Annullamento giurisdizionale di un atto procedimentale

Consiglio di Stato, sezione sesta, Sentenza 4 dicembre 2019, n. 8302

La massima estrapolata:

L’annullamento giurisdizionale di un atto procedimentale determina unicamente il potere-dovere dell’amministrazione di riprendere e portare a conclusione il procedimento.

Sentenza 4 dicembre 2019, n. 8302

Data udienza 29 ottobre 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5135 del 2019, proposto da
Ge. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Al. St., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Domenicantonio Siniscalchi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Asl Na 3 Sud, Ministero dell’interno, Ministero per i beni e le attività culturali, non costituiti in giudizio;
nei confronti
It. No. Onlus, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Fr. Sa. Es., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in (…);
per l’esecuzione
della decisione del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, 12 novembre 2013 n. 5390;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di (omissis) e di It. No. Onlus;
Visto l’art. 114 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 29 ottobre 2019 il Cons. Diego Sabatino e uditi per le parti gli avvocati Al. St. e Fr. Sa. Es., in proprio e su delega dell’avv. Do. Si.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con ricorso iscritto al n. 5135 del 2019, Ge. s.p.a. propone giudizio per l’ottemperanza alla decisione del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, 12 novembre 2013 n. 5390 con la quale è stato respinto il ricorso proposto dal Ministero per i beni e le attività culturali e dal Ministero dell’interno contro la stessa Ge. s.p.a. e il Comune di (omissis) per la riforma della sentenza in forma semplificata del T.A.R. della Campania, Sezione VII, n. 5009 del 2012.
Nel corso del giudizio in appello, la cui sentenza è oggetto del ricorso per ottemperanza, il Ministero per i beni e le attività culturali e il Ministero dell’interno riferivano che nel corso del 2004, la società Ge. s.p.a. ebbe a presentare un’istanza di permesso di costruire per la realizzazione di un parcheggio parzialmente interrato.
Il progetto prevedeva, in particolare, la realizzazione di 348 posti auto su un’area di sedime pari a 4.340 mq. e una superficie coperta complessiva di 13.181 mq.
Nel corso del 2004, nell’ambito della Conferenza di servizi deputata all’esame del progetto, emersero alcuni elementi ostativi alla realizzazione dello stesso (nell’occasione fu osservato che la prevista realizzazione di taluni torrini e cavedi, nonché di numerosi accessi pedonali e carrabili costituissero elementi in contrasto con il vincolo paesaggistico insistente sulla zona, palesando il carattere sovradimensionato del progetto rispetto a quanto sostenibile in quell’area).
In data 28 settembre 2011 il Comune di (omissis) approvò la delibera consiliare n. 53 del 2011 con cui furono modificate le prescrizioni comunali in tema di realizzazione di parcheggi per l’area di (omissis) (si tratta dell’area di progetto), prevedendo in particolare – ai fini che qui rilevano – la possibilità di realizzare in tale area un parcheggio per 300 posti auto (e non 120, come già indicato nell’ambito dell’elaborato “Rel.” – Relazione allegata al piano – Elaborato descrittivo e di presentazione del piano – stralcio all. 5).
In data 13 marzo 2012, l’appellata società Ge. presentò al Comune di (omissis) una nuova istanza di permesso di costruire (in parte modificata rispetto a quella già presentata nel corso del 2004) per la realizzazione di un parcheggio multipiano interrato a via (omissis).
Il progetto in questione prevedeva la realizzazione di 283 posti auto su un’area di sedime pari a 3.250 mq. e una superficie coperta complessiva di 9.750 mq.
Tuttavia, con il parere in data 8 maggio 2012 (fatto oggetto di impugnativa in primo grado) la competente Soprintendenza esprimeva parere negativo osservando che “il progetto di autorimessa è molto simile a quello esaminato nel 2004, sia per forma che per dimensioni; Il parere del 2004 riteneva l’opera di forte impatto paesistico per il centro storico ad esso circostante che si sviluppa con stradine tradizionali di modesta ampiezza e di architettura tradizionale tipica della penisola sorrentina e amalfitana. Le numerose vie di entrata e di esodo per un parcheggio di così ampie dimensioni, il torrino, i cavedi, si configurerebbero come alterazione dello stato dei luoghi; quindi si ritiene il parcheggio sovradimensionato e quindi di impatto negativo per il paesaggio del circostante centro storico”.
Inoltre, l’organo statale osservava che “per la zona del parcheggio di (omissis) l’area è di 2000 mq e i posti auto risultano essere 120. Pertanto si ritiene che il parcheggio vada così dimensionato per avere un più ridotto impatto con l’area verde esistente e con il contesto del contro storico”.
