Appalti pubblici ed unico centro decisionale

Consiglio di Stato, Sentenza|31 agosto 2021| n. 6119.

Appalti pubblici ed unico centro decisionale.

Il percorso istruttorio che la stazione appaltante deve svolgere per la verifica dell’esistenza di un unico centro decisionale prevede: «a) la verifica della sussistenza di situazione di controllo sostanziale ai sensi dell’art. 2359 Cod. civ.; b) esclusa tale forma di controllo, la verifica dell’esistenza di una relazione tra le imprese, anche di fatto, che possa in astratto aprire la strada ad un reciproco condizionamento nella formulazione delle offerte; c) ove tale relazione sia accertata, la verifica dell’esistenza di un «unico centro decisionale» da effettuare ab externo e cioè sulla base di elementi strutturali o funzionali ricavati dagli assetti societari e personali delle società, ovvero, ove per tale via non si pervenga a conclusione positiva, mediante un attento esame del contenuto delle offerte dal quale si possa evincere l’esistenza dell’unicità soggettiva sostanziale».

Sentenza|31 agosto 2021| n. 6119. Appalti pubblici ed unico centro decisionale

Data udienza 4 marzo 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Appalti pubblici – Gara – Unico centro decisionale – Sanzioni Anac – Natura vincolata – Imprecisioni formali – Irrilevanza – Art. 21-octies, comma 2, legge 7 agosto 1990, n. 241 – Termine per formulazione di una contestazione di addebito – Decorrenza

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1650 del 2019, proposto dall’ANAC – Autorità nazionale anticorruzione e dal Ministero della difesa, in persona dei rispettivi rappresentanti legali pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la cui sede domiciliano per legge in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
contro
la società Im. S.p.a., in persona del rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Gi. Mo. ed Or. Co., domiciliata per l’indirizzo PEC come da Registri di giustizia ed elettivamente domiciliata presso il loro studio in Roma, viale (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sez. I, 14 dicembre 2018 n. -OMISSIS-, resa tra le parti.
Visto il ricorso in appello e i relativi allegati;
Vista la costituzione in giudizio della società Im. S.p.a. e i documenti prodotti;
Vista l’ordinanza della Sezione 1 aprile 2019 n. 1684 con la quale è stata respinta la domanda cautelare avanzata dalla parte appellante;
Esaminate le memorie difensive, anche di replica e le note d’udienza depositate;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza del 4 marzo 2021 (svolta nel rispetto del Protocollo d’intesa sottoscritto in data 15 settembre 2020 tra il Presidente del Consiglio di Stato e le rappresentanze delle Avvocature avvalendosi di collegamento da remoto, ai sensi dell’art. 4, comma 1, d.l. 30 aprile 2020, n. 28 e dell’art. 25, comma 2, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams” come previsto della circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario generale della Giustizia amministrativa) il Cons. Stefano Toschei. Si registra il deposito di note d’udienza da parte dell’avvocato Or. Co.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

Appalti pubblici ed unico centro decisionale

FATTO e DIRITTO

1. – Con ricorso in appello, rubricato al n. R.g. 1650/2019, l’Anac e il Ministero della difesa hanno chiesto a questo Consiglio la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sez. I, 14 dicembre 2018 n. -OMISSIS-, con la quale è stato accolto il ricorso (R.g. n. 4932/2018), insieme con i motivi aggiunti, proposti dalla società Im. S.p.a. ai fini dell’annullamento dei seguenti atti e provvedimenti: a) la delibera n. 311 assunta dal Consiglio dell’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) nell’adunanza del 28 marzo 2018, con cui è stata irrogata alla Im. la sanzione pecuniaria di euro 1.500,00 nonché la sanzione dell’interdizione dalla partecipazione alle procedure di gara e dagli affidamenti di subappalto per un periodo pari a 30 giorni ed è stata disposta la conseguente annotazione nel casellario informatico degli operatori economici dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture; b) la nota prot. n. 30985 del 10 aprile 2018 con cui l’Anac ha notificato alla società Im. la predetta delibera; c) la nota prot. n. 33330 del 16 aprile 2018 con cui l’Anac ha comunicato alla società Im. che “il periodo di interdizione dalla partecipazione alle procedure di gara e dagli affidamenti di subappalto, pari a 30 giorni, disposto dal Consiglio dell’Autorità con delibera n. 311 del 28.3.2018, decorre dal giorno della pubblicazione dell’annotazione nel casellario informatico avvenuta l’11.4.2018”; d) tutti gli atti connessi e presupposti tra i quali: le note della stazione appaltante 2° Reparto Genio Aeronautica Militare acquisite al prot. ANAC n. 31172 del 28.2.2017 e n. 44141 del 23.3.2017, integrate con successive note n. 73199 del 26.5.2017 e n. 92945 del 19.7.2017; la nota ANAC prot. n. 0071071 del 22.5.2017; la comunicazione ANAC prot. n. 0093197 del 19.7.2017; – della comunicazione ANAC prot. n. 0015554 del 19.2.2018.
2. – Dalla documentazione versata dalle parti qui in controversia nei due gradi di giudizio con riferimento al contenzioso qui in decisione nonché dalla lettura della sentenza qui fatta oggetto di gravame si può ricostruire la vicenda contenziosa che ha condotto a questo giudizio in sede di appello come segue:

 

