado di dettaglio delle prestazioni tale da annullare in radice la possibilità di opzioni differenti rispetto alle soluzioni dei problemi, risultando perciò astrattamente ammissibile la possibilità di miglioramenti e aggiunte, così come la facoltà delle imprese partecipanti di introdurre una diversificazione delle modalità di svolgimento del servizio e del contenuto e delle caratteristiche degli interventi (come affermato da T.a.r. Toscana, Sez. I, 8 marzo 2018, n. 356), il che porterebbe, dunque, ad escludere la standardizzazione del servizio del quale manca una piena e previa definizione nella legge di gara. E di questa possibilità di offerta di diverse soluzioni tecniche, ad avviso dell’appellante, sarebbe consapevole anche la Stazione appaltante la quale nel capitolato ha stabilito che, nell’ipotesi di differenze sostanziali delle parti da riparare o sostituire tra il preventivo presentato dall’appaltatore e quello di altre officine, il Comune provvederà a richiedere all’appaltatore i motivi di tali differenze, potendo poi affidare la riparazione del veicolo ad altro soggetto il cui preventivo sia più congruo sotto l’aspetto tecnico, qualora le motivazioni fornite non siano supportate da idonee ed adeguate valutazioni ed indicazioni di tipo tecnico.
9.4. Secondo altro orientamento, verrebbe invece in rilievo un servizio non ad alta intensità di manodopera nel cui ambito, a prescindere dall’impiego di strumenti di diagnostica e dalle connesse abilitazioni e specializzazioni dei meccanici e degli altri tecnici addetti alle officine, è prevalente il prezzo dei ricambi sulla componente della manodopera, assumendo valenza significativa la predefinizione delle condizioni da parte della Stazione appaltante (con puntuale determinazione nel capitolato d’oneri delle caratteristiche della prestazione) e la circostanza che non sia perciò possibile individuare un elemento diverso dal prezzo dei detti ricambi come indicato nei listini e dal costo orario della manodopera, determinato dalle associazioni di categoria (si veda, per tutte, T.a.r. per la Toscana, 9 gennaio 2018, n. 1347). La giurisprudenza amministrativa ha, infatti, chiarito che il servizio è standardizzato quando la lex specialis descrive puntualmente tutti gli elementi, individuando in modo preciso sia le prestazioni sia la concreta organizzazione del lavoro, senza lasciare margini di definizione dei contenuti dell’appalto in capo all’iniziativa dell’impresa (Consiglio di Stato, III, 13 marzo 2018, n. 1609).
9.5. La Sezione, nel conformarsi alla seconda esegesi, ritiene che assuma rilevanza dirimente, ai fini della soluzione della questione, non tanto ed esclusivamente il carattere ripetitivo e standardizzato delle prestazioni oggetto dell’appalto (certamente riscontrabile nella fattispecie, essendo tutti i lotti caratterizzati da elevata ripetitività perché volti a soddisfare, mediante interventi routinari di revisione, manutenzione e riparazione dei veicoli, esigenze generiche e ricorrenti, connesse alla normale operatività delle stazioni appaltanti, con approvvigionamenti frequenti e continuativi), quanto piuttosto la ricorrenza di un servizio ad alta intensità di manodopera (ipotesi non configurabile nel caso di specie), evenienza quest’ultima che consente certamente di escludere la possibilità del ricorso al criterio del prezzo più basso, imponendo invece quello della offerta economicamente più vantaggiosa.