A seguito del parere negativo espresso dalla Soprintendenza, il Comune di (omissis) respingeva l’istanza di permesso di costruire (determinazione dirigenziale in data 25 giugno 2012).
Il provvedimento di rigetto e il parere della Soprintendenza ad esso prodromico venivano impugnati dalla società Ge. dinanzi al TA.R. della Campania il quale, con la sentenza in epigrafe, ha accolto il ricorso e ha annullato gli atti impugnati.
La sentenza in questione veniva impugnata in appello dal Ministero per i beni e le attività culturali e dal Ministero dell’interno, i quali ne chiedevano la riforma articolando plurimi motivi di doglianza.
I Ministeri appellanti, premesso che il progettato parcheggio andrebbe ad insistere su un’area dichiarata di notevole interesse pubblico (d.m. 2 febbraio 1962), osservavano che il progetto – anche a seguito della modifica e della rimodulazione dimensionale – continuava a comportare un impatto sui valori paesistici dell’area oggettivamente troppo elevato per potere essere ritenuto compatibile con i vincoli esistenti sull’area.
Al riguardo, il T.A.R. avrebbe erroneamente posto in risalto le differenze (e le rimodulazioni in riduzione) rispetto al precedente progetto del 2004 e avrebbe erroneamente ritenuto che la Soprintendenza non avesse adeguatamente valutato – ai fini delle proprie determinazioni – le differenze in parola.
Il punto era, secondo i Ministeri appellanti, che, pure a seguito della rimodulazione del progetto, esso continuava a presentare caratteristiche dimensionali e tipologiche del tutto incompatibili con il richiamato vincolo, andando ad impattare in modo inammissibile su un centro storico che si connota per la presenza di “stradine tradizionali di modesta ampiezza e da edifici di architettura tipica della Costiera So.”.
Sotto tale aspetto, pur dandosi atto della riduzione del progetto da 348 a 283 posti auto, non ne restava modificata l’oggettiva eccedentarietà del progetto rispetto a quanto realizzabile in loco.
Sotto tale aspetto, risultava determinante il fatto che (come rilevato dalla Soprintendenza in data 8 maggio 2012) il progetto si ponesse in contrasto con le pertinenti previsioni di piano, le quali ammettono – per l’area di (omissis) – la realizzazione di un parcheggio per un massimo di 120 posti auto, esteso per non oltre 2.000 mq. Sotto tale aspetto, la richiesta di ulteriore ridimensionamento del progetto formulata dall’Organo statale risultava del tutto giustificata.
Si costituiva in giudizio la società Ge. s.p.a., la quale ha concluso nel senso della reiezione dell’appello.
Con ordinanza n. 1389/2013 (resa all’esito della Camera di consiglio del 16 aprile 2013) la Sezione disponeva la sospensione cautelare degli effetti della sentenza appellata, chiedendo al contempo al Comune di (omissis) di produrre una dettagliata relazione tecnica idonea a descrivere il preciso assetto delle previsioni di piano che interessano l’area.
Il Comune ottemperava all’incombente istruttorio con relazione in data 2 maggio 2013.
Alla pubblica udienza del 25 giugno 2013 il ricorso veniva discusso e deciso con la sentenza ottemperanda. In essa, la Sezione riteneva infondate le censure proposte, sottolineando la correttezza dell’operato del primo giudice, sia pure con motivazioni parzialmente diverse da quelle che avevano fondato la reiezione del ricorso di primo grado. In sintesi, la Sezione confermava la pronuncia di annullamento degli atti gravati (ossia, la determinazione n. 244 del 25/06/2012 del Comune di (omissis) e dei presupposti verbali della conferenza di servizi in data 16 maggio 2012 e in data 8 maggio 2012; nonché il parere della Soprintendenza ai beni paesaggistici ed architettonici per la provincia di Napoli, tutti atti aventi ad oggetto la posizione negativa circa la richiesta di permesso di costruire per la realizzazione di un “parcheggio a rotazione multipiano di interesse pubblico alla via (omissis)”).
L’attuale ricorrente, al fine di conseguire l’ottemperanza della sentenza del TAR Campania Napoli n. 5009 del 6/12/2012, così come confermata dalla citata sentenza 12 novembre 2013, n. 5390 proponeva ricorso innanzi al TAR Campania, incardinato al nrg. 2968/2017.
Nel giudizio si costituivano il Comune di (omissis), il Ministero dell’interno, il Ministero per i beni e le attività culturali, Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e (omissis).
Il Tar Campania, con ordinanza 8 maggio 2019 n. 2472 dichiarava la propria incompetenza a favore della competenza funzionale del Consiglio di Stato, con onere di riassunzione ai sensi dell’art. 15, comma 4 c.p.a., riassunzione a cui la parte adempiva con la proposizione del presente ricorso.
Nel giudizio per ottemperanza, si sono costituiti il Comune di (omissis) e It. No. Onlus, chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.
All’udienza in camera di consiglio del 29 ottobre 2019, il ricorso è stato discusso e assunto in decisione.