Appalti pubblici ed unico centro decisionale

– in data 28 febbraio 2017 la stazione appaltante 2° reparto Genio Aeronautica militare segnalava all’Anac l’esclusione dell’operatore economico Im. S.p.a. (già -OMISSIS- S.r.l.) da una procedura di gara (n. 10/2015);
– era accaduto che il legale rappresentante della già -OMISSIS- S.r.l. (ora Im. S.pa.), signor -OMISSIS-, aveva sottoscritto, in data 17 settembre 2015 (per la gara n. 10/2015) e in data 9 ottobre 2015 (per la gara n. 26/2015) due distinte domande di partecipazione ad altrettante selezioni per l’affidamento di commesse pubbliche nelle quali dichiarava tra l’altro “di non trovarsi in alcuna situazione di controllo di cui all’articolo 2359 del codice civile con alcun soggetto, e di aver formulato l’offerta autonomamente” mentre, successivamente alla stipula contrattuale, nell’ambito del procedimento penale n. 4736/15 della Procura della Repubblica, era emerso che la gara n. 10/2015 era stata oggetto di turbativa d’asta. In particolare, il Tribunale Ordinario di Velletri, con sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, ex art. 444 c.p.p., n. 1175/16, emessa in data 27 maggio 2016 nei confronti del direttore tecnico, signor -OMISSIS-, ha accertato “l’esistenza di uno stabile e collaudato sodalizio criminale finalizzato ad alterare sistematicamente le procedure di aggiudicazione degli appalti presso la base dell’Aeronautica Militare di Ciampino” ed ha riconosciuto la responsabilità penale di -OMISSIS- per i seguenti capi di imputazione: “Capo 7: -OMISSIS-, (…) – artt. 110, 353 co. 1 e 2 c.p. perché, in concorso tra loro e nelle qualità sopra indicate, ponendo in essere le condotte fraudolente descritte ai capi che precedono, turbavano la gara n. 10/2015 per un appalto di importo pari a euro 184.815,91 (IVA al 22% inclusa), favorendone l’assegnazione alla -OMISSIS- S.r.l., facente capo a -OMISSIS-, suo amministratore delegato” nonché “Capo 9: -OMISSIS- artt. 321 in relazione al 319 e 319 bis c.p., poiché prometteva di consegnare a (…), per la successiva spartizione con il pubblico ufficiale (…) e con gli altri componenti dell’associazione, una somma pari al 5% del valore della gara, ossia di euro 8.275,04, al fine di favorire l’aggiudicazione della gara di cui al capo 7 alla -OMISSIS- S.r.l. Somma non consegnata essendo intervenuti gli arresti tra la fase di aggiudicazione e la stipula del contratto”;

 

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– successivamente rispetto agli accadimenti di cui sopra, la stazione appaltante trasmetteva all’Anac, con nota acquisita dall’Autorità al prot. n. 92945 del 19 luglio 2017, copia del Patto d’integrità sottoscritto dal legale rappresentante, signor -OMISSIS- in cui la -OMISSIS- si impegnava, tra l’altro, “a conformare i propri comportamenti ai principi di lealtà, trasparenza e correttezza, a non offrire, accettare o richiedere somme di denaro o qualsiasi altra ricompensa, vantaggio o beneficio, sia direttamente che indirettamente tramite intermediari, al fine dell’assegnazione del contratto e/o al fine di distorcerne la relativa corretta esecuzione; a segnalare alla stazione appaltante qualsiasi tentativo di turbativa, irregolarità o distorsione nelle fasi di svolgimento della gara e/o durante l’esecuzione dei contratti, da parte di ogni interessato o addetto o di chiunque possa influenzare le decisioni relative alla gara in oggetto; ad assicurare di non trovarsi in situazioni di controllo o di collegamento (formale e/o sostanziale) con altri concorrenti e che non si è accordata e non si accorderà con altri partecipanti alla gara”;
– l’Ufficio per il casellario informatico dell’Anac avviava lo stesso giorno, 19 luglio 2017, il procedimento per l’inserimento dell’annotazione nel casellario informatico delle imprese, sui fatti surrichiamati, acquisendo in sede di istruttoria la memoria difensiva dell’operatore economico coinvolto;
– nel frattempo la stazione appaltante decretava l’esclusione o meglio – come risulta dalla segnalazione trasmessa all’Anac – l’annullamento dell’intera procedura di gara, a seguito della sentenza di patteggiamento di cui sopra;
– successivamente, in data 23 marzo 2017, la medesima stazione appaltante comunicava ad Anac l’annullamento in autotutela di un’altra aggiudicazione in favore della -OMISSIS-, avente ad oggetto la gara n. 26/2015 ed anche tale provvedimento prendeva le mosse dalla citata sentenza del Tribunale di Velletri “per reati di turbativa d’asta nell’ambito di procedure di affidamento indette da questa Stazione appaltante”;
– in quest’ultimo caso l’esclusione veniva disposta ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. c), d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, per il quale la condanna, con sentenza passata in giudicato, per reati gravi in danno dello Stato che incidono sulla moralità professionale comporta l’esclusione dalla gara;

 

Appalti pubblici ed unico centro decisionale

– in data 28 marzo 2018 l’Anac emanava il provvedimento n. 311/2018, con il quale, richiamata la sentenza del Tribunale ordinario di Velletri, che avrebbe accertato, nei confronti del “direttore tecnico” della -OMISSIS-, “l’esistenza di uno stabile e collaudato sodalizio criminale finalizzato ad alterare sistematicamente le procedure di aggiudicazione degli appalti presso la base dell’aeronautica militare di Ciampino”, e richiamato il patto di integrità da questi sottoscritto per le due gare (con il quale il -OMISSIS- si era impegnato, tra l’altro, “a conformare i propri comportamenti ai principi di lealtà, trasparenza e correttezza, a non offrire accettare o richiedere somme di danaro o qualsiasi altra ricompensa, vantaggio o beneficio, sia direttamente che indirettamente tramite intermediari, al fine dell’assegnazione del contratto e/o al fine di distorcerne la relativa corretta esecuzione; a segnalare alla stazione appaltante qualsiasi tentativo di turbativa, irregolarità o distorsione nelle fasi di svolgimento della gara e/o durante l’esecuzione dei contratti da parte di ogni interessato o addetto o di chiunque possa influenzare le decisioni relative alla gara in oggetto; ad assicurare di non trovarsi in situazioni di controllo o di collegamento (formale e/o sostanziale con altri concorrente e che non si è accordata e non si accorderà con altri partecipanti alla gara)”), disponeva l’iscrizione nel casellario informatico degli operatori economici dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture dell’annotazione contenente la menzione dell’esclusione dalle due gare citate (10/2015 e 26/2015) “per aver reso false dichiarazioni ai fini della dimostrazione del requisito di cui all’art. 38, comma 1, lett. m quater del d.lgs. 163/2006”;
– con il suddetto provvedimento l’Autorità disponeva, infine, che “La presente annotazione, su decisione del Consiglio dell’A.N.AC. assunta con delibera (…) in data 28.3.2018, determina la sanzione pari a mesi 1 (uno) di interdizione dalla partecipazione alle procedure di gara e dagli affidamenti di subappalto; il periodo di sospensione decorre dalla data di pubblicazione della presente annotazione nel Casellario informatico”;

 

