Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|6 luglio 2021| n. 19186.
In tema di anticipazione su ricevute bancarie regolata in conto corrente con mandato all’incasso, è onere della banca mandataria provare di aver eseguito il contratto secondo buona fede e, conseguentemente, che l’eventuale mancato incasso del credito verso il terzo sia stato dovuto a causa ad essa non imputabile. (Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che aveva condannato la banca mandataria a restituire alla curatela fallimentare della società mandante talune somme versate da un terzo dopo l’apertura della procedura concorsuale, non avendo provato che le stesse erano state incamerate direttamente dalla fallita).
Ordinanza|6 luglio 2021| n. 19186. Anticipazione su ricevute bancarie regolata in conto corrente
Data udienza 10 giugno 2021
Integrale
Tag/parola chiave: Banche – Anticipazione bancaria – Anticipazione su ricevute bancarie regolata in conto corrente con mandato all’incasso – Banca mandataria – Onere della prova di esecuzione del contratto secondo buona fede – Eventuale mancato incasso del credito dal terzo – Causa ad essa non imputabile
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente
Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere
Dott. FERRO Massimo – Consigliere
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere
Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 8256/2015 proposto da:
(OMISSIS) S.p.a., nella qualita’ di incorporante la (OMISSIS) s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
contro
Fallimento (OMISSIS) S.p.a.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 334/2014 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/06/2021 dal cons. FIDANZIA ANDREA.
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Parma ha rigettato la domanda proposta dal fallimento (OMISSIS) s.p.a. volta alla restituzione della somma di Euro 66.742,66 indebitamente incassata dalla (OMISSIS), dopo il deposito della domanda di amministrazione controllata da parte della societa’ poi fallita, a seguito di pregresse presentazioni di (OMISSIS) con relative anticipazioni in conto corrente e mandato all’incasso.
Il giudice di primo grado aveva ritenuto che la curatela, nonostante fosse un proprio onere, non aveva dimostrato, neppure chiedendo di accedere alla contabilita’ della fallita o alla documentazione bancaria, che le predette somme fossero state effettivamente incassate dalla banca (che aveva dedotto che le (OMISSIS) erano state ritirate dalla fallita per incassarle direttamente coi propri clienti), non potendosi pretendere dalla mandataria la prova negativa del mancato incasso.
La Corte d’Appello di Bologna, in riforma della sentenza del Tribunale di Parma, ha condannato la (OMISSIS) alla restituzione in favore del fallimento (OMISSIS) s.p.a., e per esso al successore a titolo particolare intervenuto (OMISSIS), della somma di Euro 66.472,66, oltre accessori di legge.
Il giudice di secondo grado ha ritenuto che, essendo state doDcaltige’brinre’e16A07/2021 presentazione di (OMISSIS) nonche’ le anticipazioni come enumerate dal fallimento, non spettava alla mandante dimostrare che le somme fossero state effettivamente riscosse, spettando invece alla banca, in qualita’ di mandataria ed in virtu’ degli obblighi informativi che incombono sulla stessa, dimostrare il proprio esatto adempimento o l’impossibilita’ di adempiere ad essa non imputabile, o comunque che fossero stati fatti accordi di modifica o revoca delle pattuizioni successivi alla presentazione delle (OMISSIS).
Inoltre, sul rilievo che la contestata affermazione del ritiro – senza corrispettivo – delle (OMISSIS) era rimasta priva di dimostrazione, circostanza poco credibile essendo stato documentato che la banca aveva anticipato le relative somme, la Corte d’Appello ha ritenuto che la banca avesse riscosso importi de quibus non riversando indebitamente le relative somme alla curatela.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso la (OMISSIS), in qualita’ di incorporante della (OMISSIS), affidandolo a due motivi.
Il sig. (OMISSIS), come detto, successore a titolo particolare del fallimento (OMISSIS) s.p.a., ha resistito in giudizio con controricorso.
La ricorrente ha depositato la memoria ex articolo 380 bis.1 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo e’ stata dedotta la violazione o falsa applicazione dell’articolo 2697 c.c., in relazione agli articoli 1713 e 1719 c.c..