DIRITTO

1. – Il ricorso è fondato e merita accoglimento entro i termini di seguito precisati.
2. – In via preliminare, va rimarcato come l’annullamento giurisdizionale di un atto procedimentale determini unicamente “il potere-dovere dell’amministrazione di riprendere e portare a conclusione il procedimento” (da ultimo, Cons. Stato, IV, 15 settembre 2015, n. 4312) e solo all’esito del procedimento stesso potranno sollevarsi censure di legittimità sull’eventuale esito non satisfattivo.
Tale principio, non contestato dalle parti né oggettivamente contestabile, travasato nella fattispecie in esame, impone di evidenziare quale sia il momento dal quale il procedimento in esame deve riprendere, atteso che questo è l’unico elemento sulle quali vi è oggettiva discordanza di opinioni tra le parti in giudizio.
E, in concreto, deve osservarsi che:
a) secondo la prospettazione della parte ricorrente, originariamente espressa nella nota del 22 novembre 2013 indirizzata al Comune di (omissis) e poi riportata negli atti processuali in primo e secondo grado, il contenuto del giudicato è tale da ritenere “l’avvenuta conclusione positiva del procedimento ex art. 14 e ss. della legge n. 241/90 relativo alla realizzazione del parcheggio pubblico a rotazione di via (omissis), con consequenziale adozione di tutti i provvedimenti necessari per l’avvio dei lavori”;
b) secondo la prospettazione del Comune di (omissis) e di It. No. Onlus, al contrario, il giudizio di ottemperanza non potrà che disporre la riedizione integrale del procedimento stesso oppure unicamente a partire proprio dall’indizione della conferenza di servizi.
3. – Osserva la Sezione che la lettura della sentenza ottemperanda induce ad una soluzione univoca, nel senso di ritenere che la riedizione del potere amministrativo debba aver luogo a partire dalla indizione della conferenza di servizi.
Tale osservazione emerge in maniera lineare dalle seguenti considerazioni:
a) la sentenza del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, 12 novembre 2013 n. 5390 ha confermato l’annullamento degli atti con cui il Comune, sulla base del parere negativo espresso dalla competente Soprintendenza, aveva respinto un’istanza di permesso di costruire per la realizzazione di un grande parcheggio interrato, ritenendo che il progetto si ponesse in contrasto con i valori paesistici della zona e con le pertinenti previsioni di piano;
b) le ragioni dell’annullamento hanno riguardato la correttezza motivazionale del parere rilasciato dalla Soprintendenza, che la Sezione ha ritenuto censurabile in relazione: alla mancata considerazione delle modifiche apportate al fine di superare le criticità a suo tempo evidenziate; alle inesatta valutazione del progetto in relazione all’effettiva consistenza delle pertinenti previsioni di piano;