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3. – La società Im., nel frattempo subentrata alla società -OMISSIS-, impugnava il suddetto provvedimento dinanzi al TAR per il Lazio e gli atti ad esso presupposti (e comunque tutti gli atti relativi al procedimento che ha condotto all’adozione del provvedimento sanzionatorio) per: a) avere l’Autorità violato alcune disposizioni del(l’allora vigente) Codice dei contratti pubblici (e, in particolare, gli artt. 5, 38 e 46) nonché il principio di tassatività dei casi di esclusione dalla gara, atteso che: – il provvedimento avrebbe erroneamente ricondotto i fatti oggetto della sentenza del Tribunale di Velletri (peraltro riferiti alla sola gara 10/2015) alla fattispecie di cui all’art. 38, comma 1, lettera m)-quater, d.lgs. 163/2006, mentre la sentenza non conterrebbe alcun accertamento in ordine alla ricorrenza di situazione di controllo o di collegamento con altri partecipanti alla procedura e tanto sarebbe in contrasto con il principio di tipicità e tassatività delle cause di esclusione e dei connessi obblighi dichiarativi, oltre che con il principio di proporzionalità ; b) non avere considerato che la sentenza penale richiamata nulla dispone con riferimento alla falsità della dichiarazione con riferimento alla gara di appalto n. 26/2015, che non è stata oggetto del procedimento penale definito con la sentenza di patteggiamento surrichiamata, oltre a non avere tenuto conto l’Autorità, nel corso dell’istruttoria svolta, del contenuto delle memorie difensive prodotte dalla parte nel corso del procedimento; c) avere l’Autorità, per determinare la sanzione, fatto riferimento al valore di due affidamenti; d) aver affermato che nella gara 10/2015 non vi sarebbe stata esclusione della ricorrente ma annullamento dell’intera procedura;
– seguiva poi un ricorso recante motivi aggiunti con il quale l’operatore economico segnalava la illegittimità del provvedimento sanzionatorio già impugnato anche perché non erano stati rispettati i termini procedimentali, con conseguente violazione dei principi del giusto procedimento, di tempestiva comunicazione dell’apertura dell’istruttoria e di contestazione degli addebiti, visto che il procedimento che ha condotto all’adozione del provvedimento sanzionatorio sarebbe stato iniziato oltre la scadenza dei termini perentori stabiliti dal Regolamento Anac.

 

Appalti pubblici ed unico centro decisionale

Il TAR per il Lazio ha accolto il ricorso introduttivo e quello recante motivi aggiunti ritenendo, in via principale, fondato il primo motivo di impugnazione, atteso che “L’enfatizzata “esistenza di uno stabile e collaudato sodalizio criminale finalizzato ad alterare sistematicamente le procedure di aggiudicazione degli appalti presso la base dell’aeronautica militare di Ciampino”, che ha assunto nel provvedimento impugnato una valenza fondamentale in ordine alla ricorrenza della causa di esclusione di cui all’art. 38, comma 1, lett. m) quater del d.lgs. 163/2006 e delle false dichiarazioni in ordine all’inesistenza di cause di collegamento, va dunque correttamente riferita alla sola accertata ricorrenza del reato associativo (per il quale, come visto, il legale rappresentante della -OMISSIS- non è stato condannato). La pronuncia, pertanto, non contiene alcun accertamento in ordine alla ricorrenza, all’interno della gara ritenuta oggetto di turbativa, di una situazione di collegamento non dichiarato” (così, testualmente, alle pagg. 8 e 9 della sentenza qui oggetto di appello).
Il primo giudice ha poi ritenuto fondata l’impugnazione del provvedimento sanzionatorio, in quanto quest’ultimo propone “un ulteriore profilo di criticità, laddove individua la ricorrenza di false dichiarazioni nella sottoscrizione del patto di integrità . Gli impegni assunti in tale sede dall’operatore economico, infatti, operano su un piano squisitamente contrattuale, e non costituiscono, di conseguenza, “dichiarazioni” in ordine alla ricorrenza di requisiti e condizioni rilevanti per la partecipazione alla procedure, la falsità delle quali è considerata rilevante ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. h), del d.lgs. 163/2006″, oltre alla verificata tardività della procedura, perché dalla “produzione documentale versata in atti, infatti, emerge come le note della stazione appaltante del 28 febbraio e del 27 marzo 2017 e la produzione documentale alle stesse allegata contenevano tutti gli elementi di fatto sulla base dei quali avviare il procedimento, così che al 19 luglio 2017, data di comunicazione dell’avvio del procedimento, il termine di decadenza di 90 giorni per l’esercizio del potere sanzionatorio, previsto dal comma 6 dell’art. 28 del Regolamento unico in materia di esercizio del potere sanzionatorio dell’Anac e qualificato come perentorio dal comma 2 del successivo art. 48, era sicuramente decorso” (così ancora, testualmente, alle pagg. 9 e 10 della sentenza qui oggetto di appello)-
4. – La sentenza del TAR per il Lazio n. -OMISSIS-/2018 viene ora fatta oggetto di ricorso in appello da parte dell’Anac e del Ministro della difesa, nei confronti della quale gli appellanti muovono le seguenti contestazioni:

 