Assume l’istituto di credito che, nel contratto di anticipazione bancaria per smobilizzo crediti con mandato all’incasso, l’obbligo della banca di riversare le somme sorge solo al momento dell’incasso dei crediti presso i debitori del cliente e non al momento del conferimento del mandato alla banca da parte dello stesso cliente, ne’ puo’ onerarsi la banca della prova del fatto negativo del mancato incasso. Ne consegue che sarebbe stato onere della curatela provare l’incasso da parte della banca delle (OMISSIS).
2. Il motivo presenta profili di inammissibilita’ ed infondatezza.
Va preliminarmente osservato che e’ orientamento consolidato di questa Corte (vedi Cass. n. 16299 del 2009) che il mandato irrevocabile “in rem propriam” all’incasso di crediti nei confronti di un terzo implica il conferimento al mandatario della legittimazione alla riscossione del credito e, stante il generale obbligo di esecuzione del contratto secondo buona fede, pone a carico del mandatario stesso l’onere di provare di aver eseguito l’incarico con la dovuta diligenza, tanto e’ vero che se, da un lato, sul correntista grava il rischio dell’insolvenza del debitore, dall’altro, quello dello smarrimento del titolo grava sulla stessa banca, ai sensi dell’articolo 1718 c.c., comma 4, quale detentrice del titolo, essendo la banca medesima, quale operatore professionale, in funzione dell’adempimento del mandato all’incasso conferitole dal correntista, tenuta alla custodia, anche se non abbia specificamente accettato l’incarico (sul punto vedi anche Cass. n. 7737/2010).
Questa Corte (Cass. n. 25904 del 2009) ha, altresi’, enunciato il principio di diritto secondo cui, in tema di mandato oneroso, l’obbligo di rendiconto gravante sul mandatario consiste nell’informare il mandante di “cio’ che e’ accaduto” e cioe’ nell’affermazione di fatti storici che hanno prodotto entrate ed uscite di denaro per effetto dell’attivita’ svolta, al fine di ricostruire i rapporti di dare ed avere, con la relativa documentazione di spesa, essendo onere del mandante, una volta che l’informazione doverosa sia stata resa, non solo di specificare le partite che intende mettere in discussione, ma anche di dimostrare la fondatezza degli specifici motivi di critica alla qualita’ dell’adempimento, con esclusione di generiche doglianze concernenti le modalita’ di presentazione del conto ovvero il disordine dei documenti giustificativi.
Dall’esame delle pronunce sopra citate emerge, in modo inequivocabile, che il mandatario cui sia stato conferito l’incarico di incassare somme presso terzi, proprio in virtu’ dell’obbligo di rendiconto che grava sullo stesso a norma dell’articolo 1713 c.c., (nonche’, peraltro, dell’obbligo, impostogli dall’articolo 1710 c.c., comma 2, di rendere note al mandante le eventuali circostanze sopravvenute che possono determinare la revoca o la modificazione del mandato), non puo’ limitarsi ad allegare sic et simpliciter il mancato incasso delle somme, ma deve consegnare al mandante tutta la documentazione, anche in natura contabile idonea a descrivere e giustificare il proprio operato. Sul punto, il mandatario non e’ affatto onerato delle prova di un fatto negativo, bensi’ del fatto positivo di aver svolto l’incarico secondo buona fede, prova che puo’ essere assolta fornendo al mandante i documenti di appoggio da cui emerga tutta l’attivita’ svolta nell’esecuzione dell’incarico, ivi compresa l’eventualita’ che la mancata esecuzione (nel caso di specie l’incasso delle (OMISSIS)) sia stata dovuta a causa allo stesso non imputabile.