c) l’art. 14 ter della legge 241 del 1990, nel testo applicabile ratione temporis, stabiliva che “all’esito dell’ultima riunione, e comunque non oltre il termine di cui al comma 2, l’amministrazione procedente adotta la determinazione motivata di conclusione della conferenza, con gli effetti di cui all’art. 14 quater, sulla base delle posizioni prevalenti espresse dalle amministrazioni partecipanti alla conferenza tramite i rispettivi rappresentanti. Si considera acquisito l’assenso senza condizioni delle amministrazioni il cui rappresentante non abbia partecipato alle riunioni ovvero, pur partecipandovi, non abbia espresso ai sensi del comma 3 la propria posizione, ovvero abbia espresso un dissenso non motivato o riferito a questioni che non costituiscono oggetto della conferenza”;
d) la sentenza ottemperanda ha rilevato non una inesistenza della motivazione, ma un suo vizio contenutistico, tanto da sottolinearne i limiti e le insufficienze ma non da considerarlo tamquam non esset; il che impedisce di considerare acquisito agli atti, anche in via implicita, l’assenso della Soprintendenza al progetto, in quanto l’organo statale ha comunque manifestato il suo dissenso in maniera motivata, ancorché illegittima.
Conclusivamente, il ricorso per l’ottemperanza va accolto, atteso che è obbligo dell’amministrazione procedente giungere alla conclusione del procedimento interrotto a seguito della pronuncia giudiziale e la riedizione dell’attività andrà condotta riprendendo l’iter dall’ultimo atto valido, ossia l’ultimo dato prima dell’intervento demolitorio che, si ripete, si è avuto unicamente “per l’annullamento della determinazione n. 244 del 25/06/2012 del Comune di (omissis) e dei presupposti verbali della conferenza di servizi in data 16 maggio 2012 e in data 8 maggio 2012, nonché del parere della Soprintendenza ai beni paesaggistici ed architettonici per la provincia di Napoli, tutti atti aventi ad oggetto la posizione negativa circa la richiesta di permesso di costruire per la realizzazione di un “parcheggio a rotazione multipiano di interesse pubblico alla via (omissis)”.
4. – Il ricorso va quindi accolto. Tutti gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso. Sussistono peraltro motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:
1. Accoglie il ricorso n. 5135 del 2019 nei sensi di cui in motivazione e per l’effetto dispone che il Comune di (omissis) dia integrale esecuzione al giudicato formatosi sulla sentenza del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, 12 novembre 2013 n. 5390, adottando gli atti necessari nel termine di giorni sessanta dalla comunicazione in via amministrativa o dalla notifica della presente sentenza
2. Dispone che, in caso di ulteriore inadempimento, a tale attività provveda il commissario ad acta, qui indicato in un funzionario dell’Ufficio territoriale di Governo di Napoli, alla cui designazione provvederà, scaduto il termine di sessanta giorni predetto e su istanza della parte ricorrente, il Prefetto di Napoli;
3. Pone a carico del Comune di (omissis) il compenso al commissario ad acta, da liquidarsi con successivo provvedimento;
4. Compensa integralmente tra le parti le spese di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 ottobre 2019 con l’intervento dei magistrati:
Sergio De Felice – Presidente
Diego Sabatino – Consigliere, Estensore
Silvestro Maria Russo – Consigliere
Alessandro Maggio – Consigliere
Francesco Mele – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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