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1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 38, comma 1, lett. c), f) h) e m)-quater e comma 1-ter d.lgs. 163/2006; violazione e falsa applicazione art. 6, comma 11, d.lgs. 163/2006 – Erronea ricostruzione dei fatti. Vizio di motivazione. Ritengono le appellanti che la ricostruzione dei fatti di causa, siccome operata dal giudice di primo grado, abbia condotto quest’ultimo ad interpretare non del tutto correttamente i presupposti del provvedimento sanzionatorio impugnato dalla società . Si presenta fondamentale rammentare, ad avviso delle appellanti, che la più volte citata sentenza del Tribunale di Velletri muove da una fattispecie criminosa molto complessa, atteso che “accanto ad una fattispecie di associazione a delinquere, finalizzata a turbare la libertà degli incanti, mediante falsità materiale in atti pubblici, introduzione clandestina in luoghi militari e corruzione (associazione promossa da un imprenditore e della quale facevano parte, oltre al promotore, alcuni dipendenti dell’amministrazione appaltante, la compagna di uno di questi e altro imprenditore che fungeva da collettore di somme), la decisione ha accertato la ricorrenza di singoli episodi di turbativa d’asta e corruzione (tentata e consumata), per uno dei quali (riferito alla sola gara n. 10/215) è stato condannato l’allora amministratore unico della -OMISSIS-. In sostanza l’associazione, per la partecipazione alla quale il -OMISSIS- non è stato né imputato né condannato, aveva concepito uno schema operativo (a mezzo del quale, a fronte del pagamento di somme ricomprese tra il 5% e il 10 % del valore di diversi appalti da aggiudicare, veniva alterata la documentazione relativa alle offerte e custodita all’interno degli uffici), che veniva poi di volta in volta applicato a diverse gare e a diversi imprenditori non collegati tra loro” (così, testualmente, a pag. 10 dell’atto di appello, che riporta uno stralcio della sentenza qui oggetto di appello). Ne consegue che “L’enfatizzata “esistenza di uno stabile e collaudato sodalizio criminale finalizzato ad alterare sistematicamente le procedure di aggiudicazione degli appalti presso la base dell’aeronautica militare di Ciampino”, che ha assunto nel provvedimento impugnato una valenza fondamentale in ordine alla ricorrenza della causa di esclusione di cui all’art. 38, comma 1, lett. m) quater del d.lgs. 163/2006 e delle false dichiarazioni in ordine all’inesistenza di cause di collegamento, va dunque correttamente riferita alla sola accertata ricorrenza del reato associativo (per il quale, come visto, il legale rappresentante della -OMISSIS- non è stato condannato). La pronuncia, pertanto, non contiene alcun accertamento in ordine alla ricorrenza, all’interno della gara ritenuta oggetto di turbativa, di una situazione di collegamento non dichiarato” (così ancora, testualmente, a pag. 10 dell’atto di appello). Ebbene, il giudice di primo grado non ha colto che l’Anac, solo dopo che è stata acclarata la non corrispondenza tra quanto dichiarato in sede di partecipazione dal legale rappresentante e gli accertamenti del giudice penale, ha inflitto la sanzione ai sensi dell’art. 38, comma 1-ter, d.lgs. 163/2006. Peraltro, nella sentenza più volte citata, il Tribunale ordinario di Velletri ha anche accertato “l’esistenza di uno stabile e collaudato sodalizio criminale finalizzato ad alterare sistematicamente le procedure di aggiudicazione degli appalti presso la base dell’Aeronautica Militare di Ciampino”, dando quindi corpo alla violazione (anche) dell’art. 38, comma 1, lett. m-quater, d.lgs. 163/2006, concretizzandosi anche l’ipotesi di imputabilità “ad un unico centro decisionale” delle offerte prodotte in gara, con il fine di alterarne gli esiti. L’insieme di tali condotte, tutte penalmente rilevanti, ha dunque provocato l’annullamento dell’intera procedura di gara e la revoca in autotutela dell’aggiudicazione della stessa (con determinazioni del 21 febbraio 2017 e del 22 marzo 2017) nonché l’esclusione della -OMISSIS- (ora Im.) dalle gare indette dal Ministero della difesa per 5 anni, ai sensi dell’art. 2 del Patto di integrità, per mancato rispetto degli impegni anticorruzione assunti con il medesimo Patto, nonché la segnalazione all’Autorità che, avendo accertato che l’impresa concorrente aveva reso false dichiarazioni in sede di gara in ordine alla sussistenza dei requisiti generali di partecipazione alla selezione, ha provveduto a sanzionarla. Vi è infine da aggiungere che, dalla lettura della sentenza del Tribunale di Velletri si evince il sicuro coinvolgimento di altro imprenditore nelle operazioni di turbativa d’asta, di talché è stato dimostrato nella specie il ricorrere di situazioni di controllo o di collegamento con altri partecipanti alla procedura, configurandosi la violazione dell’art. 38, comma 1, lett. m-quater, d.lgs. 163/2006 che non trova applicazione, come è noto, alle sole ipotesi di controllo societario ai sensi dell’art. 2359 c.c.;

 

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2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 8, comma 4, d.lgs. 163/2006; dell’art. 213 d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50; artt.28 e 48 Regolamento ANAC – Erronea ricostruzione dei fatti. Posto che, ai sensi dell’art. 28 del Regolamento unico in materia di esercizio del potere sanzionatorio dell’Anac, quest’ultima comunica all’operatore economico l’avvio del procedimento sanzionatorio entro il “termine massimo di 90 giorni dalla ricezione della segnalazione completa”, il giudice di primo grado ha erroneamente mancato di tenere in considerazione la rilevante circostanza che l’Autorità, una volta ricevute le due segnalazioni, pervenute in data 28 febbraio 2017 e 23 marzo 2017, ha dovuto chiedere integrazioni alla stazione appaltante per ottenere copia delle dichiarazioni rese in sede di gara e copia del patto di integrità sottoscritto dall’operatore economico, elementi che sono stati acquisiti rispettivamente in data 30 maggio 2017 e il 19 luglio 2017, oltre al fatto che molti atti della procedura erano stati oggetto di sequestro penale e il loro dissequestro è avvenuto in epoca successiva, consentendone l’acquisizione da parte dell’autorità soltanto nel maggio e luglio del 2018. Ne deriva che anche la censura dedotta in primo grado con ricorso recante motivi aggiunti e accolta dal primo giudice si manifesta, nella realtà, prima di fondamento.
5. – Si è costituita in giudizio la Im. che ha contestato analiticamente le avverse prospettazioni, chiedendo la reiezione del gravame.
La società appellata ribadisce, in particolare, la circostanza per cui, se la gara n. 10/2015 è stata “oggetto di turbativa d’asta”, come accertato nella sentenza n. 1175/2016, non significa affatto che -OMISSIS- S.r.l si trovasse in rapporto di collegamento, neppure di fatto, con altre imprese partecipanti alla suddetta gara sicché, in base ai principi di tipicità e di tassatività delle cause di esclusione e dei connessi obblighi dichiarativi, cade il ragionamento deduttivo di Anac che postula un “automatismo” tra il reato di turbativa d’asta e la sussistenza della causa ostativa di cui all’art. 38, comma 1, lett. m-quater, d.lgs. 163/2006. Nel caso di specie le condizioni che comunemente fanno emergere il “collegamento tra imprese”, punito dalla predetta previsione – e quindi, l’unicità di un centro decisionale tra due o più soggetti che concorrono ad una gara pubblica, l’esistenza di un reciproco condizionamento, tale da far ritenere l’esistenza di un unico centro decisionale; la configurazione di un rapporto di collegamento sostanziale con altri concorrenti partecipanti alla medesima gara, idoneo a fare presumere che le offerte siano riconducibili ad un unico centro decisionale – non sono state oggetto della sentenza del Tribunale penale di Velletri, sulla quale fonda il provvedimento sanzionatorio impugnato in primo grado. Detti elementi non sono mai stati dimostrati sussistenti con riferimento alle due gare in questione bandite dal Ministero della difesa, sicché neppure si presenta configurabile la violazione dell’obbligo di non rendere dichiarazioni non veritiere da parte degli operatori economici partecipanti ad una gara pubblica, atteso che non acquisisce, per le ragioni sopra indicate, carattere non veritiero la dichiarazione resa dall’amministratore della -OMISSIS- “di non trovarsi in alcuna situazione di controllo di cui all’articolo 2359 del codice civile con alcun soggetto e di aver formulato l’offerta autonomamente”
A ciò si aggiunga che la violazione del Patto di integrità, contestata alla -OMISSIS-, aveva condotto alla irrogazione di una sanzione da parte del Ministero della difesa, quindi non si comprende per quale ragione tale comportamento sia stato anche sanzionato dall’Anac.
In ragione di quanto sopra, riproponendo nel giudizio di secondo grado i motivi di censura ritenuti assorbiti dal Tribunale amministrativo regionale, la società appellata chiedeva la reiezione dell’appello.