9.4. Ed invero, come già statuito dalla giurisprudenza amministrativa (si veda, in particolare, Cons. Stato, III, n. 2014 del 2 maggio 2017 che, benché attinente ad un appalto con oggetto diverso dal presente, trattandosi nella specie di procedura aperta per l’individuazione di una Agenzia per il Lavoro cui affidare, per due anni, la somministrazione di personale infermieristico e tecnico-sanitario, ha affermato principi in materia di scelta del criterio di aggiudicazione da parte Stazione appaltante integralmente recepibili anche nella fattispecie qui al vaglio, avendo in quel caso l’Amministrazione adottato il criterio del massimo ribasso proprio sul presupposto, ritenuto assorbente, della ricorrenza di un servizio caratterizzato da “elevata ripetitività ” o qualificabile come “servizio con caratteristiche standardizzate il cui costo è assorbito per la quasi totalità dalle retribuzioni del personale”), il rapporto, nell’ambito dell’art. 95, tra il comma 3 (che disciplina i casi di esclusivo utilizzo del generale criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, tra i quali v’è quello dei servizi ad alta intensità di manodopera) ed il comma 4 (casi di possibile utilizzo del residuale criterio del minor prezzo, tra i quali v’è quello dei servizi ripetitivi e non aventi natura tecnica), è di specie a genere. Pertanto, ove ricorrano le fattispecie di cui al comma 3 (servizi ad alta intensità di manodopera) sussiste un obbligo speciale di adozione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa che, a differenza della ordinaria preferenza per tale criterio fatta in via generale dal codice, non ammette deroghe, nemmeno al ricorrere delle fattispecie di cui al comma 4, a prescindere dall’entità dello sforzo motivazionale dell’amministrazione.
9.5. Pertanto, nel caso di specie non risulta censurabile l’adozione del criterio del prezzo più basso, non ravvisandosi alcuna violazione a riguardo delle disposizioni di cui all’art. 95, commi 3 e 4, del d.lgs. n. 50 del 2016 non solo perché (come correttamente già ritenuto dal tribunale) le prestazioni oggetto di appalto hanno natura standardizzata e ripetitiva, essendo connotate dalla routinarietà degli interventi (non aventi contenuto tecnologico né alcun carattere innovativo o latu sensu creativo) e dalla determinazione in dettaglio in sede di capitolato tecnico avendo la Stazione appaltante provveduto ad una totale predefinizione nella lex specialis delle condizioni che le imprese concorrenti possono proporre (ovvero il prezzo dei ricambi, aventi caratteristiche fisse e stabilite dai tariffari di mercato, e il costo orario della manodopera), senza riconoscere significativi margini qualitativi del sevizio appaltato, ma anche perché non ricorre nella specie l’affidamento di un servizio ad alta intensità di manodopera tale da imporre l’obbligatorio ricorso al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
9.6. Né è fondato il terzo motivo di appello con cui il Consorzio censura l’assenza di una motivazione rafforzata circa l’adozione del criterio del minor prezzo e deduce che la prova dell’assenza di vantaggio per un determinato operatore economico deve essere fornita dall’Amministrazione, risultando anche qui corrette e pienamente condivisibili le statuizioni della sentenza impugnata nella parte in cui ha rilevato la mancanza di allegazione dei fatti su cui la Stazione appaltante avrebbe dovuto fornire la prova posto chenon sono dedotti in ricorso elementi specifici da cui desumere che, attraverso il criterio del minor prezzo, il Comune abbia inteso avvantaggiare un determinato concorrente. A ciò si aggiunga che, alla luce delle argomentazioni esposte, deve ritenersi soddisfatto l’obbligo motivazionale in ordine alle ragioni sottese alla scelta del criterio di valutazione delle offerte, avendo la Stazione appaltante ben chiarito nell’avviso di indagine di mercato (poi confermandolo anche nella nota di chiarimenti del 5 settembre 2017) che essa era riconducibile alla ritenuta natura standardizzata dei servizi da affidarsi, in quanto “per lo svolgimento degli stessi le condizioni sono definite dalla stazione appaltante e non è possibile individuare ulteriori elementi, diversi dal prezzo (comprendente ribasso su prezzi di listino e tariffa unica oraria della manodopera) che possono essere proposti dagli operatori economici”.
9. In conclusione, l’appello va accolto limitatamente alla censura di illegittimità della clausola di territorialità e va respinto per il resto.
10. Sussistono giusti motivi, in considerazione della parziale e reciproca soccombenza delle parti nonché per la novità delle questioni trattate e per l’esistenza di contrasti giurisprudenziali sulle medesime, per compensare integralmente le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte nei sensi e termini di cui in motivazione.
Dispone compensarsi tra le parti le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 ottobre 2018 con l’intervento dei magistrati:
Roberto Giovagnoli – Presidente FF
Fabio Franconiero – Consigliere
Raffaele Prosperi – Consigliere
Angela Rotondano – Consigliere, Estensore
Stefano Fantini – Consigliere

Avv. Renato D’Isa

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