In proposito, condivisibilmente, la sopra citata Cass. n. 25904/2009, dopo aver precisato che l’obbligo di rendiconto consiste nell’indicare i fatti storici che hanno prodotto entrate ed uscite di denaro per effetto dell’attivita’ svolta, al fine di ricostruire i rapporti di dare ed avere, con la relativa documentazione di spesa, ha affermato che e’ onere del mandante, “una volta che l’informazione doverosa sia stata resa” di specificare le partite che intende mettere in discussione: atteso che la mancata esecuzione del mandato all’incasso puo’ dipendere dalle piu’ svariate ragioni, comprensive di quelle imputabili allo stesso mandatario, quale quella dell’eventuale smarrimento del titolo (il cui rischio, come sopra anticipato, grava sul mandatario), solo alla luce della dettagliata rendicontazione da parte del mandatario delle attivita’ svolte puo’ addossarsi in capo al mandante un onere probatorio volto a confutare le ragioni giustificative addotte dallo stesso mandatario.
Tale impostazione e’ coerente con il principio gia’ enunciato da questa Corte (vedi Cass. n. 13823 del 2002; conf. Cass. n. 8128/1990) secondo cui “alla stregua del principio secondo cui il contratto deve essere eseguito secondo buona fede, in caso di sconto, ordinario o cambiario, il diritto della banca di ottenere dal cliente la restituzione della somma anticipata discende dal contratto, ma diviene attuale ed esercitabile solo a seguito dell’inadempimento del debitore ceduto, il quale opera quale condizione risolutiva dell’erogazione e, pertanto, spetta alla banca, che chieda detta restituzione, di fornire la prova dell’inadempienza del terzo”.
Deve pertanto enunciarsi il seguente principio di diritto:
“In tema di anticipazione su ricevute bancarie regolata in conto corrente con mandato all’incasso, e’ onere della banca mandataria provare di aver eseguito il contratto secondo buona fede e, conseguentemente, che l’eventuale mancato incasso del credito dal terzo sia stato dovuto a causa ad essa non imputabile. Ne consegue che, in caso di ammissione del correntista e mandante alla procedura di amministrazione controllata in epoca successiva all’erogazione dell’anticipazione, la banca mandataria e’ tenuta a versare alla procedura le somme di cui non provi che il mancato incasso non a se’ imputabile”.
Nel caso di specie, l’unica circostanza addotta dalla Banca per giustificare il mancato incasso delle (OMISSIS) e’ quella, non documentata secondo la ricostruzione fattuale della Corte d’Appello, di aver provveduto – senza corrispettivo – alla restituzione delle ricevute alla societa’ poi fallita affinche’ quest’ultima incassasse direttamente i crediti nei confronti dei clienti.
Proprio la ritenuta inverosimiglianza di tale spiegazione ha indotto la stessa Corte di merito ad accertare, alla luce di una prova logica fondata su presunzioni, che, in realta’, l’incasso delle somme da parte della banca fosse effettivamente avvenuto.
Quest’ultima argomentazione svolta dalla Corte d’Appello, che costituisce senza dubbio un’autonoma ratio decidendi (rispetto a quella che ha addossato alla banca mandante l’onere di provare di aver eseguito il mandato secondo buona fede e il dedotto mancato incasso per causa non imputabile) non e’ stata specificamente censurata dall’istituto di credito, il quale, nel proprio ricorso per cassazione, non ha preso alcuna posizione ne’ sulla ritenuta inverosimiglianza da parte della Corte d’Appello dell’avvenuta restituzione, senza corrispettivo, delle (OMISSIS) dalla banca alla correntista, ne’ sulle conseguenze giuridiche che la stessa Corte di merito ne ha tratto.
In proposito, e’ orientamento consolidato di questa Corte che ove la sentenza sia sorretta da una pluralita’ di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, non potrebbe produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza (Cass. n. 18641 del 2017).
3. Con il secondo motivo e’ stato dedotto l’omesso esame di fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, costituito dal presupposto per l’insorgere dell’obbligo della banca (incasso della somma).
4. Il motivo e’ infondato, non avendo affatto la Corte d’appello omesso l’esame del presupposto per l’insorgere dell’obbligo della banca, essendo stato, viceversa, proprio ritenuto dalla Corte d’Appello, alla luce di una prova presuntiva, che tale incasso da parte della Banca fosse effettivamente avvenuto, o comunque, in via alternativa, che non fosse tenuta la curatela a fornire la prova di tale incasso.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna la banca ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 6.200, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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