 

Appalti pubblici ed unico centro decisionale

Con ordinanza 1 aprile 2019 n. 1684 la Sezione respingeva la domanda cautelare avanzata dalla parte appellante.
Tutte le parti in giudizio hanno prodotto memorie conclusive e di replica nonché note d’udienza, confermando le conclusioni già rassegnate nei precedenti atti processuali.
6. – Il Collegio ritiene essenziale, ai fini della decisione, muovere dal contenuto del provvedimento sanzionatorio dell’Anac impugnato in primo grado.
Nella delibera n. 311 assunta dal Consiglio dell’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) nell’adunanza del 28 marzo 2018, per quanto è qui di stretto interesse ai fini della decisione, si legge che:
– nella parte “in premessa” della delibera viene espressamente citato “l’articolo 38, comma 1-ler, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, secondo cui, in caso di presentazione di falsa dichiarazione o falsa documentazione, nelle procedure di garz e negli affidamenti di subappalto, la stazione appaltante ne dà segnalazione all’Autorità che, se ritiene che siano state rese con dolo o colpa grave in considerazione della rilevanza o della gravità dei fatti oggetto della falsa dichiarazione o della presentazione di falsa documentazione, dispone l’iscrizione nel casellario informatico ai fini dell’esclusione dalle procedure di gara e dagli affidamenti di subappalto, ai sensi del co. 1, lett. h) del medesimo articolo, fino ad un anno, decorso il quale l’iscrizione è cancellata e perde comunque efficacia”;
– nella “parte motiva” viene precisato che il comportamento violativo (che ha condotto all’adozione del provvedimento sanzionatorio) è da ricollegarsi ai seguenti avvenimenti: a) il legale rappresentante della -OMISSIS-, “ha sottoscritto, in data 17.9.2015 e 9.10.2015, domande di partecipazione alle gare nelle quali dichiarava tra l’altro “di non trovarsi in alcuna situazione di controllo dì cui all’articolo 2359 del codice civile con alcun soggetto, e di aver formulato l’offerta autonomamente” mentre successivamente alla stipula contrattuale, nell’ambito del procedimento penale n. 4736/15 della Procura della Repubblica, è emerso che la gara de qua è stata oggetto di turbativa d’asta”; b) in particolare “il Tribunale ordinario di Velletri, con sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, ex art. 444 c.p.p., n. 1175/16, emessa in data 27.5.2016, nei confronti del direttore tecnico, (…), ha accertato “l’esistenza di uno stabile e collaudato sodalizio criminale finalizzato ad alterare sistematicamente le procedure di aggiudicazione degli appalti presso la base dell’Aeronautica Militare di Ciampino”; c) la stazione appaltante “con successiva nota acquisita al n. 92945 del 19.7.2017, ha trasmesso copia del patto d’integrità sottoscritto dal legale rappresentante, “(…) in cui l’O.e. si impegnava, tra l’altro “a conformare i propri comportamenti ai principi di lealtà, trasparenza e correttezza, a non mire, accettare o richiedere somme di denaro o qualsiasi altra ricompensa, vantaggio o beneficio, sia direttamente che indirettamente tramite intermediari, al fine dell’assegnazione del contratto e/o al fine di distorcerne la relativa corretta esecuzione; a segnalare alla stazione appaltante qualsiasi tentativo di turbativa, irregolarità o distorsione, nelle fasi di svolgimento della gara e/o durante l’esecuzione dei contratti, da parte di ogni interessato o addetto o di chiunque possa influenzare le decisioni relative alla gara in oggetto; ad assicurare di non trovarsi in situazioni di controllo o di collegamento formale e/o sostanziale) con altri concorrenti e che non si è accordata e non si accorderà con altri partecipanti alla gara”.

 

Appalti pubblici ed unico centro decisionale

– da quanto sopra (e tenuto conto degli apporti collaborativi trasmessi dalla società incolpata e pervenuti durante l’istruttoria) l’Anac riteneva acclarato il verificarsi della “ipotesi di falsa dichiarazione sia in ordine al requisito di cui all’art. 38, comma l, lett. m-quater) del d.lgs. 163/2006, sia in ordine alla violazione del Patto di integrità ” e ciò in quanto nella sentenza di patteggiamento si è fatto riferimento a comportamenti imputabili “ad un unico centro decisionale” e comunque vi è stata una evidente violazione di quanto dichiarato con il Patto di integrità .
7. – Chiarito quanto sopra, in punto di fatto, pare necessario rammentare, in punto di diritto, che:
– la norma contenuta nell’art. 38, comma l, lett. m-quater) d.lgs. 163/2006, come si evince dal chiaro tenore letterale, estende le ipotesi di esclusione oltre il campo di applicazione dell’art. 2359 c.c. e delinea una fattispecie di collegamento sostanziale che la giurisprudenza ha accolto (già nel vigore del Codice dei contratti del 2006, confermandolo anche con riferimento al Codice dei contratti del 2016, per tale ultimo riferimento cfr., tra le più recenti, Cons. Stato, Sez. V, 12 gennaio 2021 n. 393), sottolineando come tale estensione trovi una propria giustificazione nell’esigenza di evitare il rischio d’una “vanificazione dei principi generali in tema di par condicio, segretezza delle offerte e trasparenza della competizione. In tal modo si tende ad evitare che il corretto e trasparente svolgimento delle gare di appalto ed il libero gioco della concorrenza possano essere irrimediabilmente alterati dalla eventuale presentazione di offerte che, pur provenendo formalmente da due o più imprese, siano tuttavia riconducibili ad un unico centro di interesse: la ratio di tale previsione è quella di evitare il rischio di ammissione alla gara di offerte provenienti da soggetti che, in quanto legati da stretta comunanza di interesse caratterizzata da una certa stabilità, non sono ritenuti, proprio per tale situazione, capaci di formulare offerte caratterizzate dalla necessaria indipendenza, serietà ed affidabilità, coerentemente quindi ai principi di imparzialità e buon andamento cui deve ispirarsi l’attività della pubblica amministrazione ai sensi dell’art. 97 della Costituzione” (cfr., in termini, Cons. Stato, Sez. V, 18 luglio 2012 n. 4189);
– in queste ipotesi, la valutazione operata dalla stazione appaltante circa l’unicità del centro decisionale postula semplicemente l’astratta idoneità della situazione a determinare un concordamento delle offerte, non anche necessariamente che l’alterazione del confronto concorrenziale si sia effettivamente realizzata, nel caso concreto, essendo quella delineata dal legislatore una fattispecie di pericolo (cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 22 ottobre 2018 n. 6010 e 16 febbraio 2017 n. 496; Sez. III, 23 dicembre 2014 n. 6379);
– è stato ulteriormente precisato, “ciò che deve essere provato (…) è soltanto l’unicità del centro decisionale e non anche la concreta idoneità ad alterare il libero gioco concorrenziale. Ciò, in quanto la riconducibilità di due o più offerte a un unico centro decisionale costituisce ex se elemento idoneo a violare i generali principi in tema di par condicio, segretezza e trasparenza delle offerte(…)” (cfr., in termini, Cons. Stato, Sez. V, 6 febbraio 2017 n. 496). Ne discende che sulla stazione appaltante grava il solo compito di individuare gli indici dell’esistenza di un unico centro decisionale e non anche il compito di provare in concreto l’avvenuta alterazione del gioco concorrenziale, ovvero il compito di indagare le ragioni di convenienza che possono aver indotto l’unitario centro di imputazione ad articolare offerte in parte diverse fra loro (cfr. ancora, in argomento, Cons. Stato, Sez. V, 21 aprile 2017 n. 1864);

 

Appalti pubblici ed unico centro decisionale

– la conclusione cui è pervenuta la giurisprudenza nazionale si è giovata, peraltro, dell’intervento della Corte di giustizia UE, la quale – con la sentenza della Quarta Sezione, 19 maggio 2009, in causa C-538/07 – ha affermato il principio secondo cui il diritto comunitario “osta ad una disposizione nazionale che, pur perseguendo gli obiettivi legittimi di parità di trattamento degli offerenti e di trasparenza nell’ambito delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici, stabilisca un divieto assoluto, a carico di imprese tra le quali sussista un rapporto di controllo o che siano tra loro collegate, di partecipare in modo simultaneo e concorrente ad una medesima gara d’appalto, senza lasciare loro la possibilità di dimostrare che il rapporto suddetto non ha influito sul loro rispettivo comportamento nell’ambito di tale gara”;
– è stato quindi delineato il percorso istruttorio che la stazione appaltante deve svolgere per la verifica della esistenza di un unico centro decisionale: “a) la verifica della sussistenza di situazione di controllo sostanziale ai sensi dell’art. 2359 Cod. civ.; b) esclusa tale forma di controllo, la verifica dell’esistenza di una relazione tra le imprese, anche di fatto, che possa in astratto aprire la strada ad un reciproco condizionamento nella formulazione delle offerte; c) ove tale relazione sia accertata, la verifica dell’esistenza di un “unico centro decisionale” da effettuare ab externo e cioè sulla base di elementi strutturali o funzionali ricavati dagli assetti societari e personali delle società, ovvero, ove per tale via non si pervenga a conclusione positiva, mediante un attento esame del contenuto delle offerte dal quale si possa evincere l’esistenza dell’unicità soggettiva sostanziale” (cfr., in termini, Cons. Stato, V, 3 gennaio 2019 n. 69).
8. -Applicando le surriferite coordinate ermeneutiche, derivanti dalle traiettorie interpretative enucleate dalla giurisprudenza in materia, al caso di specie, balza subito in evidenza come il Tribunale di Velletri abbia sicuramente valorizzato la circostanza che i comportamenti illeciti, di rilievo penale, sono stati nella realtà commessi grazie alla compartecipazione di altra ditta che consentiva alla società -OMISSIS- di realizzare il disegno criminoso e che grazie a tale collegamento veniva resa possibile la distorsione delle selezioni pubbliche coinvolte.
Inoltre i comportamenti erano tutti imputabili ad un unico centro decisionale, di talché emerge con chiarezza che la dichiarazione resa dall’amministratore della -OMISSIS- configura plasticamente l’ipotesi tipizzata dall’art. 38, comma 1-ter, d.lgs. 163/2006 in relazione alla previsione (espulsiva) di cui all’art. 38, comma 1, lett. m-quater, d.lgs. 163/2006 e, di conseguenza, la dichiarazione non veritiera che si rispecchia nella ulteriore previsione dell’art. 38, comma 1, lett f), d.lgs. 163/2006.

 

Appalti pubblici ed unico centro decisionale

La soluzione alla quale è giunto il giudice di primo grado non può dunque essere confermata in questa sede, anche in ragione dell’applicazione degli ulteriori, ormai noti, principi che regolano la “materia” delle dichiarazioni (non veritiere) rese in sede di gara.
È stato (giustamente) chiarito che “in tanto una ricostruzione a posteriori degli obblighi dichiarativi può essere ammessa, in quanto si tratti di casi palesemente incidenti sulla moralità ed affidabilità dell’operatore economico, di cui quest’ultimo doveva ritenersi consapevole e rispetto al quale non sono predicabili esclusioni “a sorpresa” a carico dello stesso” (cfr., in termini, Cons. Stato, IV, 5 agosto 2020 n. 4937).
Va infatti conferita determinatezza e concretezza all’elemento normativo della fattispecie, ovvero al carattere dovuto dell’informazione, al fine di individuare con precisione le condizioni per considerare giuridicamente dovuta l’informazione, dovendosi tenere distinte le due fattispecie: a) dell’omissione delle informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione, che comprende anche la reticenza, cioè l’incompletezza della dichiarazione resa; b) della falsità delle dichiarazioni, per tale intendendosi la presentazione nella procedura di gara in corso di dichiarazioni non veritiere, rappresentative di una circostanza in fatto diversa dal vero (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 9 aprile 2020 n. 2332).
L’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 16 del 28 agosto 2020, ha ribadito che l’esclusione per omissioni dichiarative del concorrente in relazione a reati c.d. non ostativi non può mai essere automatica, affermando che “La falsità di informazioni rese dall’operatore economico partecipante a procedure di affidamento di contratti pubblici e finalizzata all’adozione dei provvedimenti di competenza della stazione appaltante concernenti l’ammissione alla gara, la selezione delle offerte e l’aggiudicazione, è riconducibile all’ipotesi prevista dalla lett. c) [ora c-bis)] dell’art. 80, comma 5, del codice dei contratti di cui al d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50; in conseguenza di ciò la stazione appaltante è tenuta a svolgere la valutazione di integrità e affidabilità del concorrente, ai sensi della medesima disposizione, senza alcun automatismo espulsivo; alle conseguenze ora esposte conduce anche l’omissione di informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione, nell’ambito della quale rilevano, oltre ai casi oggetto di obblighi dichiarativi predeterminati dalla legge o dalla normativa di gara, solo quelle evidentemente incidenti sull’integrità ed affidabilità dell’operatore economico”.
Orbene, l’applicazione dei suesposti principi, pianamente riferibili anche alla normativa contenuta nell’art. 38 d.lgs. 163/2006, disvela che, nel caso in esame, la dichiarazione non veritiera resa in sede di gara dall’amministratore della -OMISSIS- si è rivelata tale, solo successivamente e per effetto dell’esito del procedimento penale svolto a carico di detto amministratore (oltre ad altri co-imputati). Venuta a conoscenza di tale grave circostanza la stazione appaltante ha subito “messo in moto” il meccanismo espulsivo accompagnato dalla conseguente comunicazione sia ad Anac e sia l’operatore economico. L’Autorità e la stazione appaltante hanno svolto delle approfondite istruttorie onde accertare il comportamento infedele del ridetto amministratore nel rendere le dichiarazioni in sede di gara, sia con riferimento al collegamento sostanziale che alle prescrizioni contenute nel Patto di integrità a suo tempo sottoscritto.

 

Appalti pubblici ed unico centro decisionale

Inoltre va precisato, per completezza, che il potere sanzionatorio esercitato dall’Anac ha natura vincolata di talché, a fronte di eventuali imprecisioni o deficit formali rinvenibili nel percorso procedimentale e, soprattutto, nel provvedimento sanzionatorio, attesa la sopra dimostrata correttezza sostanziale della decisione assunta dall’Autorità nel caso di specie, tali irregolarità “formali” non possono condurre all’annullamento del provvedimento impugnato, in applicazione dell’art. 21-octies, comma 2, primo periodo, l. 7 agosto 1990, n. 241.
9. – Quanto, infine, al secondo motivo di appello formulato dall’Autorità, anch’esso si presta ad essere accolto.
Dalla sequenza cronologica delle acquisizioni documentali e informative che sono state ricevute da Anac, secondo quanto emerge dalla documentazione depositata dalle parti nei due gradi di giudizio, il procedimento (e quindi l’istruttoria) ha avuto una lunga durata per la difficoltà di reperire tutte le informazioni e, dunque, di avere l’Autorità integro e completo il quadro informativo necessario per la decisione, a causa del parallelo procedimento penale sviluppato a carico dell’amministratore della società -OMISSIS-.
Le norme regolamentari che vengono in emersione sono le seguenti:
– l’art. 40 del Regolamento unico in materia di esercizio del potere sanzionatorio da parte dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture di cui all’art. 8, comma 4, d.lgs. 163/2006 (ora Anac), adottato con delibera del 26 febbraio 2014, stabilisce che “L’U.O.R. (unità organizzativa che, in base ai regolamenti di organizzazione e di funzionamento dell’Autorità, è competente per il procedimento sanzionatorio, e all’interno della quale è individuato il relativo responsabile: art. 1, comma 1, quinto alinea, dello stesso Regolamento unico) competente, venuto a conoscenza dell’esistenza del verificarsi di circostanze che potrebbero ricondursi ad una delle fattispecie di cui ai commi da 1 a 4 dell’articolo 73 del Regolamento di esecuzione ed attuazione acquisisce ogni elemento utile alla valutazione della sussistenza dei presupposti per formulare una contestazione di addebiti alla (…) Quando l’U.O.R. competente viene a conoscenza dell’esistenza delle summenzionate circostanze a seguito di denuncia di terzi interessati, esso procede alla acquisizione di ogni elemento utile alla valutazione della sussistenza dei presupposti per formulare una eventuale contestazione di addebiti alla (…) nei 90 giorni successivi (comma 1)”;
– la norma prosegue al comma 2 nel senso che “Entro 60 giorni dalla acquisizione della documentazione e/o delle informazioni utili alla formulazione di una contestazione di addebiti, sussistendo i presupposti per procedere, l’U.O.R. competente provvede all’invio della comunicazione di avvio del procedimento in Consiglio per la necessaria approvazione. La comunicazione di avvio del procedimento sanzionatorio viene, quindi, effettuata entro 30 giorni dalla sua approvazione da parte del Consiglio”;
– l’art. 48, comma 2, del Regolamento chiarisce poi che “I termini di avvio del procedimento indicati nel presente Regolamento sono perentori”.
10. – In materia di tempi dei procedimenti sanzionatori affidati all’Anac, il Consiglio di Stato ha avuto modo di considerare che l’esercizio di siffatta potestà non può restare esposta sine die, ciò ostando a elementari esigenze di sicurezza giuridica e di prevedibilità in tempi ragionevoli delle conseguenze dei comportamenti e di sottolineare la necessità di evitare che i tempi dilatati del procedimento divengano ragione di insicurezza giuridica per gli interessi degli operatori economici coinvolti, sia nella fase iniziale, “quando la vicinanza della contestazione al momento di commissione del fatto addebitato è indispensabile per consentire di apprestare al meglio la difesa”, sia in riferimento alla durata complessiva del procedimento (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 3 ottobre 2018 n. 5695).
Con particolare riferimento ai tempi di avvio del procedimento di cui trattasi, questo Consiglio di Stato ha posto in risalto come il loro carattere perentorio discenda dalla natura afflittiva delle sanzioni applicate al suo esito, e risponda all’esigenza di evitare che l’impresa possa essere esposta a tempo indefinito all’applicazione delle sanzioni stesse (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 13 dicembre 2019 n. 8481; Sez. VI, 8 aprile 2019 n. 2289 e 11 giugno 2019 n. 3919).
Del resto, il Regolamento unico di cui trattasi costituisce promanazione della norma primaria di cui all’art. 8, comma 4, d.lgs. 163/2006, che stabilisce che “Il regolamento dell’Autorità disciplina l’esercizio del potere sanzionatorio da parte dell’Autorità nel rispetto dei principi della tempestiva comunicazione dell’apertura dell’istruttoria, della contestazione degli addebiti, del termine a difesa, del contraddittorio, della motivazione, proporzionalità e adeguatezza della sanzione, della comunicazione tempestiva con forme idonee ad assicurare la data certa della piena conoscenza del provvedimento, del rispetto degli obblighi di riservatezza previsti dalle norme vigenti”.

 

Appalti pubblici ed unico centro decisionale

Ciò posto, l’art. 40, comma 2, del Regolamento fa emergere che, ai fini del rispetto del termine perentorio di sessanta giorni di cui al primo periodo, occorre avere riguardo, da un lato, alla “acquisizione della documentazione e/o delle informazioni utili alla formulazione di una contestazione di addebiti” (dies a quo), dall’altro, “all’invio della comunicazione di avvio del procedimento in Consiglio per la necessaria approvazione” (dies ad quem); nel secondo periodo la norma stabilisce poi che, in caso di approvazione, la comunicazione di avvio del procedimento sanzionatorio va effettuata entro 30 giorni dal relativo deliberato.
La tempistica dell’articolato andamento procedimentale così come complessivamente delineato, nel soddisfare le esigenze “esterne” menzionate al capo che precede, riflette anche, segnatamente con il termine perentorio del primo periodo, una evidente esigenza “pura” di garanzia dell’efficienza dell’azione amministrativa.
Tanto chiarito, si osserva che, alla luce della puntuale formulazione della previsione sopra riprodotta, ciò che deve intervenire ai fini del suo rispetto è l’inoltro da parte della competente U.O.R. della proposta di avvio del procedimento al Consiglio dell’Autorità per acquisirne l’approvazione.
Non rileva, invece, la data dell’approvazione della proposta da parte dell’organo deliberante, nonché quella, ulteriore, della comunicazione all’interessata.
Tale adempimento, nel caso di specie, è stato effettuato dagli uffici in data 19 febbraio 2018 (con nota 15554), tenendo conto che fino ad ottobre del 2017 l’impresa ha potuto produrre memorie difensive ed essere ascoltata (l’audizione è del 24 ottobre 2017), producendo ulteriori memorie in data 23 febbraio 2018, mentre il provvedimento del Consiglio dell’Autorità è del (di poco successivo) 28 marzo 2018 (delibera n. 311).
Deriva da tutto quanto sopra che la tardività riscontrata dal primo giudice con riferimento al procedimento sanzionatorio in esame non pare essere confermata dalle risultanze documentali.

 

Appalti pubblici ed unico centro decisionale

11. – La presente decisione è stata assunta tenendo conto dell’ormai consolidato “principio della ragione più liquida”, corollario del principio di economia processuale (cfr. Cons. Stato, Ad. pl., 5 gennaio 2015 n. 5 nonché Cass., Sez. un., 12 dicembre 2014 n. 26242), che ha consentito di derogare all’ordine logico di esame delle questioni e tenuto conto che le questioni sopra vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cass. civ., Sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cass. civ., Sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663 e per il Consiglio di Stato, Sez. VI, 18 luglio 2016 n. 3176), con la conseguenza che gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
12. – In conclusione la fondatezza di entrambi i motivi di appello dedotti nel ricorso proposto dall’Anac e dal Ministero della difesa, conduce all’accoglimento del mezzo di gravame proposto e alla riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sez. I, 14 dicembre 2018 n. -OMISSIS-, con la quale è stato accolto il ricorso (R.g. n. 4932/2018), insieme con i motivi aggiunti, proposto dalla società Im. S.p.a..
Le spese del doppio grado di giudizio, per il principio della soccombenza processuale, di cui all’art. 91 c.p.c., per come richiamato dall’art. 26, comma 1, c.p.a., vanno imputate a carico della società Im. e in favore dell’Anac e del Ministero della difesa, liquidandosi complessivamente le stesse nella misura di Euro 3.000,00 (euro tremila/00), oltre accessori come per legge.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello (n. R.g. 1650/2019), come indicato in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sez. I, 14 dicembre 2018 n. -OMISSIS-, respinge il ricorso (R.g. n. 4932/2018), insieme con i motivi aggiunti, proposti in primo grado:
Condanna la società Im. S.p.a., in persona del rappresentante legale pro tempore, a rifondere le spese del doppio grado di giudizio in favore dell’Anac-Autorità nazionale anticorruzione e del Ministero della difesa, in persona dei rispettivi rappresentanti legali pro tempore, liquidandosi complessivamente le stesse nella misura di Euro 3.000,00 (euro tremila/00), oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare ogni soggetto persona fisica richiamato nella presente sentenza ovvero ogni riferimento ad essi.
Così deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 4 marzo 2021 con l’intervento dei magistrati:
Giancarlo Montedoro – Presidente
Diego Sabatino – Consigliere
Silvestro Maria Russo – Consigliere
Giordano Lamberti – Consigliere
Stefano Toschei – Consigliere, Estensore

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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